Raji: Libro Due
Charley Brindley
Raji viene accettata nella prestigiosa Accademia Octavia Pompeii. Lei ed Elizabeth Keesler sono le uniche ragazze del corpo studentesco composto da cento cadetti. Devono sopportare i dispetti e le derisioni dei novantotto ragazzi che non vorrebbero altro che vederle abbandonare la scuola. Oltre al disprezzo degli studenti e agli elevati standard accademici fissati dagli istruttori, Raji ed Elizabeth devono adeguarsi anche al severo codice disciplinare imposto dall'indomita Elvira Gulch, direttrice dello sviluppo.
Raji
Libro Due: L’Accademia
di
Charley Brindley
charleybrindley@yahoo.com
www.charleybrindley.com
A cura di
Karen Boston
Sito webhttps://bit.ly/2rJDq3f
Immagine di copertina di
Charley Brindley
© 2019
Tutti i diritti riservati
Traduzione di Giulia Geppert
© 2019 Charley Brindley, all rights reserved
Stampato negli Stati Uniti d’America
Prima edizione febbraio 2019
Questo libro è dedicato a
Avery, Dylan, Jylynn e John Pipkins
Altri libri di Charley Brindley
1. La miniera di Oxana
2. Raji Libro Uno: Octavia Pompeii
3. Raji Libro Tre: Dire Kawa
4. Raji Libro Quattro: La casa del vento dell’Ovest
5. L’ultima missione della Settima Cavalleria
6. La ragazza dell’elefante di AnnibaleLibro Uno
7. La ragazza dell’elefante di Annibale: Libro Due
8. Cian
9. Ariion XXIII
10. L’ultimo posto sull’Hindenburg
11. Il Re e la libellula: Libro Uno
12. Il Re e la libellula: Libro Due
13. Il mare della tranquillità 2.0 Libro Uno
14. Il mare della tranquillità 2.0 Libro Due
15. Il mare della tranquillità 2.0 Libro Tre
16. Il mare della tranquillità 2.0 Libro Quattro
17. Il bastone di Dio, Libro Uno
18. Il mare dei dispiaceri, Libro Due
19. Non resuscitare
20. Enrico IX
21. L’incubatrice di Qubit
In arrivo
22. Il Re e la libellula: Libro Tre
23. Il viaggio a Valdacia
24. L’apparenza inganna
25. La Signora Machiavelli
26. Ariion XXIX
27. L’ultima missione della settima cavalleria Libro 2
28. La ragazza dell’elefante di Annibale, Libro Tre
Dettagli alla fine del libro
Indice
Capitolo Uno (#ulink_c29f8ef1-7b52-58c4-9f9b-be7841dbcef9)
Capitolo Due (#ulink_bd36cdea-8e55-5bbf-854c-bcf2c5229a1d)
Capitolo Tre (#ulink_dbfc7303-003c-5c37-83aa-1787e7ffec3f)
Capitolo Quattro (#ulink_16d12a62-d0fd-5b9b-bf98-5882f2d4370e)
Capitolo Cinque (#ulink_8c6530c0-0553-5b66-b8ba-ef32a9f21758)
Capitolo Sei (#ulink_65bbb7a5-c668-5415-8ffe-551e1eb17324)
Capitolo Sette (#ulink_015e9bbf-1b4d-5992-a5b9-0a488ee3a1dc)
Capitolo Otto (#ulink_9c7d780b-03ac-5b59-a81c-56e6ad399a29)
Capitolo Nove (#ulink_10c80cfc-5018-5bbb-a1bb-6700cc6a1ffd)
Capitolo Dieci
Capitolo Undici
Capitolo Dodici
Capitolo Tredici
Capitolo Quattordici
Capitolo Quindici
Capitolo Sedici
Capitolo Diciassette
Capitolo Diciotto
Capitolo Diciannove
Capitolo Venti
Capitolo Ventuno
Capitolo Ventidue
Capitolo Ventitré
Capitolo Ventiquattro
Capitolo Venticinque
Capitolo Ventisei
Capitolo Ventisette
Capitolo Ventotto
Capitolo Ventinove
Capitolo Trenta
Capitolo Uno
Salii sul palco con gli altri quarantanove cadetti e mi asciugai le guance con le dita tremanti guardando Fuse. Era in piedi accanto a sua madre nella terza fila del pubblico. Tutti nell'auditorium stavano applaudendo la nuova classe juniores.
Non dovrei essere qui. Ho preso il suo posto all'Accademia, e non avevo alcun diritto di farlo.
Diedi un'occhiata ai miei compagni di scuola e vidi quarantotto ragazzi e una ragazza: Elizabeth Keesler. Lei stava in piedi accanto a me, stringendomi la mano.
C’erano otto ragazze tra i 250 studenti presenti il primo giorno della gara, ma alla fine della settimana, solo Liz ed io eravamo arrivate tra le prime cinquanta. Vincent Fusilier - o 'Fuse', come lo chiamavano i suoi amici –aveva partecipatoanche lui alla competizione, ma non aveva ottenuto un punteggio abbastanza alto per poter entrare nella nuova classe.
Fuse è andato a scuola negli ultimi nove anni, e io non ho mai passato neanche un'ora in classe. Quanto è ingiusto? Chiederò alla dottoressa Pompeii di rimuovermi dalla lista e di dare il mio posto a...
I miei pensieri vennero interrotti dalla dottoressa Octavia Pompeii che tornò al centro della scena. Il pubblico si calmò e si sedette, poi la dottoressa Pompeii si chinò in avanti, appoggiando le mani sul podio.
"Davanti a voi c'è la classe juniores dell'Accademia Octavia Pompeii dell'anno 1926". La sua voce era sorprendentemente forte per una donna minuta di quarantatré anni. Aspettò che l'ondata di applausi si placasse, poi continuò. "Genitori, tutori e amici, salutate i vostri figli per i prossimi quattro mesi, perché lavoreranno sodo fino alle vacanze di Natale".
Attraverso i mormorii e i sussurri del pubblico, sentii un fischio basso e capii che era Fuse. Lo salutai con la mano e sorrisi, sperando che non vedesse le lacrime scendermi sul viso.
"La città di Richmond ha donato dei terreni per questa Accademia nel 1917", disse la dottoressa Pompeii. "Da allora, nei nove anni successivi, nessuna studentessa è entrata nella classe juniores, quindi è per me un grande piacere dare il benvenuto a Elizabeth Keesler e Rajiani Devaki". Si fermò a guardare me e Liz, poi si voltò verso il pubblico. "Le prime donne a frequentare la nostra Accademia".
"Hai sentito, Raji?" sussurrò Liz. "Ci ha chiamate 'donne'."
Io annuì.
"Sembrano più due ragazzine imbranate", disse qualcuno a bassa voce dietro di noi.
Ci guardammo intorno, alla nostra destra, ma vedemmo solo una dozzina di facce sorridenti, con lo sguardo dritto in avanti.
"Non ce la faranno a superare la prima settimana", sussurrò un altro ragazzo, da sinistra.
Liz ed io ci girammo da quella parte, ma non beccammo il colpevole.
"Scommetto che correranno a piangere dalla mamma prima di mercoledì sera", disse un altro ragazzo. "Una di loro sta già piangendo".
Sentì un ridacchiare soffocato e feci per voltarmi per capire chi fosse, ma Liz mi fermò. "Questo lo vedremo", sussurrò, "non è vero?"
"Sì", dissi, ma ero decisa a dire alla dottoressa Pompeii che volevo cedere il mio posto a Fuse. Questo avrebbe lasciato Elizabeth come unica ragazza a sopportare le prese in giro e i dispetti dei ragazzi. Guardai Liz.
Lei è abbastanza forte. Sarà in grado di affrontarli da sola.
La dottoressa Pompeii continuò. "Per favore, alzatevi per la marcia dei colori".
Indietreggiò mentre tre studenti seniors in divisa da parata arrivarono sul palco con le bandiere dell'Accademia. I cadetti marciarono in fila indiana, con la bandiera americana davanti, seguita da quella della Virginia, poi da quella dell'Accademia Octavia Pompeii. Quando raggiunsero il centro del palco, davanti alla nuova classe juniores, eseguirono un movimento sul fianco sinistro, per poi mettersisull'attenti, fianco a fianco, di fronte al pubblico. Tutti e tre in perfetta precisione militare. Dopo qualche secondo, come da comando silenzioso,fecero cadere a terra i calci delle loro bandiere. Così coordinati furono i loro movimenti, che i tre colpi di bastone sul pavimento del palco suonarono come uno unico. Poi inclinarono i bastoni in avanti e si misero in posizione di riposo per la parata. Ognuno dei due cadetti con le bandiere americane e della Virginia portava una cassa di legno con il piano di vetro, nel proprio braccio sinistro.
Alcuni sussurri di approvazione provennero da dei ragazzi dietro di me, ma uno sguardo fulminante della signorina Pompeii li zittì.
Un altro cadetto senior marciò sul palco, passò davanti alla guardia colorata, poi salì sul podio.
"Sedetevi, per favore." Disse il cadetto attendendo che il pubblico prendesse posto. "Sono il cadetto Sergente Benjamin Smith. I Guardiani delle nostre bandiere servono in posizioni elevate e molto stimate all'interno della classe senior. Il loro compito non è solo quello di preservare e proteggere le nostre bandiere, ma di onorarle ogni giorno alzandole e abbassandole nel nostro campus". Si fermò un attimo prima di proseguire. "La bandiera americana..."
Il cadetto Wilson, che teneva la bandiera americana, si girò verso destra, fece sei passi, poi abbassò il bastone ad un angolo di quarantacinque gradi, così da farla rimanere appesa. Alcuni commenti silenziosi arrivarono dal pubblico quando la videro a brandelli e macchiata. Era strappata e con diversi piccoli fori rotondi.
"La bandiera che vedete è una replica di quella che il cadetto Wilson porta nella sua custodia protettiva".
Il cadetto Wilson voltò la custodia di legno in modo che il piano di vetro fosse rivolto verso il pubblico. Tutti videro la bandiera americana piegata all'interno.
"Il motivo per cui esponiamo una replica è che la bandiera originale che vedete nella custodia è troppo preziosa e fragile per essere maneggiata quotidianamente". Il cadetto Smith guardò verso il lato sinistro del palco. "Oggi siamo onorati di avere con noi un soldato che abbia una conoscenza diretta della storia di questa bandiera."
Un soldato con indosso l'uniforme blu dei Marines e un berretto bianco con la visiera, scese dalle ali del palcoscenico. Camminò lentamente, usando un bastone come sostegno, ma la sua postura era ancora diritta. Gli ci volle un attimo per arrivare sul podio.
"Il Sergente Maggiore William Jensen", disse il cadetto Smith, "Corpo dei Marines degli Stati Uniti".
Il Sergente Jensen ricevette un forte applauso, poi il cadetto Smith fece un rapido saluto. Il Marine si fermò, spostò il bastone nella mano sinistra, poi restituì il saluto. Quando abbassò la mano, si avvicinò per stringere quella di Smith.
Il cadetto lasciò il podio al Sergente Jensen e si mise in piedi accanto alla signorina Pompeii. Il Sergente Jensen si tolse il berretto e se lo mise sotto il braccio.
"Teufel Hunden", disse al microfono. Dopo una pausa, ripeté la frase: "‘Teufel Hunden’ è come i tedeschi ci chiamavano nella battaglia di Bellau Wood. Una traduzione approssimativa è 'Devil Dogs (Cani infernali)'. Era il maggio del 1918, appena otto anni fa, quando il generale John J. Pershing ordinò ai Marines degli Stati Uniti di guidare l'esercito tedesco da un'area molto boscosa a quarantacinque miglia ad ovest di Parigi. La mia unità era il Secondo Battaglione, Quinto Corpo dei Marines, comandato dal Capitano Lloyd Williams.
"Il nostro primo giorno di battaglia eravamo sotto il fuoco di mitragliatrici pesanti mentre le granate dell'artiglieria tedesca atterravano sempre più vicine alle nostre linee. Ci fu detto di mantenere le nostre posizioni fino all'arrivo dei rinforzi. Poi avremmo dovuto far fuori i nidi delle mitragliatrici e spingerci in avanti nel bosco per bloccare l'artiglieria. Mentre scavavamo le nostre trincee, qualcuno gridò: 'Eccoli che arrivano!'
"Afferrammo i fucili e prendemmo la mira contro l'orda di soldati in uniforme blu mare che si arrampicava su un basso crinale e correva verso di noi attraverso un campo di grano. Ma prima che sparassimo un colpo, il capitano Williams gridò: 'Non sparate! Sono disarmati'. Dopo averli osservati per un momento, disse: 'Sono francesi!' Abbassammo i fucili e ci togliemmo di mezzo dai soldati che correvano sorpassando le nostre linee verso le retrovie.
"Un Ufficiale francese inciampò correndo per raggiungere i suoi uomini.Ritrovò l'equilibrio e gridò al capitano Williams: ‘Dovete ritirarvi anche voi, siamo stati battuti!’
"Il capitano Williams urlò alla schiena del francese in fuga: 'Ritirarsi? Diavolo, siamo appena arrivati!'"
Il Sergente Jensen aspettò che la risata educata si spegnesse.
