L'Angelo Dalle Ali Nere
Amy Blankenship
Alcune leggende lo descrivevano come un dio, altre lo vedevano come un diavolo che voleva uccidere gli dei per ottenere la propria libertà. Gli avevano dato un nome... Darious. Il suo piano era quello di rimandare tutti i demoni all’inferno e la sua arma era la rabbia che infuriava dentro di lui. Salvando gli esseri umani che lo evitavano come un flagello pericoloso, Darious rimase sorpreso nel trovare degli occhi verde smeraldo che lo fissavano senza paura. Kyoko non sapeva che uno sguardo ardente potrebbe tentare un dio e accendere la sua passione, che conosceva soltanto rabbia. Circondata dai guardiani che la amano e la proteggono, avranno una possibilità contro l’angelo dalle ali nere o i demoni che avevano silenziosamente invaso la città? Kyoko scopre che è difficile scappare da Darious quando lui è più veloce di lei.
L'Angelo Dalle Ali Nere
Serie “Il Cuore di Cristallo Protettore” - Volume 7
Amy Blankenship, RK Melton
Tradotto da Ilaria Fortuna
Copyright © 2010 Amy Blankenship
Edizione inglese pubblicata da Amy Blankenship
Seconda Edizione Pubblicata da TekTime
Tutti i diritti riservati.
Prologo - Darious
Le campane del monastero risuonavano come un allarme, anche se nella torre campanaria non c’era nessuno a tirare le corde. Un lampo balenò attraverso il cortile mentre la tempesta appariva dal nulla. Il vento soffiava senza pietà, portando con sé il tanfo della morte. Una nuvola nera e minacciosa apparve all’orizzonte, correndo irrefrenabile verso il monastero.
I monaci, che abitavano in quel monastero, scesero come soldati con le loro armi di legno, di osso e di oro a portata di mano. Si erano addestrati per tutta la vita per questa guerra... per questo momento, come avevano fatto i loro antenati per oltre un millennio. Le pergamene sacre riguardanti potere e magia erano state prelevate dall’enorme biblioteca per svolgere il proprio compito.
I mantelli color blu scuro e ametista fluttuavano mentre i monaci si preparavano a combattere una guerra che tutti loro avevano segretamente pregato di non combattere mai nella loro vita.
Gli arcieri esperti avanzarono per primi, le loro frecce erano tese e risplendevano di energia. Rimasero in silenzio di fronte a un nemico che nessuno di loro era in grado di sconfiggere davvero.
Mentre la nuvola si avvicinava, divenne chiaro che non era affatto una nuvola, bensì un’orda di demoni pronta a distruggere l’umanità. Il monastero e i monaci al suo interno erano l’ultima speranza degli uomini. Un ronzio cupo, quasi rilassante, si udiva nell’aria mentre i monaci lanciavano i loro incantesimi di protezione, con la determinazione che brillava nei loro occhi.
Le pergamene sacre avevano predetto l’oscurità imminente che avrebbe scatenato una piaga di demoni nel loro mondo. Era stato profetizzato che, una volta terminata la battaglia, i demoni sopravvissuti si sarebbero dispersi nel mondo, seguendo i mistici guardiani che un tempo avevano protetto questa terra mentre proteggevano anche il sigillo.
Perché i guardiani e la sacerdotessa non fossero ancora ricomparsi rimaneva un mistero per alcuni, mentre per gli anziani non era una sorpresa. Era qualcosa che nemmeno il destino poteva modificare.
Fu dato un comando silenzioso e gli arcieri scoccarono le loro frecce contro la piaga che mirava ad annientare il mondo. I demoni caddero alla prima ondata e i primi arcieri indietreggiarono, lasciando che gli altri si facessero avanti per prendere il loro posto. Altre frecce volarono sui campi che un tempo erano verdi, disintegrando i demoni sulla loro traiettoria. I loro sforzi, tuttavia, erano vani. Sembrava che, per ogni demone distrutto, altri dieci ne prendessero il posto.
Gli arcieri si ritirarono e le sacre pergamene furono srotolate. Attorno al monastero apparve una barriera ma nessuno aveva più la capacità di invocare tutto il potere delle pergamene. Erano state scritte dagli antichi e, nel corso dei secoli, la loro piena comprensione era andata perduta. Tuttavia, erano sufficienti a far guadagnare un po’ di tempo ai monaci.
Le porte del monastero furono chiuse, con un sigillo di protezione per dare loro qualche minuto in più. Tutti si guardavano l’un l’altro, sapendo che quella sarebbe stata l’ultima volta che si vedevano in questa dimensione.
Si aggrapparono tutti alla leggenda di cui parlavano le pergamene, un uomo incatenato dai demoni che cercavano di distruggere questo mondo. Era stato scritto che, durante il periodo di rivolta, i demoni si fossero voltati involontariamente di spalle.
Lui... un bambino pieno di rabbia impetuosa e tristezza, con il temperamento del più oscuro degli angeli e il potere di chiudere il portale, che aveva bloccato i demoni in questo mondo ma impedendo agli altri di seguirli. Quel bambino cacciava i demoni uno ad uno e li rispediva nel regno delle tenebre a cui appartenevano... proclamando la sua vendetta contro quelli che lo avevano imprigionato per così tanto tempo.
Alcune leggende lo descrivevano come un dio, mentre altre lo vedevano come un diavolo che voleva uccidere gli dei per ottenere la propria libertà. Gli avevano dato un nome, se non altro per le loro preghiere... Darious.
Le porte del monastero stridettero sotto il peso dei demoni quando questi le raggiunsero. Il legno massiccio s’incrinò e si spezzò mentre il sigillo che lo bloccava s’indeboliva lentamente e, alla fine, si ruppe. Le porte si aprirono e, come un’ondata di morte e sangue, i demoni si riversarono all’interno, dilaniando gli umani con i denti e con gli artigli.
I barili di olio che accendevano le torce caddero, colpendo quelli abbastanza sfortunati da combattere così vicino. Le pareti presero fuoco... ricreando un inferno che avrebbe potuto competere con quello vero. Il pavimento si aprì e altri demoni comparvero sotto i piedi dei monaci.
La pioggia iniziava a cadere, abbattendosi sul monastero in fiamme che si rifiutava di piegarsi alla mercé degli elementi. I monaci cadevano uno dopo l’altro, soffocando nel loro stesso sangue mentre pregavano per la propria salvezza... sperando che la profezia si avverasse. Migliaia di demoni erano già passati attraverso il portale e i monaci non conoscevano una barriera abbastanza forte da impedire loro di invadere le terre circostanti.
Un forte rombo di tuono, seguito da un lampo luminoso che sferzò il cielo, provocò una furiosa onda d’urto che fece sgretolare il monastero.
Il silenzio che ne seguì fu assordante quando, di colpo, il vento si attenuò e la pioggia cessò. La tempesta tranquilla aveva avvolto i resti del monastero; le sue mura d’acqua s’innalzarono attorno ad esso, intrappolando i demoni e i monaci allo stesso modo.
I monaci sopravvissuti volsero lo sguardo verso il cielo e mormorarono preghiere di penitenza. Quello che credevano fosse un salvatore era molto più spaventoso dei demoni che lo avevano preceduto.
Lui se ne stava al centro della sua stessa tempesta, con le catene della sua prigionia che gli penzolavano dai piedi e dai polsi... quella più massiccia gli stringeva ancora il collo. Le catene tintinnavano minacciosamente nel silenzio, coperte dal sangue dei demoni che lui aveva ucciso durante la fuga.
I suoi lunghi capelli neri svolazzavano leggermente, se per la tempesta o per il suo potere era impossibile dirlo. Il suo corpo era nudo come tutti coloro che nascono in questo mondo. Il sangue fresco colava dalle ferite che aveva subito, prova della battaglia che aveva combattuto per arrivare fin lì. Due squarci gli attraversavano la schiena dove un tempo c’erano le sue magnifiche ali.
Alzando il suo viso perfetto verso il cielo, delle lacrime simili al sangue colarono dai suoi occhi color mercurio. Il terreno sotto i suoi piedi tremò ancora una volta e si sollevò, intrappolando molti demoni e ripristinando il portale, sigillandolo.
Una forte luce bianca eruppe e si diffuse tutt’intorno, disperdendo i demoni rimasti verso le regioni più remote del mondo.
Darious, la profezia, abbassò lo sguardo verso quello che un tempo era stato un grande monastero. Lì, avvolta da un lieve bagliore angelico, c’era la statua di una fanciulla inginocchiata, con le mani tese come per chiedergli qualcosa che lui non poteva darle. Con un’altra scarica di fulmini, la statua della fanciulla svanì.
Capitolo 1 “Risate malvagie”
Di solito, il film “La Casa 2” la spaventava a morte. Per fortuna, Kyoko era così assonnata da riuscire a malapena a vedere lo schermo della TV, e questo la diceva lunga, visto che si trattava di un sistema home theater da 73 pollici. Sbatté le palpebre un paio di volte, poi si destò di scatto, alzando la testa per guardare l’orologio digitale del lettore DVD.
Le tre del mattino! L’ultimo battito di ciglia era stato la sua rovina. Aveva dormito per più di un’ora.
Aveva l’abitudine di restare sveglia finché non vedeva che tutti erano tornati a casa sani e salvi, quindi iniziò subito a contare “le teste”. Fece per raddrizzarsi, ma si rese conto di essere bloccata tra lo schienale del divano e Toya.
Abbassò lo sguardo e arrossì violentemente. Lui le teneva la faccia premuta sullo stomaco e un braccio attorno alla vita. Come faceva ad addormentarsi con lui che girava per la stanza, per poi svegliarsi appiccicata lui nelle posizioni più strane? Era una cosa snervante. Se non avesse dormito così profondamente, lo avrebbe fatto rotolare a terra.
Kyoko alzò gli occhi al cielo, consapevole di averlo pensato decine di volte, ma finora... non l’aveva mai fatto.
La sua espressione s’intenerì vedendo i suoi capelli neri e argentati tutti spettinati. Sembrava sempre così dolce quando dormiva... era davvero un peccato che non potessero tenerlo sempre addormentato. Sorrise mentalmente per quella battuta. Accidenti, era la verità. Toya, segretamente dolce e affettuoso, era sempre il primo ad iniziare un litigio.
Si tirò su oltre lo schienale del divano per non strisciare sopra di lui, si rimise in piedi e si guardò attorno.
Scosse la testa, chiedendosi perché avevano preso tutti l’abitudine di dormire in quell’enorme soggiorno quasi ogni sera, quando ognuno aveva la propria stanza con letto matrimoniale. Dando una rapida occhiata in giro, notò che tutti quelli che stava aspettando erano presenti tranne Kyou, il che era normale, e Tasuki, che aveva il turno di notte quella settimana.
Con Kyou come capo, immaginava che fosse troppo chiedergli di divertirsi con i poliziotti, i detective e i sensitivi che lavoravano per lui.
Le balenò in mente un pensiero molto cattivo e divertente, e lei sorrise. Se qualcuno fosse stato sveglio per vederla, sarebbe scappato spaventato. I ragazzi la prendevano in giro così tanto, ultimamente, che decise che era arrivato il momento di vendicarsi... dieci volte peggio.
Si avvicinò di soppiatto a Shinbe, che dormiva sul divano. Con cautela, prese il telecomando della TV che, in qualche modo, era finito sul suo grembo. Kyoko si bloccò quando lui si mosse e mormorò qualcosa a proposito di pelliccia di coniglio e sciroppo di cioccolato nel sonno.
