Angelo D’Oro (Angelo Spezzato #5)
L. G. Castillo
"Jeremy, avvezzo alla paura e al dolore presenti nella sua esistenza, si era abituato alle ripercussioni legate al fatto di essere l’arcangelo della morte. Ma quando l’adempimento del suo dovere scatena l’odio da parte dell’unica donna che non potrà mai avere, scopre un dolore che lo ferisce nel profondo, più di una spada. Combattuto fra promesse seducenti e la minaccia di una guerra all’ultimo sangue, Jeremy è obbligato a cercare risposte dove non aveva mai osato prima—da un nemico dai poteri antichi. Sarà in grado di resistere al canto delle sirene dell’oscurità? O sarà obbligato a restare a guardare mentre il proprio amore si riduce in cenere?"
L.G. Castillo
Angelo d’Oro (Angelo Spezzato #5)
ANGELO D’ORO (ANGELO SPEZZATO #5)
L.G. CASTILLO
Traduzione di MARIA FRANCESCA RINALDI MORAIS
Copyright © 2020 L.G. Castillo
Tutti i diritti riservati.
Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta in alcuna forma o tramite qualsiasi mezzo elettronico o meccanico, compresi i sistemi di archiviazione e recupero delle informazioni, senza il permesso scritto dell'autore, eccetto che per l'uso di brevi citazioni in una recensione del libro.
1
L’occhio destro di Leilani tremava nervosamente. Era abbastanza certa che sarebbe esploso da lì a dieci secondi—cinque se Candy non avesse smesso di parlare.
“Mio padre deve essere daltonico o qualcosa del genere. Una roba così, davvero. Gli avevo detto di volere il rosa metallizzato. Per quale motivo chiedermi che colore volessi per il mio Boxster se poi non è nemmeno capace di scegliere quello giusto? Cioè, davvero, guarda.”
Candy girò il polso, spargendo goccioline d’acqua nell’aria mentre indicava fuori dalla finestra con una forchetta bagnata in mano.
“Ti sembra rosa metallizzato? Non ci si avvicina nemmeno.”
Leilani strinse con forza il coltello da bistecca che stava ripulendo, l’occhio che tremava sempre più rapidamente.
Avrei dovuto chiedere di occuparmi dei bagni. Qualunque cosa sarebbe stata meglio che ascoltare Candy parlare senza sosta di quella maledetta macchina sportiva.
“Sei così tranquilla oggi. Non dici niente del mio regalo di compleanno?”
Se Candy avesse sbattuto ancora una volta quelle ciglia finte che si ritrovava, Leilani era certa che avrebbe . . .
Questo lavoro ti serve. Questo lavoro ti serve. Pensa a Sammy.
Stampandosi in faccia il sorriso più dolce possibile, Leilani appoggiò il coltello sul vassoio insieme alle altre posate. Uno dei ragazzi addetti ai tavoli passò e prese velocemente il vassoio dal bancone.
“È bello” riuscì a squittire mentre guardava l’incubo rosa parcheggiato nel luogo dove una volta si trovava il Sammy’s Taco Shack. “Sai, alcuni di noi non sono così fortunati da ricevere un regalo così bello.”
“Sì, forse.” Candy si appoggiò al bancone, facendo girare una ciocca di capelli attorno al dito. “Immagino che potrebbe andare peggio. Tipo, potrei non avere una macchina e dover chiedere passaggi come te.”
Non può averlo detto. Dov’è andato l’aiuto-cameriere?
“Senza offesa, Leilani. Voglio dire, è fantastico che tu sia così, uh, autosufficiente, specialmente dopo che tua madre e il tuo patrigno sono morti e tutto quanto.”
Leilani chiuse le mani a pugno, pronta a colpire Candy se non avesse chiuso quella boccaccia. Non poteva credere di essere stata amica di questa ragazza. Candy era una in gamba una volta. Poi un giorno . . . Bam! Erano arrivate le tette. E il cervello era sparito.
“Nessuna offesa.” Ingoiò la propria rabbia e il proprio orgoglio. Oca giuliva o no, se non fosse stato per Candy e il padre, Leilani non avrebbe avuto questo lavoro. Era stata Candy ad avere l’idea di chiedere al padre di assumere Leilani al ristorante—sebbene pensasse che fosse più per senso di colpa che per amicizia. Solo pochi mesi dopo la morte dei suoi genitori, il Sammy’s Taco Shack era stato demolito ed era stato rimpiazzato da un cartello che annunciava l’apertura dell’Hu Beach Resort and Restaurant.
“Hey, sai cosa ti dico? Ti lascerò fare un giro con la mia macchina. Ti piacerà. Ma assicurati di fare una doccia prima di entrarci. I sedili sono di un tipo di pelle speciale.”
Ignorando gli sproloqui di Candy, Leilani si sfregò il petto. Il dolore era ancora lì. Era sempre lì. Dal giorno in cui si era svegliata in ospedale ed aveva visto il viso della zia Anela, un immenso dolore le aveva riempito il petto e vi si era installato.
Buffo come le cose che una volta odiavi diventassero improvvisamente quelle che agognavi.
Nei giorni successivi alla morte dei genitori, si era ritrovata seduta da sola al chiosco, bramando di poter tornare al suo vecchio lavoro. Avrebbe voluto vedere la madre uscire dalla cucina e assillarla per i capelli corti e tormentarla perché servisse dei clienti. Avrebbe voluto vedere il patrigno entrare di corsa nel chiosco, e infilarsi di soppiatto dietro alla madre e circondarle la vita, facendola roteare in aria. Avrebbe voluto alzare gli occhi al cielo vedendolo baciare la mamma mentre Sammy gridava: “Eww. Vecchi.”
I desideri sono sogni che non si realizzano mai.
Prese con decisione uno straccio e ripulì vigorosamente il bancone già pulito, lottando contro il bruciore agli occhi.
Era stata stupida a pensare che sarebbe riuscita a mantenere il chiosco dei tacos e a far funzionare l’attività con l’aiuto di zia Anela. Era andata a sbattere contro la realtà quando aveva scoperto che il patrigno aveva aperto una grossa ipoteca sul locale e che c’era un grosso debito da ripagare. La zia Anela viveva con la pensione sociale. Avevano a malapena di che sfamarsi. E poi, quale banca avrebbe prestato dei soldi ad una ragazza di quindici anni?
Sì, era stato stupido pensarlo. Sperare, sognare. Tutte queste stupidaggini da bambini non la riguardavano più.
“Oh, mamma.” Candy le si avvicinò bisbigliando: “Parlando di ragazze fortunate. Tu vieni accompagnata a casa ogni sera da Kai.”
Kai era sulla porta della cucina, vestito con il costume per la danza del fuoco. I suoi massicci bicipiti si palesarono mentre si aggiustava l’haku lei, una corona di fiori.
Le ciglia di Candy sbattevano ad una tale velocità da rischiare di mandarla in orbita.
Leilani non poteva biasimare Candy per sbavare dietro a Kai. Moltissime ragazze gli cadevano ai piedi ogni volta che lo vedevano, soprattutto quando portava il suo malo rosso, un pareo che metteva in mostra le sue gambe possenti.
Era tutto muscoli, e aveva lavorato tanto per questo. Si allenava ogni giorno nel suo cortile, sollevando pesi e facendo flessioni con Sammy nel ruolo di allenatore personale.
Leilani fece una risatina, ricordando Sammy che gli saliva sulla schiena, e Kai che lo sollevava sopra la testa. Se non fosse stato per Kai che gli aveva chiesto di aiutarlo nei suoi allenamenti, Sammy probabilmente sarebbe stato ancora seduto in salotto a guardare stupidamente la TV.
“Questo nuovo costume ti sta benissimo. Sapevo che sarebbe stato così. Oh, adoro il tatuaggio!” Candy fece scorrere le unghie dipinte di rosso lungo il tatuaggio tribale sul braccio di Kai.
Lui fece una smorfia. “Quindi è stata una tua idea? Hai richiesto una taglia micro o cosa?”
“Non essere stupido. È stata una mia idea, e ho avuto ragione. Sei favoloso.”
Leilani levò gli occhi al cielo. Se Candy avesse strabuzzato ancora di più gli occhi, le sarebbero usciti dalle orbite.
Hmm, poteva essere un’idea. Magari avrebbe potuto chiedere a Kai di flettere i muscoli ancora un pochino.
“È troppo piccolo e stretto. Posso a malapena muovermi in questo affare.” Tirò il malo, spostandolo con difficoltà.
“Posso aiutarti a sistemare le misure quando vuoi.”
Santo cielo. Quella pazza stava letteralmente facendo le fusa. Kai aveva quell’aspetto da ragazzaccio, danzatore del fuoco, che attirava Candy ed ogni altra ragazza nel raggio di dieci chilometri. Ma per Leilani lui era solo Chucky.
“Cosa c’è che non va, Leilani?” chiese Kai, ignorando Candy.
Mi è venuto un po’ da vomitare.
“Niente.” Si stampò un sorriso in faccia. Negli ultimi anni era diventata davvero brava con i sorrisi finti.
“Dai, Candy. Rilassati. Ce la faccio da solo” disse lui, togliendole le mani dal suo malo prima di riportare l’attenzione su Leilani. “A che ora finisce il tuo turno?” le chiese.