Era difficile per me capire tutte le parole che diceva. Anche dopo un anno in Virginia, il mio inglese non era molto buono. Forse se avessi potuto vedere le sue labbra avrei capito meglio, ma intuii che stava parlando di una battaglia durante la Grande Guerra in Europa che era finita solo pochi anni prima.
"Dopo aver aspettato due ore per i rinforzi promessi, e prendendo molte precauzioni dall'incessante artiglieria tedesca, il capitano Williams si arrampicò sul bordo anteriore della nostra trincea e, usando il binocolo, esaminò il bordo del bosco sul lato più lontano del campo di grano.
"Gli cadde il binocolo sul petto e gridò: 'Forza, andiamo!'
"Ci fu un momento di silenzio mentre i Marines si guardavano l'un l'altro. Nessuno sapeva cosa passasse per la testa di quegli uomini; io so solo che pensavo al motto dei Marines, Esprit de corps. Questo aveva poco a che fare con il nemico, o con il capitano Williams, o anche con la guerra. Ma aveva a che fare con la fratellanza. Il legame di un'unità di uomini che funziona come una forza sola. È stata quella forza che ha reso il nostro plotone più forte di tutti i suoi singoli individui. Insieme potevamo vincere.
"Da qualche parte in fondo alla fila arrivò un grido di battaglia, poi, con un clamoroso urlo, cinquecento Marines uscirono dalle trincee e seguirono il nostro capitano nel campo di grano che ci separava dal bosco.
"Il nostro portabandiera diStelle e Strisce fu il primo a cadere. Fu colpito due volte da un mitragliatore. La bandiera cadde a terra ma fu immediatamente raccolta da un altro soldato, che corse in avanti, guidando la carica attraverso il campo di grano. I proiettili squarciarono la bandiera e spezzarono il bastone di legno.
"Il portabandiera vacillò e andò giù. La bandiera cadde sul corpo insanguinato di un altro marine. Fu recuperata da un terzo soldato, che infilzò il bastone nella terra, poi si inginocchiò accanto alla bandiera. Alzò il fucile Springfield e aprì il fuoco su una postazione di mitragliatrici tedesche. Il resto di noi seguì il suo esempio e ben presto le mitragliatrici cessarono il fuoco. Il soldato tirò fuori il bastone della bandiera dalla terra e con un grido di battaglia corse in avanti attraverso il campo di grano. Il resto di noi lo seguì e presto superammo i nidi delle mitragliatrici e assaltammo l'artiglieria tedesca.
“IDevil Dog Marines,” continuò il Sergente Jensen, “hanno perso più uomini nella battaglia di Bellau Wood che in tutta la loro storia.
“Questa bandiera…” Fece una pausa così il cadetto Wilson poté alzare la bandiera e avvicinarsi a lui per consegnargli la cassa di legno. “…Non è solo stoffa e filo da cucito.” Guardò per un attimo il coperchio di vetro della scatola, poi la girò per farla vedere al pubblico. "È un sudario sacro che racchiude gli spiriti dei 1.811 soldati morti nella battaglia di Bellau Wood, difendendo l'onore, il dovere e la libertà che questa bandiera rappresenta. Chiunque ora si impossesseràdi questa icona di audacia e coraggio, sarà incaricato di un dovere non meno solenne e serio di quelli che sono morti, affinché voi, tutti voi, possiate continuare a vivere in libertà. Il nuovo guardiano di questa bandiera sarà trattato con la massima dignità e il rispetto che questo corpo di cadetti deve avere per la bandiera stessa".
Il Sergente fece un passo indietro per permettere al cadetto Smith di tornare al microfono.
"Ora annuncerò il nome del cadetto della nuova classe senior che diventerà il guardiano della nostra bandiera americana per l'anno scolastico 1926". Dispiegò un piccolo foglio di carta, poi diede un'occhiata al pubblico. "Il nuovo ‘Guardiano Cadetto Senior’ è il Sergente Maggiore James Grayson".
Con un urlo, il cadetto Grayson si alzò dal suo posto in fondo al pubblico e si precipitò lungo la navata centrale verso il palco, seguito da un giro di applausi. Sul palco, si mise sull'attenti davanti al Sergente Jensen, che lo fissava, con il cadetto Smith che gli teneva il microfono, aspettando che il pubblico si calmasse.
"Tu," disse il Sergente al cadetto Grayson, "giuri sul tuo onore di sostenere la tradizione di rispetto e fedeltà a questa bandiera americana, come è stato per tutti i tuoi predecessori dell'Accademia Octavia Pompeii?
"Lo giuro, signore."
"Giuri di proteggere questa reliquia d'onore dal fuoco e dalla tempesta, ponendo la sua sicurezza al di sopra della sicurezza della tua vita e del tuo corpo?”
"Lo giuro, signore."
"Allora è con grande onore che trasferisco a te la tutela della bandiera americana."
Il Sergente porse la cassa di legno al cadetto, che la prese e, tenendola contro il petto, si mise di fronte al pubblico. Mentre il pubblico e la classe juniores dietro di lui applaudivano, il cadetto Grayson marciò verso il cadetto Wilson. Con un movimento misurato e preciso, il cadetto Wilson consegnò il pennone al cadetto Grayson. Dopo il trasferimento, i due marciarono verso il lato sinistro del palco e si misero di fronte al pubblico.
Il cadetto Benjamin Smith tornò sul podio. "Vorrei ora presentarvi Calvin Hoskinson".
Un giovane magrolino salì sul palco. Indossava un'uniforme grigia della guerra civile confederata. Quando raggiunse il podio, il cadetto Smith gli strinse la mano, poi indietreggiò. Il portabandiera con la bandiera della Virginia si fece avanti e abbassò il pennone in modo che la bandiera penzolasse dal palo.
La bandiera era macchiata e sbriciolata e aveva diversi fori di proiettile. Presentava il sigillo di stato della Virginia, che raffigurava una donna guerriera con una spada nella mano destra e il piede destro su una figura inclinatarappresentante un tiranno la cui corona giaceva a terra. Sotto le due figure c'era l'iscrizione latina Sic Semper Tyrannis; Così sempre per i tiranni. Lo sfondo della bandiera era di un blu intenso.
Il giovane si tolse il berretto e salì sul podio. "Mio nonno era il soldato Levin Hoskinson. Portò la bandiera della Virginia nella battaglia di First Manassas il 21 luglio 1861. La sua unità fu chiamata la Prima Brigata della Virginia, ma dopo la battaglia fu ribattezzata Brigata Stonewall (Muro di pietra), in onore del suo comandante, il generale Stonewall Jackson.
"Il generale Jackson ricevette il suo famoso soprannome durante il culmine della battaglia, quando i Confederati stavano perdendo terreno. Il generale di brigata Barnard Elliott Bee, la cui unità, la Terza Brigata dell'Esercito della Shenandoah, era sul fianco sinistro del generale Jackson, gridò: 'C'è Jackson in piedi come un muro di pietra. Se siamo determinati a morire oggi, allora vinceremo. Radunatevi dietro i Virginiani".
"Il generale Bee morì il giorno dopo Manassas per le ferite di battaglia, ma Stonewall Jackson e la sua brigata guidarono l'assalto che capovolse la situazione a Manassas e alla fine diede all'esercito confederato la prima vittoria della guerra. La brigata del generale Jackson sopravvisse per combattere trentotto battaglie nella Guerra Civile. Durante il corso del conflitto, oltre seimila soldati prestarono servizio nella Brigata di Stonewall, ma al momento della resa ad Appomattox, rimasero solo duecento uomini massacrati e sconfitti".
Calvin Hoskinson si fermò per dare al pubblico il tempo di pensare alla battaglia e alla guerra. Poi riprese.
"Il soldato Lavin Hoskinson morì quel pomeriggio sanguinoso del 21 luglio 1861. Aveva diciannove anni, un anno più vecchio di me.
"Mio nonno morì a Manassas, ma la sua bandiera..." guardò il portabandiera della Virginia mentre il cadetto teneva la teca con il coperchio di vetro verso il pubblico per mostrare la vecchia bandiera all'interno, "... la sua bandiera è qui oggi, e sono onorato di essere stato scelto per trasferire la custodia di questa preziosa reliquia del nostro eroico passato ad un nuovo Guardiano".
Calvin aspettò che gli applausi si placassero, poi si allontanò per permettere al cadetto Smith di salire sul podio.
"Il nuovo Guardiano per la bandiera della Virginia è..." dispiegò un foglio bianco, "Cadetto caporale Fletcher Slaymaker".
Con un urlo, il Cadetto Slaymaker saltò dal suo posto tra i suoi genitori e si precipitò lungo la navata centrale verso il palco.
Il pubblico applaudì mentre correva lungo la navata.
Dopo che il cadetto Slaymaker ricevette la bandiera della Virginia, si unì al Guardiano di quella americana, mentre Calvin Hoskinson si mise a fianco del Sergente dei Marines Jensen. I due si strinsero la mano, poi la signorina Octavia Pompeii salì sul podio.
"La bandiera dell'Accademia Octavia Pompeii non è una reliquia, ma è trattata con lo stesso grado di onore e rispetto delle bandiere da battaglia americana e della Virginia. Speriamo che la nostra bandiera non venga mai portata in battaglia, se non sui campi da tennis e di scacchi". Attese che il pubblico si calmasse. "E noi abbiamo vinto su quei campi di battaglia, non è vero, senior?
Questo suscitò l'applauso dei cadetti senior tra il pubblico.
"E lo faremo anche quest'anno..." guardò verso di noi, "non è vero, ragazzi?
Noi applaudimmo, non sapendo esattamente per cosa. Dovevamo competere con altre scuole di tennis e di scacchi? Non mi piaceva molto la competizione, ma a quanto pare ai ragazzi sì.
"Il nuovo Guardiano," disse la signorina Pompeii, "per la bandiera dell'Accademia Octavia Pompeii è...". Aprì il foglio di carta, e fece uno sguardo sorpreso, come se fosse qualcuno del tutto inaspettato. Poi sorrise con piacere leggendo il nome, "Cadetto Caporale Colt Handford".
Il cadetto Handford corse lungo la navata e saltò sul palco. Accettò la vigorosa stretta di mano della signorina Pompeii, poi si mise sull'attenti per prendere la bandiera dell'Accademia. Dopo di che, prese il suo posto con gli altri due Guardiani e sorrise ampiamente mentre il pubblico esprimeva la sua approvazione.
Capitolo Due
"Puoi stare ferma, Keesler?" disse Pepper a Liz mentre le appuntava l'orlo della gonna della divisa.
Pepper era la segretaria della dottoressa Pompeii. Aveva ventidue anni, Liz ne aveva sedici e io quattordici.
"Soffro di vertigini", disse Liz. Mi fece l'occhiolino.
Io mi sedetti sul mio letto, guardando Liz in piedi su una sedia di legno, mentre Pepper Darling regolava la lunghezza della sua gonna. "Signorina Pepper", dissi, "devo parlare con la dottoressa Pompeii".
"Perché?" Pepper si mise un altro spillo tra le labbra dipinte di rosso.
Pensavo sempre in hindi, ma parlavo in inglese, il più delle volte. "Voglio dare il mio posto a Fuse".
Liz e Pepper mi fissarono.
Era la mattina dopo la presentazione sul palco e il trasferimento della bandiera ai nuovi Guardiani. Avevo passato una notte insonne nella stanza del dormitorio delle ragazze, dove io e Liz condividevamo gli alloggi per quattro persone.
"Non si può". Pepper infilò uno spillo nel bordo inferiore della gonna color kaki lunga fino alla caviglia.
"Stai scherzando", disse Liz, "non è vero, Raji?"
"No, io non appartengo a questo posto".
"Su questo hai ragione", disse Pepper. "Girati, Keesler."
Liz si guardò alle spalle e guardò Pepper. "Lei ha tanto diritto quanto chiunque altro". Liz era alta e magra, con i capelli ricci e ramati che le cadevano a metà della schiena.
"Forse", disse Pepper, "ma essere una maga degli scacchi non le farà superare la prima sessione di esami".
"Chi lo dice?"
Pepper la fissò. "Hai visto la pagella della scuola di Devaki?"
"No."
"Nemmeno io. Sai perché?"
Liz scosse la testa.
"Perché non ce l'ha. Non credo che la ragazza sia mai stata a scuola. Scendi, così vediamo come ti sta la giacca".
"È andata a scuola in India". Liz si alzò dalla sedia e si infilò nella giacca che Pepper le reggeva. "Probabilmente lì non hanno nemmeno le trascrizioni".
Pepper mi guardò, alzando un sopracciglio.
"Lei ha ragione, Liz. Non sono mai stata a scuola".
"E allora", disse Liz, "come sei stata ammessa al concorso?”
"Questa è la cosa strana che non riesco a capire. Fino al momento in cui la dottoressa Pompeii dicesse il mio nome e desse il numero per il torneo, non sapevo nemmeno che sarebbe successo".
"Cosa significa, Pepper?" disse Liz. "Pensavo che fossero stati i buoni voti a scuola a farci ammettere per il concorso per l'Accademia".
"Sì, quelli o..." Pepper sollevò le spalle imbottite della giacca e guardò le mani di Liz. "Vuoi i polsini, così?"
Liz tirò fuori le maniche e abbassò losguardo, poi si allungò per tirare su il polsino sinistro di mezzo centimetro. "Così."
