Salvato Da Una Ninfa Marina

Salvato Da Una Ninfa Marina
Rebekah Lewis
Una rielaborazione intrecciata di Peter pan e la Sirenetta
E' amore a prima vista o una scommessa del destino? Il capitano James Harlow, terzogenito di un visconte, non si aspetta niente dalla vita e desidera l'avventura. Realizza i suoi desideri quando è sopraffatto da un gruppo di giovani scellerati con legami con l'aristocrazia, perdendo la mano durante l'incontro...e quasi la vita. Se non fosse per una misteriosa sirena che emerge dalle profondità per salvarlo. Ione non è come le altre Nereidi. Le sue scaglie e i suoi capelli non hanno colori così audaci e lei non prova il desiderio di annegare i mortali con i quali si accoppia. Quindi, quando un bel mortale è lasciato a morire in mare davanti ai suoi occhi, non può evitare di salvarlo- e di scambiare le sue pinne con delle gambe per seguirlo sulla terraferma. Con soli tre giorni a disposizione per capire se si appartengono, i due sono intrappolati nei progetti di un sociopatico per distruggere la vita di James. Ma il giovane marchese potrà essere fermato prima che faccia del male a qualcun altro?


Salvato da una ninfa marina
––––––––
Rebekah Lewis
Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, occupazioni, luoghi, eventi e avvenimenti sono il prodotto dell’immaginazione dell’autore o sono usati in modo fittizio. Ogni somiglianza con persone reali, vive o morte, o con eventi reali, è una pura coincidenza.
Editing di Sandra Sookoo
Cover Art di Victoria Miller
Tradotto da Valentina Giglio
Copyright © 2018 by Rebekah Lewis
Tutti i diritti riservati.
Questo libro o qualsiasi sua parte non possono essere riprodotti o usati in qualsiasi modo senza il permesso scritto ed espresso dell’autore, eccetto nel caso di brevi citazioni nelle recensioni del libro.
Stampato negli USA
www.Rebekah-Lewis.com

Sommario
Titolo Pagina (#u0026169b-d59b-5539-883e-9ab77159d450)
Copyright Pagina (#u55fc3407-fdad-581e-8bd6-7620ce333f87)
Dedica (#u614dc48e-5c2e-5471-9224-e49270040dff)
Capitolo 1 (#uff938675-ffaa-583a-9ce8-a35c2574e842)
Capitolo 2 (#ud64f2cce-6ab2-5e0c-9bfc-d01e400df4af)
Capitolo 3 (#uad562fbb-7219-59b6-b7be-c7d662817819)
Capitolo 4 (#litres_trial_promo)
Capitolo 5 (#litres_trial_promo)
Capitolo 6 (#litres_trial_promo)
Capitolo 7 (#litres_trial_promo)
Capitolo 8 (#litres_trial_promo)
Capitolo 9 (#litres_trial_promo)
Capitolo 10 (#litres_trial_promo)
Capitolo 11 (#litres_trial_promo)
Epilogo (#litres_trial_promo)
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Sull’Autrice (#litres_trial_promo)




Dedica


Alle mie sorelle, Tiffany e Carrie Ann.
Abbiamo passato ore infinite a guardare e leggere insieme le fiabe.
Non lo avrei fatto in nessun altro modo
“I sogni si realizzano, se solo lo desideriamo abbastanza.
Puoi avere tutto dalla vita se sacrifichi qualsiasi altra cosa per questo”
–J.M. Barrie, Peter Pan




Capitolo 1


Summerfield, 1817
Un urlo soffocato svegliò di soprassalto il capitano James Harlow. Mentre scattava in piedi, cadde dalla sedia. Imprecò quando la sua testa toccò il legno solido e il dolore si trasmise lungo la sua colonna vertebrale. Si era addormentato alla scrivania nel suo studio e ora la mappa che aveva aperto davanti a sé pendeva in modo precario da un lato. La sua lanterna preferita, che aveva preso dalla sua nave, mandava delle ombre che correvano in ogni direzione mentre la fiammella tremolava e danzava come un folletto intrappolato dietro un vetro. Aveva sentito un grido o lo aveva solo sognato?
Mentre si alzava in piedi, restò in ascolto, ma sentì solo il vento che sferzava tra gli alberi. Sentiva dolore in tutto il corpo, ma non sarebbe stato tranquillo fino a quando non avesse controllato la situazione della tenuta di suo padre. Forse un servitore non riusciva a dormire ed aveva fatto cadere un vassoio o aveva visto un topo. Non che ciò accadesse di frequente. Aveva i nervi tesi, e non perché si fosse svegliato in quel modo. C’era qualcosa che non andava, ma non riusciva a capire cosa. Aveva sviluppato una specie di sesto senso per il pericolo imminente durante le sue spedizioni per mare e c’era qualcosa in agguato in quel luogo che costituiva una minaccia.
Un asse di un pavimento scricchiolò lì vicino. Fissò la porta, aspettandosi che Rollins, il suo valletto, entrasse, nonostante quello fosse uno strano orario per andare in giro. La normalità avrebbe alleviato la sua tensione. Eppure nessuno bussò o entrò. Con un profondo respiro, James tornò alla scrivania e cercò sotto questa, dove teneva nascosta una pistola in una cavità segreta, poi, con l’arma in mano, si avvicinò alla porta per controllare. Mentre la apriva lentamente e faceva un passo nel corridoio, la sua camicia bianca larga e sbottonata si gonfiò per una corrente d’aria. Una porta o una finestra dovevano essere state lasciate aperte- o forzate.
Se solo avesse visto l’ombra così vicina alla sua, prima che un altro asse cigolante rivelasse la posizione dell’intruso. Invece, le notò entrambe nello stesso momento. James si girò, puntando l’arma, ma era troppo tardi. Forse avrebbe potuto evitare il colpo alla tempia del calcio della pistola dell’intruso, o forse no. Il suo ultimo pensiero prima di perdere i sensi, fu quello di desiderare di avere fatto qualcosa di più nella vita. Di essere stato un uomo migliore. Non avrebbe lasciato niente dietro di sé come eredità.
***