“Bene!” Candy sbuffò mentre usciva dalla cucina. “Lo spettacolo inizia fra quindici minuti, Leilani.”
“Mi farai licenziare, Kai,” disse Leilani dopo che Candy se ne fu andata.
“È tutto fumo e niente arrosto. Non preoccuparti, ti copro io. Allora, quando finisci il turno?”
“Subito dopo lo spettacolo.”
“Bene. Mi aspetti al parcheggio?”
“Sì, certo.” Leilani gli fece un piccolo cenno di saluto mentre lui andava a raggiungere gli altri ballerini, che stavano facendo le ultime prove. Dopo che fu uscito, si tolse il grembiule e lo lanciò sul bancone.
Sorrisi finti. Ringraziamenti finti. Tutto finto. Era così la sua vita adesso.
Grazie per il lavoro, signor Hu. Grazie per aver demolito il chiosco ed averlo ricoperto con l’asfalto. Grazie perché mi permette di ballare la hula con Candy tutte le sere di venerdì e sabato.
Leilani si ricordò di un tempo in cui danzare era tutto ciò che voleva. Adesso era solo un modo rapido per guadagnare qualche dollaro extra. Il giorno in cui erano morti i suoi genitori era lo stesso in cui il suo mondo era diventato buio portandosi via tutta la magia.
Lo spogliatoio era una confusione di ragazze e lacca per capelli. L’aria ne era tanto impregnata da rendere difficile respirare.
“Quindi tu e Kai siete una coppia adesso?” Candy era seduta davanti a uno specchio,
e stava applicandosi della cipria sull’ampia scollatura.
“No, siamo solo amici.” Leilani si sedette sull’unica sedia vuota vicino a Candy.
“Oh, davvero? Pensavo che, visto che esce solo con te, foste una coppia . . . ”
Fantastico. Non avrebbe mai più superato quell’unica volta in cui aveva ceduto ed aveva lasciato che Kai la portasse al ballo della scuola.
“Siamo usciti una sola volta.” Leilani tirò l’elastico che le teneva i capelli. Dopo averlo tolto si passò le mani fra i folti capelli, gonfiandoli.
“Ah, l’appuntamento della pietà. Capisco.”
Questo lavoro mi serve. Questo lavoro mi serve.
In realtà non poteva prendersela con Candy, perché era stato davvero una specie di appuntamento della pietà. Dopo la morte dei genitori di Leilani, Kai aveva fatto tutto ciò che poteva per aiutare. Si era comportato da fratello maggiore con Sammy; aveva aiutato in casa, sistemando le cose quando si rompevano; si era anche offerto di prestar loro dei soldi, cosa che lei aveva rifiutato con decisione. Anche se ogni tanto aveva visto la zia Anela mettere del denaro nella tasca del grembiule mentre accarezzava la guancia di Kai.
Leilani sospettava che la zia Anela e Kai avessero pianificato la sua partecipazione al ballo, sebbene fosse l’ultima cosa che lei aveva in mente di fare. Kai gliel’aveva chiesto una sera a cena, davanti alla zia. Era stato difficile rifiutare dopo che la zia aveva accettato al suo posto ed era entrata a passo spedito nella sua stanza con un vestito che aveva comprato apposta per l’occasione.
Sì, totalmente premeditato.
“Allora, sta uscendo con qualcuno?”
“Non che io sappia. Se sei così interessata, dovresti invitarlo ad uscire.”
“Hmm, forse.” Candy osservò il proprio riflesso per un momento, assorta nei suoi pensieri. “Sbrigati e metti la gonna. Non fare tardi come l’ultima volta—oh!” Afferrando un tubetto di rossetto dal tavolo, lo lanciò verso Leilani. “Mettiti questo. Quella roba economica che usi non va bene per te. Dobbiamo avere un bell’aspetto. Il posto deve essere sempre pieno, sai. Hai visto le ragazze del nuovo locale dall’altra parte dell’isola? Sono da urlo.”
L’occhio di Leilani ricominciò a tremare. Questo lavoro mi serve. Questo lavoro mi serve.
Candy scivolò via dal camerino improvvisato un attimo prima che Leilani potesse placcarla.
Santo cielo, le cose che faccio per pagare i conti. Si passò il rossetto sulle labbra e si osservò nello specchio.
Maledizione! Candy aveva ragione. Quel colore le stava bene.
Lanciando il rossetto sul tavolo, si tolse le scarpe, mise il costume, e si diresse lentamente verso il palco.
Sbirciò verso il pubblico. Tutti i tavoli della veranda erano occupati. Il signor Hu doveva essere contento.
Alcuni degli aiuto-cameriere erano occupati ad accendere le torce che circondavano il perimetro esterno. La folla vibrava per l’eccitazione mentre alcune ragazze con la hula si mischiavano al pubblico.
Leilani odiava quella parte del lavoro. Era come prostituirsi con i turisti. Stava per raggiungere le altre ragazze quando una strana sensazione si impossessò di lei.
C’era qualcosa che non andava.
Sammy! Dov’è Sammy?
Cercò fra la folla, improvvisamente ansiosa.
Poi emise un sospiro di sollievo quando lo vide seduto al tavolo dove l’aveva lasciato.
Povero bambino. Aveva l’aria annoiata, con i piedi sul tavolo, allungato sulla sedia a leggere un fumetto. Era abituato a dover aspettare che il turno di Leilani terminasse ogni volta che la zia Anela non si sentiva abbastanza bene per potergli stare dietro. Lui non si lamentava mai.
Però la sensazione di ansia non se ne andò. Anzi, aumentò di intensità.
Fece scorrere lo sguardo sul pubblico, chiedendosi cosa ci fosse di diverso. Vicino al palco c’erano cinque tavoli occupati da ragazzi che sembravano far parte di una confraternita; tutti portavano delle t-shirt con dei simboli greci. Candy era ovviamente ad uno dei tavoli, occupata a scrivere il proprio numero su un tovagliolino.
Il cuore di Leilani cominciò a battere con forza. Perché era nervosa? Lei non era mai nervosa.
La musica suonava a basso volume in sottofondo. Era il segnale per loro, che indicava che lo spettacolo stava per cominciare. Il cuore cominciò a batterle all’impazzata mentre Candy e le altre ragazze salivano sul palco e prendevano la propria posizione.
“Stai bene, Leilani?” chiese una di loro.
Lei annuì, mentre osservava il retro della veranda. Dietro a delle torce, vide un’ombra.
Sbatté le palpebre, cercando di capire chi fosse. Il fuoco danzava come per farle dispetto, bloccandole la visuale. La figura si mosse e lei fece un balzo all’indietro mentre i ricordi le passarono rapidamente nella mente.
Le ruote che stridevano, le urla di Sammy. La sbandata e il ribaltamento. Il metallo che si contorceva. Il vetro che si frantumava. Il fuoco che crepitava. E poi . . . lui.
Capelli dorati che emergevano dal fumo. Un fuoco ardente con la forma di ali d’angelo emerso dal suo corpo scolpito. Occhi color zaffiro che la guardavano con tenerezza.
No! Non ora.
Si premette le mani sugli occhi, cercando di rimandare i ricordi nel posto a cui appartenevano, un angolino della sua mente, dove erano sepolti.
Era lo stesso sogno che aveva fatto ogni notte dal giorno dell’incidente. C’erano voluti mesi prima che smettesse.
Non sapeva perché sognasse Jeremy. Il coglione non si era nemmeno preoccupato di vedere come stessero. Se n’era andato senza una parola.
Lei e Sammy stavano comunque meglio senza di lui. Era stato stupido pensare che il Ragazzo d’Oro fosse interessato a loro. Era solo un altro stupido haole.
La musica aumentò di volume, e Leilani distolse gli occhi dalla figura dietro al fuoco. Probabilmente era un altro stupido turista con la stessa corporatura. Leilani non aveva bisogno di ripensare al passato.
Era questa la sua vita adesso.
2
Jeremy fissava il parcheggio. Era nel posto sbagliato?
Tornò alla spiaggia, ripercorrendo i propri passi. Il sentiero era lo stesso. Ma nel momento in cui usciva dalla fitta vegetazione, il suo piede entrava in contatto con l’asfalto anziché trovarsi davanti all’ingresso del chiosco.
Si accigliò.
Non era più lì. Del tutto. Non era proprio rimasto niente per lui? L’unico posto in cui sapeva di poter trovare pace, un posto in cui dimenticarsi di essere un arcangelo, adesso era un parcheggio pieno di SUV e macchine sportive come quella rosa di pessimo gusto posteggiata vicino all’entrata del ristorante.
Che cosa poteva fare adesso? Aveva girovagato senza meta in Texas, poi in New Mexico. Non sapeva perché. Ogni luogo gli ricordava lo sguardo freddo sul viso di Naomi quando se ne era andato.
Quando si era ritrovato in volo con l’idea di raggiungere il Nevada, aveva risentito nella mente la voce di Gabrielle che lo metteva in guardia. E allora era partito per l’unico posto in cui si sentiva a casa: Kauai.
Soffiava una leggera brezza, e il profumo del cibo riempiva l’aria, facendogli brontolare lo stomaco. Aveva giurato che avrebbe mantenuto la forma umana finché fosse rimasto sull’isola. Voleva aver a che fare il meno possibile con il fatto di essere un angelo. Ma questo significava dover nutrire il corpo continuamente.