Pepper arrotolò il polsino sotto per immobilizzarlo. "…O un'eccezionale capacità intellettuale", finì il suo pensiero.
La giacca di Liz era un blazer blu reale con uno stemma ricamato sul taschino sinistro. Lo stemma consisteva in due racchette da tennis incrociate dietro il pezzo di scacchi del cavaliere. Camicia bianca e cravatta gialla, insieme a scarpe nere alte e alla nostra gonna color kaki, completavano le nostre uniformi. I colori e lo stile erano identici alle uniformi dei ragazzi, costituite da giacca e pantaloni.
"Che cosa significa questa cosa che hai detto, signorina Pepper?" Chiesi.
"Intelligente, suppongo", disse Pepper.
Liz mi sorrise.
"Mettiti la gonna, Devaki", disse Pepper, "così posso appuntarla".
"Ma perché scomodarsi? Non mi servirà l'uniforme".
"Sto solo eseguendo gli ordini. 'Appunta le loro uniformi per la sarta', mi ha detto la dottoressa Pompeii, e così sto facendo. Se le tue dovranno rimanere inutilizzate nell'armadio per un altro anno, che importa? E poi, non puoi dare il tuo posto a nessuno".
"È il mio posto. Perché non posso darglielo?"
"Se ti ritiri, la dottoressa Pompeii ti sostituirà con uno dei quattro rimpiazzi".
"Fuse è uno di questi rimpiazzi?"
"È un'informazione riservata."
"Cosa vuol dire?"
"È un segreto", disse Liz. Si tolse la giacca, facendo attenzione agli spilli.
"Ma tu conosci questo segreto, signorina Pepper?"
Pepper annuì.
"Perché non me lo dici allora?"
"Beh, non sarebbe più un segreto, no? Sbrigati con la gonna, ho una cinquantina di rapporti da scrivere".
Tolsi il mio sari rosso e verde, lo misi sul letto, mi raddrizzai la sottoveste, poi mi infilai nella gonna lunga. La tenni in vita per evitare che mi cadesse.
"Tu, piccola cosetta magrolina", disse Pepper, chiudendo una grossa grinza in vita.
* * * * *
Mi sedetti alla mia scrivania nella stanza del dormitorio delle ragazze, fissando fuori dalla finestra nella nebbia del primo mattino. Avevo una profonda sensazione di disagio, come se dovessi essere da un'altra parte.
Quella mattina, quando Fuse ed io siamo saliti in cima al silo a guardare l'alba sopra Caroline Bell Crest...
Un soffio di vento fece roteare la nebbia in forme sgranate oltre la finestra, ma poi si stabilizzò come una grossa coperta bagnata.
Adesso è solo un ricordo... così lontano, ma ancora il più piacevole...
"Ehi, sognatrice", disse Liz dal suo letto, dove si era seduta a indossare le calze. "Hai di nuovo quello sguardo".
Guardai la mia compagna di stanza. "Lo so."
"Faresti meglio a sbrigarti se dobbiamo prendere le frittelle prima che i ragazzi se le mangino tutte".
"Non ho molta fame."
"Ma io sì, e sai quanto odierei cenare da sola con novantotto ragazzi infantili."
Cento ragazziformavano il corpo studentesco dell'Accademia: cinquanta juniores e cinquanta senior.
“Infantile?”
"Stupido, sciocco, idiota, inutile..."
"Pensi che Fuse sia infantile?"
Liz sospirò e si mise in piedi per infilarsi il vestito dalla testa. Distese il lino azzurrino, poi raddrizzò il corpetto "No, Raji. Penso che Fuse sia un principe". Mi voltò le spalle, tenendo le estremità della cintura di stoffa dietro di sé. Le nostre uniformi scolastiche non erano ancora tornate dalla sarta.
Presi la cintura e la strinsi, legandola con un grande fiocco.
"È dolce, adorabile, intelligente", disse Liz, "e... vediamo... cos'altro mi hai detto?".
"Brillante, bello..."
"Sì, tutte queste cose." Liz prese un altro vestito dal suo armadio e me lo lanciò. "Lascia che ti chieda allora: se è così brillante, perché non è arrivato tra i primi cinquanta in gara?".
"Rodger Kavanagh ha battuto Fuse a tennis". Sollevai l'abito su misura dalle spalle, riflettendo su quanto fosse bello. "E anche a scacchi".
"Kavanagh non ha preso il posto di Fuse. Kavanagh ha battuto tutti, tranne te negli scacchi".
"Mi lasci indossare il tuo bel vestito oggi?" Mi alzai in piedi per tenermelo addosso mentre tiravo fuori il piede destro ammirando la stoffa colorata.
"Certo, se lo indosserai in sala mensa e mi guarderai mangiare una montagna di frittelle".
Sorrisi e sollevai l'orlo della mia camicia da notte rosa per sfilarmela dalla testa. Poi la gettai sul letto e mi infilai nel vestito. "Mi dispiace, Liz, ma mi manca così tanto". Tirai fuori dal colletto i capelli lunghi fino alla vita e mi abbottonai il vestito dietro al collo.
"Anche a me manca il mio cagnolino, ma arriva un momento in cui bisogna staccarsi". Liz prese la spazzola dal comò.
“Perché?”
Iniziò a spazzolarmi i capelli. "Perché preferirei imparare i punti più fini dell'anatomia piuttosto che stare tutto il giorno vicino al fuoco con un cane puzzolente che mi lecca la faccia". Mi guardò i capelli: "I tuoi capelli sono davvero lunghi. Li hai mai tagliati?"
"A volte me lo domando."
"A proposito di un taglio di capelli o di un cane puzzolente?"
Risi.
"Così va meglio." Lasciò cadere la spazzola sul suo letto sfatto. "Ora andiamo in sala mensa a vedere quante battute idiote riusciamo a sopportare prima di compiere un sanguinoso omicidio".
* * * * *
Osservai Liz salire su una panchina in sala mensa in modo molto poco elegante, mentre mi guardavo intorno per trovare un posto libero al lungo tavolo.
"Appleby", disse sistemando il vassoio sul tavolo, "devi giocare a scacchi mentre mangiamo?"
Clayton Appleby, un juniores, guardò Liz sedersi accanto a lui. "Ehi, Keesler." Si leccò lo sciroppo d'acero dalle dita e prese il suo cavaliere nero. "Devi mangiare mentre giochiamo a scacchi?"
Io mi sedetti dall'altra parte del tavolo di fronte a Liz, tenendo le ginocchia unite salendo sulla panchina. Salutai Clayton con un sorriso, poi guardai la scacchiera. Scossi leggermente la testa prendendo il coltello e la forchetta.
Clayton rimise il suo cavaliere dov'era. Andrew Hobbs mi guardò, poi tornò su Clayton. "Andiamo, Devaki. Gli avrei dato scacco matto in tre mosse".
Liz soffocò una risatina e prese il piatto di burro. "Hobbs", disse spalmando il burro sui suoi pancake, "non si può dare scacco matto a una mucca che muggisce". Mi porse il burro.
Andrew guardò Liz, poi il pedone che Clayton aveva spinto in avanti. "Mi dispiace, Keesler", disse Andrew mangiando il pedone con il suo alfiere. "Immagino che tu abbia sentito i senior chiamarti mucca".
Qualcuno in fondo al tavolo muggì, e Liz si chinò in avanti per fulminarlo. "Beh, almeno non mi chiamano ‘Nocciolina di scacchi’". Diede un morso alla frittella gocciolante.
"Ehi, cameriere", disse Clayton, "dell'altro sciroppo". Sollevò la caraffa vuota.
"Sì, signore", disse lo studente senior in servizio. Indossava un lungo grembiule bianco sopra l'uniforme scolastica. "Come desidera, signore".
Arrivò dal lungo corridoio dietro le panchine e si fece strada tra me e Andrew. Mentre mi allontanavo da lui, il ragazzo versò dello sciroppo d'acero caldo dalla grande brocca in quella più piccola nella mano di Clayton.
Avevo appena dato il mio primo morso quando un altro senior al tavolo dietro di me fece tintinnare la forchetta su un bicchiere vuoto. "Ehi, cameriere", disse lo studente. "Vorrei dell'altro latte".
Il ragazzo al mio fianco guardò lo studente senior, che stava ancora versando lo sciroppo lasciando una scia sulla tovaglia bianca e sul mio piatto. Vidi lo sciroppo traboccare dal mio piatto e lo tirai via. Il seniorinvece, faceva finta di non notare nulla.
"Arrivo subito, signore."
Continuò a versare il liquido caldo e appiccicoso sul mio piatto, poi addosso a me. Gridai e spinsi via la brocca.
"Ehi", disse versando il resto dello sciroppo sul mio petto. "Mi hai urtato il braccio". Alzò la voce. "Guarda cosa hai fatto".
"Non sono stata io!" Gridai, alzandomi. Afferrai un tovagliolo di lino e cercai di pulirmi, ma sentii inzupparsi il vestito fino alla pelle. "Perché mi hai fatto questo?"
"Testa di legno", disse Liz al senior. "L'hai fatto apposta".
Haskell Layzard, un juniores, si mise a ridere. "Qual è il problema, Devaki? Hai avuto un piccolo incidente?"
Il ragazzo con il bicchiere di latte vuoto rise, poi molti altri lo imitarono - ridendo e indicandomi mentre tamponavo il liquido appiccicoso.
Il senior in servizio sorrideva come un grasso gatto del Cheshire guardando lo sciroppo scorrere lungo il mio vestito, fino al pavimento.
"Guardate Devaki, la pivellina stordita", disse un altro senior, "sta per piangere".
"Wuaaaah, Wuaaaah, Wuaaaah. Voglio la mia mamma" disse un altro cadetto, poi si mise a ridere.
In quel momento, sentii il suono stridulo di un fischietto della polizia e pensai che qualcuno stesse venendo a rimproverare il senior per aver fatto un tale casino. Tutti guardarono verso la porta laterale della sala mensa, dove una grossa donna era in piedi con le braccia incrociate e i piedi divaricati. Indossava l'uniforme scolastica blu e marroncino. Il fischietto lucido le cadde dalle labbra, poi penzolò su una catenina intorno al collo.
"Cinque minuti!" gridò.
Il senior con la brocca di sciroppo ormai vuota si precipitò in cucina, mentre tutti gli altri afferrarono i propri vassoi e lasciarono i tavoli. Si allinearono per gettare i loro scarti in un grande bidone dell'immondizia. Dopo aver pulito i piatti, misero i vassoi e le stoviglie sul bancone di una lunga finestra che si apriva nell’area della cucina. Gli addetti rimuovevano i vassoi sporchi con la stessa rapidità con cui si ammucchiavano, mentre altri studenti iniziavano a togliere il cibo restante dalla fila del buffet.
"Perché questa fretta?" Chiese Clayton guardando i senior uscire dalla porta laterale.
"Probabilmente vanno in classe", disse Andrew.
"Liz", dissi. "Questo bel vestito che mi hai prestato, ora è rovinato".
"Non preoccuparti, andrà via", disse Liz. "Penso che sia meglio andare".
Prendemmo i nostri vassoi e lasciammo il tavolo per metterci in fila con gli altri juniores, dove lentamente ci facemmo strada fino alla finestra per lasciare i vassoi sul bancone. Sembrava che non appena tutti i senior avessero lasciato la sala mensa, lo sgombero del bancone si fosse fermato, costringendo tutti i ragazzi ad aspettare un posto libero dove ammucchiare i vassoi.
"Perché quegli studenti sono in cucina?” Continuai a pulirmi il vestito con il tovagliolo, con scarso successo.
"Forse così guadagnano dei soldi extra", disse Liz.
"Non sembrano così felici".
"Forza, dobbiamo andare a cercare la nostra prima classe".
Liz ed io ci mettemmo in fila con gli studenti che uscivano dalla porta laterale dove c'era la donna grossa. Teneva gli occhi su un orologio da parete alla sua sinistra. Quando arrivammo alla porta, la donna mi diede un foglietto di carta rosa.
"Grazie". Guardai il pezzo di carta.
"Nome?" La donna posò una matita gialla sulla sua cartellina.
"Rajiani Devaki".
"Cos'è questo?" Liz chiese quando la donna le porse un foglio rosa.
"Sei in ritardo".
La donna era di altezza normale, ma le sue gambe erano troppo lunghe e le davano un aspetto strano, con il busto corto e il collo spesso. Se la sua giacca fosse stata nera, sarebbe sembrata un pinguino con le zampe lunghe.
"Come ti chiami?
"Un demerito?!" esclamò Liz. "Perché?
"Ho detto, sei in ritardo. Ora dammi il tuo nome e muoviti prima che te ne arrivi un altro per insubordinazione".
"Elizabeth Keesler", borbottò Liz.
"Perché ci danno dei demeriti?" Chiesi a Liz uscendo dalla sala mensa.
"Dieci secondi dopo le otto". Liz fissò il suo foglio rosa. "Quella vecchia ascia da guerra ci ha dato dei demeriti per essere arrivati con dieci secondi di ritardo all'uscita della sala mensa. Che cosa ridicola".
"Dobbiamo trovare la nostra prima classe", dissi.
"Sì, inglese, ma abbiamo bisogno delle nostre tavolette e matite".