Scuotendo la testa, gli sottrasse il telecomando e abbassò il volume.
L’adrenalina la pervase, dandole una sensazione di leggerezza. Una piccola parte di sé si sentiva dispiaciuta, ma lei la represse finché non la ridusse al silenzio. Dopo l’incidente di Kotaro in biancheria intima e l’improvvisa voglia di Toya di intrufolarsi nella sua camera... se lo meritavano proprio.
E poi, la consideravano come la piccola del gruppo. Doveva sempre lottare con loro per lavorare a un caso paranormale tosto.
Il suo unico vero potere era il fatto che, a volte, quando toccava qualcosa o qualcuno, vedeva flash del passato che li aiutavano a risolvere i casi. Tuttavia, non sempre funzionava. Non poteva semplicemente avvicinarsi a un demone e toccarlo per vedere se andava in giro ad uccidere la gente.
Forse, battendo tutti sul tempo, avrebbe dimostrato loro che poteva farcela da sola. E poi... la vendetta era una cosa deliziosa.
Kyoko alzò il volume della TV al massimo. In quel film c’era una parte che la faceva rabbrividire ogni volta che la sentiva. Riavvolse fino a quella scena, in cui tutta la stanza iniziava a ridere del personaggio principale con voci distorte.
Si avvicinò di soppiatto alla porta, la aprì e fece un passo nel corridoio prima di voltarsi e sorridere. Premendo ancora una volta il pulsante del volume, lanciò il telecomando verso il divano e corse via.
Il forte rumore fece sussultare tutti, creando un effetto domino che avrebbe fatto ridere chiunque per settimane.
Kotaro fu il primo a reagire. Era seduto su una delle poltrone reclinabili, stava sognando un certo angelo dai capelli ramati quando la risata inquietante e rumorosa lo destò. Si alzò in piedi, estraendo la sua Beretta e sparando al televisore. Essendo un agente di polizia, era stato l’istinto a farlo reagire così in fretta.
Yohji, il suo partner, era seduto su un’altra poltrona. Il rumore lo fece saltare, ribaltando la poltrona. Si alzò in meno di un secondo, usando la poltrona capovolta come copertura e puntando la pistola contro i resti del televisore.
Shinbe balzò in piedi urlando qualcosa a proposito di abbandonare la nave, di Kyoko e dei pervertiti. Sbatté le palpebre, destandosi dal suo sogno e finendo in quello che poteva essere un incubo. Poi guardò la TV.
A causa della sua precaria posizione sul divano, Toya era caduto addosso a Kamui, che sonnecchiava steso a terra con il portatile aperto davanti a sé. La faccia di Kamui colpì la tastiera e il piede di Toya finì sullo schermo, distruggendo il dispositivo.
«Kotaro, ma che ti prende?» chiese Toya.
«Leva la tua faccia dal mio culo!» strillò Kamui scattando in piedi, lasciando cadere Toya sul pavimento.
Shinbe si strofinò la nuca, ringraziando qualunque dio in ascolto che nessuno lo avesse sentito.
Yohji si alzò lentamente e ripose la sua PPK nella fondina mentre fissava la TV in fumo. «Hai sparato di nuovo al televisore.» borbottò «È già la seconda volta, quest’anno». Si accigliò e aggiunse: «E penso che stia ridendo di te».
Anche Kotaro stava fissando il televisore rotto che risuonava ancora di risate malvagie, nonostante lo schermo distrutto. La sua espressione era di assoluta sorpresa, abbassò lo sguardo sulla Beretta che teneva in mano e la ripose lentamente. Notò dei flash e si voltò, vedendo Suki che scattava foto con il cellulare.
«Chissà di chi è la colpa!» esclamò Toya, precipitandosi di corsa verso la porta.
«Non ucciderla!» urlò Kamui rincorrendolo, «Tocca prima a me.»
Kotaro non si mosse mentre continuava a guardare il televisore. Shinbe inseguì Toya e Kamui con tutte le intenzioni di “salvare” Kyoko dalla vendetta di Toya.
«Non temere Kyoko, ti proteggo io!» esclamò Shinbe mentre correva nel corridoio.
Yuuhi, un ragazzino albino, si tolse i tappi dalle orecchie. «Te l’avevo detto.» bisbigliò, con una voce priva di emozioni che racchiudeva il suo lato inquietante.
Amni era seduto accanto a lui sullo stesso divanetto su cui era seduto anche Shinbe. Sorrise dopo aver tolto anche lui i tappi dalle orecchie. Loro due erano i sensitivi del gruppo e avevano previsto l’accaduto già da qualche giorno. Non si erano preoccupati di avvertire nessuno... quale sarebbe stato il divertimento?
«Almeno le telecamere di sicurezza installate da Kyou riprenderanno tutto.» disse Amni, «Il replay istantaneo è l’invenzione migliore dopo il pane a cassetta.»
«Che mi sono perso?» chiese Tasuki mentre entrava con calma, felice di essere finalmente a casa.
«Toya è appena andato a uccidere Kyoko.» disse Amni con voce minacciosa, come se stesse avendo una visione orribile. Poi scoppiò a ridere quando Tasuki corse fuori dalla stanza così in fretta da provocare uno spostamento d’aria.
Kotaro guardò Amni perplesso, «Ti hanno mai detto che hai qualcosa di perfido?»
Amni scrollò le spalle, «Non volevo che si sentisse escluso.»
*****
Darious se ne stava appoggiato al muro di mattoni, cercando di entrare in sintonia con la città. I rumori e gli odori di così tanti umani erano distorti da echi demoniaci che nessun altro notava. Poteva persino percepire ombre non proiettate dalla luce del giorno, ma rimase calmo per tenere i suoi poteri nascosti per un po’.
Aveva imparato tanto tempo fa che il proprio umore aveva un effetto sul clima e, fino a quel giorno, il cielo era sereno e la temperatura era perfetta. Era mezzogiorno e desiderava la luce del sole più della solitudine. Sembrava averle entrambe.
Sorrise mentre osservava gli umani. Camminavano così vicini al ciglio dell’ampio marciapiede che un passo falso li avrebbe fatti finire nel traffico intenso.
Era abituato alle persone che lo evitavano e non gli importava più... non che gli fosse mai importato, in realtà. Avrebbe potuto fare loro un favore e rimanere invisibile, ma essere un fantasma 24 ore su 24 e 7 giorni su 7, gli dava sui nervi. L’unica ragione per cui si trovava in mezzo a una popolazione così numerosa era perché aveva seguito l’odore di parecchi demoni in quell’area.
Stava ancora cercando di capire perché quel posto era diventato il loro punto di interesse. Era così affollato, rumoroso e sporco che quasi comprendeva perché i demoni lo avessero scelto, ma ciò non significava che a lui sarebbe piaciuto. Evitava il più possibile le aree popolate perché aveva imparato che erano luoghi come quello a generare gli umani della peggior specie. Alcuni di loro erano quasi malvagi quanto i demoni che inseguiva.
Nel corso dei millenni aveva ucciso innumerevoli demoni... ma quelli più forti e più veloci si erano dispersi e si erano nascosti mentre lui era impegnato ad uccidere quelli più deboli. Tutte quelle piste inconcludenti sembravano portare lì... in quella città.
I suoi pensieri s’incupirono, sapeva che i demoni maestri ora tramavano insieme, pensando erroneamente che il loro esercito, confuso tra così tanti umani, potesse sconfiggerlo. Nascondersi tra gli umani non li avrebbe aiutati. Le loro aure spiccavano come fari nella notte per lui, somigliando più a ombre distorte che a veri e propri esseri viventi.
Gli occhi di Darious si oscurarono a quel pensiero. Se doveva distruggere quella città e tutti i suoi abitanti, allora così sia. Non doveva niente ai mortali. Inoltre, loro sapevano dei demoni e avevano scelto di ignorare la cosa. Tutti i film horror ne erano una prova, anche se loro li chiamavano “finzione”. Avevano dimenticato che ogni leggenda umana era basata su una piccola dose di verità.
Quella notte era la notte dei demoni... gli umani la chiamavano “Halloween”. La notte in cui la gente ignorava ciò che aveva davanti agli occhi. Supponeva che fosse una delle ragioni per cui gli umani si travestivano da mostri una volta l’anno... così i mostri veri non li avrebbero riconosciuti. Com’era diventata ignorante la razza umana.
Con la sua vista acuta, Darious guardò la superficie di vetro dei grattacieli dall’altro lato della strada e vide il proprio riflesso. Restrinse lo sguardo, chiedendosi che cosa vedessero le persone quando lo guardavano, tanto da allontanare i bambini dalla sua presenza.
Vedevano la propria mancanza di conoscenza, avevano paura o forse era una sfida alla loro nota ignoranza? Volevano continuare ad essere ignari dei veri pericoli del mondo. Lui era lì per salvarli, eppure lo trattavano come se fosse un demone. Solo gli innocenti incrociavano il suo sguardo... i bambini, mentre i loro genitori li tenevano a distanza.
*****
Kyoko era in piedi nell’ufficio per il pubblico, contenta che ci fosse solo Suki. Rise nervosamente mentre preparava la sua prima tazza di caffè. Sapeva che i ragazzi si sarebbero vendicati per quello che aveva fatto la scorsa notte. Deglutì, ricordando il pavimento che vibrava per il volume alto e lei che correva nel tentativo di raggiungere la sua stanza prima che la prendessero.
Aveva sentito Toya rincorrerla imprecando di tutto. Entrambi sapevano che, se l’avesse raggiunta davvero, non le avrebbe fatto niente.
Nella sua folle corsa, aveva svoltato l’angolo e aveva trovato Kyou in piedi sulla porta della sua stanza. Indossava i pantaloni di un pigiama di seta nera, pericolosamente bassi sui fianchi, e i suoi lunghi capelli argentati erano perfetti anche nel cuore della notte. Erano stati i suoi occhi a farle venire voglia di scappare nella direzione opposta. Erano color oro fuso e la fissavano mentre gli passava accanto.
Kyoko si era voltata e aveva urlato quando aveva visto Toya che sfrecciava verso di lei. Proprio mentre chiudeva la porta, le sembrò di vedere Kyou sporgere il piede di qualche centimetro, facendo inciampare Toya, che cadde a faccia in giù.
Le veniva ancora da ridere.
Si fidava di Kyou, sembrava prendersi cura di tutti quelli che vivevano e lavoravano all’interno dell’edificio. Non sapeva quasi niente di lui ma, allo stesso tempo, sentiva di conoscerlo così bene che spesso si sentiva in imbarazzo.
Tutto quello che sapeva era che lui sembrava avere una montagna di soldi e si assicurava che tutti avessero più di quello di cui avevano bisogno. Aveva anche uno strano modo per sapere esattamente quali casi paranormali affidargli e di quali armi avrebbero avuto bisogno. Era il fratello maggiore di alcune persone che lavoravano lì... anche se lei non aveva mai capito bene la loro età.
Toya era il secondogenito, con i capelli color ebano caratterizzati da strie argentate come i capelli di Kyou. Proprio come tutti i suoi fratelli, aveva un corpo che sarebbe potuto comparire su un cartellone pubblicitario di biancheria intima. Di quelli che fanno fermare le ragazze per strada.
Per quasi tutti i casi di cui si occupava, era Toya il suo partner e lei gli si era affezionata molto. Non poteva essere diversamente, visto che lui l’aveva salvata infinite volte da mostri di cui le persone normali non sapevano neanche l’esistenza. Per molti versi, lo vedeva quasi come un eroe.