Gli si contorse il cuore nel pensare alle guanciotte di Sammy che gli sorrideva mentre si leccava le dita dopo aver mangiato uno dei suoi misteriosi tacos alla carne.
Adesso era tutto perso. Forse avrebbe dovuto rimanere sull’altro lato dell’isola. Non sapeva perché avesse voluto venire qui.
Espirò con frustrazione passandosi la mano fra i capelli spettinati dal vento.
Certo che sapeva perché. Voleva controllare Sammy e Leilani. Voleva assicurarsi che stessero bene.
Era stato stupido pensare che il chiosco si trovasse ancora lì. Certo che non era possibile. Chi avrebbe potuto rilevarlo dopo la morte di Lani e Samuel? Sammy e Leilani erano solo dei bambini.
Il suo stomaco riprese a brontolare.
Va bene, va bene. Ora di cena. Si diede una pacca sullo stomaco mentre si dirigeva verso il ristorante.
Quando arrivò all’ingresso, scoppiò in una risata nervosa vedendo il cartellone sul muro vicino alle doppie porte.
Vicino alle parole Candy’s Restaurant c’era una caricatura di Candy Hu vestita con un costume da hula. Dalla bocca le usciva un fumetto che diceva: “Vi piacerà il nostro cibHu!”
Jeremy si augurò che Leilani non sapesse niente di questo posto. Magari erano stati fortunati e la zia li aveva portati a vivere da un’altra parte. L’avrebbe uccisa vedere una cosa del genere.
“Aloha! Benvenuto da Candy!” gli disse una cameriera vestita con un bikini e un pareo correndogli incontro. “Puoi aspettare il resto del tuo gruppo al bar.”
“Sono da solo.”
“Oh davvero?” La ragazza giocherellò con il laccio del bikini.
“Sì.”
“Bene, allora seguimi.” Gli fece l’occhiolino prima di girarsi, entrando nel ristorante. “Ti darò il tavolo migliore. È proprio davanti al palco. C’è uno spettacolo di hula stasera. Ti piacerà” gli disse mentre si dirigevano verso la veranda.
“Aspetta. Se non è un problema, vorrei un posto più discreto. Magari un tavolo nel retro?”
Lei lo guardò raggiante, sbattendo le ciglia. “Certamente.”
Maledizione. Probabilmente la ragazza stava pensando che volesse stare da solo con lei.
Ci vollero un po’ di manovre e la pretesa di essere impegnato ad osservare il menu prima che la ragazza capisse l’antifona e lo lasciasse finalmente da solo. Fortunatamente, il cameriere era efficiente e gli portò il pasto velocemente.
Diede un morso all’hamburger. Era buono, ma non buono come quelli che faceva la madre di Sammy.
Passò lo sguardo sulla folla. Il posto era pieno di famiglie, soprattutto turisti. Erano tutti sorridenti e si stavano divertendo. Lui era l’unico ad essere seduto da solo. Per qualche ragione, questa cosa gli diede fastidio.
Diede un altro morso al suo hamburger. Beh, doveva abituarsi a stare da solo adesso. Per nessuna ragione sarebbe tornato a casa.
Sentì la familiare risatina acuta e quasi si strozzò con il cibo.
Candy è qui?
Si alzò e vide Candy Hu parlare con un gruppo di ragazzi vicino al palco. Certo che si trovava qui, il ristorante portava il suo nome! Jeremy osservò il top del bikini che a malapena riusciva a coprirla.
Beh, era sicuramente cresciuta.
Il cuore cominciò a battergli più veloce. Se c’era Candy forse, ma forse . . .
Allontanandosi dal tavolo, controllò l’area con cura, questa volta alla ricerca dei familiari capelli irsuti e degli occhi castani.
La musica cominciò ad uscire dagli altoparlanti vicino al suo tavolo. Candy fece un gridolino e corse sul palco. La musica cambiò, e vi si aggiunse un canto. Candy cominciò a danzare sul palco, seguita da un gruppo di ragazze. Le ragazze erano tutte vestite allo stesso modo, con un pareo rosso ed un fiore bianco dietro all’orecchio destro. Il movimento armonioso delle loro braccia e l’ondeggiare delle loro anche incantavano gli spettatori.
Leilani avrebbe dovuto trovarsi lì sopra. Avrebbe dovuto esserci lei al centro del palco.
“Yeah, baby!” gridò uno dei ragazzi al tavolo.
A pensarci meglio . . .
Jeremy fece una smorfia guardando il tavolo dei ragazzi con cui Candy aveva flirtato. Sentì pena per le ragazze. Quei coglioni pieni di testosterone non erano in grado di apprezzare la bellezza della loro danza. La musica, la luce, il movimento—erano angelici.
Deglutì a fatica, cercando di ingoiare il groppo che gli si era formato in gola. Le ballerine erano come angeli, le loro braccia come ali. Erano così piene di grazia, il modo in cui sollevavano e abbassavano le braccia faceva sembrare che stessero danzando nell’aria, soprattutto la ragazza in fondo.
La conosco! Jeremy fece un passo in avanti, tenendo lo sguardo sulla giovane donna.
Non poteva essere lei.
O invece sì?
Rimase immobilizzato di fianco a due torce fiammeggianti mentre la voce cantava dell’amore di Kalua. Il torso sottile della ragazza ondeggiava mentre le sue braccia delicate si muovevano come se stessero mimando le onde dell’oceano. Capelli folti e scuri le coprivano le spalle, brillando come seta nera. Le sue labbra color rubino erano socchiuse, come pronte per un bacio. Era immersa nella musica. Gli occhi erano abbassati come se fosse persa in un sogno.
Jeremy si strofinò gli occhi, sapendo perfettamente che non c’era niente che non andasse nella sua vista angelica. Riusciva a distinguere ogni ciglio scuro, ogni curva sensuale delle labbra, ed ogni poro di quel bel viso.
Rimase con il fiato sospeso in attesa che la ragazza sollevasse la testa. Lunghe ciglia si sollevarono lentamente, e occhi castani pieni di tristezza si posarono sul pubblico.
Leilani.
Ce l’aveva fatta. Stava finalmente facendo ciò che aveva sempre voluto. Stava danzando.
Jeremy era incantato. Anche quando Leilani si spostò sullo sfondo, per permettere a Candy di occupare la parte centrale del palco, non riuscì a toglierle lo sguardo di dosso. Qualcosa si smosse dentro di lui.
No. Quello no.
Fece immediatamente un passo indietro. Si scrollò di dosso le sensazioni folli che gli scorrevano dentro.
Si sentiva solo. Sì, si trattava sicuramente solo di quello. Leilani era una cara amica. Così come Sammy. Lui era qui solo per assicurarsi che stessero bene. Ora che aveva visto che Leilani stava bene, Jeremy poteva andarsene. Lei non avrebbe permesso che succedesse qualcosa al fratellino.
La musica si fermò, e il pubblico scoppiò in un applauso.
Ecco qui. Finito. Era ora di andare. Non c’era ragione di restare. Aveva visto ciò che doveva vedere.
Si girò di scatto, pronto a recarsi dall’altra parte dell’isola, quando un ragazzino con dei grandi occhi azzurri e macchie di cioccolato agli angoli della bocca gli bloccò la strada.
“Jeremy?”
3
Il cuore di Jeremy fece un balzo. Sammy non era più un bambino piccolo. Le sue guanciotte erano asciutte adesso. Aveva un gran numero di lentiggini sul naso, ed era alto almeno una spanna in più.
Assomiglia a suo padre.
Sammy si strofinò gli occhi come se non potesse credere a ciò che vedeva.
“Hey, amico. Sono io, Jeremy.”
Guardandolo più da vicino, Sammy gli toccò il bicipite. “Sei reale. Non si trattava di un amico immaginario.”
“Certo che sono—cosa stai facendo?” chiese Jeremy quando Sammy gli passò dietro e gli toccò le scapole. Si irrigidì quando realizzò quello che Sammy stava facendo.
Sta cercando le mie ali. Si ricorda.
“Lo sapevo” sussurrò Sammy con voce rauca, tornando a guardarlo in faccia. “Sapevo che eri vero.”
Prendendogli la mano, Sammy vi posò sopra il proprio palmo, osservando attentamente le mani come se dovessero sparire da un momento all’altro.
“Vero come il cioccolato.” Jeremy prese un tovagliolino da un tavolo e lo passò agli angoli della bocca di Sammy. “Vedo che ti piace ancora mangiare i Sammywich.”
Sammy si irrigidì e lasciò andare la mano di Jeremy.
Jeremy fece una smorfia quando si rese conto di ciò che aveva fatto. Non aveva bisogno di saper leggere la mente per capire a cosa stesse pensando Sammy. L’espressione tormentata sul suo viso diceva tutto. Jeremy gli riportava alla memoria un passato doloroso.
Maledizione! Perché mai sono qui? Non faceva altro che arrecare dolore alle persone a cui teneva. Era ovvio che Leilani e Sammy fossero andati avanti. Avrebbe dovuto lasciarli in pace invece di essere un promemoria dei giorni peggiori della loro vita.
“Scusami, Sammy. Non intendevo—”
Si sentì un forte schianto seguito da un coro di risate. Qualcuno gridò il nome di Leilani, seguito da una serie di imprecazioni. Il pubblico rise ancora più forte.