Liz fece strada per tornare all'edificio amministrativo, dove si trovava la nostra stanza del dormitorio.
"E devo cambiarmi d'abito".
Quando entrammo nella nostra stanza, vidi tre foglietti di carta rosa sul mio letto.
Capitolo Tre
L'Hotel Belvedere si ergeva come una lapide di mattoni a pezzi in un cimitero di edifici caduti lungo il torbido fiume di Richmond, in Virginia.
In un terreno vuoto accanto all'hotel a quattro piani, si trovava una raccolta di reti di letti da riciclare, ruote di ferro di trattori, stufe a legna e un vasto assortimento di rottami di civiltà arrugginite e in decomposizione. Dall'altra parte dell'albergo c'era una fabbrica che un tempo produceva blocchi di carrucole e sartiame per la marina americana. La sbiadita scritta dipinta di bianco, ‘Richmond Block Mill’, era ancora visibile sulla parete rivestita in legno dell'edificio in degrado.
Un uomo con un abito blu lucido e un cappello di feltro nero stava salendo i gradini di cemento crepato dell'albergo, esaminando il quartiere con soddisfazione. Salì altri due scalini e si voltò a guardare oltre il James River verso i palazzi costruiti sul promontorio boschivo, come tanti diamanti scintillanti sulla collana di una grassa e ricca vedova. Socchiuse gli occhi per osservare meglio una casa in particolare che si stagliava come la pietra principale di una serie di gioielli luccicanti.
Il giovane di colore si tolse il cappello e lo studiò con disprezzo, forse pensando al comodo turbante di cui si era appena liberato. Salì gli ultimi gradini con il cappello in mano ed entrò nella muschiosa hall dell'albergo.
Al bancone esitò un attimo prima di firmare il registro, poi scrisse un nome con una calligrafia attenta e precisa.
William Fortescue, l'impiegato, che era anche custode, fattorino e proprietario dell'Hotel Belvedere, lesse il nome sul registro, poi diede un'occhiata al giovane.
L'uomo sorrise.
"Dov'è la sua valigia, signor Albert Manchester?"
Il signor Manchester fissò a lungo il receptionist, come se cercasse di capire qualcosa.
"I bagagli", disse Fortescue. "Dove sono i suoi bagagli?"
"Ah, ora capisco le sue parole con chiarezza. Le borse dovrebbero essere consegnate in poche ore da un facchino locale".
Fortescue guardò l'uomo, cercando di capire le sue origini. "Facchino locale?"
Il signor Manchester annuì.
"Bene, allora. Due e cinquanta per la notte, o dieci dollari per una settimana".
"Due notti dovrebbero essere la proroga della mia liberazione." Prese una grossa mazzetta di banconote dalla tasca anteriore dei pantaloni, staccò una banconota da un dollaro e la consegnò.
Il signor Fortescue prese la banconota e la stese sul bancone. "Devo supporre che avete intenzione di pagare la vostra stanza per dieci ore alla volta?"
"Desidero acquistare due notti, compreso anche di un giorno".
"Vuole che prenda cinque dollari da questo?"
Il signor Manchester si raddrizzò i folti capelli neri, poi si grattò la guancia. "Queste banconote non mi sono per niente chiare." Prese una banconota da dieci dollari dal mazzo e la consegnò al segretario.
Il signor Fortescue sorrise, restituì la banconota da un dollaro, poi restituì il resto dei dieci.
Il nuovo ospite mise dei centesimi sul bancone e ripiegò i suoi soldi.
L'impiegato guardò per un attimo i dieci centesimi prima di prenderli. "Cena puntuale alle sette".
"Sì, signore. Ho compreso perfettamente. E ora, se qualcuno potrebbe indicarmi l'orifizio del telegrafista".
Fortescue sorrise all'uomo che stava massacrando la lingua inglese. "Due isolati più giù", scosse la testa a sinistra, "poi oltre i binari della ferrovia".
"Grazie, signore."
Lasciò l'hotel, si recò a piedi all'ufficio del telegrafo e inviò il seguente messaggio a un certo Parjeet Kartoom nel Queens, New York:
Oggetto indagato avvistato. Attendere istruzioni per la disposizione dello stesso.
AM
Capitolo Quattro
Fuse era in cima al silo, a guardare l'alba su Caroline Bell Crest. Il crinale boscoso si trovava a tre miglia a est della fattoria Fusilier nella contea di Appomattox, in Virginia.
Non è più bella come una volta. Guardò verso nord. Lei è distante solo un centinaio di miglia, ma potrebbero anche essere diecimila.
Scese la scala e iniziò le faccende mattutine; il lavoro che lui e Raji facevano insieme. Ransom, il cavallo in miniatura, si avvicinò, ma non saltellava e piagnucolava come prima. Seguiva solo i movimenti che faceva Fuse. Quando Fuse sparse il mangime per i polli, Ransom annusò il mucchio di fieno, proprio dentro la porta del fienile, poi si sdraiò, ignorando i due gatti del fienile che gli giravano intorno.
"Manca anche a te, vero, Handsome Ransom?". Fuse gettò l'ultima manciata di mangime per polli dal suo secchio, poi lo appese a un paletto di legno. "Andiamo a vedere come stanno Cleopatra e Alexander".
Il cavallino sospirò profondamente e lasciò cadere il muso sul fieno.
Fuse aprì la porta laterale del fienile e cominciò a rastrellare l'enorme stalla dove i Percheron Cleopatra e Alexander passavano la notte.
"Spostati, Alex", disse Fuse mentre spingevasul sedere del cavallo.
Alexander fissò Fuse per un momento, poi uscì. Cleopatra lo seguì.
Tutto sarebbe già finito se Raji fosse qui.
Fuse finì di rastrellare la stalla, poi stese uno strato di paglia fresca sul pavimento. Mentre portava ai maiali un secchio pieno di mais incrinato, sua madre lo chiamò dalla veranda sul retro.
"Vincent, la colazione è pronta".
"Va bene, mamma."
Buttò il mais nella mangiatoia dei maiali, poi appese il secchio su un palo.
Mungerò le mucche dopo la colazione.
Non c'era fretta di finire il lavoro nella fattoria, ora che non andava più a scuola. Dopo l'intensità della gara della settimana precedente all'Accademia, i compiti umili del lavoro in fattoria sembravano noiosi e inutili.
È questo ciò che resta della mia vita? Dare da mangiare ai maiali e pulire le stalle dei cavalli?
Fuse si era diplomato al liceo la primavera precedente e non pensava ad altro che all'Accademia Octavia Pompeii. Ora quel sogno era svanito e non aveva più progetti per il futuro. Probabilmente poteva andare al college da qualche parte, ma non sarebbe stata la scuola che voleva.
Fuse attraversò il fienile, andando sul retro. Si fermò accanto alla Ford modello T per dare un calcio a una gomma a terra.
Ecco un altro problema di cui mi dovrò occupare.
Nella parte posteriore del fienile, nella bottega del fabbro, trovò l'aiutante della loro fattoria.
"Signor Cramer", disse Fuse. "Che ne dice di fare colazione?"
"Ah, la parola magica, amico mio", disse il signor Cramer, "colazione". Si sedette di fianco all'imbracatura di pelle su cui stava lavorando e si mise in piedi per rimuovere la sporcizia dalla sua tuta grigia e sbiadita. "Come stai stamattina, Vincent?"
"Bene."
Il signor Cramer lo guardò e socchiuse gli occhi. "Cosa pensi che la signora Fusilier ci darà per colazione?" Versò dell'acqua nel lavandino da un secchio di quercia.
"Chi lo sa?"
Il signor Cramer si lavò la faccia, poi prese un asciugamano da un gancio. Si asciugò il viso e le mani, poi lo riappese al suo posto.
"Questa vecchia fattoria non è la stessa senza di lei, vero?"
Fuse scosse la testa e lasciò la stanza.
Capitolo Cinque
L'ultima lezione della giornata era Geografia. Il signor Lampright, l'istruttore, fece una domanda.
"Nominate una coppia di paesi europei senza sbocchi sul mare".
Si alzarono tre mani, tra cui quella di Liz.
Non avevo idea di cosa si intendesse per 'senza sbocchi sul mare', così lo scrissi nei miei appunti per cercare in biblioteca quella sera. Avevo già una lunga lista.
Il signor Lampright si guardò intorno in classe fino a quando i suoi occhi caddero su di me.
Oh, no. La prego, non lo chieda a me.
Fissandomi, l'istruttore disse: "Elmer Harkey".
Che sollievo.
"Ehm... I-io...", balbettò Elmer. "Uh... Germania?"
"Sbagliato, signor Harkey. La Germania ha il porto di Amburgo sul Mare del Nord, tra gli altri. Signorina Keesler, pensa di conoscere la risposta?"
"Liechtenstein."
"Esatto. Il Liechtenstein confina con la Svizzera e l'Austria, nessuna delle quali ha un porto marittimo".
Elmer Harkey guardò Liz, poi incrociò gli occhi e dondolò la testa.
"Ora, il cadetto Harkey", disse il signor Lampright, "ha la possibilità di redimersi. Dov'è il lago Baikal?"
"In Africa", rispose subito Elmer Harkey.
"No. Nessuno lo sa?"
Diverse mani si alzarono. Dopo un attimo, alzai la mia. Ero abbastanza sicura di sapere dove si trovasse, e sentivo che era importante che partecipassi il più possibile, se non altro perché mi costringeva ad impegnarmi di più nei miei studi.
Il signor Lampright sorrise. "Cadetto Devaki".
"Credo che sia in Siberia".
"Bene, Devaki. Ora, passiamo alla catena montuosa dell'Himalaya. E ricordate, domani tutti dovranno essere pronti a rispondere alle domande sui capitoli tre e quattro".
* * * * *
Il giorno seguente, dopo pranzo, Liz ed io giocammo a scacchi. Prima di accorgercene, l'ora era finita e dovemmo sbrigarci a recuperare i libri di storia e correre a lezione.
Arrivammo con due minuti di ritardo. Il signor von Hoffbrau scrisse sui foglietti rosa, dandoci un demerito ciascuno, continuando la sua lezione sulla Seconda Guerra Punica.
Cercai in tutti i modi di capire di cosa stesse parlando l'istruttore, ma non solo parlava troppo velocemente per riuscirgli a stargli dietro, ma aveva anche un accento pesante. L'unica cosa che capii chiaramente fu che avrei dovuto leggere i capitoli dall'uno al tre, perché l'aveva scritto sulla lavagna.
* * * * *
Nella nostra classe di scienze, il signor Alfred Simpalus scrisse il suo nome sulla lavagna, poi ci fissò.
"Il modo migliore per imparare la scienza", disse, "è quello di viverla in prima persona. Non sezioneremo le rane, ma le guarderemo per vedere come si nutrono, come crescono e come si riproducono. Noterete che non ci sono contenitori di vetro o gabbie in questa classe. Questo perché non guarderemo le rane in cattività. Le osserveremo nel loro habitat. Che sarebbe lo stagno sotto il granaio e il recinto".
Alcuni sussurri emersero mentre l'istruttore camminava avanti e indietro davanti a noi.
"Sì, abbiamo un fienile, un recinto e uno stagno, oltre aduna piccola foresta di pini silvestri e sicomori, insieme ad un giardino di un ettaro. Questi posti sono a pochi passi dietro la Casa di Annibale. Domani, questa classe si incontrerà nella stalla, dove vi saranno presentati due cavalli, quattro mucche, cinque pecore, due dozzine di polli e un asino. Incontrerete anche il signor Frazer, il nostro custode. La classe juniores dovrà assistere il signor Frazer nei suoi compiti".
Alcuni lamenti arrivarono dal fondo della stanza.
"Pulirete le stalle, zapperete il giardino, poterete gli alberi, mungerete le mucche e raccoglierete le uova per i cuochi. E farete attenzione al signor Frazer, perché alcune delle cose che vi dirà potrebbero esserci all'esame tra sei settimane. Domani riceverete un programma dei giorni e degli orari che vi saranno assegnati da comunicare al signor Frazer".
* * * * *
Quella sera, in sala mensa, tutti i juniores, tranne cinque, avevano una collezione di foglietti di demerito rosa.
"Perché ci danno questi stupidi demeriti?" Chiese Liz mettendo il sugo marrone sul purè di patate.
Uno dei juniores al tavolo dietro di noi parlò con un lamento cantilenante. "Perché ci danno questi stupidi demeriti?" I suoi amici si misero a ridere. "Uee-uee." Si strofinò i pugni sugli occhi. "Voglio la mia mamma."
Altre risate.
Fissai il ragazzo. "Elmer Harkey, perché non stai zitto?"
Il silenzio regnò per qualche secondo, poi un senior mi prese in giro con una voce stridula, "Raji Dovehecky, perché non stai zitta?".
Gli altri si misero a ridere.
"Non prestargli attenzione", disse Liz. "Soffrono solo di un complesso di inferiorità collettiva".
"Oh, Reynolds", disse Harkey, "Non sapevo che tu avessi un complesso di infedeltà".
"Molto divertente", disse Liz e tornò alla sua cena.
"Ehi, Balboni", gridò un senior. "Che cosa succede quando un pivello confuso riceve dieci demeriti?".
"Perché, non lo sai?" Disse Balboni. "Si becca una settimana di KP."
"Una settimana di KP", disse Reynolds. "Che divertimento."