Il terzo fratello era Shinbe, con i suoi lunghi capelli blu notte e gli occhi color ametista. Sembrava l’enigma del gruppo, si comportava sempre come un pervertito e il suo senso dell’umorismo la divertiva spesso. Ma c’erano momenti in cui era molto serio. In quei momenti, nessuno del gruppo lo dava per scontato.
Il quarto fratello, Kotaro, era un detective di polizia e si occupava dei casi che non convincevano le forze dell’ordine. Aveva lunghi capelli color ebano e occhi color ghiaccio che lasciavano senza fiato. Mentre gli altri sbirri correvano alla ricerca di un sospettato umano, era l’esigua squadra di Kotaro ad attirare l’attenzione dell’agenzia paranormale e ad aiutare a rintracciare i demoni.
Sorprendentemente, una volta risolto il caso, gli agenti non facevano mai troppe domande al riguardo. Era quasi come se non volessero saperlo.
Tasuki e Yohji erano due ragazzi che lavoravano per Kotaro in centrale. Kyou li aveva invitati a vivere lì, dal momento che lavoravano più lì che al dipartimento di polizia. Avevano anche “rubato” la segretaria all’ufficio di polizia e ora lei lavorava lì. Si chiamava Suki, e Kyoko le voleva bene come se fosse la sua migliore amica. Inoltre, Kotaro aveva convinto Kyou ad accogliere due fratelli sensitivi... Amni e Yuuhi. Erano di grande aiuto.
Il più giovane dei fratelli era Kamui, sebbene lei non fosse del tutto sicura dell’età, visto che sembravano avere tutti tra i diciannove e i ventisette anni. I suoi capelli erano multicolore, con strepitosi riflessi ametista. Sapeva per certo che i suoi occhi cambiavano colore più spesso di quanto un adolescente si cambia i vestiti... il che era tutto dire.
Era il mago dei computer e poteva entrare in qualsiasi banca dati del mondo per ottenere le informazioni di cui avevano bisogno. Più di una volta si era infiltrato nei sistemi delle agenzie governative solo per creare scompiglio.
Kyoko si voltò con la tazza di caffè in mano e cercò di concentrarsi su quello che aveva detto Suki negli ultimi due minuti. Quasi si ustionò quando incrociò lo sguardo di Kyou.
Era di nuovo appoggiato allo stipite della porta, stavolta quella del suo ufficio, con lo stesso sguardo che aveva la sera prima. Guardarlo le provocò un brivido sensuale in tutto il corpo.
Prima o poi avrebbe scoperto come faceva a farla sentire così. Aveva visto molte donne inciampare nei propri passi quelle rare volte in cui Kyou lasciava il suo “santuario”, l’ufficio, e camminava per le strade della città.
«Immagino che tu abbia dormito bene.» le disse lui stoicamente, anche se Kyoko notò un accenno di divertimento nei suoi occhi.
«Sì, benissimo.» affermò lei con un sorriso.
«Mmm, la vedo piuttosto difficile, con quattro maschi che hanno sgomitato e litigato per tutta la notte per chi sarebbe stato il primo a sfondare la porta della tua stanza.»
Voltandosi rapidamente per nascondere il proprio imbarazzo, Kyoko guardò fuori dalla grande finestra che dava sulla strada trafficata. A volte vivere in quell’edificio era davvero difficile per il suo cuore... per non parlare dei suoi ormoni.
Sentendo i brividi dietro la nuca, capì che non poteva scappare, quindi cercò di distrarre la mente. Guardò dall’altra parte della strada, verso la fila di edifici di fronte... immaginando di trovarsi in uno di essi... almeno finché l’angoscia adolescenziale della sera prima non sarebbe svanita.
Rimase a bocca aperta quando notò un uomo. Sembrava che la stesse guardando, ma sapeva che non era possibile perché il rivestimento dei vetri permetteva di guardare fuori ma non all’interno. Kyoko si avvicinò alla finestra e poggiò una mano sul vetro colorato, in corrispondenza di quell’uomo.
Era la personificazione dell’immobilità mentre tutto intorno a lui si muoveva a passo veloce. Emanava una calma che era seducente e spaventosa al tempo stesso. Da qualche parte, nel profondo della sua mente, sapeva che doveva essere una bugia... era lui a muoversi e tutto il resto era fermo in sua presenza.
Indossava occhiali da sole scuri e un lungo trench nero che era aperto abbastanza da lasciar intravedere la camicia attillata. Aveva il corpo di un dio greco e il viso impeccabile, anche se i suoi lunghi capelli scuri ne coprivano una buona parte. Aveva qualcosa di pericoloso e di eccitante allo stesso tempo. Sembrava uscito direttamente dai secoli bui, quelli con i draghi e i maghi.
Una visione improvvisa di lui inginocchiato, nudo e insanguinato, con catene attorno ai polsi, alle caviglie e al collo, in una caverna sotterranea dimenticata a lungo, balenò nella sua mente, facendole venire voglia di piangere per l’angoscia. Kyoko sentiva se stessa che strisciava verso di lui in un lago di sangue... voleva salvarlo. Si sentiva la pelle umida e i vestiti intrisi letteralmente.
Si accigliò mentre le sensazioni e l’immagine svanivano, poi si avvicinò al vetro ed ebbe la netta sensazione che in realtà stesse cercando di avvicinarsi a lui.
Darious sentì qualcosa invadere il proprio spazio e restrinse lo sguardo oltre il proprio riflesso nei vetri, notando la ragazza che lo osservava. Di solito gli umani distoglievano lo sguardo appena lo vedevano, a meno che non fossero innocenti, cioè bambini. Non aveva mai capito perché, ma i bambini non lo avevano mai temuto. I suoi occhi scuri scrutarono la ragazza con curiosità, non era certo una bambina.
Aveva lunghi capelli ramati che non erano né lisci né ricci, ma avevano una vita propria. Concentrandosi, vide i suoi luminosi occhi color smeraldo circondati da sensuali ciglia scure. Lo stava guardando con espressione meravigliata e questo gli fece riscaldare il sangue, lasciandolo confuso.
Ringhiò quando il sole scomparve improvvisamente dietro nuvole scure. Non si era mai interessato degli umani... solo dei demoni, e soltanto per il tempo necessario per rintracciarli e ucciderli. Nell’istante in cui lei si voltò di spalle, Darious usò il proprio potere per diventare invisibile.
«Kyoko, hai sentito quello che ho detto?» le chiese Suki, consapevole di aver passato gli ultimi minuti a parlare da sola.
Lei sussultò e si voltò a guardare la sua migliore amica dietro la scrivania. «Oh... ehm... eh?» Sbatté le palpebre, «Qual era la domanda?». Vedendo un’ombra alla sua destra, guardò verso la porta dell’ufficio di Kyou e si rilassò vedendo che era svanito di nuovo.
Suki scosse la testa, «Ho detto che tra cinque minuti c’è la riunione della mattina.». Prese una pila di fogli e si avvicinò alla scrivania mentre lei si voltava di nuovo verso la finestra. «Che cosa stavi guardando così attentamente?» le chiese.
Kyoko scrollò le spalle vedendo che lo sconosciuto non c’era più. Si morse il labbro inferiore, pensando alla delusione. «Sto cercando un taxi per sfuggire alla riunione.» rispose facendole l’occhiolino.
«Sì, beh... se non ti volessi bene, ieri sera ti avrei ammazzato quando ho sentito quel trambusto. Ma alla fine ho scattato delle belle foto da postare in rete. Avresti dovuto vedere l’espressione di Kotaro quando si è reso conto di aver sparato alla TV. Te le faccio vedere più tardi.»
Vedendo che Kyoko stava guardando di nuovo la strada, le mise le mani sulle spalle e la fece voltare verso l’ascensore. «Forza... è ora di affrontare la responsabilità dei tuoi atti vandalici.»
«Atti vandalici?» Kyoko si difese, «E quello che loro fanno a me di continuo, come lo chiami?»
Suki ridacchiò e la spinse nell’ascensore. «Sali, e se senti gridare... assicurati che siano loro a farlo.»
Darious alzò lo sguardo verso il nome stampato sul vetro del palazzo dov’era la ragazza... “Paranormal Investigations”. Chiuse gli occhi, entrando mentalmente nell’edificio, e serrò le mascelle quando il suo potere percepì anime antiche. Inspirò quando la sentì all’ultimo piano dell’edificio. Era diretta verso quel raggruppamento di anime che erano contaminate da qualcosa di non umano... ma non erano demoni.
Riaprì gli occhi proprio mentre iniziava a piovere, il marciapiede si bagnò tranne dove si trovava lui nell’invisibilità.
Era per questo che lei lo aveva guardato con tanto interesse, perché aveva a che fare con il paranormale? Lasciò che il proprio potere raggiungesse la sua anima ancora una volta mentre cercava una presenza demoniaca nella sua aura. Il potere la circondò per diversi istanti e sentì la sua forza vitale sorgere e guardarlo negli occhi.
Fu allora che la sentì... l’eco di un pianto sommesso che riusciva a malapena a ricordare di aver sentito al di sopra delle sue stesse grida di agonia. L’unica volta che aveva sentito quel suono era stato nel momento in cui le catene dell’eternità si erano spezzate. Si era lasciato alle spalle quel suono mentre si faceva strada per uscire dalla fossa, e questo era ritornato molte volte nella sua mente. Più si avvicinava a quella città... più il ricordo lo perseguitava.
Che cosa c’era in quel grido che gli faceva stringere il petto adesso, e non secoli prima quando aveva più importanza? Perché adesso era importante? Darious scosse la testa infastidito. Non poteva cambiare il passato, quindi perché indugiarvi?
Proprio mentre apriva la porta della stanza dove tutti stavano aspettando, Kyoko si sentì come se qualcuno la abbracciasse e respirasse profondamente. Voltandosi alla propria destra, guardò nell’oscurità. Lì vide lo stesso volto che aveva visto dall’altra parte della strada... questa volta senza occhiali da sole. Erano i suoi occhi ad affascinarla... erano di una stranissima tonalità di argento, con un accenno di riflessi color ghiaccio.
Kyou si voltò verso la porta, percependo al presenza di Kyoko, ma la sua espressione strana lo fece scattare. Si precipitò e la afferrò prima che cadesse a terra. Percependo qualcosa di indesiderato che la toccava oltre a lui, ringhiò in tono di avvertimento, disperdendo il potere soprannaturale che la circondava.
Darious si allontanò da Kyoko in preda alla rabbia proprio mentre un tuono scuoteva le finestre. Kyou restrinse lo sguardo mentre la prendeva possessivamente tra le braccia e la adagiò delicatamente sul divano, con tutti che guardavano. Fecero per avvicinarsi ma lui alzò una mano, ordinando loro di restare dov’erano.
Darious si ritirò e aprì gli occhi, guardando verso l’ultimo piano dell’edificio. Poteva ancora sentire il calore dell’anima della ragazza ed era la prima volta che accadeva da quando aveva memoria. Era passato molto tempo anche da quando era stato respinto dal potere di qualcun altro.
Sorrise freddamente mentre svaniva. Il punto asciutto sul marciapiede divenne più scuro quando scoppiò un acquazzone.
Capitolo 2 “Miti pericolosi”
L’udito di Kyoko tornò prima ancora che aprisse gli occhi. Quando sentì Shinbe dire che doveva essere incinta, spalancò gli occhi e lo guardò storto.