L’ACQUA GELIDA LO COLPÌ sul viso un po’ più tardi e lui annaspò, inghiottendo il liquido e sentendosi soffocare, cercò di muovere le braccia per nuotare, ma era bloccato e legato a...un albero? James sputò, tossì, sbatté gli occhi e cercò di riacquistare la consapevolezza dei luoghi intorno a lui. Non stava affondando nel mare, ma nei boschi, probabilmente quelli della sua proprietà, e stava riprendendo coscienza davanti al suo assalitore che era- un ragazzo. Beh, non proprio un ragazzo, ma sicuramente al limite della giovinezza. Non più grande di diciassette anni, al massimo.
“Chi diavolo sei?” Con lo svanire dello stupore, l’irritazione riempì rapidamente il vuoto. James guardò il ragazzo con cipiglio, con la strana sensazione di averlo già visto da qualche parte. Poteva giurarlo sulla propria vita, non si ricordava dove.
Il diavoletto, che indossava dei vestiti scuri e sciatti, incrociò le braccia e fece un sorrisetto compiaciuto. Alla luce della luna, i suoi capelli color sabbia erano una massa di onde scomposte, lunghe fino alle spalle. Un monello di strada, forse, ma senza dubbio un loro capo. Dietro di lui c’era una dozzina di uomini, tutti ugualmente giovani e scarmigliati. Quello al comando aveva in mano un secchio vuoto, il che aveva senso visto che l’acqua che aveva contenuto precedentemente inzuppava James fino alle ossa.
“I tuoi domestici sono legati e imbavagliati nelle loro camere” disse il monello, gettando via il secchio. “Pensavo che un pirata come te avrebbe preso più precauzioni nella propria casa, vecchio.”
Vecchio? Vecchio? Aveva solo trent’anni. Nel fiore degli anni! “Ti chiedo scusa, ragazzo,” riuscì solo a grugnire in risposta. Lottava con le catene che lo trattenevano, ma non c’era verso di liberarsene. “Perché una banda di mocciosi entra nelle case illegalmente nel mezzo della notte, spaventando la sfortunata servitù? Non dovreste già essere a letto?”
Il suo assalitore rise. “Ho diciassette anni”, disse, confermando le supposizioni di James. “Non sono affatto un moccioso. Veramente non mi riconosci?”. Si avvicinò e scrutò James. Stringendosi nelle spalle, iniziò a camminare davanti a lui come avrebbe fatto un animale arrabbiato. “Io ho riconosciuto te. Dopo averti messo k.o., certamente, così sei andato giù come un viscido merluzzo. Immagina il mio shock visto che un membro rispettabile dell’aristocrazia è coinvolto nel contrabbando di brandy dal Continente.”
James sospirò. Aveva finito di ballare. Adesso sarebbe stato ricattato o arrestato. Il suo equipaggio non si dedicava alla vera pirateria, ma il contrabbando era ancora illegale ed avrebbe sicuramente provocato uno scandalo che la sua famiglia non avrebbe potuto evitare. Come terzo figlio del Visconte Summerfield, forse non aveva un proprio titolo, ma ciò non lo rendeva meno parte dell’aristocrazia, fortunatamente. Ci sarebbero stati dei pettegolezzi se fosse stato arrestato- e soprattutto grazie a un ragazzo grossolano.
Ma come aveva fatto a scoprirlo? Se il monello aveva progettato di entrare in casa sua, non si era reso conto di chi ci abitasse? Qualcosa non quadrava. Tutto ciò che James poteva fare, era negare di essere coinvolto in quelle attività e sperare in bene.
“Non indovini?”
“Indovinare cosa, esattamente?” disse James a denti stretti, perplesso. Era come se il ragazzo vivesse in un proprio mondo fantastico e si aspettasse che tutti lo seguissero. Oh, giusto. Era offeso perché James non sapeva chi fosse. “Il tuo nome? Non mi interessa.”
Il ragazzo estrasse un pugnale lungo ed appuntito dalla cintura e lo rivolse contro di lui. James non si lasciò impressionare, anche quando il ragazzo disse, “Mostrami un po’ più di rispetto e forse vivrai.”
Questo...bambino...aveva l’intenzione di ucciderlo veramente adesso? James si era sempre considerato un tipo paziente. Se la rabbia infiammata che stava sostituendo il freddo dei vestiti bagnati avesse avvolto il suo corpo, quella pazienza si sarebbe rapidamente trasformata in rabbia. Rinunciò a fingere di ignorare il proprio ruolo nel contrabbando. Dopo aver guardato storto gli altri ragazzi, che non facevano altro che agitarsi e sfuggire al suo sguardo, tornò a concentrarsi sul suo principale aggressore. “Che cosa vuoi, ragazzo? Ricchezze? Una percentuale sul commercio del brandy?”
Il ragazzo fece una smorfia, come un gatto che avesse appena messo all’angolo un topo grassottello. “Questo è un ammutinamento. Adesso la tua fortuna è nostra. Sono il tuo padrone.”
James alzò gli occhi al cielo. Non può dire sul serio. “Un ammutinamento è quando l’equipaggio si ribella sulla propria nave per destituire il capitano. Voi non siete il mio equipaggio e non siamo nemmeno su una maledetta nave.”
“Questione di semantica”. Il ragazzo si diede dei colpetti sulla pelle morbida da neonato con la punta della lama. “Permetti che mi presenti visto che sei lento di comprendonio. Peter Paxton, conte di Underwood. Dovresti veramente fare più attenzione in Società, ma capisco che sia difficile quando sei un criminale fatto e finito, che si nasconde in campagna nella proprietà paterna quando hai acquisito con mezzi criminali abbastanza per vivere per conto tuo.”
Quel ragazzo aveva la capacità di dargli sui nervi. Aspetta un attimo...
Paxton...Underwood...Suo padre era il marchese di Huntington. James ricordava vagamente l’uomo e doveva avere incontrato Paxton quando era molto più piccolo, per questo sembrava familiare. Tuttavia ciò non spiegava perché avrebbe dovuto ricordarsi di lui. Non ce n’era ragione.
“Abbiamo deciso, io e i miei ragazzi,” disse mentre faceva dei gesti con il pugnale, “che vogliamo portarti via tutto. Abbiamo trovato delle informazioni sulla posizione di un contrabbandiere e ciò ci ha condotto a te. Ora, puoi firmare i documenti per la nave così libereremo i tuoi domestici e diremo loro come possono trovarti, oppure posso ucciderti e prendermela lo stesso”.
Un muscolo tremolò sotto l’occhio destro di James. Qualcuno lo aveva venduto, ma avrebbe affrontato ciò più tardi. Le corde erano legate in modo troppo esperto per i suoi gusti ed aveva bisogno di liberarsi. Non voleva necessariamente colpire un ragazzino, ma se lui avesse continuato a sventolare la lama nella sua direzione, lo avrebbe fatto- se avesse potuto usare le mani o le gambe. Non era schizzinoso. “Sei pronto ad uccidere per una nave che avresti potuto semplicemente rubare, piuttosto che venire fino a Summerfield per dare un grande spettacolo a vantaggio della legge...prima di tornare a Londra e prenderla comunque?” Appoggiò la testa indietro contro l’albero e scoppiò a ridere. “Non posso firmare niente finché sono legato. Se mi liberi, ti renderò dieci volte il benvenuto che ho ricevuto.” Incontrò lo sguardo di Underwood. “E’ una promessa.”
Underwood si strinse nelle spalle.
Tuttavia qualcosa lo assillava. “Non sapevi veramente nella casa di chi stavi facendo irruzione, ma sei riuscito a trovare il posto facilmente, senza cercare altre informazioni?”
L’altro alzò le spalle. “In quel momento mi sembrava una buona idea.”
James fece un rumore disgustato in fondo alla gola. Questi bambini stavano facendo un gioco che lui non capiva completamente, o che non gli interessava. “Vuoi veramente macchiare la tua anima con il male...per una nave e per l’idea che il contrabbando sia una cosa nella quale valga la pena passare la vita?”
“Va bene per te.”
James aprì la bocca per discutere ulteriormente, ma la chiuse all’improvviso. Lui era il terzo nella discendenza per un titolo che aveva poco valore ed era stufo degli uomini della sua famiglia, come quelle donne che indossavano i gioielli dismessi delle loro madri. Aveva acquistato una posizione nella Marina, l’unica volta in cui aveva usato il nome e la fortuna della sua famiglia per fare qualcosa senza essersela guadagnata. Comunque, le guerre stavano diminuendo e lui non era mai stato mandato a compiere il proprio dovere, con suo grande disappunto. Voleva essere importante, ma la Marina Reale non aveva più bisogno di lui di quanto ne avesse suo padre quando era stato generato come ruota di scorta. Non aveva nient’altro con cui passare il tempo e per questo aveva finito per dilettarsi di contrabbando e costruirsi la propria fortuna. Per niente entusiasta della vita, aveva voluto un po’ di avventura e di pericolo, ma anche quello stava perdendo il suo fascino.
“Niente da dire”, Underwood strascicò le parole. “Certamente, dovresti essere libero. Te lo devo. Ora che ho scoperto la tua identità e che avrò la tua nave, potrei metterci una pietra sopra se tu convincessi tuo padre a considerarmi il miglior pretendente per tua sorella.”
Finalmente, la vera ragione di tutta questa sciarada era venuta alla luce. James scoppiò in una risata ed Underwood lo guardò con cipiglio. “Non sapevi nemmeno quale uomo avresti infastidito stasera, e adesso pensi che io potrei accoppiare la mia unica sorella con un bambino che vuole rubarmi la nave e ricattarmi? Sei veramente un illuso.” Quei maledetti nodi nelle corde rifiutavano di sciogliersi. Aveva ormai la pelle screpolata. Se non fosse riuscito a convincere il ragazzo a lasciarlo libero, sarebbe stato finito.
Il monello si sporse in avanti, guardandolo male. Punse James leggermente nel petto con la punta della lama. “Avrò Wendelin in moglie, non farti illusioni. E’ stata una felice coincidenza che stasera il mio bersaglio fossi tu.”
“Dovrai passare sul mio cadavere.”
Il sorriso sul volto del ragazzo diventò più sinistro. “Con piacere.”
Underwood fece un cenno ai suoi ragazzi, che circondarono James, e ciascuno gli diede un gancio in faccia o un pugno in pancia, fino a quando non rimase senza fiato e con spasmi ovunque. Quando finalmente lo slegarono, vacillò, respirando con difficoltà. Non era così che doveva andare la mia fuga. A un certo punto perse di nuovo i sensi, probabilmente a causa del fatto che la ferita originale alla testa era stata colpita ripetutamente quando era caduto a terra.
***


