Raji: Libro Uno

Raji: Libro Uno
Charley Brindley
1925. Una ragazza indiana viene trovata in un fienile in Virginia, USA. Dicembre 1925. Vincent Fusilier trova Raji che dorme nel fienile della sua famiglia. Pensa che sia una mendicante e le dice di andarsene. Lei non capisce l’inglese e non sa dove si trova. Nei mesi successivi, questi due ragazzi si sforzano per capire uno la lingua e la cultura dell’altra. PUBLISHER: TEKTIME

Charley Brindley
Raji: Libro Uno

Raji

Libro Uno: Octavia Pompeii

di
Charley Brindley

charleybrindley@yahoo.com

www.charleybrindley.com

A cura di
Karen Boston
Sito webhttps://bit.ly/2rJDq3f

Copertina di

Charley Brindley
© 2019

Tutti i diritti riservati
Traduzione di Giulia Geppert
© 2019 di Charley Brindley, tutti i diritti riservati
Stampato negli Stati Uniti d’America
Prima Edizione Febbraio 2019

Questo libro è dedicato a
Grace Elizabeth Ann Brindley

Altri libri di Charley Brindley
1. La miniera di Oxana
2. L’ultima missione della Settima Cavalleria
3. Raji Libro Due: L’Accademia
4. Raji Libro Tre: Dire Kawa
5. Raji Libro Quattro: La casa del vento dell’Ovest
6. La ragazza dell’elefante di Annibale
7. Cian
8. Ariion XXIII
9. L’ultimo posto sull’Hindenburg
10. La libellula e la monarca: Libro Uno
11. La libellula e la monarca: Libro Due
12. Il mare della tranquillità 2.0 Libro Uno
13. Il mare della tranquillità 2.0 Libro Due
14. Il mare della tranquillità 2.0 Libro Tre
15. Il mare della tranquillità 2.0 Libro Quattro
16. Il mare dei dispiaceri, Libro Due
17. Non resuscitare
18. La ragazza dell’elefante di Annibale, Libro Due
19. Il bastone di Dio, Libro Uno
20. Enrico IX
21. L’incubatrice di Qubit
In arrivo
22. La libellula e la monarca: Libro Tre
23. Il viaggio a Valdacia
24. L’apparenza inganna
25. La Signora Machiavelli
26. Ariion XXIX
27. L’ultima missione della Settima Cavalleria Libro
Dettagli alla fine del libro