«Io...» fu subito interrotta da Toya, che la prese tra le braccia e la strinse forte.
«Non farlo mai più! Mi hai fatto quasi venire un infarto.». La tenne stretta finché non si ricordò che gli altri li stavano guardando. Gli venne un tic alla mascella, sapendo che cosa sarebbe successo.
«Oh, che dolce.» Kamui sogghignò, «Toya è innamorato di Kyoko. Non ne avevo idea.»
Toya la lasciò andare così in fretta che lei ricadde sul bracciolo del divano. «Avrai idea del mio pugno in faccia se non stai zitto, idiota.» ringhiò, ma la sua espressione si addolcì di nuovo quando fece un passo indietro e guardò Kyoko che si metteva a sedere. «Quello che intendevo dire era... che stai cercando di fare, farmi venire un infarto vero dopo ieri sera?»
«Se continui, lo farò.» disse Kyoko con un sorrisetto, «E poi mi nasconderò nella stanza di Kyou.»
«E perché proprio lì?» le chiese Toya, provando una gelosia fulminante.
Kyoko sospirò e si scostò una ciocca di capelli dagli occhi. Toya era intelligente ma a volte, se non fosse per il suo aspetto, sembrava proprio un bambino di cinque anni.
«Perché Kyou ha difese a prova di nerd sulla sua porta.» disse Kamui senza distogliere lo sguardo dal suo nuovo portatile, che teneva a debita distanza da suo fratello.
Toya ringhiò e si voltò per affrontare il più giovane del gruppo. «Continua pure, così ti mando in tilt tutto il sistema informatico.»
«Detto da chi non sa nemmeno dov’è il tasto “Invio” sulla tastiera.» ribatté Kamui con un sopracciglio alzato, «Mi sorprende perfino che tu sappia dov’è il tasto di accensione di un monitor.»
Toya si chinò su di lui, «Non intendevo virtualmente.». Le sue labbra accennarono un sorriso malvagio quando Kamui strinse forte il portatile a sé.
«Smettetela!» esclamò Kyou, con un tono che faceva eco alla sua autorità. «Sedetevi tutti. Kyoko, tu puoi rimanere sul divano se vuoi, e no, Toya... non puoi stare seduto lì.». Guardò suo fratello con irritazione.
Toya iniziò a farfugliare di bastoni e microchip su per il sedere prima di sprofondare nella sedia di Kyou. Kyou lo fissò con la sua famosa espressione impassibile. Quando si sentì tirare la mano si voltò verso Kyoko, che spostò i piedi per farlo sedere dall’altro lato del divano.
Kotaro e Yohji ridacchiarono quando Kyou accettò l’invito e si sedette, appoggiando i piedi di Kyoko sulle proprie gambe.
«Come tutti ben sapete, oggi è Halloween.» iniziò Kyou.
«Bah!» mormorò Toya, cercando di non guardare i piedi di Kyoko che toccavano suo fratello.
«Ciò significa...» continuò Kyou fissando Toya, «... che stasera ci sarà un’attività maggiore. I rituali pagani procederanno come al solito e anche l’attività paranormale aumenterà. Resteremo in allerta per le prossime ventiquattr’ore. Considerando che i festeggiamenti dureranno più di una notte perché è sabato... credo che vi siate fatti un’idea a proposito.»
«Sì, sì, abbiamo capito.» esclamò Toya «Ooh, guardate, donne nude che corrono per strada, inseguite da un gruppo di lesbiche!»
«Dove?» chiese Shinbe ad alta voce, non avendo prestato molta attenzione da quando Suki era entrata.
Kyou si massaggiò la fronte mentre sentiva una leggera pressione in aumento. Lui e i suoi fratelli nascondevano bene i loro poteri al resto del mondo, ma a volte si chiedeva se non fossero regrediti un po’ troppo. Erano stati mandati lì per proteggere Kyoko a sua insaputa e liberare il mondo da tutti i demoni possibili. Aveva creato l’agenzia non appena aveva saputo del lavoro che lei aveva scelto.
Kotaro intervenne: «Il dipartimento di polizia ha assegnato la piazza principale alla mia squadra perché c’è troppo lavoro per gli agenti. Molti poliziotti saranno di turno perché l’anno scorso i festeggiamenti sono durati fino all’alba e molte persone sono scomparse quella notte.»
Kamui annuì, girando il suo portatile verso gli altri. «Ragazzi, c’è una strega in città.»
«Ecco un altro sapientone... stanotte sarà pieno di streghe.» sogghignò Yohji, «Alcune più sexy di altre.»
«Quelle streghe non risucchiano la forza vitale dei bambini, però.» Kamui indicò un elenco di nomi del reparto pediatrico dell’ospedale. «Tutti questi bambini sono in coma ed è successo tutto nell’ultima settimana. I dottori sono sconvolti perché erano tutti in giro dopo il tramonto e i test che hanno eseguito non mostrano lesioni. Non si svegliano e basta.»
Kyoko si accigliò mentre cercava di concentrarsi sulla riunione. Era difficile perché non riusciva a scrollarsi di dosso la strana sensazione che le era rimasta da quando aveva visto quell’uomo e aveva sentito come due braccia che la stringevano.
Scacciando il ricordo per un momento, si rattristò pensando a tutti quei bambini in ospedale. Una volta aveva letto che, quando una strega prende una parte della tua anima, si cade in un sonno profondo. E si diventa vittima degli incubi per sempre mentre la strega nutre la tua paura. E ora tutti quei bambini erano bloccati nei loro sogni, chiedendo di essere salvati?
«Non credo che un secchio d’acqua in testa funzionerà, ma voglio andare a caccia di questo essere così crudele. Come facciamo a riconoscere la strega se la vediamo? Qualcuno ne ha mai vista una? Non sono semplici umani che hanno fatto indigestione di magia?» Kyoko iniziò a fare domande mentre cercava di mettersi a sedere, ma Kyou le poggiò una mano sulle caviglie per impedirglielo.
Non la guardò, sperando che lei non si accorgesse che lo aveva fatto intenzionalmente. In quel momento eresse una barriera protettiva attorno a lei che era trattenuta solo dal suo tocco... e poi, non era ancora pronto a rinunciare a quel contatto.
Aveva sentito la potente aura che la circondava poco prima che svenisse. E anche se l’aveva scacciata... sentiva ancora la sua presenza. Era abbastanza da farlo arrabbiare. Aveva piazzato protezioni anti-demone in tutto l’edificio e ad ogni angolo di ogni piano, all’interno dei muri in modo che non fossero visibili.
I suoi occhi dorati scrutarono l’enorme vetrata che si trovava al centro della parete esterna. Il tempo per la giornata doveva essere sereno e fresco, quindi da dove proveniva quella strana tempesta? Mentre osservava attentamente la pioggia, notò una sagoma che non era bagnata.
Non volendo che l’entità capisse che lui l’aveva individuata, Kyou rivolse l’attenzione su Shinbe, che stava fornendo una personale descrizione delle streghe.
«Le vere streghe non sono mai state umane. Le loro anime sono demoniache ed eterne. Si mantengono in vita sottraendo la forza vitale ai bambini e nutrendosi dei loro incubi. È questa la loro fonte di sostentamento. Per quanto riguarda l’aspetto, visto che tanti bambini sono già rimasti vittima, avrà una forma rara... giovane, bella e magari angelica, all’apparenza.»
Shinbe si schiarì la gola e cancellò l’immagine erotica che indugiava nella sua mente. «Non mostrerà la sua vera forma a meno che non stia prosciugando un altro bambino, o non stia combattendo. Il suo aspetto, in quel caso, sarà orribile.»
«E tu come lo sai?» disse Toya con voce cupa.
Shinbe lo guardò come per dirgli di tacere e, per una volta, Toya ebbe la decenza di lasciar perdere.
Yuuhi era in piedi accanto a suo fratello Amni, che era seduto, ma i suoi occhi erano fissi sulla pioggia fuori dalla finestra mentre parlava. «Lei sarà in centro, nel cuore della festa per bambini, ma non sarà l’unico demone. Non si fida di chi ha poteri superiori ai suoi. Ecco perché è così avida di nutrirsi... accumula energia per la battaglia imminente. Stasera mieterà altre vittime.»
Tasuki si strofinò le braccia per scacciare i brividi. «Detesto quando fai così.» mormorò mentre guardava i suoi occhi. L’unica differenza tra il ragazzo e un vero albino era che Yuuhi aveva gli occhi neri e, quando aveva una visione, diventavano più profondi... era inquietante.
Yuuhi lo guardò e le sue pupille color ebano divennero enormi e luminose.
«Stanotte non affronterai una strega.» disse, poi si voltò a guardare la pioggia come se non avesse appena spaventato a morte il suo amico.
Tasuki strinse i pugni, sapendo che il ragazzino non gli avrebbe detto che cosa avrebbe affrontato. Ignorando gli altri, che stavano quasi sghignazzando per il divertimento, si diresse verso gli armadietti che contenevano qualsiasi arma a prova di demone e prese un sacchetto di sale marino, infilandoselo subito in tasca.
Sapeva alcune cose sulla magia e, se il sale marino non avesse ucciso la strega o i demoni che la accompagnavano... almeno gli avrebbe dato un vantaggio.
Amni sorrise mentre guardava Tasuki che prendeva il sale. Era troppo divertente per lasciar perdere e, schiarendosi la gola, fece un’ottima imitazione della Malvagia Strega dell’Ovest.
Tasuki quasi saltò per lo spavento, poi si girò con una mano sul petto e lanciò un’occhiataccia al sensitivo.
«Bravo, Amni!» esclamò Toya.
«Va’ al diavolo!» ringhiò Tasuki.
«Tasuki!» lo rimproverò Kyoko, «Vuoi che chiami di nuovo il nonno?»
Lui si bloccò e si sentì raggelare fino al midollo. Sì, l’agenzia aveva affrontato delle cose che lo avevano spaventato a morte... ma niente era peggio del “signore del terrore”... nonno Hogo.
«Non è necessario, tienilo lontano da me per stanotte.» le disse, sperando che il vecchio non si facesse vivo quella sera. Riusciva sempre a sbucare dal nulla quando loro erano a caccia di demoni.
Amni gli sorrise di nuovo, facendogli l’occhiolino per farlo impallidire prima di tornare al gruppo. Strinse le mani e chiuse gli occhi mentre invocava il suo potere della vista. Dietro le sue palpebre il tempo accelerò, il giorno si trasformò in notte, e lui stava volando oltre i grattacieli del centro. Amni si ritrovò improvvisamente nel cuore della città dopo il tramonto, circondato da umani travestiti per Halloween.
Sospingendo la propria vista soprannaturale in tutte le direzioni, inspirò lentamente, cercando cose fuori dal normale... ce n’erano così tante. Ombre distorte si contorcevano intorno a lui, assorbendo le persone da tutte le direzioni prima di sparire dalla vista. Spiriti che non sembravano nient’altro che ragnatele che volavano intorno a lui come se cercassero di attaccarlo, ma non c’era nulla.
Ai confini della propria coscienza, Amni iniziò a sentire qualcosa di sinistro, simile ad artigli di demoni che raschiavano il metallo. Qualcosa gridò e lui fu riportato indietro nel presente. Sentì una mano sulla spalla e incrociò lo sguardo consapevole di Yuuhi. Fu allora che Amni si rese conto di essere caduto a terra, con la sedia rovesciata.