RITORNÒ IN SÉ SU UNA barca con Underwood e due dei suoi monelli. La costa al limitare della tenuta di Summerfield era a malapena visibile. Mio Dio, avevano intenzione di buttarlo in mare e lasciarlo annegare? Lottava per restare vigile. Aveva di nuovo le mani legate. Maledette corde!
Underwood usò il pugnale per tagliare i legacci di James. La lama era affilata e non avrebbe avuto difficoltà a tagliare la corda spessa con un solo rapido gesto. Prima che James potesse reagire, i monelli lo afferrarono per le braccia e lo tennero stretto. Lui trasalì, forse si era rotto una costola o due. Lottava per respirare in questa nuova posizione.
“Porgetemi la sua mano sinistra.”
Poi, Underwood si inginocchiò davanti a lui ed alzò il pugnale con entrambe le mani in alto sopra la testa, mentre la manica di James veniva tirata indietro per rivelare la sua carne e la sua mano veniva tenuta saldamente oltre il bordo della barca.
Improvvisamente si rese conto di cosa stava succedendo e spalancò gli occhi. Cercò di liberarsi dai ragazzi, ma le costole urlavano dal dolore e lui era debole per essere stato atterrato due volte in così poco tempo. Probabilmente aveva una commozione cerebrale.
Non lo avrebbe fatto veramente, no? Underwood era poco più di un bambino. Un membro viziato dell’aristocrazia. Perché avrebbe dovuto...
La lama spezzò di netto l’osso, con un unico colpo pesante. Il dolore non colpì James finché non si rese conto di cosa stava succedendo davanti ai suoi occhi. Mentre il sangue iniziava a sgorgare e la sua mano cadeva lontana dal suo polso, nel Mare del Nord, galleggiando per un momento prima di scomparire tra le onde, si morse le labbra per trattenere un grido, per non dare a nessuno quella soddisfazione.
Ma Underwood non aveva finito.
“Chiamiamolo una questione di fortuna, capitano Harlow. Se riesci a tornare a riva e sopravvivi, farai in modo che tua sorella mi accetti. Se non ce la fai, beh, sarai morto e troveremo comunque i documenti di cui abbiamo bisogno per la nave nel tuo studio, e io sarò lì a consolare la povera Wendelin al tuo funerale.” Si girò verso un ragazzo alto alla sua destra, che teneva la testa verso il basso e rifiutava di guardare James direttamente. “Cauterizzalo. Non sarà affatto un gioco, se sanguina nel momento in cui colpisce l’acqua.”
Il dolore e la confusione lo resero insensibile ai movimenti dei ragazzi, mentre scaldavano una spada con una candela nella cabina della barca, per cauterizzare la sua ferita. Cosa aveva fatto di tanto terribile nella sua vita, da meritare che finisse in quel modo? Il contrabbando era illegale, ma nessuno era mai stato ferito sotto il suo comando. Avevano un cannone sulla nave, ma non avevano mai avuto una ragione per usarlo. Inoltre, Wendolin aveva la minima idea che questo pazzo conte aveva posato gli occhi su di lei? Dio mio, che orrori avrebbe fatto passare Underwood a sua sorella se fosse riuscito nei suoi intenti? Il calore intenso del metallo che bruciava contro la carne e i tendini lo risvegliò dalle sue preoccupazioni.
Doveva combattere. Doveva sopravvivere. Per il bene di sua sorella. James sarebbe andato avanti ed avrebbe visto Underwood morto prima che sua sorella potesse anche solo restare sola con lui.
Gli uomini lo gettarono fuoribordo. Nel momento in cui l’acqua salata penetrò nelle sue ferite, si permise finalmente di urlare, ma il suono andò perso nelle profondità marine.
Combatti. Nuota!
La sua camicia si gonfiò intorno a lui, un pallido sudario, mentre sprofondava nell’abisso accogliente.