Gli occhi di Jeremy si rivolsero verso il palco. Candy era a terra, sulla schiena, e agitava le braccia e le gambe. Dietro a lei c’era Leilani, la bocca socchiusa mentre guardava intensamente verso lui e Sammy.
Il suo viso era pieno di emozioni. Shock, felicità, tristezza, e qualcos’altro.
Quello sguardo. Quegli occhi.
Lo attiravano verso di lei.
Avrebbe voluto farsi strada fra il pubblico che rideva, dimenticare di essere un arcangelo, e portar via lei e Sammy.
Quello sguardo sul suo viso era desiderio.
Desiderio per lui.
Smettila! Si infilzò le unghie nel palmo della mano.
Leilani era una ragazza giovane e suggestionabile. Lui rappresentava il passato che aveva perso. Il suo desiderio era per quel passato, non per lui. Jeremy doveva ricordarsi che erano amici. Il minimo che potesse fare era assicurarsi che lei stesse bene.
Le fece un cenno con la mano, sorridendo.
Leilani sbatté le palpebre, e poi il suo viso si contorse in una smorfia. Le si accese un fuoco negli occhi che tolse il respiro a Jeremy. Si appoggiò alla sedia lì vicino, quasi senza accorgersi del metallo che si piegava sotto la pressione delle sue dita.
Leilani scese dal palco con passo deciso, ignorando lo sguardo assassino di Candy e facendosi largo fra la folla spostando un uomo anziano con addosso una camicia hawaiana.
“Facciamo un applauso a queste belle ragazze” disse l’uomo. “E naturalmente un ringraziamento speciale per la nostra splendida Candy Hu.”
Candy rivolse uno sguardo malefico a Leilani e contemporaneamente un sorriso al pubblico mentre si allontanava dal palco.
Candy non era l’unica a possedere uno sguardo perforante.
“Uh oh. Leilani è arrabbiata” disse Sammy vedendola arrivare con passo deciso. “Scappa, Jeremy.”
Se non fosse stato un arcangelo, avrebbe seguito il consiglio di Sammy. Più Leilani si avvicinava, più faceva paura.
“Credo che sia troppo tardi, amico.”
“Cosa diavolo ci fai qui, ragazzo d’oro? Los Angeles è diventata noiosa?”
“Aloha anche a te” disse lui, sfoderando il suo sorriso più smagliante.
Lei si fermò. Il suo sguardo si appannò e si addolcì. Era la stessa espressione che appariva sul viso della maggior parte delle donne quando Jeremy sfoderava il proprio fascino verso di loro.
“Mi stavo prendendo un periodo di riposo e ho pensato di fare un salto per vedere come stavate tu e Sammy. Mi sembra che vada tutto benissimo. Quindi adesso balli?”
Ci fu un momento di silenzio imbarazzante mentre lei lo osservava con sguardo spento.
“Leilani?” Le passò una mano davanti agli occhi.
Cosa c’era che non andava? Non l’aveva mai vista così calma prima.
Il viso di Leilani diventò rosa, e poi rosso. Il suo respiro cominciò ad uscire in rantoli. Le sue labbra color rubino si mossero, ma nessuna parola ne uscì.
“Scappa. Adesso” sussurrò Sammy. “Sta per esplodere.”
“Benissimo? Davvero pensi che vada tutto benissimo?” gridò lei, la voce che si alzava di volume ad ogni parola. “Ragazzo, sei proprio unico. Avrei dovuto capirlo. Non posso credere di avere avuto fiducia nelle tue parole da adulatore. Amici. Certo, come no.” Fece una risata amara.
“Cosa vuoi dire? Io sono tuo amico.”
“Ovvio che tu non lo sappia. Come potresti? Non sei uno di noi. Vieni sull’isola fingendo di essere un amico. Hai fatto in modo di piacere a Sammy. Piacevi alla mia famiglia. Ed io . . .” Si fermò, mordendosi il labbro tremante.
“Leilani.” Jeremy allungò una mano per toccarle la guancia.
Lei si allontanò di scatto dalla sua mano, guardandolo male. “Hai fatto in modo di piacere a tutti. E un momento dopo te ne sei andato. In un istante.” Schioccò le dita.
“È venuto in ospedale” disse Sammy.
“Abbiamo già parlato di questo, Sammy. Eri confuso” gli disse sottovoce, spostandogli i capelli dalla fronte sudata.
“Non ero confuso. Diglielo, Jeremy. Tu eri lì.”
“Beh . . .”
“Vedi cosa hai fatto?” disse lei bruscamente. “Hai provocato allucinazioni ad un bambino di cinque anni. Voleva così tanto che tu fossi lì da immaginarsi la tua presenza!” Si girò verso Sammy, abbassando la voce e parlandogli con calma. “Eri sotto l’effetto delle medicine. Lui non era lì.”
Jeremy aprì la bocca, pronto a dire che invece era stato lì. Era stato al loro fianco ogni secondo. Ma non poteva farlo senza svelare chi era realmente.
“Mi dispiace. Non sapevo dell’incidente. Ho dovuto partire per un problema di famiglia” disse alla fine.
“Come dici tu. Non posso occuparmi di te adesso. Devo tornare al lavoro. Sammy, ti avevo detto di aspettarmi in cucina.”
“Posso stare io con lui” disse Jeremy. “Possiamo recuperare il tempo perduto.”
“Sì!” Il viso di Sammy si illuminò.
“No. Non ci cadremo un’altra volta.”
“Oh, dai, Leilani. Per favore” la pregò Sammy.
“Sono certa che lui abbia altro da fare. Magari su un’altra isola?”
Leilani era furiosa, e ne aveva tutti i motivi. Jeremy sapeva di doversene andare, ma non voleva farlo, non lasciandola in questo modo. Stava per tentare di giustificarsi quando qualcuno gridò, e il suono di tamburi risuonò dagli altoparlanti.
Il pubblico si mise a gridare per l’eccitazione quando cinque uomini, con addosso un pareo rosso lungo fino ai piedi, corsero in mezzo alla folla.
Dopo che furono saliti sul palco uno di loro, con un tatuaggio tribale che gli ricopriva il braccio, si posizionò al centro, roteando un bastone infuocato. Si fermò con il bastone alto sulla testa e lo abbassò verso le labbra. Sputò del liquido e una grossa fiamma si alzò sopra di lui. Il pubblico scoppiò in un boato per l’eccitazione.
“Non andare ancora, Jeremy. Devi vedere Kai che fa la danza del fuoco. Io l’ho aiutato ad imparare le mosse” disse Sammy con orgoglio.
Quello è Kai?
Jeremy guardò con ammirazione l’uomo alto e grosso quasi quanto lui, che roteava due bastoni infuocati. Li faceva roteare ad una tale velocità che l’immagine si confondeva in un unico cerchio di fuoco.
Era quello il ragazzo che un tempo Leilani chiamava Chucky? Non era più un ragazzo. Era un uomo.
Gli altri ballerini si posizionarono al fianco di Kai, facendo gridare ancora più forte le ragazze del pubblico. Gli altri sembravano piccoli se paragonati al corpo massiccio di Kai.
Si mossero all’unisono facendo roteare il fuoco sulla testa, attorno al corpo e sotto alle gambe.
“Non è fantastico?” Gli occhi di Sammy brillavano mentre osservava Kai.
Jeremy guardò verso Leilani che era diventata improvvisamente silenziosa, e il suo cuore perse un colpo.
Anche i suoi occhi brillavano.
Jeremy ordinò al cuore di ricominciare a battere. Questo era ciò che voleva. Era il modo in cui le cose dovevano andare. Non voleva che loro rimanessero da soli. Avevano Kai.
Avrebbe dovuto essere felice per loro. Avrebbe dovuto lasciarli da soli a vivere la propria vita.
Allora perché le sue gambe si rifiutavano di muoversi?
E perché non riusciva a staccare gli occhi di dosso a Leilani?
4
Naomi era seduta sullo stipite della finestra della camera da letto, e dondolava i piedi all’esterno. Una lacrima le corse lungo la guancia.
Perché, Welita? Perché mi hai dovuto lasciare?
Si sentì un leggero ticchettio sul pavimento, seguito da una cosa umida che le toccava il gomito.
“Hey, Bear” disse Naomi con voce rotta.
Ovunque guardasse, vedeva qualcosa che le rammentava Welita. Vedeva un fiore, e scoppiava a piangere nel ricordare come Welita adorasse occuparsi del giardino. Non poteva più cucinare perché tutto quello che sapeva le era stato insegnato dalla nonna. Riusciva a malapena a guardare il piccolo Chihuahua senza crollare.
Bear guaì mentre toccava Naomi con la zampa.
“Sto bene, davvero.” Prese Bear in braccio. Il cane era preoccupato. Poverino. Naomi si era dimenticata di quanto Bear fosse sensibile.
Il musetto di Bear si inclinò di lato, le ciglia umide che sbattevano.
“Non mi credi?”
Bear abbaiò.
“Non riesco proprio ad imbrogliarti, eh?” Sospirò. “Welita se ne è andata. Lo puoi sentire?”
Bear guaì di nuovo, poi nascose il muso nel grembo di Naomi.
“Gli animali capiscono?”