Si alzò, prese il suo vassoio e cominciò a gettare gli avanzi nel bidone della spazzatura. Seguirono molti altri senior.
Hobbs, seduto accanto a Liz, le si avvicinò. "Cos'è KP?
"Non ne ho idea".
"La pattuglia della cucina", disse Clayton. Era seduto accanto a me, dall'altra parte di Liz.
Liz si chinò in avanti per vedere Clayton. "Cosa si fa in KP?" chiese.
"Aiuti i cuochi, lavi pentole e padelle, aspetti gli altri studenti. Vedete quei ragazzi attraverso la finestra della cucina?".
Gli altri tre guardarono da quella parte, poi tornarono su Clayton.
"Dopo che la mensa si libera, devono pulire tutto e lavare i piatti".
"La mattina", chiesi, "come fanno ad arrivare in classe in orario?
"Possono arrivare tardi alla prima lezione, ma devono scoprire cosa si sono persi degli altri studenti".
"Oddio", sussurrò Hobbs. "Liz, quanti demeriti hai?"
Liz aprì la mano sinistra e stese tutte e cinque le dita distanziatemasticando un boccone di brasato.
Hobbs fissò il suo piatto. "Ne ho già sette."
"Perché ci fanno lavorare?" Chiesi.
"Disciplina, credo", disse Liz.
"E questa disciplina farà di noi dei buoni studenti?"
"Beh", disse Liz, "dopo una settimana di KP, probabilmente ti assicurerai di rifarti il letto, appendere i vestiti e spazzare il pavimento prima di andare a fare colazione, e arriverai in classe in tempo".
Suonò la sirena mentre la signorina Elvira Gulch prendeva posto accanto alla porta, fissando gli studenti mentre uscivano.
Liz bevve un bicchiere di latte e poi saltò su. "Non prenderò un altro demerito da Lady Strong Arm".
Hobbs ed io prendemmo i nostri vassoi e seguimmo Liz verso il bidone della spazzatura. Hobbs non aveva toccato il suo cibo.
* * * * *
Martedì, Pepper Darling pubblicò la lista dei demeriti in bacheca.
Tutti i senior erano in attesa di vederla non appena Pepper infilzò la seconda puntina.
"Woo-hoo!" Kirkpatrick esclamò battendo il dito sulla prima linea. "Guardate come va Hobbs! Già sette. Potrei non avere KP la prossima settimana, dopotutto. Sono in fondo alla lista".
Pepper spinse i ragazzi e tornò alla sua scrivania.
"Tu speri", disse Layzard. "non è ancora detto per Hobbs".
"Ah, sì?" Disse Kirkpatrick. "Infrangi di nuovo il coprifuoco, e balzerai in cima."
"Non preoccuparti, Kirkpatrick."
"Guarda dove sono le pivelline smarrite", disse Elmer Harkey, indicando la metà della lista.
Liz, Hobbs ed io eravamo in fondo alla folla, cercando di vedere la lista sopra le teste dei senior.
Harkey ci notò. "Ehi, ehi, ragazzi, fate largo alle tre signore". Sorrise e si fece da parte, spostando gli altri senior. Si allontanarono, facendosi strada verso la bacheca.
"Crud", disse Liz. "Quinto della lista".
"E io sono la numero sei", dissi.
Quando Hobbs guardò la lista, le sue spalle si abbassarono.
Uno dei senior gli diede una pacca sulla spalla. "Non preoccuparti, vecchio, è solo una settimana da alzarsi alle 3 del mattino e andare a letto alle 22. A meno che tu non abbia intenzione di studiare la sera dopo KP, allora potrebbe essere l'1 del mattino, poi di nuovo in piedi alle 3."
Hobbs spinse via la mano del ragazzo e se ne andò tanto velocemente quanto poté spingendo tra la folla che rideva.
"Siete un pietoso branco di cretini". Liz fissò i senior. "Lo sapete?"
"Ehi, Emorroide, credo che ti abbia dato un brutto soprannome".
"Sì, beh, la prossima settimana", disse Elmer Harkey, "farà da cameriera a noi cretini".
Si mise a ridere e lanciò in aria il suo libro di testo di Scienze. Un senior saltò e colpì il libro. Cadde sul pavimento e scivolò giù per il corridoio. Gli altri corsero, spingendosi, per giocarci a calcio.
Accanto alla lista dei demeriti c'era un'altra lista. Il foglio dattiloscritto elencava tre nomi.
"Ecco la lista dei meriti", dissi, leggendo il titolo.
Liz diede un'occhiata alla lista. "Clyde Breckenridge, tre meriti", lesse dalla lista. "James Walker, un merito, e Michael Lemondowel, un merito. Tutti senior".
"Come possiamo ricevere i meriti, mi chiedo?"
Liz scrollò le spalle. "E a cosa servono?"
"Forse un merito cancella un demerito".
"Mmm... forse", disse Liz. "Ehi, guarda. Qualcuno ha disegnato un cavallino in fondo alla pagina".
"Se la signorina Pepper lo vedesse, si arrabbierebbe parecchio", dissi.
"Sì. Andiamo, abbiamo il corso di inglese tra cinque minuti."
* * * * *
Durante la nostra seconda lezione di Scienze, il signor Simpalus ci guidò verso l'aia. Era cinque minuti a piedi dietro la Casa di Annibale.
Il sentiero tortuoso ci condusse attraverso pini e sicomori, e fu abbastanza piacevole alla luce del sole del mattino, con il signor Simpalus che ci commentava rapidamente piante e animali.
“Sciurus carolinensis.” Il signor Simpalus indicò un ramo in alto in un sicomoro imponente. "Lo scoiattolo grigio orientale".
I due scoiattoli rumorosi si spostarono lungo il ramo, verso il tronco dell'albero. Lì si fermarono a guardarci per un attimo, poi si arrampicarono su un ramo più alto, dove uno di loro saltò su un albero vicino.
"Sono membri della famiglia dei roditori e passano la maggior parte della loro vita sui rami e nelle cavità degli alberi caducifogli".
“Cos'è ‘caducifoglia’?” Sussurrai a Liz.
"Perdono le foglie in autunno."
Un suono acuto, come una ruota arrugginita che avrebbe bisogno di grasso, giunse dalla nostra sinistra.
"Cyanocitta cristata", disse il signor Simpalus. "Della famiglia Corvidae e originaria di tutto il Nord America. Comunemente conosciuta come la ‘ghiandaia azzurra’".
Esaminò gli alberi, alla ricerca dell'uccello blu. Quando il suono cigolante della ruota si ripeté, lo vidi in cima a un pino. "Eccolo lì".
Gli altri cadetti allungarono il collo e stropicciarono gli occhi per vedere la ghiandaia azzurra.
"Loblolly Pine", disse il signor Simpalus. "Un albero sempreverde originario del sud-est degli Stati Uniti".
"Loblolly", disse il cadetto Layzard. "È un nome buffo."
"Sì, lo è", disse il signor Simpalus. "Ai tempi della navigazione, i marinai mangiavano il porridge che chiamavano'loblolly'. Dato che questi pini particolari amano la terra umida e molliccia che assomiglia alla pappa dei marinai, sono chiamati 'pini loblolly'".
Uscimmo dal bosco e arrivammo a una recinzione con un cancello al centro. Oltrepassando il cancello, entrammo in un'ampia area ripulita dalla sporcizia, dove fummo accolti da un forte "Ih-oh, ih-oh", mentre un piccolo asinello trottava verso di noi.
“Buongiorno, Dusty,” disse il signor Simpalus.
Dusty annusò la mano dell'insegnante, poi rosicchiò la tasca del cappotto.
Il signor Simpalus gli diede una pacca sulla testa. "Sì, ho qualcosa per te".
Tirò fuori una grossa carota dalla tasca del cappotto e la diede a Dusty. Alcuni di noi risero mentre Dusty sgranocchiava la carota.
“Equus afnicanus asinus,” disse il signor Simpalus. "Membro addomesticato di Equidae, la famiglia dei cavalli."
Dusty finì la carota e mangiò anche la foglia.
“Il maschio di questa specie è chiamata ‘jack,’ e la femmina ‘jenny’ o ‘jennet.’ Se guardate tra le zampe posteriori di Dasty, vedete che è un…”
“Jack,” disse Wilson, “uno grande.”
Questa osservazione suscitò qualche risata da parte dei ragazzi e un sorriso da parte del signor Simpalus.
"Ciao, classe di scienze", disse qualcuno da dietro.
Ci girammo verso il fienile vedendo un vecchio zoppicare verso di noi.
"Buongiorno, signor Frazer", disse il signor Simpalus. "Ho portato i nostri nuovi studenti a conoscerla."
"Beh, è bello vedere così tanti volti luminosi e splendenti. Facciamo un giro del fienile, va bene?"
Seguimmo il signor Frazer e Dusty si unì a noi. All'interno del fienile fui colpita da un'ondata di tristezza.
“Costruito nel 1885, il vecchio fienile ha resistito a quaranta inverni …”
Il signor Frazer descrisse il fienile e i suoi abitanti, ma sentii poco di quello che disse. I ricordi riaffiorano, minacciando di sopraffarmi. Quella prima mattina quando Fuse mi trovò a dormire nel fieno, poi, più tardi, noi due che guardavamo dal loft, dove sotto di noi i gatti del fienile giravano intorno a Ransom, il cavallo in miniatura. Ci prendemmo cura dei due Percheron; Cleopatra e Alexander, raccogliemmo le uova, demmo il mais ai maiali... tutti ricordi dolci, ma anche tristi, perché mi mancava fare le faccende con Fuse. E le nostre piccole discussioni sugli scacchi, sull'India, su suo padre, James... mescolando inglese e hindi imparando la lingua e la cultura dell'altro.
“…travi di quercia, tetto in ardesia…”
Alzai lo sguardo vedendo la luce del giorno splendere attraverso diversi freni sul tetto.
Se Fuse vedesse questo, troverebbe gli attrezzi e si arrampicherebbe per le riparazioni.
Sorrisi, pensando a lui lassù, tra le travi, a segare e a martellare.
“Cosa c’è di così divertente?” sussurrò Liz.
Le sue parole mi riportano sulla Terra. "Oh, io amo i vecchi fienili come questi".
"Ne ami anche l'odore?"
Annuii. Anche l'odore degli animali, il pavimento sporco e il legno antico delle travi e dei pali. Tutto questo mi ricordava un tempo più felice, solo una settimana prima, ma mi sembravano anni.
Il signor Frazer ci condusse fuori dalle porte scorrevoli sul retro e nell'aia, dove diversi polli, faraone e tacchini si grattavano nello sporco, alla ricerca di insetti e semi.
"Le anatre e le galline ci danno due dozzine di uova al giorno", disse mentre queste si sparpagliavano davanti a noi.
Guardai le galline, ma non vidi nessuna anatra. Alzai la mano.
"Sì", disse il signor Frazer, "Signorina...?".
"Sono Raji Devaki".
"Signorina Devaki, le anatre saranno nella rimessa a quest'ora del giorno, se questa dovesse essere la sua domanda".
"Sì, signore."
Aprì un cancello in un recinto di filo spinato. "Qui si trova il pollaio. Non c'è abbastanza spazio all'interno per tutti noi, quindi mi raggiungerà la signorina Devaki mentre voi altri guarderete attraverso la porta mentre incontriamo la signora Keaton".
Mi abbassai per seguire il signor Frazer all'interno, chiedendomi chi potesse essere la signora Keaton e perché si trovasse nel pollaio.
"La signora Keaton", disse il signor Frazer, "è una livornese bianca". Si mosse con la mano verso una fila di scatole aperte lungo un lato del pollaio e le sollevò a un metro da terra. "Signorina Devaki, se vi muoverete lentamente per non spaventare la signora Keaton, potrete arrivare sotto le sue piume e verificare cosa sentirete".
Mentre muovevo la mano verso la gallina, lei mi beccò il polso, ma non con molta convinzione, diciamo, un non mi piace, ma credo che sia giusto.
"Uova!" Esclamai.
"Sì, sta covando tredici uova".
"Lì fa molto caldo", dissi.
"Ci sono circa 101 gradi. Una gallina covatrice si strappa le piume dalla sua parte inferiore quando è pronta a posarsi, portando così la sua pelle, e quindi il suo calore alle uova".
"Quanto tempo ci vuole perciò che si schiudano?" chiese Liz.
"Ventuno giorni", disse il signor Frazer. "Porti fuori una delle uova, signorina Devaki, e la porteremo dentro la stalla per un piccolo esperimento".
La signora Keaton mi guardò criticamente mentre prendevo l'uovo da sotto di lei. Mi beccò la mano, con un po' più di forza di prima.
"La signora Keaton è una gallina", dissi.
"Sì", disse il signor Frazer.
"E il maschio è il pollo maschio?"
I cadetti risero di me, come al solito avevo detto qualcosa di stupido. Abbassai lo sguardo, ma volevo comunque sapere.
"No." Il signor Frazer mi diede una pacca sulla spalla. "Ma questa è un'ipotesi logica. Il pollo maschio si chiama gallo".
"Gallo. Me lo ricorderò".