Capitolo 2


C’erano giorni in cui vivere sotto le onde era meraviglioso ed eccitante. Oggi non era uno di quelli, perché Ione se ne era andata di casa. Veramente. Beh, era libera di andarsene se lo desiderava, ma non aveva intenzione di tornare nel Mare Egeo. Come molte delle sue quarantanove sorelle prima di lei, Ione alla fine ne aveva avuto abbastanza e aveva bisogno di spazio. La conseguenza di quel concetto era che l’oceano forniva un sacco di spazio.
A volte fin troppo.
In effetti, non sapeva proprio per certo in quale oceano o mare fosse finita, a furia di nuotare senza una meta, senza prestare attenzione ai dintorni, persa nei propri pensieri su cosa avrebbe fatto in seguito. L’acqua era molto più fredda che a casa, quindi era andata sicuramente a nord. O a nordovest. Avrebbe dovuto fare più attenzione...
Mordendosi le labbra e guardandosi intorno, fece oscillare la coda dietro di sé fino a mettersi in verticale, poi guardò in su. Una piccola barca galleggiava sulla superficie. Gli umani erano fortunati ad avere così tanta libertà sulla terraferma. I pericoli per i mortali erano in agguato da ogni parte nell’acqua. Sulla terra, erano minori. Almeno lo pensava. Ione non si era mai avventurata oltre la linea costiera. Non si era mai sentita al sicuro sulla terraferma prima. A causa della sua natura. Per quello che avrebbe dovuto fare per proteggersi se fosse rimasta troppo a lungo...
Forse sarebbe dovuta andare alla ricerca dell’Isola Evanescente che alcune delle sue sorelle avevano cercato per anni precedentemente. Non rimaneva mai nello stesso posto per due volte ed avrebbe offerto più sicurezza se avesse provato il desiderio di accoppiarsi. Forse non avrebbe dovuto annegare l’uomo che avrebbe usato per generare le proprie figlie, se si fosse trovata in qualche posto al sicuro. In qualche posto che non spingesse gli umani a cacciare i suoi simili per paura o curiosità. Era ormai pronta ad accoppiarsi con un uomo, ma non riusciva a convincersi di ciò. Inoltre, non voleva uccidere qualcuno dopo un atto del genere. Sembrava...sbagliato. Cosa sarebbe successo se le fosse piaciuto e avesse voluto farlo di nuovo con lui?
Ione scosse la testa, scuotendosi via i capelli dal viso nel farlo. Non apparteneva al mondo degli umani, ma la prospettiva di annegare dei mortali aveva contribuito a tenerla lontana. Non aveva una natura violenta e quasi tutte le ninfe marine erano femmine, mentre solo una parte di loro aveva le pinne come lei. Suo cugino Tritone- figlio di Poseidone e suo messaggero, come lo era Hermes per Zeus al di sopra delle onde- aveva una coda come la sua, così come i suoi figli, sia maschi che femmine. Poteva accoppiarsi con uno dei tritoni maschi se lo desiderava, ma i suoi cugini non facevano niente di romantico per lei. Certamente erano dei maschi decenti, ma lei voleva qualcosa di... diverso. Se si fosse mai accoppiata, voleva qualcuno di nuovo ed eccitante. Qualcuno che non le ricordasse di come era cresciuta. Che non appartenesse alla famiglia. Qualcuno tutto suo. Forse un umano.
La sua famiglia sarebbe inorridita se lei ne avesse lasciato vivere uno per il proprio piacere? Il desiderio la pervase mentre ci pensava. Le ninfe avevano bisogno di due cose nella vita: l’elemento dal quale traevano la propria forza e il sesso. Erano secoli che stava nel mare, ma il sesso...si occupava di se stessa quando nasceva il desiderio, ma aveva bisogno di stroncare quella parte di sé. Più la negava, più diventava triste. Per questa ragione non sopportava più di stare a casa. Ed era dovuta partire. Aveva bisogno di molto di più di quello che avrebbe dovuto desiderare.
Il rumore di un tuffo le fece alzare lo sguardo di nuovo. Uno degli umani era saltato nell’acqua. Che strano. Il bel mezzo della notte non era proprio il momento ideale per farsi una nuotata, se non si avevano le pinne. Gli umani non avevano la vista acuita come lei...né le branchie. Quindi perché stava facendo così?
Il mortale, un maschio, continuava ad affondare, muovendo appena un braccio o una gamba, scalciando per tornare verso la superficie o la barca, che stava andando via come se loro non avessero notato affatto che si era allontanato. Lei rimase a bocca aperta. Per gli Dei, stava affogando! I suoi compagni lo avevano lasciato a morire di proposito? Perché lo avrebbero fatto?
Prima di avere preso qualsiasi decisione, mosse la coda ad un’andatura veloce, scivolando verso l’alto fino a quando non afferrò l’uomo sotto le braccia. Era divisa tra l’istinto di proteggere l’umano ed quello di proteggere il segreto della sua gente da quelli come lui, quindi Ione si affrettò ad allontanarsi con lui nella direzione opposta rispetto alla barca. Il fatto che il cielo notturno nascondesse tanto quanto il chiaro di luna svelasse, era d’aiuto. Era sempre stata affascinata dal bagliore della luce della luna- ma ora non era il momento di stupirsi per quelle cose.
Quando portò la testa dell’uomo fuori dalle onde, lui non respirava. Temendo di averlo tenuto sotto troppo a lungo, lo circondò con un braccio e gli posò la mano sul petto, sopra il cuore, poi fece scivolare il palmo sotto la stoffa ampia dei suoi vestiti. La carne era fredda al tocco, forse a causa della temperatura dell’acqua e non perché fosse troppo tardi. Incanalando tutta l’energia nella mano, avvicinò le labbra alle sue, chiedendo all’acqua che lui aveva inalato di tornare a lei. Di uscire dal suo corpo. Quando l’acqua salata raggiunse le sue labbra, si tirò indietro, mentre lui tossiva e sputava l’acqua fuori dal corpo.
Quindi Ione lo guardò ed ammirò la sua bellezza maschile. I capelli scuri si erano liberati dal laccio che ne teneva ancora una parte legata dietro la nuca. Aveva gli occhi blu- un blu notevole per i suoi sensi resi più acuti dalle necessità della vita sott’acqua. Aveva la mascella squadrata e un struttura del viso piacevole. Mentre la guardava, sbatté gli occhi, come se non riuscisse a crederci. Poi trasalì.
“Devo dire”, disse a denti stretti con un tono che le provocò i brividi. “Pensavo che il paradiso fosse un posto meno...bagnato”. Quindi girò gli occhi e perse i sensi.
Gli umani erano talmente fragili.
Con un sospiro, lo tenne stretto e nuotò verso la riva. Poteva distinguere a malapena una spiaggia in lontananza e sperava che la notte avrebbe offerto loro abbastanza privacy, in modo che il suo emergere in superficie non mettesse in pericolo lei o la sua gente. In ogni caso, sentiva il brivido dell’avventura. Ed il desiderio di accoppiarsi tambureggiava nelle sue vene.
***