«Nessuno deve uscire da solo, stasera.» disse mentre si allontanava da suo fratello, poi entrambi guardarono la pioggia. La sagoma svanì, lasciando che lo spazio vuoto si bagnasse.
«Stasera uscirete tutti in coppia e porterete con voi i cellulari.» ordinò Kyou, «Kamui vi seguirà da qui, quindi chiamatelo se avete problemi. Chi sarà più vicino alla vostra posizione verrà ad aiutarvi. Yuuhi e Amni rimarranno con lui, così potrà avvertirvi se scopriranno qualcosa.»
Poi guardò Kotaro e aggiunse: «Kotaro, tu e Yohji pattuglierete la piazza per conto della polizia; ovunque mandino Tasuki, Shinbe lo seguirà. Toya e Kyoko si travestiranno per mimetizzarsi e cercheranno di mantenere al sicuro la propria identità in caso di imprevisti. Saranno di pattuglia nell’area dei bambini, alla ricerca della strega». Fece un lieve cenno a Kyoko, sapendo che era quello che voleva.
«Amni, anche tu e Yuuhi farete parte della squadra “di pulizia”. Se qualcosa dovesse sfuggire di mano con troppi testimoni, dovrete essere pronti.». Li guardò per fargli capire che avrebbero dovuto cancellare la memoria di qualsiasi essere vivente, se necessario. «Suki aspetterà sul furgone per chiunque avesse bisogno di armi o di un passaggio.»
Toya incrociò le braccia sul petto, soddisfatto di essere in coppia con Kyoko, anche se ciò significava che avrebbe dovuto travestirsi per la notte dei demoni. Divenne sospettoso quando si rese conto che Kyou non aveva rivelato il proprio ruolo nel piano.
«E tu che farai?» gli chiese con diffidenza.
Kyou restrinse lo sguardo verso la finestra, sapendo che non erano più soli nella stanza. Aveva sentito lo spostamento d’aria creato da un movimento, e il potere che vi si celava era sconcertante.
«La riunione è finita.» disse con tono calmo ma autoritario per non allarmare gli altri.
All’inizio nessuno si mosse, aspettando che lui se ne andasse come faceva normalmente dopo una riunione. Quando fu evidente che non se ne sarebbe andato, uno ad uno si alzarono e lasciarono la stanza. Anche Kyoko fece lo stesso quando Kyou lasciò la presa sulle sue caviglie. In pochi istanti, la stanza si svuotò e Kyou chiuse la porta... bloccandola per non essere interrotto.
Appoggiò la schiena alla porta mentre guardava la stanza vuota.
Scansionò ogni centimetro quadrato con i propri sensi prima di alzare lo sguardo verso la finestra. Fissò intensamente un punto accanto al telaio. Capì che doveva essere la stessa entità che aveva fatto svenire Kyoko poco prima. Ma non riusciva a capire il perché. Non mostrava cattive intenzioni... quasi come se lo stesse semplicemente osservando.
Ma lui non riusciva a scacciare la sensazione di aver già sentito quell’entità. Qualunque cosa fosse, doveva scoprire i suoi segreti e il perché fosse lì. Nel frattempo, pensò quasi di mettersi a fissare il suo nascondiglio finché non si fosse mostrata o se ne fosse andata.
Darious era seduto sull’ampio davanzale, con la schiena poggiata al vetro, e aveva una gamba accavallata sull’altra. Aveva sentito tutto e la cosa gli aveva lasciato una strana sensazione di appartenenza che stava cercando di ignorare. Aveva sempre combattuto da solo contro i demoni e ora aveva finito per trovarsi in una stanza piena di... “umani” non era la parola giusta per alcuni di essi, anche se era ciò che fingevano di essere.
La prova era che quell’uomo sapeva che lui era lì anche se non poteva vederlo. Tuttavia, lo sguardo che gli stava rivolgendo era una sfida. Quel tipo dai capelli argentati non era umano... non era un demone... che accidenti era? Darious si accigliò, finché un’aura potente non attraversò la stanza, diretta verso di lui. Non lo stava minacciando... gli stava solo facendo capire che sapeva esattamente dov’era.
Darious restrinse lo sguardo... aveva sentito gli altri chiamarlo “Kyou”. Dove lo aveva già sentito quel nome? Rimase senza fiato e i suoi occhi neri divennero come pozzi senza fondo. Era impossibile.
Quando era tornato al monastero, trovandolo abbandonato e senza la statua, aveva perquisito i tunnel sotto le macerie e aveva trovato le pergamene perdute che parlavano dei guardiani. Era lì che aveva letto di Kyou e dei suoi fratelli. Gli scritti dei monaci raccontavano dei guardiani che circondavano la loro sacerdotessa e proteggevano il mondo dai demoni.
Aveva pensato che si trattasse di un mito... nient’altro che le speranze degli umani aggiunte alle terribili profezie delle pergamene. Cercò di ricordare che cos’aveva letto ma era tutto sfuggente, non aveva prestato attenzione a quelle “favole”. Aveva lasciato le pergamene dov’erano, per poi tornare anni dopo e trovarne una nuova che si riferiva ai guardiani.
Ricordava che lui era più anziano dei guardiani e che loro avevano abbandonato questo mondo nell’istante in cui il sigillo dell’inferno si era spezzato. Perfino i monaci non avevano capito perché i guardiani lo avessero lasciato solo nel momento più buio.
Adesso erano tornati e fingevano di essere umani... vivendo in mezzo a loro come se ne avessero il diritto, mentre lui era rimasto fuori al freddo, a combattere i demoni come se quello fosse il suo destino? Cosa aveva portato gli umani ad accettare i guardiani, e a guardare lui con aria spaventata? Tutto quello che gli umani gli avevano offerto non era stato altro che la solitudine.
Darious si alzò tutta la sua altezza mentre nascondeva i suoi desideri dietro le massicce pareti in cui li teneva intrappolati. Se avesse permesso a se stesso di provare qualcosa, avrebbe trovato soltanto dolore... aveva imparato quella lezione nel modo più difficile. Non aveva mai avuto bisogno di nessuno e non sarebbe successo adesso... soprattutto se gli altri erano più deboli di lui. Ringhiò silenziosamente verso l’uomo prima di andarsene, frantumando i vetri della finestra.
Kyou rimase in piedi con le mani nelle tasche dei pantaloni, lasciando che il vento gli spettinasse i capelli. Alzò un sopracciglio, chiedendosi che cos’avesse fatto per far arrabbiare l’entità. Non era riuscito a scoprire che cos’era... eppure, la sensazione di familiarità lo perseguitava. Qualcosa gli diceva che quella non sarebbe stata l’ultima volta che le loro strade s’incrociavano.
Voltandosi verso la porta, fece un sorriso consapevole. La aprì di scatto e fece un passo indietro appena in tempo per vedere tutti cadere verso l’interno.
Era usciti dalla stanza ma, non appena lui aveva chiuso la porta a chiave, si erano accalcati premendo le orecchie sul legno lucido. Furono colti di sorpresa quando la porta si aprì bruscamente, e caddero a terra.
«Suppongo che dovrò rieducare le vostre abilità di spionaggio.» disse Kyou prima di uscire dalla stanza, «Suki, chiama gli operai per far riparare la finestra.»
*****
Toya si aggiustò il colletto della camicia ringhiando per la frustrazione. Vai a fidarti di Kyou per trovare un costume adatto... Il travestimento era simile alle schifezze che vedeva nei film con vampiri melensi, completo di quel “coso” di pizzo da legare al collo. I pantaloni gli arrivavano al ginocchio ed erano accompagnati da calze bianche. Le calze... a che diavolo stava pensando, Kyou? Lo aveva preso per una donnetta?
Toya rinunciò alla parrucca e raccolse i capelli in una coda bassa, con alcune ciocche che ricadevano ai lati. L’unica parte che gli piaceva di quell’elaborato costume era il lungo mantello nero con il cappuccio foderato di rosso. Si abbinava molto bene a tutto il resto. L’altra cosa positiva era che Kyoko si era illuminata quando lo aveva visto vestito così.
I suoi occhi dorati s’intenerirono quando la guardò. Lo aveva definito come “il vampiro più sexy che avesse mai visto”. Scrutò il suo corpo con lo stesso apprezzamento.
Indossava un abito elaborato quanto il suo, ma il risultato finale era migliore. Kyou aveva scelto per lei un costume che ricordava l’epoca coloniale. Era di una bella fantasia rossa e nera, con un arricciamento sulla parte posteriore che sembrava muoversi ad ogni passo che faceva. Teneva in mano un parasole di pizzo nero e aveva un cappello a cilindro da donna, che all’epoca era usato solo come vezzo della moda.
L’unico problema con il vestito di Kyoko era che era corto sul davanti... arrivava appena a metà coscia mentre dietro aveva lo strascico. La parte superiore del corpetto era scollata e mostrava più di quello che Toya avrebbe mai voluto che gli altri vedessero... oltre a lui.
“Sensuale” era la prima parola che gli era venuta in mente, ma aveva tenuto per sé quel complimento. Si era limitato a prenderla in giro, dicendole che i bambini per strada si sarebbero presi la loro prima cotta per una ragazza.
Nonostante il probabile lato perverso di Kyou emerso nella scelta dell’outfit, Toya doveva ammettere che suo fratello aveva un gusto impeccabile. Nessuno dei due aveva l’aspetto di un mostro spaventoso, quindi erano perfetti per stare in mezzo ai bambini durante i festeggiamenti. Se Kamui e Amni avevano ragione, quella notte la strega avrebbe preso un altro bambino.
«Prova!»
Kyoko si portò una mano all’orecchio e fece una smorfia, mentre Toya ringhiò verso l’auricolare. «Abbassa quel maledetto volume, idiota!» esclamò ad alta voce, sperando che le casse di Kamui sarebbero esplose.
Kamui ridacchiò, «Scusate, era più forte di me. Ah, Toya, se vuoi spogliare Kyoko con gli occhi, non farlo qui.»
«Ma che cavolo…?» borbottò Toya guardandosi intorno.
Kyoko sogghignò e gli posò una mano sul braccio per attirare la sua attenzione, poi indicò la telecamera del traffico montata sopra il semaforo.
«Figlio di puttana.» ringhiò Toya, «È entrato di nuovo nel sistema di controllo del traffico.». Poi sorrise e guardò Kyoko, «Perché non diamo spettacolo?»
Kyoko gli diede uno schiaffo sul braccio e lo guardò imbarazzata.
«L’unico che vedrà Kyoko nuda sono io.» esclamò Kotaro da qualche parte nel raggio dei cinque isolati che erano stati chiusi per Halloween. «Sono io quello di cui è innamorata veramente.»
«Ha!» esclamò Kamui, «A Kyoko piacciono i tipi silenziosi, quindi al momento sono in vantaggio.»
«Le hai appena gridato nell’orecchio... che cosa avresti di tanto silenzioso?!» disse Toya.
«Volete smetterla di scherzare?» esclamò Tasuki, «Siamo qui per cercare i demoni, non per discutere della vita sessuale di Kyoko.»
«Vogliamo parlare della tua “non vita” sessuale?» intervenne Yohji, scatenando un’altra serie di risate.
«Volete chiudere il becco?» sbottò Kyoko, così arrabbiata da arrossire violentemente. «Solo perché non ho un ragazzo, non significa che potete prendermi in giro.»