Il signor Frazer continuò la sua lezione mentre camminavamo verso il fienile. "La gallina fa ruotare le uova più volte al giorno per i primi diciotto giorni. Questo per evitare che l'embrione si attacchi all'interno dell'uovo e che possa causare deformità nel pulcino. Le lascia ancora per tre giorni per permettere ai pulcini di entrare nella posizione di schiusa".
Chiusi la mano intorno all'uovo per tenerlo al caldo.
All'interno del fienile, il signor Frazer prese una candela da uno scaffale e usò la sua unghia del pollice per accendere un fiammifero marca Lucifero. Questo piccolo trucco attirò alcuni 'ooh' e 'aah' dai cadetti, perché nessuno lo aveva visto prendere il fiammifero mentre la nostra attenzione era sulla candela, facendo sembrare quasi magica l'apparizione della fiamma.
Accese la candela, scosse la fiamma del fiammifero, poi fece gocciolare qualche goccia di cera calda su una trave di quercia che attraversava la parte anteriore del recinto delle pecore.
Il signor Frazer mi porse la mano libera mentre premeva la base della candela nella pozza di cera calda. Gli diedi l'uovo.
"Questo è un processo chiamato 'speratura'", disse il signor Frazer tenendo l'uovo davanti alla fiamma della candela. "Se voi cadetti formate una fila,potrete osservare tutti ciò che c'è dentro l'uovo".
Liz fu la prima a fare un passo avanti e a sbirciare da vicino l'uovo con la luce della candela dietro di esso. "Riesco a vedere il pulcino!"
"Sì", disse il signor Frazer. "L'uovo è al diciassettesimo giorno ed è quasi pronto per schiudersi".
Mentre gli altri cadetti si mettevano in fila per osservare, il signor Simpalus, che era rimasto in silenzio durante il tempo del signor Frazer con gli studenti, disse: "Sbrigatevi, dobbiamo tornare in classe".
"Questa sera avrò bisogno di cinque cadetti che mi aiutino ad occuparmi del..."
Liz ed io sparammo le mani in aria. Anche circa la metà dei ragazzi alzò la mano, il che suscitò un sorriso sul viso malconcio del signor Frazer.
Capitolo Sei
Dopo l'ultima lezione della giornata, Geografia, ci fermammo alla bacheca per vedere se ci fossero novità.
"Ehi", disse Liz. "Non sapevo che l'Accademia avesse un'infermiera".
Guardai l'avviso che stava leggendo: "Tutti i cadetti juniores si presenteranno nella stanza 101 per incontrare l'infermiera Julia...”
"La Signora MacArthur!" Esclamai.
"La conosci?"
"Oh, sì. Alla fattoria, si prendeva cura del signor Fusilier dopo la sua caduta dal mulino a vento. All'epoca era Julia Smithers, ma ora è sposata con Sterling MacArthur. Quand'è il mio turno?" Feci scorrere il dito sulla lista. "Ecco qui. Domani alle 15:10. Ma è durante la lezione di Scienze".
"Guarda, qui in fondo; ‘Tutti gli istruttori avranno una lista dei turni degli studenti per poterli esonerare dalla lezione'.
"Sarà così bello vedere la signora MacArthur. È meravigliosa".
* * * * *
Al tramonto, Liz ed io eravamo sulla scalinata della Casa Alessandro, di fronte alla Casa di Annibale. Insieme ad una dozzina di altri ragazzi, assistemmo alla cerimonia della bandiera che si svolgeva sulla piazza centrale. Altri cadetti si sedettero sui gradini più bassi davanti a noi, guardando in silenzio.
Mentre il trombettiere suonava, i tre Guardiani, ognuno con i guanti bianchi, abbassarono le bandiere con sincronismo militare. La bandiera americana scese per prima e fu tenuta dritta da due dei Guardiani. La piegarono due volte a metà nel senso della lunghezza. Uno dei due cadetti iniziò una piega a triangolo e continuò per tutta la lunghezza della bandiera. Mentre un cadetto teneva in mano il triangolo strettamente piegato che ora illustrava solo il campo di stelle blu, l'altro ripiegò il bordo, poi passò la bandiera ben piegata al terzo cadetto. Questo la tenne, mentre gli altri due eseguirono la stessa procedura per la bandiera della Virginia, e infine per quella dell'Accademia.
Una volta ammainate e piegate tutte e tre, il trombettiere suonò l'Ave Columbia con i tre Guardiani che marciavano verso l'edificio amministrativo. I cadetti seduti sui gradini si alzarono in piedi come segno di rispetto mentre i Guardiani passavano davanti a noi. All'interno dell'edificio, le bandiere vennero riposte in una credenza di quercia, accanto a quelle vecchie nelle loro casse di legno.
"È un onore essere Guardiano", dissi mentre Liz ed io guardavamo i tre cadetti lasciare l'edificio.
Camminammo verso la nostra stanza.
"Come sono stati scelti?" Chiese Liz.
"Sono stati annunciati alla prima cerimonia di benvenuto, ma non so come vengano scelti".
"I tre erano sorpresi quando furono nominati".
"E anche molto felici", dissi.
"Credo che la signorina Pompeii selezioni i nuovi Guardiani all'inizio di ogni anno scolastico".
"Ma i primi due sono stati chiamati dai diplomati dell'ultimo anno."
"È vero", disse Liz. "Forse sono stati eletti dai senior".
"Eletti?"
"Li hanno votati".
"Ah, capisco. Può darsi."
* * * * *
Il giorno dopo, a Scienze, il signor Simpalus mi chiamò per nome.
"Sì, signore?"
"Ha un appuntamento con l'infermiera MacArthur alle tre e dieci. Sono le tre e cinque, quindi si rechi in infermeria e torni subito qui".
"Sì, signore."
Mi affrettai verso l'edificio amministrativo, dove si trovava l'infermeria. La porta era aperta, ma quella della sala esami era chiusa, così presi una delle sedie di legno e aprii il mio libro di storia per leggere.
Qualche minuto dopo, la porta si aprì e Andrew Hobbs uscì.
"Ehi, Raji", disse.
"Ciao, Andrew. Com'è andata?"
"Ha detto che sto bene".
"Bene. Ci vediamo a Scienze."
"Ok."
"Raji!"
"Salve, infermiera Smithers." Mi alzai e lasciai cadere il mio libro sulla sedia. "Ora è la signora MacArthur."
"Vieni qui, ragazza, e abbracciami. Sei proprio una gioia per i miei occhi."
"È bello rivederti. Come stanno Mac e tuo figlio William?"
"Stanno benissimo. Sono contenta di vedere che sei ingrassata un po'. E penso che tu sia anche un po' più alta. Hai notizie di Marie Fusilier?"
"Sì, sta bene, e James continua a migliorare. Ho ricevuto una lettera proprio ieri".
"E Vincent?"
Mi sembrò strano sentire Fuse chiamato con il suo nome di battesimo. Guardai il pavimento. "Scrive della fattoria e di tutti gli animali, ma credo che sia triste di non essere quiall'Accademia".
"Tutto quello che quel ragazzo ha sempre voluto era venire all'Accademia Octavia Pompeii".
"Lo so." Alzai lo sguardo su Julia. "E io ora sono qui e lui è bloccato alla fattoria."
"Ha detto lui questo?"
"No, ma mi sento così male ad aver preso il suo posto qui."
"Vieni dentro, ti faccio un piccolo controllo mentre ci aggiorniamo su tutto."
Mi fece sedere sul tavolo d'esame mentre mi controllava gli occhi e le orecchie, poi la gola.
"Ti piace qui?" Andò ad un tavolo vicino e tornò con uno stetoscopio.
"Mi piace, ma non sono sicura che supererò tutta la sessione di esami".
Si mise gli auricolari. "Scommetto che te la caverai bene. Ora respira profondamente".
Mi mise la testina sulla schiena. Feci un respiro profondo. Lo spostò di qualche centimetro.
"Ti piace essere la nostra infermiera?"
"Oh, anch'io amo questo posto. La signorina Pompeii è una persona molto speciale".
"Lo so."
"Ti viene il fiatone quando giochi a tennis?"
"Se mi manca il fiato?"
"Respira velocemente, forse hai il fiato corto."
"Dopo un'ora di gioco."
"Mmm... è normale. Riesci a riprendere fiato dopo aver riposato per qualche minuto?"
Annuì.
"Bene. I tuoi polmoni sembrano puliti. Ora vediamo il cuore". Posizionò la testina sul lato sinistro del mio petto.
"Spero che Fuse abbia un'altra possibilità l'anno prossimo", dissi.
Lei mi guardò e sorrise spostando l'oggetto. Dopo un attimo, si tolse gli auricolari.
"Il tuo cuore suona forte. Fai esercizi di stretching prima di giocare a tennis?".
"No".
"Dovresti farlo. Se esci e inizi a correre e a saltare, soprattutto in una mattinata fredda, potresti stirarti un muscolo se non ti alleni prima. Ne ho alcuni che ti mostrerò tra qualche minuto, e voglio che tu li faccia prima di iniziare a giocare. Dico a tutti i ragazzi la stessa cosa. Di sicuro non voglio essere chiamata per occuparmi di un muscolo stirato o di un legamento lacerato".
"Lo farò, e li farò fare anche a Liz".
"Oh, sì, Elizabeth Keesler. Ho visto il suo nome sulla lista. Voi due siete le prime ragazze ad essere entrate all'Accademia. Non è già qualcosa?"
"Sì, lo è, e siamo felici di essere qui".
Dopo avermi mostrato gli esercizi di riscaldamento, mi abbracciò di nuovo, poi tornai di corsa alla lezione di scienze.
* * * * *
Quella sera, appena iniziati i compiti, sentimmo bussare alla porta.
"Avanti", disse Liz.
Morgan Townsend, un senior, la aprì. "Voi due siete desiderate nella sala diurna".
"Per cosa?" Chiese Liz.
"Lo scoprirete quando ci arriverete".
Lo seguimmo lungo il corridoio fino alla sala da pranzo. La stanza era piena. Sembrava che ci fosse metà della classe del terzo anno. Due senior stavano in piedi davanti alla sala, mentre quello che era venuto a prenderci era vicino alla porta. Uno di loro salì su una sedia in modo che tutti potessero vederlo.
"Silenzio, gente", disse.
Quando ricevette l'attenzione di tutti, parlò al cadetto alla porta. "Chiudi la porta, Adams, e resta di guardia".
"Sì, signore." Il cadetto Adams uscì, tirando la porta dietro di lui.
"Sono il cadetto Capitano Davenport", disse il senior. "Abbiamo qui metà della classe juniores. Dopo che avremo finito, porteremo la seconda metà, e avranno anche loro la stessa esercitazione". Osservò le espressioni interrogative. "Noterete che nessuno di voi ha delle strisce sulle maniche".
I ragazzi si guardarono intorno ma non videro nessuna striscia. Liz ed io non avevamo ancora le nostre uniformi, ma probabilmente non le avevamo neanche noi.
"Le strisce devono essere guadagnate; non vengono distribuite gratuitamente. Si guadagnano con l'insegnamento, gli scacchi, il tennis e la buona condotta. Meglio si fa in queste quattro categorie, più strisce si guadagnano. Perché, vi chiederete? Perché dovreste interessarvi alle strisce?".
Ci furono alcuni mormorii e cenni di testa.
"R.H.I.P.", disse il senior. "Rank Has Its Privileges (Il rango ha i suoi privilegi). Più strisce, più privilegi. Una striscia è un soldato semplice, due sono un caporale, tre sono un Sergente, e quattro un Sergente Maggiore. Dopo i ranghi a strisce, arriva il grado di Ufficiale. Un tenente ha una barra d'argento sulla spalla, un capitano ha due barre, come la mia, e un colonnello ha un'aquila d'argento. Noi abbiamo un solo colonnello. Lui è stato eletto tra i ranghi dei capitani. Tutti i cadetti partecipano al voto per il Colonnello dell'Accademia. Viene eletto a metà mandato e ricopre tale carica fino alle prossime elezioni.
"I tre Guardiani di Bandiera hanno un'autorità di comando separata dai ranghi di strisce e dagli Ufficiali. Se vi parlano, prestate attenzione e mostrate anche rispetto per loro e per la loro posizione qui all'Accademia. Sono i nostri leader morali, e si sono guadagnati i loro posti d'onore. Ora risponderò alle vostre domande".
Liz alzò la mano.
“Si?” disse il Capitano.
"Qual è il fine? Mi fa sentire come se fossi nell'esercito".
"Come ti chiami, cadetto?" chiese il capitano.
"Elizabeth Keesler."
"Cadetto Keesler, l'Accademia Octavia Pompeii ha il più alto livello accademico tra tutte le scuole private preparatorie della Virginia. Sai quanto è difficile entrare in Accademia, ma per quale motivo tu sei voluta venire qui?".
"Per poter entrare in una buona università".
"Esattamente. Il 95% dei nostri laureati è stato accettato nella Top Ten; Harvard, Yale... e alcuni sono anche andati ad Oxford e Cambridge. Se la tua domanda di ammissione a una di queste università include una trascrizione di buoni voti qui all'Accademia, più un alto grado, le tue possibilità di essere accettata sono molto più alte. Questo risponde alla tua domanda?"
"Sì, grazie".
"R.H.I.P. Mostra sempre rispetto a chiunque abbia un grado superiore al tuo. Quelli di voi che raggiungono il grado dovrebbero essere pronti ad aiutare quelli che rimangono indietro. Il nostro obiettivo è che nessun cadetto venga espulso dall'Accademia".