AVEVA MALE DAPPERTUTTO. Se era morto, James non avrebbe dovuto sentirsi più leggero? A meno che non fosse finito all’inferno, il che non aveva senso, visto che era sicuro di avere visto un angelo prima di perdere di nuovo i sensi. Un bell’angelo dai capelli dorati che aveva recuperato la sua anima direttamente dall’oceano. Era completamente inzuppata, come si sentiva lui ora.
Quando un’onda lo colpì direttamente dietro la nuca, il suo corpo fu spinto in avanti e l’acqua salata gli entrò in gola, facendogli bruciare gli occhi e le narici.
“Le mie scuse”. La voce era melodiosa e dolce, e lui si lamentò, quando si rese conto che la donna era rimasta con lui. Lo teneva tra le braccia e la sua pelle morbida e liscia strusciava contro di lui mentre lo portava a riva a nuoto. Il suo angelo. James si girò per guardarla. I capelli dorati e la pelle perfetta, senza alcun difetto, che ricordava. Mio Dio, era...
Colpì la sabbia con le ginocchia e ricevette un’altra ondata in faccia. Erano approdati sulla spiaggia e lei lo stava trascinando lontano dalle onde...con una notevole difficoltà. Avrebbe dovuto aiutarla, ma metà del suo corpo era insensibile e l’altra metà avrebbe voluto esserlo.
Allungò le mani per appoggiarsi alla spiaggia e tirarsi su, ma il suo moncherino ancora aperto e bruciato toccò la sabbia. Trattenne il respiro e si lasciò cadere, anche se erano immersi nell’acqua fino al ginocchio. Aveva perso la mano. In qualche modo aveva dimenticato quel dettaglio altrimenti indimenticabile, distratto com’era dal bel viso dietro di lui e dal fatto che aveva male dappertutto.
“Sei ferito!”, esclamò la donna con la sua voce melodiosa. Era una persona terribile, visto che sentiva sollievo perché lei si strusciava contro di lui?
“Solo un graffio, in realtà”. Perché voleva impressionarla? Era chiaro che fosse mezzo morto. Perché cercava di proteggere il proprio orgoglio? Lei lo aveva tirato fuori dall’acqua ed avevano nuotato fino a riva.
Strabuzzò gli occhi quando scoprì che la sua ipotesi, prima di avere il viso pieno di sabbia, era corretta. Lei non indossava niente.
James si lasciò cadere sulla schiena, deciso a dare un bello sguardo alla sua salvatrice senza appoggiarsi al braccio sinistro. Capì immediatamente di essere stato vittima di un’illusione febbrile, perché aveva compreso che la donna non era affatto un angelo- sentiva troppo dolore per essere in Paradiso- ed era sicuramente nuda, ma non poteva essere umana. Era troppo perfetta, troppo bella, e si sentiva troppo a suo agio nell’acqua. Quando abbassò lo sguardo, e si maledisse perché gli mancava l’autocontrollo di un gentiluomo- trattenne il respiro. Era impossibile. Lei non poteva esistere, a meno che lui non stesse impazzendo. “Sei una...”
Lei si guardò. La maggior parte della metà inferiore del suo corpo restava nascosta nell’acqua poco profonda, ma le scaglie dorate della coda da pesce arrivavano fino al suo addome, per fermarsi al di sopra dell’ombelico, e risalivano un po’ più in alto sui lati fino a coprirle i fianchi. I suoi capezzoli nudi erano dello stesso colore delle sue scaglie e dei suoi capelli. Anche se c’era poca luce, i suoi occhi sembravano della stessa sfumatura. Con la sua pelle morbida ed abbronzata, anche al chiaro di luna sembrava fatta d’oro. Lui desiderava toccarla, ma strinse le dita della mano che gli restava per reprimere quel bisogno. Le storie di sirene che aveva sentito durante i suoi giorni in mare le descrivevano come perverse cacciatrici con un bel viso, ma con motivazioni sanguinarie. Avrebbe perso l’altra mano se avesse osato?
La sirena distolse lo sguardo da lui e guardò l’acqua. “Sono deludente ai tuoi occhi come lo sono agli occhi della mia gente?”
Cosa? Come poteva una donna così bella credere di essere deludente? “Non capisco”. La sua affermazione era vera sotto molti punti di vista. L’esistenza della donna, cosa gli era successo e il fatto che lei credesse di avere dei difetti nel suo aspetto.
Lei sospirò e guardò il moncherino ferito nel polso sinistro. Lui avrebbe quasi voluto immergerlo di nuovo nell’acqua per nascondere l’imperfezione agli occhi di lei. Se c’era qualcuno di deludente da guardare, quell’onore spettava a lui. Sarebbe stato considerato un invalido al suo ritorno a Londra. C’erano anche delle cose peggiori, ma il nome della sua famiglia avrebbe occupato i pettegolezzi per mesi. Qualcosa che non avrebbe certo giovato a sua sorella durante la sua prima stagione.
“Devo portarti più avanti sulla terraferma”, disse lei di nuovo, interrompendo le sue preoccupazioni. “Se mi permetti di toccarti di nuovo.” Quando lo guardò, non mostrò alcuna compassione. Lui le fu grato per tutto ciò.
James aprì e chiuse la bocca varie volte, mentre si sforzava di trovare le parole per rispondere a quell’affermazione. “Perché non dovrei permetterti di toccarmi?” Mentre iniziava a scuotere la testa e diventava sempre più consapevole del dolore al braccio e nel fianco, l’idea delle sue mani sul proprio corpo gli diede conforto. Il suo tocco gli avrebbe procurato un sollievo temporaneo? Moriva dalla voglia di scoprirlo.
“Pochi istanti fa, hai esitato e sei sfuggito alla mia presa, quando hai visto che non sono come vorresti.”
“Volere...cosa? Sei la più bella donna sulla quale abbia mai posato lo sguardo. Se ti ho spinta via, era perché non riuscivo a vederti dalla posizione in cui mi trovavo e ne avevo disperatamente bisogno.” Era evidente che le donne sulla terra e in mare avevano bisogno di essere rassicurate e di parole dolci. Non era un compito difficile, ma era comunque divertente.
“Oh.” Lei distolse lo sguardo e giocherellò con i capelli fingendo timidezza. Il fatto di non potere dire se fosse arrossita o no, gli fece maledire l’assenza di luce. Sarebbe stata luccicante e scintillante alla luce del sole? Le sue scaglie erano ruvide o lisce al tocco? Balzò all’indietro quando si rese conto che si era chinato più vicino a lei. Dannazione, lei lo avrebbe consumato come una falena che non si rende conto dei pericoli nascosti nel volare troppo vicino a una fiamma. Forse c’era una ragione se le sirene erano spesso chiamate “fanciulle del mare”. Chi aveva bisogno di una canzone quando si aveva quell’aspetto?
“Come ti chiami?” Non aveva mai pensato che le sirene fossero reali, nonostante le sciocche superstizioni del suo equipaggio, e adesso che se ne trovava davanti una, non sapeva proprio cosa dirle. Fortunatamente i capelli le erano ricaduti sul seno, e ciò lo aiutava a controllare il desiderio di guardarlo. Lo avrebbe comunque trasformato in un libertino.