L’espressione di Toya s’intenerì mentre la abbracciava. «Scusa.» sussurrò.
«Oh mio Dio, chiamate un medico... Toya si è appena scusato!» gridò Kamui negli auricolari.
«Sai che c’è?» disse Toya, «Sono quasi tentato di tornare indietro e prenderlo a calci nel culo.».
Kyoko ridacchiò, «Non preoccuparti. Ci divertiremo più tardi.»
Sorrise timidamente, rendendosi conto che era sembrato un doppio senso. Mentre i loro sguardi s’incrociavano, notò che i capelli gli erano ricaduti davanti al viso, che appariva dolce e tenero sotto la luce fioca. Gli sistemò le ciocche dietro le orecchie e lo baciò su una guancia.
Toya inspirò mentre arrossiva per il commento a doppio senso e per la sensazione delle sue labbra morbide sulla pelle. Sogghignò verso la telecamera nascosta e fece una linguaccia, poi prese Kyoko per mano e la scortò lentamente attraverso la folla che li circondava. Almeno le sue parole avevano zittito tutti.
La festa era in pieno svolgimento, con gruppi musicali che si esibivano all’angolo di ogni strada e in ogni locale. La luna parziale splendeva nel cielo, proiettando ombre contorte attorno a loro. Avevano parcheggiato dall’altra parte della piazza perché Kyoko voleva attraversarla a piedi e perlustrare l’area prima di raggiungere la festa per bambini.
Fece fermare Toya e indicò uno scolo vicino al marciapiede.
Lui annuì e vi si avvicinò. «Kamui, c’è uno scarico con la grata rimossa vicino a...» si guardò intorno alla ricerca di un punto di riferimento, che trovò proprio di fronte a loro.
Alzò un sopracciglio, «“La Casa degli Orrori”... dai, è assurdo. Vuoi che controlliamo?»
«Possono occuparsene Yohji e Kotaro se la smettono di palpeggiare Kyoko.» rispose Kamui con voce irritata.
Toya ringhiò mentre si girava, Kotaro le teneva un braccio attorno alle spalle, mentre Yohji le cingeva la vita, con la mano pericolosamente bassa sul fianco. Toya si passò una mano sulla fronte come se sentisse dolore, poi si avviò verso di loro con passi lunghi e decisi.
Entrambi scattarono all’indietro, nascondendo le mani dietro la schiena con aria da innocenti. Kotaro ebbe perfino l’audacia di iniziare a fischiettare, guardando gli edifici circostanti come se fossero le cose più affascinanti della Terra.
«Kotaro.» ringhiò Toya, «Tieni giù le mani da Kyoko.»
Lui mise il broncio e Toya si voltò verso Yohji, che era stato abbastanza stupido da riprovarci.
«Non pensarci neanche.» disse Toya, «Ora volete controllare quello scolo o devo buttarvi giù?»
Kotaro alzò le mani in segno di resa, «Va bene, va bene... andiamo. Ma ti invierò la fattura della lavanderia.». Trascinò subito Yohji lontano dal pericolo quando vide che l’idiota stava cercando di baciare Kyoko sulla guancia. «Muoviti, idiota, o stasera non dovrai preoccuparti soltanto dei demoni.»
Kotaro si toccò l’auricolare: «Ehi, genio, dove porta questo scarico?»
«Aspetta, sto controllando.» disse Kamui lentamente, «Penso che... sì, ci sono! Arriva proprio sotto la casa stregata davanti a voi. Vediamo, è un edificio vecchio... datemi un minuto.»
«Dicci solo se c’è un modo per scendere nelle fogne da dentro la casa.» disse Yohji.
«Secondo te che cosa sto facendo?» gridò Kamui «Per voi sembra sempre tutto facile da trovare. Bisogna fare delle ricerche, accidenti!»
Yohji guardò Kotaro con aria impassibile, «Detto da chi può entrare nel sistema della CIA anche mentre dorme.»
«D’accordo, voi tre continuate pure a discutere.» disse Toya, «Io e Kyoko andiamo nell’area per i bambini, così possiamo fare il nostro lavoro.»
Le cinse le spalle con un braccio e la condusse lontano da loro. Ma si bloccarono tutti quando la voce di Kamui risuonò di nuovo negli auricolari: «Ehm, ragazzi... abbiamo un problema.»
«Che altro c’è, genio?» chiese Toya, cambiando tono quando percepì la serietà di Kamui.
«Quello scolo è raggiungibile dalla casa... attraverso il seminterrato. Ma porta anche al cimitero a circa cinque isolati di distanza. A quanto pare, i tunnel sono stati scavati durante una qualche rivoluzione. Le leggende dicono che era un’arteria sotterranea per l’attività demoniaca.»
«Accidenti, sono contento di non venire con voi, ragazzi. Sarebbe terribile, in questo momento.» disse Toya con un sorrisetto. «Shinbe, Tasuki, potreste venire ad aiutare queste mammolette?»
«Chiedo umilmente scusa, Toya.» disse Shinbe via radio, «Ma io e Tasuki siamo dall’altra parte della piazza e al momento siamo occupati a fare il nostro lavoro.»
«Già.» disse Tasuki, poi gridò.
«Tasuki?» disse Kyoko, «Tutto okay?»
«Sta bene.» rispose Shinbe, cercando di non ridere. «Si è solo spaventato a morte per un anziano e uno zombi adolescente. Ehi Tama, bel costume.»
«Abbiamo cambiato idea, vi raggiungiamo subito.» ringhiò Tasuki, «Vecchia canaglia, mi spaventa sempre.»
Kyoko e Suki ridacchiarono all’unisono. A quanto pare, nonno Hogo aveva trovato Tasuki.
«Salutami il nonno, digli che lo chiamo domani.» aggiunse Kyoko.
«Io non gli dico proprio un bel niente!» esclamò Tasuki imbronciato.
«Diglielo, altrimenti...» lo avvertì Kyoko, mentre i suoi occhi verde smeraldo diventavano burrascosi.
Kotaro, Yohji e Toya fecero due passi indietro per allontanarsi da lei; quando Kyoko aveva quell’espressione, c’era una sola alternativa... scappare.
«Ehm, noi ci avviamo per controllare all’interno.» disse Kotaro con esitazione, «Vi terremo aggiornati.»
Yohji non se lo fece ripetere due volte. Indietreggiarono ancora, come se Kyoko potesse attaccarli alle spalle, poi corsero verso la casa.
«Kyoko.» disse Toya meravigliato «Sei spaventosa, lo sai?»
Lei sorrise, «È una caratteristica di famiglia.»
«Puoi dirlo forte.» borbottò Tasuki nell’auricolare.
Suki rise di nuovo, «E poi mi chiedete perché adoro lavorare con voi.»
«Tesoro.» le disse Shinbe «Tu puoi essere spaventosa quanto vuoi... ti vorrei ancora di più.»
«Chiudi il becco, Shinbe.» disse lei frustrata.
Capitolo 3 “Case stregate”
Darious rimase nell’ombra, osservando il gruppetto che prendeva strade diverse. Non si era neanche preoccupato di rendersi invisibile perché, stanotte più che mai, si sarebbe mimetizzato alla perfezione. Restrinse lo sguardo quando Toya abbracciò la ragazza. Perché loro erano così ben accetti dagli umani... mentre lui era sempre stato respinto? Che cos’avevano i Guardiani di così speciale?
Il suo sguardo meditabondo scrutò il viso di Kyoko mentre sorrideva e capì che non aveva paura di loro, li frequentava come se fossero suoi simili. Che cosa avrebbe dato per ricevere quello stesso sorriso... come se fosse un uomo e non un mostro.
Sentì il petto stringersi, ma scrollò le spalle mentre riportava l’attenzione sui due poliziotti che stavano entrando nella casa stregata improvvisata.
Poteva percepire l’attività demoniaca all’interno ma era più interessato alla sua fonte. Il padrone che controllava le pedine era il suo vero obiettivo. Distruggi il padrone e distruggi i suoi servi. Era un concetto semplice che molti sottovalutavano... finché non affrontavano effettivamente un maestro in combattimento. Solo allora non sembrava più così semplice.
Per prima cosa, doveva trovare i demoni maestri e ucciderli. I Guardiani si sarebbero occupati degli altri parassiti... i bersagli facili. Girò lentamente la testa e guardò verso il cimitero prima di sparire.
Kamui bevve rumorosamente il suo frullato al mirtillo, poi rosicchiò la cannuccia per un po’. Vide sparire l’uomo che stava seguendo Kyoko da quando lei e Toya erano arrivati, e sorrise. Voltandosi verso un altro computer, osservò il fermo immagine di Darious.
“Finalmente ci hai trovati.” pensò, assicurandosi di tenere quel particolare pensiero al sicuro da Amni e Yuuhi. Si era chiesto spesso se l’angelo nero fosse ancora in giro da qualche parte.
Ingrandì l’immagine e il suo sorriso si spense quando notò la solitudine che tormentava lo sguardo di Darious.
*****
Kotaro e Yohji si avvicinarono alla donna in piedi all’ingresso della Casa degli Orrori e fecero per entrare. Notarono subito un cartello con cui si vietava l’ingresso ai minori di 18 anni, quindi significava che venivano controllati i documenti.
«Perché c’è il limite di età? Ci sono zombi nudi o cose del genere?» scherzò Yohji, anche se sperava segretamente di avere ragione.
«Scusate.» disse la donna «Per l’ingresso sono dieci dollari.»
Yohji borbottò: «Venti dollari in due? È una rapina.»
Kotaro le mostrò il distintivo e sorrise. «Lei non vuole la nostra quota ed è arrivata l’ora di fare una pausa.»
Il distintivo attirò l’attenzione della donna, incapace di distogliere lo sguardo dalla luce blu.
«Non voglio la vostra quota.» ripeté lei con aria confusa.
Kotaro guardò Yohji, «Andiamo.»
Entrarono mentre la donna scuoteva la testa confusa, poi guardò l’orologio e decise che era ora di andare a mangiare qualcosa.
La porta principale si chiuse dietro di loro mentre si guardavano attorno. L’ingresso era a forma di esagono, con piccoli tavoli rotondi disposti in ogni angolo. Al centro c’era una tavola rotonda più grande con fiori appassiti e una ciotola di frutta marcia finta, il tutto ricoperto di segatura e ragnatele finte.
Si destarono quando notarono il cartello con la parola “Entrata” scarabocchiata in lettere contorte, accanto a una porta coperta da una tenda e senza nessuna guida. La musica raccapricciante di un organo a canne risuonava dagli altoparlanti, dando alla stanza quella che doveva essere una certa atmosfera, ma era solo cattivo gusto.
«Sembra un’agenzia di pompe funebri.» mormorò Yohji, «C’è persino una bara.»
Si avvicinò e, in preda alla curiosità, sollevò il coperchio. Una decisione di cui si pentì all’istante per il cattivo odore.
«Kotaro... dimmi che è tutto finto e sarò tuo amico per sempre.» lo implorò mentre si raggomitolava.
Kotaro era già diretto verso la porta coperta. Indietreggiò per guardare dentro la bara e si allontanò di colpo. Un umano dilaniato giaceva sul raso insanguinato, grottescamente contorto in modo che le due metà del suo corpo fossero rivolte in due direzioni diverse, anzi, tre se si contava l’inclinazione della testa.
Era un innocente che probabilmente si era offerto volontario per una notte di divertimento, fingendo di alzarsi dalla bara per spaventare gli avventurosi che entravano nella stanza. Ma ora non si sarebbe più rialzato... o almeno così sperava Kotaro.