“Capiscono.” La voce di Lash si fece sentire dietro di lei. “Beh, Bear sicuramente sì. È depressa da quando siamo tornati. Non ha neanche ringhiato quando Gabrielle l’ha accarezzata ieri.”
Naomi si asciugò velocemente le lacrime. Non poteva permettere che Lash la vedesse piangere di nuovo. Capiva che questa cosa lo stava straziando.
“Gabrielle è stata qui? Non l’ho sentita.”
“Sei un po’ fuori fase da qualche tempo.” Lash le sedette accanto e le circondò le spalle con un braccio.
Quando non piangeva, Naomi si muoveva come uno zombie. Lash e Rachel facevano a turno per controllare che mangiasse qualcosa.
“So che devo andare avanti. Solo che è troppo difficile. Non voglio dimenticarmi di lei.”
Lash le baciò la testa. “Non la dimenticheremo mai. Sarà sempre con noi.”
“So che hai ragione. Se solo potessi convincere anche il mio cuore.”
“Puoi farcela. Ne sono certo. Welita vorrebbe che fossi felice.”
Lash aveva ragione. Naomi poteva sentire le parole della nonna: “Ay, mijita, la vita è preziosa. Non trascurare coloro che ti amano.”
Doveva fare di più.
“Allora, cosa voleva Gabrielle?”
“Stava, uh, controllando che stessi bene.”
Naomi sollevò il viso e guardò negli occhi color nocciola pieni di amore. C’era qualcosa che non le stava dicendo.
“E?”
“E cosa?” Lash si mise a giocherellare con una ciocca di capelli e gliela mise dietro l’orecchio con delicatezza.
“Non abbiamo segreti uno per l’altra, Lash, ricordi?”
“Lo so, lo so. È solo che . . .”
“Che?”
“Voleva dirmi dove si trova Jeremy e come sta.”
Naomi si irrigidì. Non voleva sentir parlare di Jeremy, ma allo stesso tempo lo desiderava.
Era così confusa. Aveva voluto che Jeremy se ne andasse. Aveva voluto che quella faccia, che le ricordava la morte di Welita, uscisse dalla sua vita. Era stata sollevata quando il suo desiderio era stato soddisfatto. Ma nel momento in cui aveva ottenuto ciò che voleva, se ne era pentita.
Negli ultimi giorni la sua mente aveva lottato fra la soddisfazione di non dover più vedere Jeremy e il desiderio che tornasse per potergli chiedere scusa.
Non poteva ancora credere a ciò che gli aveva detto. Era stata orribile. Non aveva nessun diritto di accusarlo di aver tolto la vita a Welita. E, peggio ancora, l’aveva allontanato dalla sua famiglia.
“Cosa ti ha detto?”
“È a Kauai. Sta bene. Credo.”
“Lo riporterà indietro?”
“Ha detto che dovrà essere lui a scegliere di tornare.”
Il viso di Lash si contorse. Stava lottando contro l’angoscia che provava per non farla pesare su di lei. Quanto aveva potuto essere egoista? Aveva allontanato suo fratello e il suo migliore amico, e Lash riusciva a malapena a parlarne.
“Lash, io—”
Il suono di un vortice seguito da un gridolino la interruppero.
“Non così veloce, Uri!” gridò Rachel. “Potrebbero non essere pronti a ricevere visite—oh, eccovi.”
Rachel ed Uri sbatterono le ali mentre rimanevano sospesi in volo davanti alla finestra.
“Come stai oggi?” Rachel rivolse un sorriso dolce verso Naomi.
“Meglio.”
“Bene.”
“Lash, c’è una cosa—”
Rachel mise una mano su quella di Uri, fermandolo a metà della frase.
“Non ancora” sussurrò arrabbiata.
“Ma pensavo—”
“Dopo.”
Si guardarono a disagio.
Gli occhi di Naomi passarono da Rachel a Uri e di nuovo a Rachel mentre il silenzio riempiva l’aria.
Il viso a forma di cuore di Rachel si contorse per la preoccupazione mentre ricambiava lo sguardo di Naomi.
Qualcosa non andava. Se lo sentiva.
“Amico, ci stai facendo preoccupare. Dicci cosa succede” disse Lash, alzandosi.
“Non so come farlo.” Uri si strofinò il collo nervosamente.
Rachel gli accarezzò un braccio e poi si diresse verso Naomi, atterrando delicatamente al suo fianco. “Sai una cosa? Mi piacerebbe una tazza di tè.”
“Non ti piace il tè” disse Naomi mentre Rachel la metteva in piedi. Le notizie dovevano proprio essere molto brutte. Rachel la stava praticamente trascinando in cucina.
“Uh, è vero, ma mi piace il modo in cui lo fai tu con la cannella e il—”
“Rachel . . .” la avvisò Naomi.
“Va bene, va bene. Scusa.” Rachel lasciò andare il braccio di Naomi. “Diglielo, Uri.”
“Dobbiamo riportare indietro Jeremy.”
Lash guardò nervosamente verso Naomi prima di girarsi verso Uri.
“Ci stiamo lavorando.”
“Deve tornare. Adesso.” Uri sembrava agitato.
Naomi sbatté le palpebre, sorpresa. Lash sembrava esserlo tanto quanto lei. Uri di solito era estremamente rilassato.
“Metteranno Jeremy sotto processo!” sbottò Rachel.
“Sotto processo? Perché?” Naomi non poteva credere a quello che stava sentendo. E se Jeremy non fosse tornato? Le cose si sarebbero messe peggio per lui?
“Per aver disubbidito a quello che gli era stato ordinato, giusto?” disse Lash, scuotendo la testa. “Non preoccupatevi. Non è niente di che. Sono stato sotto processo dozzine di volte. Maledizione, Uri, mi avevi fatto prendere un colpo.”
“Non capisci” disse Rachel sottovoce.
“Ma mi conosci?” disse Lash ridendo. “Sto parlando per esperienza. A Jeremy andrà tutto bene. È la sua prima volta, per cui saranno clementi. Davvero, voi due dovete rilassarvi.”
“Ho paura che ti sbagli, amico mio” disse Uri con voce profonda e seria. “Qui è tutto diverso, perché si tratta di Jeremy.”
Uri fece una pausa, prendendo fiato. Occhi azzurri pieni di dolcezza si posarono su Naomi per un attimo. Non c’era rimprovero nel suo sguardo, ma lei non poté fare a meno di sentire il senso di colpa ribollirle dentro.
“Gli arcangeli devono seguire un codice di condotta più rigido degli altri” disse Uri. “Siamo modelli di comportamento per gli altri ranghi. Non solo Jeremy ha disubbidito ad un superiore, ma l’ha fatto davanti a dei subordinati.”
Oh, no. Cosa ho fatto? La vergogna si impossessò di Naomi. Se Welita avesse potuto vederla adesso, si sarebbe sentita mortificata. Non era questo il modo di trattare la famiglia.
Rachel le strinse la mano. Anche senza che dicesse una parola, Rachel sapeva a cosa stava pensando.
“E allora lo riportiamo indietro. Super facile” disse Lash. “Se chiederà perdono, non ci sarà nemmeno bisogno di un processo. Sono certo che Raphael convincerà Michael ad essere clemente.”
“Si è già incontrato con Michael” disse Rachel.
Lash si irrigidì. “E?”
Uri scosse il capo tristemente.
“Non è possibile! State scherzando, vero? Forza, Uri. Devi stare scherzando!” Il viso di Lash divenne paonazzo.
“Come vorrei fosse così, amico mio. Anch’io ho pregato Michael. È stato irremovibile. Gli arcangeli giudicheranno Jeremy per i suoi misfatti.”
Naomi scoppiò in singhiozzi mentre Lash colpiva con forza il muro, inanellando una sfilza di parolacce. Doveva fare qualcosa per rimediare.
“Capisco la tua rabbia. La sento anch’io. Ho convinto Michael a lasciarmi andare a prendere Jeremy. Ha accettato che venissi con me.”
“Vengo io con te!” gridò Naomi. Era per colpa sua che Jeremy se n’era andato. Poteva convincerlo a tornare.
“Non puoi” disse Uri. “Michael ha specificatamente proibito che tu facessi parte di questa operazione.”
Naomi guardò verso Rachel, che adesso stava piangendo, con le lacrime che le scendevano a fiotti lungo le guance.
“Pensavi di potermi distrarre con del tè?” singhiozzò Naomi insieme a lei.
“Non sapevo che altro fare. Mi dispiace.”
“Shh, Naomi.” Lash la prese fra le braccia. “Uri ed io abbiamo la situazione sotto controllo. Riporteremo Jeremy a casa e troveremo il modo di perorare la sua causa. È il miglior arcangelo che ci sia. Tutti lo amano qui. Tutto andrà bene. Vedrai.”
5
Jeremy era tornato.
Leilani non voleva pensare al fatto che fosse tornato sull’isola. Era stanca e sudaticcia.
Scostò il lenzuolo umido, alzandosi lentamente dal letto. La casa era calda come un forno. Non riusciva a dormire, e ogni volta che chiudeva gli occhi tutto quello che vedeva era Jeremy.
Attraversò la cucina e si diresse verso la porta sul retro. Dopo averla aperta, si appoggiò allo stipite, guardando il cortile. Una leggera brezza le colpì il viso sudato.
Perché sei tornato?
E perché non riusciva a toglierselo dalla testa?