“Ione.” Un sorriso brillante le illuminò il viso, poi gli prese la mano e posò il palmo sulla propria guancia. “Il mio nome è Ione.”
La sua pelle era così morbida e calda, nonostante la freschezza della brezza marina. “Grazie per avermi salvato, Ione. Io sono il cap...James. Puoi chiamarmi James.” Non gli importavano le formalità, visto che lei non apparteneva al suo mondo e non le sarebbe importato cosa potesse significare il suo nome di famiglia o la sua posizione. “Sfortunatamente, penso di stare morendo. Non dovresti assistere a queste brutture. Aiutami ad allontanarmi dalla marea e non ti terrò lontana dalla tua destinazione.” Non capiva come sarebbe potuto sopravvivere quella notte. Se fosse riuscito a tornare alla tenuta, sicuramente avrebbe ceduto alla febbre e sarebbe morto di malattia o infezione. Nessuno meritava di assistere a tutto ciò, se poteva evitarlo.
Il sorriso di Ione si spense poi, alzando il mento con determinazione, lasciò la sua mano e lo afferrò di nuovo sotto le braccia. Il suo corpo brillò per un attimo, prima che le scaglie scomparissero e si trasformassero in gambe umane. Mentre si muoveva ed i suo capelli si separavano, James prese nota vagamente che i suoi capezzoli stavano diventando più scuri, fino a un normale rosa, mentre accadeva tutto ciò. Intrigante. Lui serrò gli occhi mentre lei si alzava, per non essere beccato a fissare la parte superiore delle sue cosce. Tuttavia era troppo tardi. Non aveva peli e niente la proteggeva dal suo sguardo. Il sangue che non aveva perso iniziò a risalirgli fino all’inguine.
James aprì gli occhi quando Ione lo depositò sulla terraferma e si lasciò cadere al suo fianco, per niente intimidita dalla propria nudità. “Non morirai, James. Non sotto la mia sorveglianza.”
Chiudendo di nuovo gli occhi con forza e cercando di controllare quell’altra parte di se stesso prima che lei se ne accorgesse, lui scosse la testa e fece un cenno verso il Mare del Nord. “Non puoi controllare la natura.” Il suo unico rimpianto al momento del trapasso sarebbe stato di avere abbandonato sua sorella. Underwood, quel ragazzino maligno, sicuramente le avrebbe fatto del male. James sperava di sopravvivere abbastanza da avvisare il porto che la sua nave stava per essere rubata sotto i loro occhi. Underwood avrebbe falsificato la firma sui documenti ed avrebbe agito come se tutto fosse a posto, il farabutto. Non gli importava che il ragazzo lo avesse messo fuori gioco, non voleva che quel furfante ottenesse quello che voleva. Underwood doveva imparare il rispetto e, evidentemente, qualcosa che le persone civilizzate chiamavano morale.
“Ne sei sicuro?”, disse Ione talmente a bassa voce che James quasi non la sentì. Poi si girò verso di lui, afferrando la sua camicia bagnata. Gli piaceva sentire le sue mani su di sé, anche se solo per conforto e non per ragioni più piacevoli. “Se fossi umana come te, cosa faresti?”
Sentì che le proprie sopracciglia si sollevavano e si rimangiò la risposta più ovvia, perché, nonostante i suoi giorni da contrabbandiere, aveva un’educazione da gentiluomo. “Perdona la mia confusione...Mi stai chiedendo cosa farei adesso se non stessi morendo, oppure suggerisci che vorresti sentire come ti corteggerei?” Strinse i denti ad una nuova ondata di dolore e tornò a sdraiarsi sulla sabbia.
“Non morirai”, affermò Ione come se lo sapesse con assoluta certezza. “Parlami di questo...corteggiare?” Lui la guardò di nuovo: aveva la pelle tra le sopracciglia raggrinzita, come se fosse perplessa a quell’idea. Era adorabile.
Avrebbe voluto poter condividere la sua sicurezza riguardo alla propria longevità. “Sarebbe difficile, visto che non possiedi una famiglia, né una casa sulla terraferma per farlo in modo corretto. Secondo le regole della mia gente, il fatto che siamo da soli adesso sottintende che abbiamo fatto delle cose che non abbiamo commesso.” Non voleva farla fuggire dalla paura, parlando di come sarebbe stata rovinata, quindi ci andò cauto, per quanto poteva. “Non potresti stare con me, a meno che non fossimo sposati. Dovrei ottenere una licenza speciale e tenerti nascosta nella residenza di campagna di mio padre fino al matrimonio.”
Peccato che fossero solo fantasie. Lui sarebbe morto e lei viveva nell’oceano. Erano proprio una bella coppia.
Ione sollevò di nuovo il mento con determinazione e si alzò, concedendogli una vista allettante del suo corpo completamente nudo. Questa volta lui non chiuse gli occhi. Era completamente senza peli, a parte quelli che aveva sulla testa e le sopracciglia. La gola di James, già dolente, divenne più secca di quanto ritenesse possibile. Il suo corpo continuava a reagire- e ciò provava che non era ancora morto. E lei lo aveva salvato senza alcuna ragione, eccetto la gentilezza. Cosa non avrebbe dato per avere una donna così notevole nel proprio letto. Una donna dalla quale ritornare a casa la sera o dopo un lungo viaggio. Da amare, onorare e prendersene cura per tutta la vita.
Non era semplicemente possibile.
“Non sono sicura di capire completamente perché il matrimonio sia così importante per la tua specie, se vuoi restare da solo con una donna, ma posso lavorarci sopra.” Ione rivolse un cenno di assenso a se stessa. “Comunque, devi darmi la tua parola che non racconterai mai a qualcun altro delle mie origini o di come mi hai incontrata in realtà. E’ l’unico modo. La sicurezza della mia gente sarà sempre più importante dei miei desideri personali.”
Pronunciò quelle parole con un tono triste. Sembrava...solitaria. Come faceva a sentirsi sola una donna con una natura così calorosa e una tale radiosità naturale?
Sicuramente, James non capiva proprio a cosa avesse acconsentito dando la sua parola. Una parte di se stesso credeva di poter fare qualsiasi cosa a quel punto pur di averla vicina il più a lungo possibile. Inoltre, se fosse morto, a chi avrebbe detto “Giuro sulla mia vita che non rivelerò a nessuno il tuo segreto”?
Il sorriso di Ione era radioso. “Resta qui.”
James sbuffò. “Sono sicuro di non poter andare da nessuna parte nell’immediato futuro, amore mio.”
Lei annuì nuovamente e si buttò di nuovo tra le onde, lanciandogli un breve sguardo. Quando l’acqua le arrivò alla vita, si tuffò in avanti, con la coda dorata rivolta all’insù e le pinne che schizzavano mentre spariva sott’acqua.
“Ecco che se ne va”, James disse tra sé e sé, mentre la donna dei suoi sogni si allontanava a nuoto. “Almeno posso morire pensando a lei.” Con queste parole, posò la testa sulla sabbia e chiuse gli occhi, nonostante la sensazione assilante che lei fosse stata solo un’illusione.