Capitolo Uno
Fuse aprì la porta della stalla e gli mancò il respiro quando vide la ragazza addormentata in mezzo al fieno. Si resse alla porta per non perdere l’equilibrio. Non era mai successo niente di simile prima. Da dove veniva?
Carina … è così carina.
La ragazza giaceva su un fianco, ed era incorniciata dai raggi del sole della Virginia.
Cosa dovrei fare? Svegliarla? Lasciarla da sola?
Non posso stare a fissarla per tutto il giorno… beh, potrei…
Con lo stivale le diede un colpetto sul piede. "Ehi, svegliati!"
La ragazza rabbrividì, si raggomitolò e si mise le mani tra le ginocchia. Una rattoppata e languida tuta ed una sottile giacca coprivano il suo esile corpo. Indossava scarpe in pelle verniciata, logore, senza lacci o calze.
Di sicuro non èvestita adeguatamente per sopportare il pienoinverno.
"Ransom." Il cavallo in miniatura rotolò dal fieno e si avvicinò al ragazzo. "L'hai lasciata entrare qui?"
Il cavallino nitrì sbattendo la testa contro l'anca del ragazzo, annusandogli la mano.
"No. Non ho zollette di zucchero per te questa mattina." Disse Fuse spostando il secchio di metallo nella mano destra e grattando Ransom tra le orecchie.
Tra il fieno, vicino alla ragazza, c'era una piccola valigia malconcia con una vecchia cintura di cuoio stretta al centro.
"Da dove viene, Ransom?"
Inclinò il secchio in modo che il cavallo potesse raggiungere l'avena all'interno. Ransom, a quattro anni, arrivava a malapena alla vita di Fuse.
"Devi andartene!" Disse Fuse, alzando la voce per svegliare la ragazza. Con quei lunghi capelli neri e la carnagione abbronzatissima, gli ricordava una zingara. "Questo è un fienile, non un albergo."
La ragazza si svegliò di scatto. Si guardò attorno, individuò la valigia. La afferrò, stringendosela al petto.
"Cosa ci fai qui?" Chiese lui.
Lei scosse la testa, fissandolo. I suoi occhi erano marrone scuro, fumanti di sfida. Il suo respiro fece piccole nuvole di nebbia nell'aria gelida di dicembre, come faceva Ransom dopo essere scappato da un branco di cani. Fuse attese un momento, ma lei non parlò.
"Bene, devi andartene! Non ci servono mendicanti che dormano nel nostro fienile." Le parole di Fuse fecero nuvole ancora più grandi delle sue.
Lui indicò la porta. Lei lo guardò, poi si alzò,tenendo la valigia per la cinghia.
Perché non mi parla?
La ragazza si tolse un po’ di fieno dai capelli con le dita e sollevò il mento, sostenendo il suo sguardo. I capelli le arrivavano sotto la vita. Era più bassa di lui e un po’ più giovane – tredici anni o giù di lì – ma non arretrò, nemmeno di un passo. Ammirava la sua determinazione e desiderava che gli parlasse.
"Va bene, non parlare", disse Fuse. "Ma non ho tempo per una gara di sguardi. Dai, bello. Vediamo cosa combina Stormy".
Ransom proseguì verso il retro dell'enorme fienile.
Piccioni a raffica svolazzarono attorno alle travi, per poi raggiungere i loro alti posatoi, inclinando la testa per guardare il cavallino.
Fuse si fermò accanto a una Ford Modello T e controllò le gomme. L'auto aveva solo quattro anni e in ottime condizioni, ma non era più stata in strada dall'incidente di suo padre. Fuse ci andava in giro per la fattoria due volte a settimana per evitare che il motore si bloccasse, ma mai in autostrada. Aveva una gomma a terra, ma avrebbe dovuto aspettare fino al termine della scuola.
Il puledrino tornò galoppando verso Fuse, saltellando attorno a lui, sollevò tutta la sporcizia.
“Vai avanti, sono proprio dietro di te.”
Una mucca muggì quando gli passò accanto. Il forte odore gli ricordò che avrebbe dovuto vuotare i loro box prima di andarsene.
Ransom corse verso una porta mezza chiusa che conduceva in una delle scuderie.Girò la serratura col naso, facendo scorrere il bullone fuori dal fermo. La porta si aprì oscillando.
“Ehi, quando hai imparato a farlo?”
Un altro cavallo in miniatura, una femmina di palomino, chesi trovava vicino ad un mucchio di fieno, sbuffò.
“Come stai, Stormy?” Fuse si inginocchiò e accarezzò il suo pancione enorme.
Lei si girò a guardarlo. Sembrò che il suo tocco l’avesse rasserenata.
“Penso proprio che avrai il tuo piccolo oggi, lo sai?” Si guardò alle spalle. “Se quella ragazza avesse avuto un po’ di cervello,” sussurrò lui, “avrebbe dormito qui, dove fa caldo.” Controllò la stufa a cherosene montata sul muro. “Serbatoio mezzo pieno. Abbastanza per tenerti al caldo tutto il giorno.”La cavalla annusò la sua mano, e lui le spostò il grosso ciuffo biondo dagli occhi.“Vedo che hai mangiato tutta l’avena.” Vuotò il secchio nella mangiatoia e si allontanò in modo che lei potesse raggiungerlo. “Ora ripulisco questo posto, e poi devo andare ad aiutare papà prima di uscire.” Si rivolse all’altro cavallo. “Ransom, non so come tu abbia imparato ad aprire la serratura, ma devi lasciare in pace Stormy. Credo che diventerai papà molto presto, ma lei non ha bisogno di te qui a darle fastidio.”
Mentre Ransom si nutriva dalla mangiatoia accanto a Stormy, Fuse uscì e vuotò il secchio dietro il fienile, lo riempì di acqua fresca, tornò e rastrellò la sua stalla. Dopo aver gettato uno strato di paglia fresca sul pavimento sporco, tutto aveva un odore migliore.
“Andiamo, Ransom.”
Fuse accarezzò la schiena di Stormy e le diede una pacca sul sedere.Chiusa la porta, Ransom galoppò verso l'ampia uscita del granaio. Si fermò e annusò il mucchio di fieno. Fuse fissò la sagoma del corpo; se n'era andata.