Uno dei juniores alzò la mano.
"Sì", disse il senior. "Il tuo nome?"
"Haskel Layzard."
"La tua domanda?"
"Come facciamo a sapere quando saremo promossi?"
"Le promozioni di solito arrivano dopo un evento importante, come la sessione di esami o un torneo di tennis o scacchi. Ma le strisce possono essere guadagnate in qualsiasi momento con l'esibizione di una condotta onorevole, un comportamento benevolo o i tratti caratteriali benevoli. Passiamo ora al Codice d'Onore dei Cadetti; siamo a corto di tempo. Il primo ordine del Codice è che un cadetto non deve testimoniare contro un altro cadetto. Il secondo ordine è che un cadetto aiuterà sempre un altro cadetto in circostanze difficili. Il terzo ordine è che quando uno è fuori dal campus, si comporterà in modo da riflettere l'onore su tutti i cadetti dell'AccademiaOctavia Pompeii. Ogni cadetto che violi il Codice sarà punito con la pena dell’emarginazione per un periodo di due settimane".
Alzai la mano.
"Quando un cadetto viene espulso, non parlerà con nessuno, e nessuno parlerà o avrà altri contatti sociali, se non tramite note scritte, con il cadetto emarginato. Questo risponde alla tua domanda?".
Annuì.
"Emarginazione significa anche niente tennis e niente scacchi".
Ci fu un gemito collettivo, poi qualcuno sussurrò: "Oh, no".
Il capitano Davenport ignorò i rumori del dissenso. "Altre domande?"
Nessuno parlò.
"Va bene, alzate la mano destra e ripetete dopo di me; ‘Io’... dite il vostro nome."
Tutti dissero il proprio nome.
"...giuro di rispettare il codice di condotta..." Si fermò per permettere a tutti di ripetere le sue parole. "....in ogni circostanza, sotto la pena dell'emarginazione...".
Dopo aver ripetuto le sue parole, il capitano Davenport si allontanò dalla sedia e si recò alla porta.
"Voi siete congedati, e parleremo con la seconda metà della classe juniores".
Dopo un attimo, aprì la porta, e noi uscimmo dall'aula.
Capitolo Sette
Liz ed io ci sedemmo alle scrivanie della nostra stanza a fare i compiti. Erano quasi le 22.
"Che cosa significa 'gluteo'?" Chiesi.
Senza alzare lo sguardo dal suo libro di latino, Liz disse: "Un grosso muscolo nel sedere". Quando non sentì una risposta, alzò lo sguardoe mi vide con un sopracciglio sollevato. "Una delle due monticelle carnose sopra le gambe e sotto l'incavo della schiena".
"Ah, ora ho capito", dissi. "Grazie". Un minuto dopo: "Cos'è il 'bicipite'?"
Liz gemette, poi si indicò il braccio. "Questo qui." "Oh, sì. Bene."
Passarono quasi due minuti.
"E questo..."
Liz sbatté il suo libro. "Raji! Mi stai facendo impazzire. Ogni volta che leggo due righe, mi interrompi con le tue sciocche domande. Poi devo tornare indietro e ricominciare tutto da capo".
"Mi dispiace, Liz, ma..."
"Non posso studiare in questo modo".
Afferrò il suo libro e uscì infuriata dalla stanza, sbattendo la porta. Passarono venti minuti prima che io sbirciassi fuori per trovarla seduta sul pavimento, sotto una fioca luce del corridoio, che cercava di leggere. Camminai fino a lì.
"Liz", le dissi sedendomi accanto a lei, "torna allascrivania in camera. Starò zitta per tutta la notte".
Liz chiuse il libro, tenendo il segno con un dito. Fissò il corridoio, dietro di me. Dopo un attimo si alzò.
"Andiamo. Ho bisogno della mia limetta per le unghie".
Tornata nella stanza, la guardai frugare nella sua borsa. "Perché hai bisogno di limare le unghie a notte fonda?"
"Vedrai." Gettò la borsetta sul letto. "Ah, eccoti qui, piccolo bastoncino."
Mi fece cenno di seguirla, e strisciammo lungo il corridoio, oltre la scrivania vuota di Pepper, fino alla porta della biblioteca.
Liz provò la maniglia della porta. "Sì, ho immaginato che ci avrebbero chiuso fuori dalla biblioteca di notte."
Mentre infilava la lima per unghie nel buco della serratura, guardai su e giù per il corridoio.
"Vedi qualcuno?", chiese.
"Vedo solo un centinaio di demeriti che vengono verso di noi".
Liz ridacchiò.
Sentii un forte click, poi la porta si aprì. Sgattaiolammo dentro e chiudemmo la porta.
"Perché irrompiamo in biblioteca?"
Liz fece strada lungo il muro nella stanza buia. "Sai cos'è un dizionario?"
"Io... no."
"Stai per scoprirlo."
Andò a sbattere contro una sedia di legno che si rovesciò a terra con uno schianto. Entrambe tirammo un urlo trattenendo il fiato. Ci immobilizzammo e udimmo qualcuno correre lungo il corridoio per controllare. Dopo un attimo, ricominciammo a respirare.
"Eccolo qui", disse Liz.
Mi prese la mano e la mise sul libro. Feci scorrere le mani lungo la parte superiore del libro aperto e lungo il bordo delle pagine.
"È gigantesco".
"Sì, contiene circa cinquanta milioni di parole".
Cercai di sollevarlo. "Deve pesare..."
"Trentacinque chili". Ruotò il libro sul suo piedistallo. "Ma ha le ruote".
Guardai giù; in effetti, piccole ruote si trovavano alla base di ognuna delle quattro gambe del piedistallo.
"Andiamo", disse Liz, tirando il libro verso la porta.
"Lo rubiamo?"
"No..." si fermò per aprire la porta e sbirciare fuori nel corridoio. "… Lo prendo in prestito solo per la notte."
Dopo aver chiuso la porta della biblioteca, spingemmo e tirammo il piedistallo rotante lungo il corridoio il più velocemente possibile. Ma le piccole ruote cigolavano e ruotavano di qua e di la, facendolo andare in cerchio. Danzammo intorno al libro gigante che si muoveva da un lato all'altro. Arrivammo nella nostra stanza ridacchiando, e dopo aver portato il dizionario al sicuro all'interno, cademmo sui nostri letti, quasi isteriche dalle risate.
Liz si sedette, asciugandosi gli occhi. "Sai come si usa questo coso?".
Mi tamponai la manica sulle guance e scossi la testa.
"Ok, 'glutei' inizia con la 'g', giusto?"
"Sì", dissi.
"Vedi queste piccole linguette sul bordo delle pagine?"
Inclinai la testa. "A, B, C..."
"Sì, quindi la si apre alla lettera 'g'. La lettera successiva della parola è 'l', che è circa al centro dell'alfabeto. Scorri le pagine della 'l', quasi fino alla 'h'...".
"Oh, sì! Ho capito come funziona questo dizionario". Feci scorrere il dito lungo la fila di caratteri minuscoli, poi capovolsi una pagina. "gl..." Più giù e su fino alla cima della colonna successiva. "'Gluteo'. Fantastico! 'Un grosso muscolo nelle natiche'. È proprio come mi hai detto tu, Liz. E ora cercherò il significato di 'natiche'". Sfogliai le pagine della sezione "n" e cominciai a cercare la parola.
Liz sospirò. "E ora, torniamo al mio latino".
"Sì, e se hai bisogno di una parola, basta che me la chiedi, e la trovo, tout de suite".
Rise e si raggomitolò con il suo libro di latino.
* * * * *
"Elizabeth", dissi sottovoce. Le scossi la spalla. "Liz, svegliati".
"Che c'è?" Si sedette. "Foglietti rosa!"
"No, siamo in camera nostra, vedi?"
"Oh, già. Che ore sono?" Guardò la sua sveglia. "Sono le sei del mattino! Perché mi svegli alle 6 del mattino?" Quando fece oscillare i piedi sul lato del letto, il libro in latino cadde a terra. Si allungò per raccoglierlo e si accorse che era ancora completamente vestita. "Quando mi sono addormentata?".
"Verso le 2. Dobbiamo restituire il grande dizionario prima che altre persone entrino nell’edificio".
"Oh, mio Dio. Me ne ero completamente dimenticata". Saltò su e afferrò il bordo del piedistallo del libro. "Vieni."
Facemmo scorrere il dizionario fuori dalla porta e corremmo lungo il corridoio. Ma questa volta il piedistallo non era così divertente. Quando arrivammo alla porta della biblioteca, Liz sussurrò: "Oh, piffero!"
"Cosa?"
"La mia limetta per le unghie".
Corse verso la nostra stanza. Tornò in fretta e scassinò la serratura con le dita tremanti. Quando la porta si aprì, infilammo il dizionario all'interno e la richiudemmo. Ci affrettammo lungo il corridoio, oltre la scrivania di Pepper, ma prima che arrivassimo nella nostra stanza, qualcuno ci fermò.
"Buongiorno, signorine".
Ci voltammo e vedemmo Octavia Pompeii dirigersi verso di noi, con uno sguardo curioso sul viso.
"È bello vedervi sveglie presto e pronte per un nuovo giorno".
Liz guardò il suo vestito stropicciato e cercò di lisciarlo con la mano.
"È bello vedere anche lei, dottoressa Pompeii". Raddrizzai il mio sari.
"Elizabeth", disse la dottoressa Pompeii. "Se non le dispiace, vorrei scambiare due parole con Rajiani".
La fissammo, senza muoverci.
"Nel mio ufficio". La dottoressa Pompeii si mosse verso una porta chiusa, vicino alla scrivania di Pepper.
Liz deglutì e mi guardò. "Sì, signora", disse, poi si affrettò ad andarsene.
"Siediti, Rajiani", disse la dottoressa Pompeii dopo essere entrate nel suo ufficio.
Si sedette dietro la sua scrivania. Io mi sedetti sulla sedia degli ospiti in legno duro.
"Ho sentito la porta della biblioteca chiudersi quando sono entrata nell'edificio poco fa?"
Esitai, poi annuii. La dottoressa Pompeii inclinò la testa e sollevò una spalla. Allungai la mano per prendere un foglietto rosa vuoto dalla pila sulla scrivania e glielo passai.
"Dottoressa Pompeii, la prego di non dare demeriti a Liz. Li prenderò volentieri tutti io per lei, e anche per me, e farò questo KP per un mese o più".
La dottoressa Pompeii prese il foglio rosa e lo lisciò sulla scrivania. "Hai fatto qualcosa di così terribile, allora?"
"Ieri sera ho chiesto talmente tante volte alla povera Liz di dirmi il significato delle parole, che non riusciva nemmeno a imparare il latino. Dopo un po' di tempo, e un'altra domanda, lei ha sbattuto il libro ed è andata a leggerlo da sola in corridoio. Poi le ho detto quanto mi dispiaceva e che da quel momento in poi me ne sarei stata zitta. Poi mi ha detto: ‘Sai cos'è un dizionario?’ Le ho detto di no. Lei ha detto: 'Andiamo', e siamo andate in biblioteca e abbiamo rubato quel grosso dizionario su ruote per tutta la notte. E proprio ora, prima del vostro arrivo, lo abbiamo restituito e chiuso la porta forse un po' troppo forte". Mi guardai le mani serrate.
"Quella porta era chiusa a chiave. Come hai fatto adentrare?".
"Noi... ehm... voglio dire..." il Codice d'Onore. "Io ho scassinato la serratura."
"Davvero?"
"Sì."
L'angolo della bocca della dottoressa Pompeii si mosse, cercando di non arricciarsi. "Ed Elizabeth non c'entra niente?"
"No. Lei mi ha detto: 'Non scassinare la serratura, perché questo non viene perdonato'. Ma io l'ho costretta ad aiutarmi e lei mi ha detto: 'Raji, non farlo più'."
"Mmm."
La dottoressa Pompeii prese un foglio di carta dattilografata e lo avvicinò al viso, come se cercasse piccoli errori di ortografia o di grammatica. Dopo un attimo, posò il foglio.
"Hai imparato qualcosa dal dizionario?".
"Oh, sì. Ho trovato il significato esatto di 'glutei', 'natiche', 'bicipiti'... " Poi citai la definizione di ciascuno di essi, più alcuni altri.
"Santo cielo. Quando sei andata a dormire?"
"Questa notte non ho ancora dormito".
La dottoressa Pompeii scosse la testa. "Va bene, è meglio che ti prepari per la colazione."
Guardai il foglio rosa. La dottoressa Pompeii lo raccolse e lo rimise con cura insieme agli altri vuoti.
"Stasera, quando la signorina Caster chiuderà la biblioteca alle 20, andate da lei, e lei vi darà le istruzioni per permettervi di portare il dizionario in camera vostra...".
Saltai in piedi. "Oh, grazie, dottoressa Pompeii".
"Ma assicurati che venga restituito prima della lezione del mattino seguente".
"Mi assicurerò di farlo."
"Vai, ora."
Feci per aprire la porta.
"Oh, Raji."
"Sì, dottoressa Pompeii?"
"Non stare sveglia tutta la notte, stanotte."
Sorrisi e mi affrettai ad uscire dalla stanza.