Aveva cose più importanti a cui pensare, per esempio a come far funzionare il condizionatore. Avrebbe dovuto lavorare un weekend extra per avere il denaro sufficiente per aggiustarlo. O magari Kai poteva fare un'altra magia e rimetterlo di nuovo a posto.
Perché sei tornato? E perché devi essere così bello?
Guardò verso la luna, ricordando i suoi sogni infantili in cui Jeremy la teneva stretta e la baciava. Era tutto ciò a cui aveva pensato dal giorno in cui l’aveva incontrato.
Perché non era il coglione pieno di sé che aveva pensato che fosse quando l’aveva visto per la prima volta? La vita sarebbe stata molto più semplice. Ma no, la vita voleva torturarla ed aveva reso Jeremy bello dentro tanto quanto lo era fuori.
Era gentile, dolce, e premuroso. Tutto ciò che aveva fatto, dal cercare di metterla di buon umore quando Candy le aveva rubato il lavoro al diventare amico di Sammy, l’aveva portata ad innamorarsi di lui, e senza via di scampo.
Jeremy non era cambiato per niente. Era ancora bellissimo ed incredibilmente forte. E quegli occhi. Oddio, quegli occhi. Le parlavano, la ammaliavano fino a farla annegare in un mare blu.
Fece un sospiro, chiudendo gli occhi. Quelle labbra. Oh, come ricordava quei sogni e la sensazione di sentirle premere contro le proprie. Soffici, decise, sensuali. Il cuore le si strinse per il desiderio.
Bah! Batté la testa contro lo stipite varie volte.
Fattela passare. Fattela passare. Finiscila!
Smettila.
Non era più una bambina. Non aveva tempo per queste stupidaggini da ragazzina.
Aprì gli occhi di scatto sentendo il suono di qualcuno che si lamentava.
Sammy stava avendo un altro dei suoi incubi.
Era colpa di Jeremy, che aveva fatto riaffiorare i ricordi. Leilani sapeva che Sammy stava sognando quel giorno. Era lo stesso suono lamentoso che aveva prodotto ogni notte per un anno dopo la morte dei loro genitori. Non era una coincidenza che avesse ricominciato nello stesso momento in cui era riapparso Jeremy.
Leilani non era certa di ciò che era successo dopo aver perso conoscenza, e non poteva credere a tutto ciò che le aveva raccontato Sammy. Il bambino aveva trasformato Jeremy in un supereroe che si introduceva fra le fiamme e strappava le portiere dai cardini. Non era riuscito a parlare d’altro per giorni. Quando i ragazzini a scuola l’avevano preso in giro sul suo amico immaginario supereroe, l’aveva trascinata su tutte le spiagge dell’isola alla ricerca di Jeremy per poter provare la sua esistenza. Dopo settimane, si era finalmente reso conto della situazione. Il suo cosiddetto amico se ne era andato. Aveva smesso di parlare di Jeremy e i lamenti notturni erano iniziati.
Maledetto Jeremy!
Figo o no, ormai le era passata. Esatto, basta sprecare neuroni pensando a quel coglione. Quello che doveva fare era focalizzare l’attenzione su Kai.
Kai era maturato nell’esatto momento in cui aveva saputo che i genitori di Leilani erano morti. A Leilani piaceva. Col tempo, avrebbe anche potuto arrivare ad amarlo. Dopo tutto, lui era rimasto. Lui si era occupato di Sammy quando Leilani o la zia Anela non potevano farlo.
Che importanza poteva avere se il loro unico bacio non le aveva fatto venire i brividi? Era successo al ballo di fine anno. Quei baci non contavano.
Ricordava ancora quanto Kai sembrasse dolce quella sera con i capelli neri pettinati all’indietro e il pomo di Adamo che andava su e giù nervosamente mentre stavano insieme sulla veranda. Lui si era avvicinato lentamente, incerto su come lei avrebbe reagito. Lei aveva inclinato la testa all’indietro, invitandolo a baciarla. E poi lui l’aveva fatto—un bacio dolce e profondo.
Lei gli aveva appoggiato le mani sul petto ed era rimasta in attesa.
Ad aspettare.
Ad aspettare che la Terra si muovesse. Ad aspettare che le ginocchia si rammollissero o che le farfalle cominciassero a svolazzarle nello stomaco.
Niente. Se avesse baciato un sasso avrebbe provato la stessa emozione.
“Bella luna! Bella luna!”
Leilani venne distolta dai suoi pensieri da risatine acute.
“Oh, sei ancora sveglia. Non volevo spaventarti. Stavo rimettendo Giggles nella sua gabbia” disse la zia Anela dirigendosi verso la gabbia per uccelli vicino alla porta. Un pappagallo bianco le stava appollaiato sulla spalla, dondolando la testa con eccitazione.
“Bella luna! Bella luna!”
“Sì, Giggles. C’è una bella luna stasera.”
“Me ne occupo io.” Leilani tese la mano verso l’uccello.
Giggles sbatté le ali e emise un verso acuto. Leilani ritrasse velocemente la mano.
Il pappagallo si mise a ridere.
“Non sei carina, Giggles” la sgridò la zia Anela.
Leilani alzò gli occhi al cielo. Amava il fatto che la zia Anela fosse andata a vivere con loro. Ma quell’uccello la stava facendo uscire di testa. Non era un segreto che Giggles volesse farla fuori. Era stata guerra fin dal primo giorno.
La zia Anela l’aveva avvisata che Giggles era intelligente e amava ripetere tutto ciò che udiva. Non aveva esagerato. Leilani l’aveva imparato a proprie spese.
Quando lei e Sammy avevano aiutato la zia a trasferirsi, lei aveva sbattuto con il gomito contro il bancone della cucina. Aveva inanellato una serie di parolacce che l’avrebbero fatta mettere in castigo per un mese se i suoi genitori fossero stati lì a sentirla. Giggles era nella sua gabbia in quel momento, e si gingillava con uno dei suoi giocattoli, comportandosi come se non avesse sentito niente. Non aveva detto una parola, non aveva nemmeno riso, finché la zia Anela non era entrata in cucina, e allora bam! Quelle parolacce erano volate fuori, una dopo l’altra, da quel maledetto uccello.
“C’è qualcosa che non va?” La zia le passò Giggles.
Leilani la guardò, osservando gli occhi castani, saggi e grinzosi. I capelli corti e neri erano punteggiati di grigio, fornendo una cornice sale-e-pepe al suo viso pieno di rughe.
“Va tutto bene. Fa solo un po’ caldo.” Leilani si girò, mettendo Giggles nella gabbia.
Non si trattava proprio di una bugia. Faceva davvero caldo.
Mani soffici le toccarono le spalle, girandola. Leilani abbassò gli occhi. Non poteva guardarla in faccia. La zia era una sensitiva o qualcosa del genere, ed era in grado di leggere la mente. A volte sapeva le parole che Leilani avrebbe pronunciato prima ancora che lei le pensasse.
Sebbene la zia non fosse imparentata con lei e Sammy, era `ohana—famiglia. Aveva praticamente allevato sua mamma e poi anche la stessa Leilani quando era piccola. Aveva vissuto e condiviso tutto insieme alla famiglia—quando il padre se n’era andato a Los Angeles, quando la madre si era risposata, quando era nato Sammy, e quando i genitori erano morti. Aveva persino venduto la propria casa per saldare l’ipoteca dei genitori di Sammy e Leilani per fare in modo che potessero rimanere nella casa in cui erano cresciuti. Leilani le doveva tutto.
“È successo qualcosa. Sammy stava parlando di nuovo nel sonno, chiamando un certo Jeremy.”
Un groppo le si formò in gola nel sentire quel nome. Voleva dimenticarsi di lui. La zia lo stava rendendo difficile.
Sforzandosi di sorridere, Leilani andò al frigorifero e tirò fuori una brocca.
“Jeremy? Oh, non è niente. È solo un turista con cui Sammy passava del tempo qualche anno fa.”
“Non c’è altro?”
Nella stanza si fece silenzio mentre Leilani versava la limonata in due bicchieri. Quando ne passò uno alla zia, questa le afferrò la mano.
“Sicura di avermi detto tutto?”
Leilani strinse con forza il proprio bicchiere. Avrebbe dovuto parlare alla zia di Jeremy. Magari lei le avrebbe spiegato come smettere di sognare un uomo che non avrebbe mai potuto avere.
Non posso. Non doveva far preoccupare la zia con i suoi drammi. Aveva già fatto troppo per loro.
“Sì” rispose, mantenendo un tono leggero. “Oh, a proposito, hai sempre intenzione di aiutarmi nella coreografia di un nuovo hula, vero?”
Deglutì un sorso di bibita mentre la zia la studiava.
“Non sei ancora pronta per parlare. Va bene. Magari domani.”
“Sì, domani.”
“Stai andando a letto?”
“Fra un attimo.” Diede un bacio sulla guancia alla zia prima di uscire dalla cucina.
Quando sentì la porta chiudersi, tornò ad osservare la luna piena. Sperava che la zia sarebbe stata così distratta dalla nuova danza hula da dimenticarsi di farle altre domande. E magari non avrebbe più avuto importanza. Il Ragazzo d’Oro sarebbe sicuramente scomparso di nuovo. Presto, si augurava lei.
“Perché devi essere così dannatamente sexy?” sussurrò nella notte silenziosa.