Capitolo 3


Ione non andò molto lontano. Poiseidone si avventurava raramente sulla terraferma ed era più tollerante se veniva convocato entro i confini del suo regno liquido che, al momento, consisteva in tutti gli oceani, i mari, i fiumi ed i laghi del pianeta. Con Oceano imprigionato insieme alla maggior parte dei Titani, il dio del mare dell’Olimpo si gustava il proprio potere e il fatto di non dovere condividerlo con molti altri membri del pantheon. Nereo, il padre di Ione, era diventato una specie di eremita ed erano secoli che non si faceva vedere- neppure dalle sue figlie- e ciò poteva avere influenzato la loro tendenza a gironzolare da sole.
Con un po’ di fortuna, Ione si avvicinò ad un relitto, spezzato da anni di deterioramento. All’interno trovò una scheggia di legno appuntita e la usò per farsi un piccolo taglio nell’avambraccio, stringendo i denti al dolore momentaneo. Mentre il sangue fuoriusciva e si diffondeva nell’acqua come gesto di tributo, parlò l’antica lingua del suo popolo, invocando il dio del mare. Pochi minuti più tardi, quando il taglio sul braccio era già guarito, il fondo dell’oceano rimbombò leggermente ed un uomo apparve sul ponte spezzato della nave. Non aveva la pinna come lei; al contrario, si eresse davanti a lei in una corazza a scaglie fatta di pelle di coccodrillo e tenendo in mano il tridente d’argento. Aveva i capelli scuri tagliati corti e lei non lo aveva mai visto con la barba, come era spesso raffigurato dagli uomini nelle sue statue ed immagini.
“Ah, Ione.” Poseidone si guardò intorno, parlandole nella mente. “Siamo lontani da casa oggi, vero?Questa è la costa dell’Inghilterra.Cosa ti porta nel mare del Nord?”
Quindi ecco dove era finita. Si rimproverò mentalmente per essere stata talmente concentrata a salvare James da mettersi a parlare inglese con lui senza accorgersene realmente.
“Sì, io...Ho deciso di vivere per conto mio come molte delle mie sorelle prima di me. E ti ho chiamato per un’ultima richiesta, prima di andare.” Anche se aveva preso la propria decisione sulla terraferma, esprimerla a parole la fece esitare. Ione non ea famosa per la propria spontaneità, eppure questa volta sentiva lo strano impulso di seguire il proprio cuore. Non voleva arrivare al punto da considerare la sua attrazione ed il legame con James come amore a prima vista, ma c’era qualcosa in lui che la attirava come non le era mai successo prima. Non era solo il desiderio di accoppiarsi. Era qualcosa di più.Qualcosa che doveva ancora capire.
Il dio sbattè rapidamente gli occhi, colto di sorpresa, ma abbassò il tridente rivolgendo in avanti le tre punte acuminate. “Ti ascolto.”
“Ho salvato un umano che era ferito ed era stato lasciato ad annegare. Vorrei che guarisse e che tornasse integro.” Aggiunse rapidamente, “E in cambio sono assolutamente pronta a barattare la mia immortalità con la natura umana.” Non voleva che il dio pensasse che lei chiedesse favori senza sacrificarsi in cambio. Il dare doveva uguagliare il ricevere. A meno che un dio non volesse concedere un dono o una ricompensa, le richieste comportavano un prezzo elevato.
Poseidone sollevò le sopracciglia scure. “Sai qualcosa di questo umano?Forse c’è una ragione se lo hanno lasciato a morire. Potrebbe avere mentito riguardo a ciò che gli è successo, per ingannarti. I maschi di qualsiasi specie sono interessati solo a una cosa per quanto riguarda le femmine belle, e gli uomini sono la specie più ingannatrice di tutte.”
Ione si allontanò un po’ a nuoto. Non lo aveva considerato. Comunque, aveva sempre saputo riconoscere l’energia negativa. Non c’era niente in James che la facesse dubitare della sua onestà. Se era una sciocca, pazienza. Era partita in cerca di avventura e cambiamento ed avrebbe mentito se avesse detto che non voleva accoppiarsi con lui-ma non voleva nemmeno dover affogare un uomo che aveva salvato proprio da quel destino, quando tutto fosse finito.
Inoltre, non poteva continuare a camminare tra gli umani, come aveva sottolineato James. Non aveva un posto da considerare casa sulla terraferma, né una famiglia alle spalle, e non conosceva nessuno a cui fare visita per comportarsi bene prima di combinare qualcosa. Avrebbe avuto bisogno di James, per adattarsi ad una vita fuori dalle onde. E se non le fosse piaciuta, sarebbe scappata di nuovo. Vivere un’avventura- anche se il pensiero di lasciarlo così presto le faceva un po’ male al cuore.
“Ho preso la mia decisione.”
Poseidone sospirò. “Non sarebbe meglio se ti accoppiassi con lui e poi io ti cancellassi la memoria, così non dovresti ucciderlo?Le tue sorelle parlano troppo. Sei l’unica Nereide a non avere mai avuto un vero compagno. Prima o poi dovrai farlo, e se questo è ciò che ti trattiene...”
Lei alzò una mano per fermarlo, irritata per la ramanzina, anche se se l’aspettava. “Innanzitutto, non devo accoppiarmi con nessuno se non lo desidero. Sono riuscita a soddisfare i miei bisogni da sola.” Solo perché le ninfe erano creature sensuali che avevano bisogno di stimoli per prosperare, non significava che avessero bisogno di qualcuno di specifico per procurarseli. Beh, non era completamente vero. Le ninfe mortali spesso avevano bisogno di un partner. Quelle immortali, cioè quelle nate nell’immortalità, potevano far fronte alle proprie necessità senza molti problemi.
“Salvatemi dalle femmine testarde.” Il dio alzò gli occhi al cielo. “Dov’è questo umano? Portami da lui.”
Ione nuotò in direzione della costa, infrangendo la superficie, sollevata quando scorse James proprio dove lo aveva lasciato. La sua gioia si trasformò in panico quando si rese conto che lui non si muoveva. Poseidone apparve sulla spiaggia al fianco dell’umano e lo spinse con l’estremità del tridente.
“E’ vivo?”, chiese Ione trasformando la propria coda in gambe ed uscendo dal mare. La magia agiva al massimo per qualche ora, per questo aveva bisogno dell’aiuto di Poseidone se voleva rimanere per sempre sulla terra. “Stava bene quando l’ho lasciato, anche se soffriva molto.” Si morse il labbro al pensiero di avere sottovalutato il suo stato e che lui fosse morto mentre lei era via.
Il dio del mare si grattò il mento guardando di nuovo James. “Ha perso un sacco di sangue dalla ferita, anche se, chiunque l’abbia provocata, ha fermato il sanguinamento subito dopo bruciando la pelle, come se non avesse voluto che lui morisse veramente. E’ molto strano.” La guardò. “Dici che è stato abbandonato ad annegare? Forse è stato gettato fuoribordo?”
Ione si fece piccola. Sembrava doloroso. Nonostante le proprie valide cure, non era mai stata ferita, a parte un taglio o un graffio qui e là. Quindi non sapeva giudicare il livello di agonia che lui stava sopportando. Voleva scoprire chi gli aveva fatto ciò e farlo soffrire al suo posto. “Non saprei. Forse si è tuffato per scappare.” Ione riusciva a scorgere a malapena il suo petto che si alzava ed abbassava, dimostrando che stava ancora respirando. “E’...salvabile?”