* * * * *
Liz si girò quando entrai nella nostra stanza.
"Che cosa è successo?"
Sorrisi. "Ho diritto all'uso gratuito del dizionario gigante tutte le sere!"
Mi afferrò le mani. "Come hai fatto?"
Le raccontai della mia conversazione con la signorina Pompeii.
"Niente foglio rosa?"
"No."
"Ha chiesto di me?"
Annuii.
"Le hai detto che ho scassinato la serratura?"
Scossi la testa.
"Le hai detto che ti ho aiutata a fregare il dizionario?"
"Fregare?"
"Rubare."
"No."
Mi afferrò stretta in un abbraccio. "Adoro quel Codice d'Onore dei cadetti."
* * * * *
Dopo le lezioni del mercoledì, Pepper Darling entrò nella nostra stanza senza bussare.
Liz alzò lo sguardo dal suo libro di scienze. "Raji, forse dovremmo iniziare a chiudere a chiave la nostra porta".
Pepper fece cadere un pacco di carta marrone sul mio letto, poi uno simile sul letto di Liz. "Chiudi a chiave se vuoi, non importa. Ho un passepartout".
"Ehi, le nostre uniformi?" Chiese Liz.
"Sì", disse Pepper. "Provatele."
Strappammo i pacchetti e ci infilammo rapidamente i nostri nuovi abiti. I blazer blu e le gonne color kaki alla caviglia erano in un bel contrasto e ci stavano bene. Indossammo anche camicie bianche, con cravatte blu incrociate e scarpe nere alte. I nostri berretti kepi erano blu, con finiture beige.
"La taglia è perfetta", dissi.
"Mi piace molto questa giacca", disse Liz. "E la sarta ha preso bene le maniche".
Guardai Pepper e la vidi sorridere; era una novità. Guardai Liz e indicai Pepper con gli occhi.
Liz la guardò, poi mi guardò, tipo: 'E questo?'
"Sì", disse Pepper, "voi due avete un bell'aspetto".
Mi misi il berretto, mi avvicinai e mi misi la mano sulla fronte per fare un saluto. Liz mi restituì il saluto, e ridacchiammo entrambe.
"Bene", disse Pepper raccogliendo la carta, "se pensate che vadano bene, ordinerò altri due set per ognuna".
"Il mio va benissimo", disse Liz.
"Anche il mio, signorina Pepper. Grazie mille".
Indossammo le nostre nuove uniformi per uscire al tramonto per assistere alla cerimonia della bandiera. Mentre camminavamo verso il campo centrale - o il 'Quad', come lo chiamavamo - qualcuno al secondo piano di Casa Annibale si sporse dalla finestra e ci fischiò.
Liz mi afferrò la mano. "Non guardare", disse. "Faremo finta di non aver sentito nulla".
La guardai e vidi un sorriso sul suo viso.
* * * * *
Insieme alle nostre due divise, Liz ed io ricevemmo lunghi cappotti collegiali in blu navy. Erano a doppio petto, con due file di sei bottoni ciascuna. Erano foderati in pile, abbastanza caldi e confortanti nelle fredde e ventose giornate di novembre.
* * * * *
Ogni sera, poco prima dell'ora di cena, il trombettiere stava davanti all'edificio amministrativo a suonare la Mail Call.
La maggior parte dei cadetti stava in fila mentre un senior smistava la posta.
"Clyde Breckenridge", il senior chiamò leggendo il nome su una busta.
"Qui". Breckenridge si spinse tra la folla per prendere la sua lettera.
"Michael Lemonade".
"É LemonDOWEL, scemo." Afferrò la sua lettera dalla mano del senior.
"Rajiani Dovekey."
"Devaki!" Gridai e mi spinsi a prendere la lettera.
Il senior la tenne controluce, come se cercasse di leggere all'interno.
"Dammela." Saltai su per strappargliela dalla mano.
"Non serve diventare violenta". Il senior guardò la lettera successiva. "Darrel Whisperpants."
Corsi nella nostra stanza, desiderosa di leggere la mia lettera in privato.
Alla mia scrivania, lessi l'indirizzo del mittente, "Fattoria Fusilier, Appomattox County, Virginia".
Ero contentissima mentre aprivo la busta, ma leggendo le parole di Fuse, sentii le lacrime agli occhi. Probabilmente pensava che la sua descrizione dei piccoli eventi che si svolgevano nella fattoria mi avrebbe tirato su di morale, e in un certo senso fu così. Ma il fatto di non essere presente e di aiutare con il lavoro mondano della fattoria portò anche un senso di perdita.
Lo stress di cercare di imparare materie a me totalmente estranee, così come l'aperto disprezzo della maggior parte dei ragazzi, rendevano le mie giornate all'Accademia molto snervanti. La descrizione di Fuse delle attività del piccolo Ransom, della nuova cucciolata di maialini e della cucina di sua madre, mi riportarono alla mente i ricordi delle dolci e semplici ore che io e lui trascorrevamo insieme.
Mi mancava molto tutto questo: Mamma Marie Fusilier, suo marito James, il cavallo da compagnia Ransom e, più di ogni altra cosa, il tempo trascorso con Fuse giocando a scacchi, imparando l'inglese, o semplicemente passeggiando insieme per la fattoria, guardando le cose crescere e sbocciare.
È stato il periodo più bello della mia vita, e ora l'avevo perso.
Capitolo Otto
"Non so dove tu abbia imparato la tua calligrafia, Devaki…". La signora Hazel Morton teneva un foglio di carta tra la punta delle dita, guardandolo con supremo disprezzo, "… Ma è di gran lunga la peggiore che abbia visto quest'anno". Lasciò cadere il foglio sul mio banco e tornò indietro verso la cima della classe.
"Cos'è la callifia?" Sussurrai a Liz attraverso la navata.
Prima che potesse rispondere, la signora Morton si girò, lanciandomi il suo sguardo da aquila reale. "La parola è 'calligrafia', e significa scrittura a mano. Lei conosce la parola 'scrittura', presumo?" Mise i pugni sui fianchi.
Annuii e presi il foglio, che era il mio compito di scrittura del giorno precedente.
Quando la signora Morton si voltò, dissi a Liz: "La scrittura a mano?".
Liz afferrò la matita e fece un movimento, come se scrivesse una parola in aria.
"Potrebbe, signorina Devaki", disse la signora Morton dopo aver raggiunto la sua scrivania ed essersi messa di fronte ai suoi studenti, "chiedere al signor Kavanagh di farle da tutor. Ha la migliore calligrafia della classe, anche se la sua scrittura è un miscuglio senza senso".
Questo provocò qualche risatina da parte degli altri studenti fino a quando lo scoraggiante cipiglio della signora Morton non li fece tacere.
Rodger Kavanagh mi guardò e sorrise.
La mia mano scattò in aria.
"Miscuglio", disse la signora Morton, "significa disordine, confusione".
Non tirai giù la mano.
"Cosa, allora?"
"Cosa significa 'tunor'?"
Altre risatine, e quasi un sorriso dall'indomita signora Morton. Scrisse una frase sulla lavagna. 'Tutor significa istruire o addestrare qualcuno'. "Occasionalmente, uno studente più brillante..." guardò Kavanagh, "aiuta qualcuno che sta rimanendo indietro. Se vuoi passare il mio corso di inglese, Devaki, ti suggerisco di trovare un tutor il prima possibile. L'elevata intelligenza non è una scusa per scritture incomprensibili".
La signora Morton guardò l'orologio sulla sua scrivania, aspettò un momento, poi annunciò: "La lezione è terminata".
Sentii un'improvvisa colluttazione e un raschiare di gambe della sedia sul pavimento di legno mentre gli studenti afferravano i loro libri e si affrettavano ad uscire dalla lezione di Scrittura Inglese.
* * * * *
Molti studenti divorarono il cibo per passare il resto della loro ora di pranzo nella sala diurna, giocando a scacchi. Alcuni saltarono persino il pasto per avere più tempo a disposizione.
"Bella partita", borbottò Rodger Kavanagh dopo che lo battei brutalmente in una partita a scacchi a tempo. Cominciò a rimettere i pezzi al loro posto di partenza.
Questo fu mercoledì, il giorno successivo al suggerimento della signora Morton di trovarmi un tutor.
"Signor Rodger", dissi.
Mi guardò, alzando un sopracciglio.
"Non le dispiacerà troppo darmi questo tutoraggio di calligrafia?".
Quando Kavanagh sorrise, le sue labbra si tirarono indietro, mostrando tutti i suoi denti, dandogli l'aspetto di un lupo affamato. "Dipende."
"Da cosa?"
"Da te che mi dici com'è che mi batti ogni volta che giochiamo".
"Un motivo, è che rinunci alle torri troppo presto".
"Cosa?" Azzerò l'orologio degli scacchi.
"Nella prima parte del gioco, tiri fuori le tue torri e le baratti con i miei cavalieri. Questo può essere un bene per il gioco centrale, ma non così buono perla fine, quando la scacchiera viene ripulita da così tanti pezzi e le torri hanno campo di battaglia libero. Se alla fine non hai che un cavaliere e un alfiere e io ho le mie due torri, sono in vantaggio".
"Davvero? Beh, vedremo. Comincia".
In questa partita, Rodger riuscì a tenere le sue torri fino alla fine della partita, ma io lo demolii comunque in meno di due minuti.
Si appoggiò alla sua sedia e incrociò le braccia. "Le mie torri non hanno aiutato per niente".
"Dovete ricordarvi di mantenere la distanza tra le vostre torri per evitare la forchetta del mio cavaliere".
"Sì, certo." Si alzò in piedi, calciando la sua sedia. "Vieni qui subito dopo cena. La tua calligrafia fa schifo, quindi preparati a ricominciare da zero".
"Ricominciare da zero?"
"Dall'inizio, come una bambina di prima elementare."
Sorrisi. "Sì, sono la tua allieva di prima elementare".
* * * * *
Quella sera, saltai la cena e mi precipitai nella sala diurna. Diversi ragazzi mi chiesero di giocare a scacchi, ma io rifiutai, volendo tenere il mio tavolo libero, tranne che per le matite e la tavoletta per scrivere. Nell'attesa, studiai il mio compito di storia.
Rodger Kavanagh arrivò alle 5:20. Non mi salutò, anche se lo salutai e lo ringraziai per avermi aiutato. Lasciò cadere una tavoletta sul tavolo, poi si avvicinò a me con una sedia.
Guardai il suo quaderno. "Chi è questo 'Gregg'?
"Cosa?"
"Il tuo nome è 'Rodger', ma qui c'è 'Gregg'." Toccai con il dito il suo quaderno.
"Oh, quando la mamma ha comprato il mio materiale scolastico per l'Accademia, ha preso per sbaglio tre blocchida stenografia ‘Gregg’".
Tenevo le mani davanti a me, guardando da una all'altra. "Stenografia? Che cosa significa?"
"È un modo per prendere appunti molto velocemente. Ma è troppo complicato per imparare". Capovolse il blocco e lo aprì alle ultime pagine. "Ecco alcuni dei simboli della stenografia." Le ultime cinque pagine erano prestampate con vari simboli e il loro significato. "Vedi cosa intendo? Non potresti mai imparare tutte queste cose". Sfogliò la prima pagina. "Questi sono fogli di pratica per la stenografia, ma li uso solo per gli appunti". Prese la mia matita. "Vedi, ho scritto tutte le lettere dell'alfabeto in lettere maiuscole. Voglio che tu..."
"Maiuscola?"
"Uh, stampato, in stampatello."
"Ah, sì, ho capito."
"Voglio che ti eserciti a scrivere tutte le ventisei lettere più e più volte, finché non riesci a scriverle come le mie, poi inizieremo con le minuscole, prima di passare alla scrittura in corsivo". Aprii la bocca, ma lui mi fermò con la mano alzata. "Il corsivo è quando scrivi così". Scrisse: " The quick brown fox jumps over the lazy dog ".
"La tua scrittura è molto bella".
"Sì, beh, mia madre passava molte ore ad insegnarmi a scrivere correttamente".
"Lei ha fatto un buon lavoro."
"Grazie."
"Qual è il significato di questa frase che hai scritto?"
"Si dà il caso che questa frase contenga tutte le ventisei lettere dell'alfabeto, quindi la useremo spesso nella pratica della scrittura".
"E se qualcuno volesse usare la stenografia?"
"Basterebbe qualche tratto, così."
Raggrinzii la fronte per le poche righe ricciolute che aveva scritto. "Dice la stessa cosa che hai scritto prima?"
"Beh, quelli non sono i simboli corretti. Ti sto solo mostrando quanto sarebbe più veloce in stenografia, ma sì, basterebbero pochi simboli".
"Come si fa a imparare la corretta stenografia?"
"Non lo so, probabilmente ci sono dei libri in biblioteca che ne parlano". Gettò la matita sul tavolo."Senti, devi darti da fare. Vado a fare una partita a scacchi a tempo con Hobbs, poi torno a vedere come va".
Dieci minuti dopo tornò.
"Hai vinto la partita?" Gli chiesi.
"Sì, avevi ragione su quelle torri." Studiò per un momento il mio quaderno. "Ottimo lavoro. Continua mentre vado a cercare un altro sfidante".
Quando tornò, dopo quindici minuti, io ero andata via, e anche il suo blocco Gregg.
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