Jeremy avrebbe reso tutto molto più semplice se fosse rimasto lontano da loro. Adesso Sammy sarebbe stato un problema. Avrebbe sicuramente voluto rivedere il vecchio amico.
“Oh, Jeremy” sospirò.
“Sexy Jeremy!” starnazzò Giggles.
“Oh Signore!” Leilani diede una botta alla gabbia mentre Giggles continuava a gridare la stessa frase.
“Shh! Smettila!”
“Sexy Jeremy! Sexy Jeremy!”
Leilani afferrò una coperta e la mise sulla gabbia. Uno smorzato “Sexy Jeremy” continuò ancora per qualche secondo.
Avrebbe mai finito di sentire il suo nome? Leilani si accasciò a terra. Stringendo le gambe al petto, si mise la testa fra le mani. Tutti la stavano torturando—gli dei o il fato, persino quel maledetto uccello!
Giggles gracidò “Sexy Jeremy” un’ultima volta facendolo seguire da una delle sue risate acute.
Leilani si mise a ridere insieme a lei.
6
Leilani era bella.
Jeremy guardò la luna mentre camminava sulla spiaggia, i piedi che sprofondavano nella sabbia calda. Non avrebbe dovuto sorprendersi. Leilani era stata una ragazzina molto carina.
Non è più una ragazzina.
Smettila!
Sbatté il piede a terra, lanciando la sabbia per aria. Era ancora una ragazza. Sì, una bella ragazza, ma una ragazza giovane, una ragazza che tutti al locale di Candy avevano guardato mentre ondeggiava i suoi favolosi fianchi: una ragazza con braccia delicate che si muovevano nell’aria seguendo la musica; una ragazza con le labbra color rubino leggermente socchiuse mentre danzava, come se stesse aspettando un bacio.
Eppure quegli occhi, quei tristi occhi castani, lo tormentavano. Gli occhi di Leilani erano più saggi della sua età. Jeremy ripensò a quando camminavano lungo quella stessa spiaggia su cui si trovava adesso, a come le avesse raccontato di Naomi e lei gli avesse parlato del padre. Persino allora, lei era stata in grado di comprendere il suo cuore.
Era tornato sull’isola per una ragione. Desiderava rivedere Leilani e Sammy. Adesso che l’aveva fatto, avrebbe dovuto andarsene.
Perché non riusciva a farlo?
Il suono di risate riempì la notte tranquilla. In lontananza, una giovane coppia stava abbracciata davanti a un piccolo falò.
Jeremy si fermò ad osservare l’uomo che stringeva la donna. Lei si appoggiò al suo petto mentre si lasciava avvolgere dalle sue braccia. Grazie al suo udito angelico, Jeremy poté sentire l’uomo che faceva i complimenti alla donna per il suo bell’aspetto. La donna sorrise. Inclinando la testa, si preparò a ricevere un bacio.
Leilani gli passò per la mente in un flash.
Jeremy si voltò, camminando nella direzione opposta, cercando di sfuggire al suono dei baci e ai gemiti di piacere.
Cosa gli stava succedendo? Si trattava di qualche tipo di test? O magari Saleos aveva scoperto dove si trovava e aveva architettato un sistema per torturarlo? Perché niente di tutto questo aveva senso. Era Naomi quella che sognava. Era Naomi quella che amava.
O no?
Allora perché il suo cuore sembrava aver ripreso vita nel momento in cui aveva visto Leilani sul palco?
Si trattava di lussuria? Non aveva mai reagito in quel modo nei confronti di nessuno. Nel corso degli anni donne seminude gli si erano lanciate addosso costantemente. Nessun problema per lui. Ma quell’attrazione. La brama di tirarla giù dal palco era stata travolgente.
Era schifato di sé stesso. Doveva finirla con queste cazzate, e in fretta. Non doveva permettersi di sentire ciò che stava provando. Aveva già rovinato ogni possibilità con la propria famiglia. Naomi lo odiava, e adesso anche Leilani lo odiava. Beh, almeno sembrava che a Sammy piacesse ancora. E aveva ancora Lash.
Devo trovarmi sull’orlo della pazzia, perché mi pare di sentire Lash proprio adesso.
“Fratello!”
Jeremy barcollò all’indietro quando Lash gli diede una pacca sul braccio. Sbatté le palpebre, confuso nel trovarsi davanti Lash e Uri.
“Non avevo intenzione di spaventarti, fratello, ma sono due minuti che urliamo” disse Lash.
“Non vi ho sentiti” disse Jeremy.
“È colpa di Saleos. Sta giocando con la tua mente.” Uri si irrigidì, guardandosi intorno sulla spiaggia. “Ce ne dobbiamo andare. Adesso.”
“No, aspetta!” Jeremy fece una risata.
Fantastico. Adesso li stava spaventando. Come avrebbe potuto spiegar loro che era perso nel pensiero di due donne a cui non avrebbe dovuto nemmeno pensare?
“Non è stato Saleos. Ero, uh, distratto. Stavo pensando a questo, uh, questo posto dove sono andato per un, uh, un hamburger, e, uh, ho incontrato un vecchio amico e c’era gente che, uh, ballava. Oh, diavolo, non era Saleos, ok? Cosa ci fate qui voi due, comunque?”
Gli occhi color nocciola di Lash si spalancarono per la sorpresa, e Jeremy si sentì immediatamente in colpa per avere risposto bruscamente.
“Scusatemi. Ho passato un periodo un po’ difficile. Cosa succede?”
“Nessun problema. Capisco” disse Lash. “So che è stata dura. Lo è stata per tutti noi. Vogliamo che torni a casa.”
“Non sono pronto.” Nemmeno lontanamente.
“Non hai scelta, amico mio” disse Uri. “Non esiste un modo facile per dirtelo: Michael ha richiesto la tua presenza, e ha convocato la corte degli arcangeli.”
“Lui cosa? No. Ti sbagli.” Jeremy era stato informato sull’esistenza della corte degli arcangeli quando l’avevano promosso ad arcangelo della morte. Le cose andavano male. Molto male.
“Temo di no. Sei stato messo sotto processo per disobbedienza.”
Lo stomaco di Jeremy si contorse. Non poteva credere a ciò che stava sentendo. L’ultimo arcangelo ad aver subito un processo era stato suo padre.
“E cosa succederà se non dovessi tornare?”
“Devi tornare.” Il viso di Uri era terribilmente serio.
“Lo farà, Uri. Amico, rilassati.” Lash fece una risata nervosa. “Ascolta, Jeremy, tutta la famiglia ti sta aspettando. Anche Naomi.”
Jeremy si accorse dell’esitazione nella sua voce. Anche se fosse tornato, le cose sarebbero state diverse. Sapeva che sarebbe stato punito per la propria disobbedienza. L’avrebbero esiliato come avevano fatto con Lash.
Il pensiero di venire punito dagli arcangeli gli fece ribollire il sangue. Tutti gli anni di servizio disinteressato non contavano niente per loro? Era stato il loro servitore più leale, eppure nel momento in cui aveva sentito il desiderio, il bisogno, di una pausa, volevano metterlo sotto processo per disobbedienza.
Uh-uh. Non sarebbe tornato. Proprio no.
“No. Io rimango qui.” Si sorprese del proprio tono calmo. Era persino un po’ contento. Quindi l’avrebbero esiliato. E allora? Si era già auto-esiliato. La sua punizione avrebbe semplicemente significato che non avrebbe potuto tornare quando avesse voluto. Cosa gli avrebbero dato? Dieci anni? Vent’anni?
Per un attimo si fece un silenzio di tomba prima che Lash e Uri parlassero allo stesso tempo:
“Jeremy, ci devi ripensare.”
“Non se ne parla, fratello! Ti riporto io a forza se necessario.”
Jeremy sollevò una mano, zittendoli.
“Questo è ciò che voglio.”
“Possiamo trovare una soluzione” disse Lash. “Naomi—”
“Qui non si tratta solo di lei. Si tratta di me. Non posso spiegarlo.”
Poteva capirlo a malapena lui stesso. Non voleva tornare indietro. Voleva rimanere. Magari si stava comportando da testardo. E se voleva essere onesto con sé stesso, era la sua ribellione adolescenziale verso il padre, o, in questa situazione, verso gli arcangeli.
“Dite alla famiglia che sto bene e di non preoccuparsi” disse Jeremy, zittendo le proteste di Lash. Non voleva andarsene e lasciare il fratello sconvolto in quel modo, ma doveva muoversi subito prima di cambiare idea.
“Sei impazzito?” gridò Lash. “Dite alla famiglia di non—scusa, fratello, devo proprio farlo.”
Si sentì un forte ruggito seguito da un colpo alla schiena di Jeremy. Quest’ultimo cadde con la faccia sulla sabbia. Lash gridava ordini mentre le braccia di Jeremy si muovevano freneticamente.
“Svelto, Uri, afferragli le gambe! Maledizione, Jeremy, tagliati le unghie ogni tanto!”
“Lasciami!”
“No!”
“Lasciami!” grugnì Jeremy, togliendosi Lash di dosso. Prima che potesse rialzarsi, Lash lo placcò di nuovo.
“Diavolo, no! Tu tornerai indietro con me!”
Jeremy si scrollò nuovamente Lash di dosso e si alzò in piedi.