Poseidone fece un verso dal fondo della gola e si strinse nelle spalle. “Forse. Ma vorrei valutare questo umano, prima di concedergli qualsiasi dono”. Incontrò lo sguardo di Ione. “Oppure lasciarti con lui. Nonostante cosa tu pensi che sia meglio, non hai mai passato del tempo con gli umani.”
Detto questo, batté con la base del tridente sulla sabbia per tre volte, poi si voltò a guardare l’oceano. Pochi istanti dopo, apparve Tritone, immerso nell’acqua fino alla vita e arricciando le labbra alla vista del corpo incosciente di James. “Cos’è quello?”
“Il cucciolo umano di Ione”, disse Poseidone con un tono annoiato. “Vieni a riva e valutalo, per favore.”
Esalando l’aria in modo esagerato, il dio biondo trasformò le proprie pinne in piedi e salì sulla riva con gambe umane, coprendosi per magia con la stessa corazza di coccodrillo di Poseidone.
Tritone portava i capelli lunghi, di un colore simile a quello di Ione. Lei aveva sempre pensato che i propri colori assomigliassero più a quelli delle figlie di Tritone che di Nereo. Le Nereidi erano talmente brillanti, con i capelli e le scaglie di diverse varietà di verde, blu, viola, ecc..., mentre il suo colore dorato e giallo la faceva apparire slavata e pallida in confronto. Era stata presa in giro senza pietà per questo da piccola. Anche le sue sorelle che vivevano senza coda sulle coste delle isole disabitate o poco popolate, erano più belle.
Ione aveva raggiunto il limite nel sentirsi inferiore e sola. Voleva di più. James poteva essere il catalizzatore verso una nuova vita. Non era costretta a rimanere con lui, se si fosse rivelato cattivo come temeva Poseidone. Se solo avesse potuto aiutarla ad iniziare una vita da umana, sarebbe stato abbastanza. Per un po’.
“Cosa è successo alla sua mano? Uno squalo?” Tritone fece apparire dal nulla una grande conchiglia e la tenne con entrambe le mani, mentre si chinava ad esaminare la ferita. “Sembra recente. Comunque bruciarla è stata una buona idea. Probabilmente gli ha salvato la vita.”
Ione indicò l’acqua. “Forse è stato buttato fuoribordo, oppure è saltato da una barca non molto lontana, in quella direzione.” Considerando il suo stato, Ione iniziava a sospettare che i suoi compagni sulla nave avessero cercato di assassinarlo, anche se non aveva molto senso, visto che avevano cercato di impedirgli di sanguinare. Volevano farlo soffrire ancora di più? Vedere se riusciva a sopravvivere? Glielo avrebbe chiesto, quando si fosse sentito meglio e fossero rimasti soli.
Tritone annuì. “Non dovrebbe essere troppo difficile sapere qualcosa dai pesci. Scusatemi.”
Detto questo, schizzò via, tornando nell’oceano. A volte lei desiderava avere il potere di scomparire e riapparire altrove, come gli dei. Tecnicamente, era una semidea visto che aveva un dio come padre, ma sua madre era stata una ninfa immortale degli oceani, una sirena come lei. Le figlie delle ninfe diventavano anch’esse ninfe.
“Sei veramente sicura di volerlo fare?” La domanda di Poseidone la distolse dai propri pensieri.
Ione annuì. “E’ da un po’ che mi sento insoddisfatta.”
“Ciò non significa che dovresti legarti al primo umano che trovi attraente”, disse lui con un tono di disapprovazione. “Se ti concedo la mortalità, non potrai più tornare indietro.” E
Ione comprendeva la sua cautela. “E’ veramente un piacere per gli occhi, ma non lo faccio per questo. Lui è la mia opportunità. Un’occasione per imparare e visitare questo mondo. Per cambiare.” Tuttavia, mentre guardava James, le prudevano le mani dalla voglia di scostargli i capelli dagli occhi. Desiderava gustarsi le sue labbra di nuovo, questa volta per piacere e non per salvargli la vita...non poteva fare a meno di rimanere aggrappata alla speranza che lui potesse amarla nonostante i suo colori smorti e l’empatia che la teneva a distanza dalla propria vera natura.
“Non puoi passare un giorno o due fuori dal mare per vedere se è quello che desideri? Se faccio quello che mi chiedi, e non ti piace, sarai condannata a vivere lassù con delle gambe per sempre. Niente branchie. Niente pinne. Nessuna immunità contro l’invecchiamento.” Anche se il tono era duro, i suoi occhi erano calorosi.
“Allora andrò avanti, vivrò al massimo i miei giorni mortali e la mia anima viaggerà fino all’aldilà mentre il mio corpo tornerà nel mare.” Le Nereidi, anche quelle con le Oceanidi come madri, erano attratte dai mari piuttosto che dalla vastità degli oceani. Quando morivano, i loro corpi diventavano spuma marina.
“Spero che tu sappia quello che stai facendo”, disse Poseidone mentre Tritone ricompariva, anche se non sembrava convinto. Guardò il suo messaggero. “Cosa hai saputo?”
Tritone fece un cenno verso James e gettò una mano mutilata a Poseidone, che la afferrò. “Si chiama James Harlow ed è il capitano della Grazia di Poseidone. Come puoi vedere, la sua mano è stata tagliata prima che venisse buttato fuoribordo” Poi continuò con un tono asciutto. “Sono giunto alla conclusione che lui non stesse cooperando con le richieste di un gruppo di giovani che volevano prendergli la nave e la sorella. Era un contrabbandiere di brandy, e a volte anche di altre merci, ma trattava il suo equipaggio in modo equo. A parte pescare per cibarsi, non manca di rispetto all’oceano o alla natura, di questo sono certo. Il popolo dei pesci non ha trovato niente di negativo.”
Ione tirò un sospiro di sollievo. Dopotutto non era malvagio, eppure qualcuno gli aveva fatto del male e non l’avrebbe fatta franca. Se lei avesse assunto una forma umana e mortale, avrebbe ancora avuto il controllo della propria magia da ninfa. Un’enorme ondata si abbattè con violenza sulla spiaggia, quindi Tritone e Poseidone si voltarono verso di lei. Lei ammiccò. Quando una Nereide cedeva alle emozioni, spesso il mare rispondeva. “Scusatemi. Non mi piace pensare che qualcuno gli abbia fatto del male.”
Tritone le rivolse un sorriso educato, poi tirò fuori una piccola rete da una borsa agganciata al fianco della sua armatura. La rete era stata tessuta con una magia e preservava qualsiasi cosa contenesse. La sua espressione tesa dimostrava che non la approvava, nonostante si sforzasse di rimanere imparziale. Dopo aver riposto la rete nella borsa, si avvicinò a James e lo osservò di nuovo. “ Nessuno dei miei figli ti attrae, bambina?” Le rivolse uno sguardo indagatore.

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Salvato Da Una Ninfa Marina Rebekah Lewis
Salvato Da Una Ninfa Marina

Rebekah Lewis

Тип: электронная книга

Жанр: Современная зарубежная литература

Язык: на итальянском языке

Издательство: TEKTIME S.R.L.S. UNIPERSONALE

Дата публикации: 16.04.2024

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О книге: Una rielaborazione intrecciata di Peter pan e la Sirenetta

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