Chiuse la bara, non c’era più niente che potessero fare per lui.
«Immagino che questo risponda alla domanda sul perché non ci sia una guida.» disse Yohji mentre si allontanava dalla bara, guardando con nostalgia la porta da cui erano entrati.
«Fa parte del tuo lavoro, Yohji.» dichiarò Kotaro «Lo sapevi quando Kyou te l’ha offerto. L’unica cosa che possiamo fare è assicurarci che non vengano uccisi altri innocenti come questo povero ragazzo.»
Si portò una mano all’auricolare, sapendo che gli altri erano in ascolto: «Abbiamo già una vittima.»
«Così inizia la notte dei demoni.» disse Kamui.
Kotaro abbassò la testa, sperando che l’aldilà fosse clemente con quel ragazzo, ma qualcosa sul pavimento accanto alla bara attirò la sua attenzione... impronte insanguinate.
«Ehi, Yohji.» disse piano, allontanandosi lentamente, «Guarda qua.» aggiunse, indicando il tappeto.
Yohji fissò quelle che sembravano impronte insanguinate, che attraversavano il tappeto e scomparivano dietro la porta coperta... non erano umane. Da quello che vedeva, avevano le dita più lunghe del normale e delle unghie ancora più lunghe.
Kotaro gli fece cenno di stare in silenzio e Yohji annuì, estraendo la sua PPK dalla fondina, poi lo seguì nella stanza oltre il sipario.
Percorsero diverse stanze tra luci stroboscopiche e grida fasulle, e iniziarono a rilassarsi pensando che il resto della casa fosse vuoto. Entrarono nella stanza successiva e si bloccarono quando videro un piccolo gruppo di visitatori che saltellavano e strillavano, alcuni ridendo.
Oltre la corda di velluto rosso era in atto la scena della motosega di un film famoso... uno dei preferiti di Kotaro. L’unico problema era che il tipo che stava torturando il corpo sul tavolo non era umano. Mentre la persona distesa era più che reale... ed era ancora viva. La donna era legata e urlava chiedendo aiuto, ma i visitatori credevano che facesse parte dello spettacolo.
Kotaro avvertì un senso di nausea e lanciò un’occhiataccia al mostro che indossava la maschera di pelle umana. Un altro povero essere che era caduto vittima del “gul”.
«Perché non abbiamo sentito le urla finora?» sussurrò Yohji terrorizzato.
Kotaro si mosse quando la motosega si avvicinò alla gamba insanguinata della donna. Proprio mentre le luci tremolanti si spegnevano per un istante, saltò oltre la corda e squarciò il soffitto, facendo scoppiare un tubo che inondò di acqua fredda i visitatori.
«Assicurati che escano tutti dalla porta principale.» sibilò verso Yohji mentre estraeva la sua Berretta. «Qui ci penso io.»
Yohji annuì e scortò il gruppo fuori dalla stanza fino al salotto. Chiuse la porta e sistemò il catenaccio in modo che nessuno potesse entrare. Aveva l’impressione che un sacco di gente avrebbe chiesto il rimborso del biglietto, ma meglio essere delusi che morti.
Sospirando, si voltò e rimase immobile per la paura quando il corpo all’interno della bara si alzò all’improvviso. Si muoveva rigidamente... e un liquido non meglio identificato trasudava fuori dalla bara, fino al pavimento. Lo shock rallentò il suo tempo di reazione mentre la creatura si alzava in piedi e si lanciava contro di lui, affondandogli i denti in una spalla.
Yohji fu sopraffatto dall’impatto e andò nel panico quando il dolore gli pervase il collo. Gli era caduta la pistola, quindi usò i pugni per colpire quell’essere prima di riuscire a liberarsi.
Prese l’arma da terra e fece una smorfia quando vide che il filo del suo auricolare era stato tagliato, in modo che non potesse chiedere aiuto a Kotaro... cosa che non avrebbe potuto fare comunque perché il suo partner era già impegnato.
La creatura si avvicinò di nuovo e, stavolta, Yohji fece l’unica cosa che gli venne in mente... urlò e si mise a correre.
Il demone, sorpreso dall’interruzione, agitò la motosega verso Kotaro. Lui si abbassò per schivarlo e lasciò perdere la pistola, preferendo un’arma molto più efficace. L’unico problema era evitare la motosega. Quando il gul riprese l’equilibrio, ci andò di mezzo quella povera donna. La motosega affondò nel suo torace e si fermò, schizzando sangue dappertutto.
Guardandosi indietro per assicurarsi che Yohji non fosse lì, Kotaro alzò una mano e scagliò una luce blu dritto verso il gul. Confuso, il demone sollevò la motosega e la girò verso se stesso. L’arnese gli si posò sulla spalla, iniziando a tagliargli il petto in diagonale. Mentre la testa e un braccio del demone cadevano a terra, Kotaro cliccò l’auricolare.
«Yohji, ho finito.» gli disse rimanendo in attesa, poi si accigliò. «Yohji?»
Il silenzio era assordante finché non sentì un grido di terrore che gli ricordò il cartone animato di Johnny Bravo quando gridava più forte di un gruppo di ragazze messe insieme.
All’improvviso, Kotaro vide Yohji correre nella stanza, superarlo e uscire dall’altra porta così velocemente da provocare uno spostamento d’aria. Poi sentì i passi nauseabondi che solo un cadavere posseduto poteva fare. Muovendosi per pararglisi davanti, aspettò in silenzio il suo arrivo.
L’essere entrò barcollando e, trovandosi faccia a faccia con il bel detective, si fermò. Gli occhi di Kotaro brillavano di gioia sadica mentre sbatteva il palmo sulla faccia del ghoul.
«A cuccia!» ringhiò Kotaro alla creatura, che ora aveva un buco in faccia abbastanza grande da infilarci il pugno. Voltandosi, uscì dalla porta da cui il suo amico era appena fuggito.
Yohji non aveva nemmeno rallentato quando lo aveva visto, convinto che quell’essere lo stesse inseguendo a distanza ravvicinata. L’ultima cosa che voleva fare era correre per tutta la casa infestata, così, quando aveva individuato una porta parzialmente nascosta, aveva ringraziato qualunque dio fosse in ascolto per aver trovato un’uscita. Ma il suo slancio fu troppo veloce e non riuscì a fermarsi in tempo mentre spalancava la porta.
C’erano una serie di gradini che portavano giù... e lui passò oltre. Urlò di nuovo quando iniziò a precipitare nell’oscurità.
Kotaro lo raggiunse proprio mentre spalancava la porta e volava giù... letteralmente.
Usando i propri poteri, si mosse più veloce del vento e afferrò Yohji prima che colpisse il pavimento del seminterrato. Lo tenne stretto quando notò che era svenuto per lo spavento... ma non era quello il problema. Il problema era l’enorme morso che il ghoul gli aveva dato su una spalla.
«Maledizione.» esclamò Kotaro attivando l’auricolare. «Kamui, abbiamo un problema. Yohji è a terra. Ripeto, Yohji è...»
Non riuscì a finire la frase quando un gruppo di demoni iniziò a sciamare da un grosso buco nel muro. Kotaro usò la sua vista acuta per vedere oltre nel tunnel sotterraneo, doveva essere quello che, secondo Kamui, collegava la casa al cimitero.
«Kotaro?» disse Kamui, poi borbottò una serie di improperi che avrebbero reso orgoglioso qualsiasi marinaio. «Suki!» gridò.
«Ci penso io!» esclamò lei, iniziando a sfrecciare lungo le strade secondarie che portavano alla casa infestata. «Con cosa abbiamo a che fare?»
«Ghoul.» la voce inquietante di Yuuhi echeggiò nell’interfono.
«Fuoco! Si possono uccidere con il fuoco!» aggiunse subito Kamui.
Suki sorrise mentre svoltava l’angolo e frenò bruscamente. Parcheggiò l’Hummer, scese e aprì il bagagliaio. Con un sorriso stampato sul volto, prese il lanciafiamme dall’arsenale e si mise il serbatoio del carburante a tracolla.
Imbracciando l’arma pesante, corse verso la parte anteriore della casa stregata.
Indossava una tuta militare verde infilata in un paio di anfibi. Teneva due cinture di proiettili incrociate sul petto e un’altra attorno alla vita, con una fondina per pugnale e coltello su un fianco. Al collo portava un paio di mostrine con il suo nome e un numero di identificazione.
Il look era completato da una bandana rosso sangue annodata attorno alla fronte, con i capelli sciolti che svolazzavano dappertutto. Sembrava appena uscita da un campo di battaglia, cosa che portava più di un uomo a fissarla.
I proiettili, il coltello e il lanciafiamme sembravano falsi per Halloween, ma nessuno sapeva che erano veri al cento per cento.
«Accidenti, Suki.» sussurrò Kamui, «Non potresti avere un aspetto migliore.»
Lei sorrise verso la telecamera montata sul semaforo all’angolo. «Ti piace?»
«Ci puoi giurare!» esclamò Kamui, «Ma a Shinbe piacerebbe di più.»
«In che senso?». La voce di Shinbe risuonò attraverso il trasmettitore ma Suki lo ignorò, si avvicinò alla porta d’ingresso e la calciò forte, facendola volare indietro con un botto.
«Oh, niente.» disse Kamui con tono innocente, «A meno che non ti piaccia l’idea di Suki in veste da cattiva, che impugna un lanciafiamme e mostra una scollatura da far impallidire una modella.»
Suki ignorò anche lui mentre si addentrava nella casa infestata. Gliel’avrebbe fatta pagare più tardi. Scostando la tenda, superò il demone morto disteso sul pavimento e arricciò il naso quando vide l’altro tagliato a metà.
«Giuro che quei due poliziotti fanno più casini di un bambino di tre anni all’ora di cena.» borbottò. Serrò le labbra quando vide la donna sul tavolo. Attraversando la stanza, notò una porta aperta e un trambusto tremendo che proveniva dall’oscurità sottostante. Imbracciò il lanciafiamme e iniziò a scendere le scale.
«Qui non c’è niente.» disse nell’auricolare.
Kotaro appoggiò Yohji al gradino più basso e si voltò per affrontare la folla demoniaca di fronte a lui. Volendo tenerli lontani dal suo partner, si fece avanti. Era come camminare nella melma, con un odore peggiore.
Sentì un forte dolore alla guancia destra quando uno dei ghoul lo morse, facendogli digrignare i denti. Lo sollevò e lo lanciò addosso agli altri nel tunnel, facendone cadere altri che stavano cercando di entrare nel seminterrato.
Allungando una mano, Kotaro estrasse un coltello a lama lunga dal fodero che teneva nascosto dietro i pantaloni. Alzò il braccio ad arco mentre lo brandiva, perforando la carne dei demoni e facendo schizzare sangue nero ovunque.
Gridò quando un altro gli morse il braccio sinistro, e affondò la lama nella testa del ghoul. Un ringhio feroce gli esplose in gola quando sentì altri tre morsi alle gambe. Estraendo la lama, Kotaro la brandì di nuovo, questa volta decapitando il ghoul più vicino.
Uno scatto e un forte sibilo portarono i mostri a guardare verso la cima della scala, e lui sogghignò.
«Hai portato la salsa barbecue?» chiese alla donna che ora aveva l’attenzione di tutti.