Lash ansimò, riprendendo fiato. Aveva i capelli e la faccia ricoperti di sabbia mentre con gli occhi color nocciola manteneva con determinazione lo sguardo di Jeremy. Si abbassò pronto a placcare ancora una volta il fratello.
“Io ed Uri riporteremo il tuo culo a casa. Giusto, Uri?”
“Non possiamo” rispose Uri.
“Col cavolo che non possiamo.”
“Ciò che intendo dire è che deve venire di sua propria volontà. Jeremy, sai i rischi che corri se rimani. Adesso sei più vulnerabile, e Saleos ne approfitterà.”
“Posso gestire Saleos.” Jeremy allontanò il ricordo di quando, poco tempo prima, si era trovato a vagare nel deserto del Nevada.
“Non è la tua famiglia ad avere bisogno di te. Tutti noi abbiamo bisogno di te. La guerra si avvicina. È solo una questione di tempo.”
“Ed avete la mia parola che sarò al vostro fianco quando ce ne sarà bisogno.” La guerra sembrava sempre imminente. Jeremy non era preoccupato.
“Per favore, Jeremy” disse Lash. “Non vogliamo perderti.”
Jeremy sentì una stretta al cuore nel vedere l’espressione sul viso del fratello. Non poteva tornare indietro. Non ancora.
“Non preoccuparti, fratello. Non c’è niente che Saleos possa fare che mi porti ad unirmi a lui.”
7
Ci si sarebbe aspettato che Jeremy si sentisse almeno un pochino preoccupato per il fatto che Michael avesse istituito un processo per le sue azioni. Qualunque angelo appena appena razionale si sarebbe perlomeno presentato.
Cambiando nella forma angelica, Jeremy aprì le ali e si lanciò nel cielo. Adorava volare. Se c’era una cosa che davvero lo preoccupava, era di non poter più volare. Quando avevano punito Lash, avevano limitato la sua capacità di farlo.
Jeremy non lo avrebbe sopportato. Aveva bisogno di volare. Era ciò che lo definiva. Non c’era niente come l’aria che colpiva il viso e il rumore del vento per cancellare tutta la spazzatura che gli riempiva il cervello.
Sbatté le ali, e il semplice movimento lo spinse in avanti. Era proprio questo ciò di cui aveva bisogno per schiarirsi le idee. Non c’era niente di cui preoccuparsi. Erano passate settimane da quando Uri e Lash gli avevano fatto visita e possedeva ancora tutti i poteri angelici.
Il processo a suo carico doveva essere ormai terminato. Non era cambiato niente: nessuna pioggia di fuoco e zolfo, solo pace. Allora doveva essere questa la sua punizione—il paradiso in Terra per chissà quanto tempo.
Scoppiò a ridere mentre saliva ancora più in alto sorvolando le cime verdi delle montagne. Il panorama era sbalorditivo. Sotto di lui, l’acqua azzurra circondava l’isola fiorita. Sopra, nuvole bianche come il cotone si muovevano languidamente sullo sfondo di un cielo blu.
Sì, questa era la punizione che gli piaceva.
Sebbene gli mancasse la famiglia, questa era stata la migliore decisione che potesse prendere, mettere un po’ di distanza fra lui e Naomi. Magari lei l’aveva perdonato, ma lui continuava a non fidarsi di sé stesso quando le stava vicino.
Aveva ripreso la vita a Kauai come se non se ne fosse mai andato. Aveva cercato Bob e Susan, nella speranza di affittare nuovamente il piccolo cottage sulla spiaggia. Fortunatamente lo stavano ristrutturando e non avevano un altro inquilino. A lui non interessava che i muri non fossero imbiancati o che il pavimento fosse pronto a metà. Anzi, aiutare Bob a dipingere e a posare le piastrelle era un’ottima occupazione per lui, persino terapeutica.
L’unica cosa di cui sentiva la mancanza era la sua motocicletta. Non era riuscito a trovarne un’altra come quella, e allora si era accontentato di un triste catorcio che aveva trovato dal rivenditore locale di auto usate. Avrebbe voluto qualcosa di più bello e più veloce, ma considerando che sarebbe rimasto sulla Terra per molto tempo, aveva la necessità di fare più attenzione alle spese.
E poi c’erano Leilani e Sammy.
Sentì una musica familiare provenire dal ristorante Candy’s mentre lo sorvolava. Era la canzone Kalua. Sorrise osservando Leilani sul palco che danzava come l’aveva vista quella notte di qualche settimana prima e poi ancora i successivi venerdì e sabato. Ed ogni altro venerdì e sabato da allora.
Era il suo momento preferito della settimana. Volava per un po’, poi andava a vedere Leilani lavorare mentre Sammy rimaneva seduto ad un tavolo a fare i compiti o a leggere qualche fumetto di zombie.
La parola “stalker” gli era passata per la mente le prime due volte in cui era andato da Candy’s ad osservarli. Ma si era dato la risposta che lo stava facendo perché era preoccupato per loro. Ma dopo aver osservato Leilani gli era stato perfettamente chiaro che la ragazza aveva tutto sotto controllo. Il petto gli si era gonfiato di orgoglio nel vedere quanto duramente lavorasse correndo da un tavolo all’altro a servire i clienti e allo stesso tempo aiutando Sammy con i compiti, riuscendo anche a tranquillizzare Candy quando aveva una delle sue quotidiane, se non orarie, crisi di nervi.
E, ogni giorno, c’era anche Kai, ad afferrare il vassoio di Leilani quando era troppo pesante per lei, a guardare male i turisti che la infastidivano, ed a portare in braccio Sammy fino al suo pick-up le notti in cui Leilani lavorava fino a tardi.
Jeremy avrebbe dovuto essere sollevato per questo. Avrebbe dovuto esserne felice. Ma quando Kai portava Sammy in casa della zia Anela e Leilani gli dava un bacio sulla guancia, tutto ciò a cui riusciva a pensare era che avrebbe voluto trovarsi lì con loro. Avrebbe voluto essere stato lì a ridere con loro quando Sammy aveva picchiettato sulla base della bottiglia di ketchup facendo volare il liquido rosso sulla tovaglia bianca. Avrebbe voluto sollevare gli occhi al cielo insieme a Leilani alle spalle di Candy quando questa si lamentava dell’incubo rosa che guidava.
Si autoconvinceva che un giorno avrebbe potuto fare tutto questo con loro. Sarebbe riuscito a ricostruire la loro amicizia in qualche modo.
Eppure, ogni giorno in cui pensava che avrebbe potuto riconquistare la loro amicizia e la loro fiducia, in fondo alla mente sapeva di non doverlo fare.
Volò più vicino mentre Leilani e le altre ballerine si inchinavano e lasciavano il palco. Lei alzò lo sguardo nella sua direzione e il suo cuore si fermò per un attimo.
Tutto quello che voleva era che fossero amici, giusto?
Giusto???
Scuotendo la testa, Leilani scese dal palco.
Chiaro che voleva solo quello. E non c’era niente di male.
“Dammeli, Sammy.”
Jeremy si voltò verso il parcheggio. Un gruppo di ragazzi stava in piedi vicino al pick-up di Kai. Uno di loro, che sembrava molto più grande degli altri, tese una mano verso Sammy.
Preoccupato, Jeremy volò velocemente verso un gruppo di alberi e ritornò alla forma umana continuando a tenere sott’occhio i ragazzi.
“Sei sicuro che non finiremo nei guai?” chiese Sammy ad un ragazzo con i capelli scuri che gli stava vicino.
“Cavolo, Kevin, cos’ha il tuo amico? Mi sembrava avessi detto che è uno a posto” disse il più grande al ragazzo con i capelli scuri.
“Forza, Sammy. Non avremo problemi” sussurrò Kevin all’orecchio del bambino. “Chris ha preso la patente la settimana scorsa. Riporteremo l’auto prima che il turno di tua sorella sia finito. Promesso.”
“Non so.” Sammy sbatté le palpebre, passando lo sguardo da Kevin agli altri ragazzi. Vedendolo esitare, si unirono in un coro di voci per attaccarlo.
“Come fai ad essere amico di un perdente come questo, Kevin?”
“Amico, il gioco è già iniziato. Prendi quelle maledette chiavi e lascia il suo culo da infante qui.”
“Te l’avevo detto, non ci si può fidare di un haole.”
Gli occhi umidi di Sammy passarono sul gruppo di ragazzi che gli si avvicinavano sempre di più.
Ruggendo, Jeremy uscì di corsa dagli alberi andando dritto verso di loro.
“Hey, Sammy” disse, sforzandosi di dare un tono allegro alla propria voce mentre si avvicinava. Mise le mani in tasca, timoroso di non riuscire a controllarsi. Sarebbe bastato un leggero tocco delle sue dita a far volare i ragazzi per aria.
Конец ознакомительного фрагмента.
Текст предоставлен ООО «ЛитРес».
Прочитайте эту книгу целиком, купив полную легальную версию (https://www.litres.ru/l-g-castillo-15865182/angelo-d-oro-angelo-spezzato-5/) на ЛитРес.
Безопасно оплатить книгу можно банковской картой Visa, MasterCard, Maestro, со счета мобильного телефона, с платежного терминала, в салоне МТС или Связной, через PayPal, WebMoney, Яндекс.Деньги, QIWI Кошелек, бонусными картами или другим удобным Вам способом.