*****
Darious stava nel cortile sul retro della casa infestata con gli occhi chiusi, assisteva alla battaglia e la ascoltava. Lo aveva sfiorato l’idea di attraversare la casa per raggiungere i tunnel sotterranei ma, sapendo che ciò lo avrebbe rallentato, era rimasto fedele al piano originale.
I Guardiani potevano cavarsela da soli... proprio come lo avevano costretto a fare tanto tempo prima.
Allontanando il proprio potere visivo dal seminterrato, mise da parte i sentimenti di odio e le emozioni inutili. Inspirò profondamente, annusando il profumo dei signori dei demoni dietro il caos... l’aveva già sentito prima. Le streghe... gli umani le chiamavano così ma lui sapeva che cos’erano, e quella sera ce n’erano tre in città. Non era una sorpresa, visto che di solito viaggiavano in gruppi di tre.
Avrebbe dovuto ucciderle prima che i ghoul tornassero da dov’erano venuti.
Darious iniziò a camminare quasi con indifferenza attraverso i vicoli secondari della città. Una volta allontanatosi dal centro, i suoni della notte lo circondarono all’istante. Negli angoli bui c’erano demoni nascosti che sputavano e sibilavano il suo nome mentre passava. Lui li ignorò, sapendo di avere un pesce più grande “da friggere” per la vigilia di Ognissanti.
Mentre si avvicinava al cimitero, percepì una presenza fin troppo familiare e ringhiò. Lo infastidiva che si fossero svegliati solo i demoni più deboli, mentre la vera minaccia dormiva da qualche parte sottoterra.
Ciò che lo irritava di più era che non sarebbe mai voluto tornare lì dopo aver letto le pergamene per la seconda volta. Dopo che il monastero era stato distrutto, i monaci erano tornati per ricostruirlo... per poi lasciarlo cadere in rovina dopo essersi resi conto che il terreno era contaminato dal male. Avevano abbandonato quella terra sapendo che era inutile.
E ora, gli umani noncuranti avevano costruito una fiorente metropoli sul cuore del male dormiente.
*****
Kyou era al centro del cimitero e scrutava l’area con attenzione. Aveva sentito gli altri nell’auricolare e, anche se si era divertito un po’, sapeva che il problema non era la casa infestata. Era il cimitero il vero centro dell’attività demoniaca. Non era nella natura di un ghoul abbandonare il proprio rifugio senza che un padrone glielo ordinasse.
Chiudendo gli occhi, Kyou lasciò che i propri sensi si estendessero tutt’intorno e anche sottoterra... cercando il potere che doveva essere lì.
Sentì i morti che diventavano irrequieti nelle loro tombe e capì che quel cimitero era in subbuglio da un po’ di tempo. I morti erano stati disturbati... qualcosa che per i guardiani era un tabù... era inammissibile.
Serrò le labbra, sapendo che la maggior parte delle tombe sotto i suoi piedi erano vuote. Il problema era capire se i corpi erano stati divorati, o se si sarebbero alzati per andarsene in giro. Aprì gli occhi e girò la testa verso l’enorme mausoleo alla sua destra.
Facendosi avanti, Kyou aprì la massiccia porta della cripta, ignorando lo scricchiolio dei cardini. Si rese conto dei danni arrecati e capì perché era stata scelta quella particolare cripta. La famiglia all’interno doveva essere secolare e, non essendoci parenti in vita che se ne prendessero cura, la tomba era stata abbandonata, diventando il luogo ideale per i demoni.
Tutte le bare erano state aperte e giacevano sul pavimento. C’erano resti scheletrici sparsi a terra, alcuni pendevano dai loculi... in balia degli elementi. Al centro c’erano due bare più grandi, erano i patriarchi della famiglia. La bara della donna era praticamente intatta, mentre quella dell’uomo era stata profanata.
Un grosso buco aveva sferzato il legno e ciò che restava del corpo al suo interno. Non c’era bisogno di parole per capire dove conducesse l’altra estremità di quel tunnel. Probabilmente il demone lo aveva fatto scavare dai cadaveri e lo aveva collegato ai tunnel principali.
Un rumore nella cripta lo fece voltare. Kyou si allontanò dalle bare e seguì un sentiero angusto che portava giù lungo un pendio. Quando si trovò completamente sottoterra se ne accorse subito perché l’aria era pesante e puzzava di muffa.
Sentì quello che sembrava un discorso e superò un muro, scoprendo un’altra fila di bare. Molte erano state estratte e spalancate sul pavimento. Una strega infernale nella sua vera forma era china su un corpo parzialmente decomposto, stava sibilando un incantesimo all’orecchio del cadavere.
Era orribile, con lunghi capelli bianchi che le coprivano le guance scavate e gli occhi troppo grandi rispetto al viso. La sua pelle era secca e desquamata, come se fosse stata mummificata viva. I suoi lunghi artigli sfioravano il terreno e il cadavere come se stesse toccando un amante.
Kyou ringhiò quando il cadavere iniziò a contrarsi, e la strega alzò la testa, guardandolo con i suoi occhi orribili. Una tempesta di potere sembrò discendere su di lui mentre un vento invisibile gli sferzava i vestiti e i capelli. L’aria sfrigolò e le ali dorate emersero dalla sua schiena, richiudendosi attorno a lui in modo quasi protettivo mentre lui scattava in avanti.
Volò oltre la bara, afferrando la strega per il collo e sbattendola contro il muro dall’altra parte. Cadde una pioggia di detriti mentre lo sfondavano, sbucando dall’altro lato. Kyou le si sedette a cavalcioni sullo stomaco, con una mano stretta attorno alla sua gola raggrinzita.
«Oseresti mandare quelle orride creature nella mia città?!» le chiese ringhiando, mentre lei urlava e si dimenava.
La strega non riusciva a colpirlo perché le sue ali traslucide erano ancora avvolte attorno a lui, schivando l’attacco. Sussultò all’improvviso e si trasformò da vecchia strega avvizzita in una visione di pura bellezza. La sua voce divenne suadente e gentile mentre i suoi capelli ispidi divennero lisci e bianchi come la neve fresca.
«Tu non hai il potere per fermarmi, guardiano.» gli sussurrò mentre gli posava le dita su una guancia. «Somigli così tanto a Lui... eppure sei così diverso.» disse, graffiandogli il viso.
Kyou fu colto di sorpresa quando un lampo luminoso esplose di fronte a lui, scagliandolo all’indietro attraverso la parete sfondata. Il suo battito cardiaco gli rimbombava nelle orecchie mentre si lasciava consumare dalla rabbia. Quel demone era potente, doveva finirlo prima che i suoi servitori uccidessero altri umani innocenti.
Fece per attaccare proprio mentre delle mani ossute sfondavano la parete dietro di lui. Gli strinsero il petto e lo trascinarono con tale forza da lasciarlo senza fiato.
All’improvviso era circondato dai ghoul... le loro mani scarne lo tenevano lontano dalla strega, che si limitò a ridere mentre guardava i suoi schiavi che eseguivano gli ordini. Poco prima che i ghoul lo trascinassero via, Kyou vide una sorta di nebbia che si sollevava dal pavimento, vorticando misteriosamente. Un uomo apparve di fronte alla strega nella nebbia. I suoi lunghi capelli neri svolazzarono quando si voltò verso i ghoul che avanzavano, rilasciò una scia di fuoco da un palmo e li bruciò.
Darious si voltò per fissare la strega. Vedendo la paura nei suoi occhi rosso sangue, le rivolse un sorrisetto soddisfatto. Lei sibilò e cercò di scappare, ma si fermò di colpo quando sotto i suoi piedi apparve un buco nero che la bloccò in una trappola demoniaca.
«Non così in fretta, stronza.» la voce di Darious era così cupa che la temperatura, già fresca, all’interno del mausoleo diminuì di diversi gradi.
La strega si voltò a guardarlo molto lentamente, con un ghigno perfido. «Mi ricordo di te.» sibilò con falsa spavalderia mentre tornava alla sua vera forma. «Eri incatenato... noi ci alternavamo con le fruste... è stato delizioso vedere i padroni strapparti le ali dalla schiena...»
Fu interrotta e urlò quando il magma si sollevò improvvisamente dalla voragine, creando delle catene che le si avvolsero attorno alle caviglie e ai polsi, bruciandole la carne.
Gli occhi di Darious divennero cremisi al ricordo. «Tu e le tue sorelle non eravate abbastanza per tenermi incatenato, ma ti farò un dono... lo stesso dono che i demoni hanno fatto a me. Queste catene hanno un nome... si chiamano Eternità. Non resterai da sola al buio per molto.». Le rivolse un sorriso sinistro, «Le tue sorelle ti raggiungeranno presto.». Detto questo, le catene si strinsero e iniziarono a trascinarla giù nella voragine.
«Tu non sopravvivrai!» gridò la strega mentre combatteva contro le catene, «Il nostro padrone ti vedrà dilaniato e torturato come hai fatto con noi durante la tua fuga... non ti libererai mai di noi.»
Darious rimase a guardare impassibile mentre la strega continuava la sua discesa. Continuava ad imprecare e per lui era divertente. Anche quando si trovavano davanti alla sconfitta, quei demoni non stavano mai zitti.
Le urla della strega si fecero più forti quando delle mani artigliate si alzarono dal vuoto e si aggrapparono al suo corpo. Continuò a dimenarsi fino all’ultimo, anche quando il vuoto le arrivò alle orecchie.
Lei piegò la testa all’indietro e sogghignò: «Se Lui non può reclamare te, allora reclamerà la puttana che ti ha liberato!»
«Lui?» sussurrò Darious mentre la guardava finché non sprofondò nel vuoto, smettendo finalmente di gridare. Non c’era nessuno nella voragine oltre ai demoni, quindi a chi si riferiva la strega?
Quando la voragine inglobò il demone, i suoi pensieri si oscurarono al ricordo delle streghe infernali. Insieme a molti altri demoni lo avevano colpito mentre lui gridava aiuto... nessuno era andato a salvarlo. I demoni e le loro bugie... nessuno lo aveva liberato.
Ricordava ancora il dolore delle ali che gli venivano strappate dalla carne. Quel dolore non era stato niente in confronto all’agonia delle catene che lo tenevano prigioniero. Adesso avrebbero capito come si era sentito... fisicamente e mentalmente. Avrebbero gridato aiuto, ma nessuno avrebbe mai risposto.
Kyou era rimasto in silenzio dopo essersi liberato dei ghoul rimasti. Non ne erano sopraggiunti altri attraverso i tunnel, quindi Kotaro e Suki dovevano aver gestito la situazione. Con un po’ di fortuna, i demoni sarebbero semplicemente svaniti nel nulla prima che le fiamme si spegnessero. Quando le acque si sarebbero calmate, avrebbero dovuto riportare i morti nel luogo del loro riposo.
Kyou rimase immobile ad osservare le espressioni dell’uomo che passavano da rabbia a dolore e infine... tristezza. Gli spettri volavano tutt’intorno come se cercassero di attaccare, ma non potevano e non volevano toccarlo. Kyou fece un passo avanti... riconobbe il potere che aveva sentito quello stesso giorno nel suo ufficio.
L’uomo alzò la testa ma non lo guardò neanche e svanì senza lasciare traccia. L’aria s’increspò e sfrigolò, emettendo un’energia purificatrice e inondando tutto prima che il cimitero piombasse in una pace che non si sentiva da molti anni.
Gli occhi dorati di Kyou brillavano nell’oscurità mentre ascoltava le voci degli altri guardiani attraverso l’auricolare.
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