"Beh, non poteva restare qui, giusto? Abbiamo già abbastanza creature da sfamare".
Prese una pila di borse di iuta da uno scaffale. Le galline si strusciavano l'una con l'altra mentre beccavano nella sporcizia. I maiali grugnivano e si azzuffavano sul mais, mentre il toro masticava e sbuffava.
Sentì un fruscio silenzioso nel fieno, poi un cigolio ovattato mentre uno dei gatti del fienile uccideva un topo.
Ransom alzò i suoi grandi occhi marroni su Fuse, inclinando la testa di lato.
“Inoltre,” disse Fuse, "probabilmente mangia come un cavallo."
Ransom sbuffò e si girò verso la porta, piegando le orecchie verso fuori.
Posò i sacchi di iuta sul mucchio di fieno e seguì il cavallo all’esterno. "Era un po’ magra però, non trovi?".
I primi raggi di sole mattutino splendevano sull'erba ghiacciata. Le orme della ragazza portavano dal fienile alla casa. Ma a metà strada verso il portico posteriore, deviavano a sinistra.
Perché l’ha fatto?
Fuse si inginocchiò per studiare le impronte nella brina, portavano alla recinzione di Ransom. A quanto pare, la ragazza aveva scavalcato lo steccato e attraversato il campo di fieno. Sembrava che fosse diretta verso il bosco a mezzo miglio di distanza.
Pensavo che sarebbe scesa in strada e avrebbe cercato un passaggio. Perché è andata nel bosco invece di andare in città?
Toccò una delle impronte.
Ha un buco nella suola della scarpa sinistra.
Scosse la testa e si alzò per seguire Ransom fino al cancello del recinto. Il cavallo strattonò il chiavistello ma non riuscì ad aprirlo. Fuse lo liberò dal ghiaccio, aprì il cancello e seguì Ransom all'interno.
"Resta qui dentro e non combinare altri guai. Se quella puzzola torna, lasciala in pace. Ci è voluta una settimana per togliere il tanfo dal fienile l'ultima volta che l'hai inseguita. Dopo aver pulito le stalle delle mucche, preparerò la colazione per papà, poi andrò a scuola".
Ransom galoppò verso l'abbeveratoio per annusare il ghiaccio.
"Sarò a casa per le quattro e mezza. Forse per allora avremo un nuovo puledrino. Chissà se sarà un palomino come Stormy, o unbuckskin come te".
Lo strato di ghiaccio si crepò e poi si spezzò sotto la mano di Fuse. Gettò i pezzi lontano da Ransom e guardò verso il bosco. Le cime degli alberi si piegarono all'unisono, come una fila di soldati stanchi con il vento del Nord alle spalle. Fuse osservò per un attimo la foresta oscura, poi si diresse verso la casa.
“A più tardi, Handsome Ransom.”
* * * * *
Dall'altra parte del campo, in mezzo agli alberi, Rajiani si tirò su il colletto e si rannicchiò contro il tronco di un alto pino, cercando di sfuggire al vento gelido. Il suo corpo esile tremò mentre guardava il ragazzo gettare i suoi libri nel cestino anteriore della bici. Avrebbe voluto avere un cappotto pesante e guanti caldi come i suoi.
Il giovane spinse la bici fino a guadagnare velocità, poi ci saltò su, scavalcando il sellino con una gamba. Stando in piedi sui pedali, si avviò versoil lungo vialetto. In fondo alla stradina, la bici slittò sulla ghiaia. Lei trattenne il respiro, ma lui appoggiò il piede e si piegò in curva, ruotando agevolmente a sinistra. Si alzò di nuovo in piedi e continuò a pedalare forte e deciso, sfrecciando lungo la strada di campagna. Dopo che attraversò la collina senza vederla, lei prese la valigia e corse di nuovo verso la fattoria.
* * * * *
Fuse solitamente percorreva in bicicletta le quattro miglia fino al liceo in venti minuti, a meno che la pioggia non infangasse la strada, o la neve, che era la peggior situazione per andare in bicicletta.
Pedalò fino in cima alla Caroline Bell Crest, dove la ghiaia lasciava posto al pavimento liscio dell'asfalto, per proseguire in discesa verso Wovenbridge. Quando arrivò davanti al Harvey Winchester Country Club, rallentò fino a fermarsi. I campi da tennis erano vuoti, ma a volte, passando, vedeva la gente fuori a giocare anche con il freddo. Il club aveva sei campi, tutti puliti e ben curati, le reti strette e dritte. Un contrasto con il vecchio campo della sua scuola, con il cemento crepato, le strisce bianche sbiadite e un albero a reggere la rete al centro.
Cosa non darei per giocare lì, almeno una volta.
Guardò la sua vecchia racchetta di legno nel cestino della bici, sospirò, poi si affrettò a procedere.
Il quattordicesimo compleanno di Fuse era stato tre settimane prima, il 1°dicembre 1925. Non aveva ricevuto alcun regalo, ma non gli importava. Non aveva bisogno di nulla, tranne forse di una nuova palla da tennis, e un libro in particolare: Diagnosi fisica e procedure cliniche.
Suo padre l’aveva sempre messoin imbarazzo quando si vantava con gli altri contadini del fatto che suo figlio fosse il più giovane dei quarantasette studenti della propria classe; in realtà, era il più giovane seniordi sempre alla Monroe High. L’ultima volta che prese meno di “A”,suo padre raccontò agli altri uomini, che in terza elementare, la signorina Caldwellgli diede una “B” in calligrafia.
Il volo di tre rumorosi corvi attirò la sua attenzione. Attraversarono la strada davanti a Fuse e atterrarono su un recinto di filo spinato, gracchiando e agitandosi come un branco di ladruncoli.
A volte avrebbe voluto scappare e nascondersi quando suo padre parlava di lui. Ma ora sarebbe stato felice di sentire un semplice ‘ciao’ o un ‘come stai, figliolo?’”
Fuse percorse la Winchester Avenue, si precipitò nel cortile della scuola, smontò a metà strada e spinse la bici fino al portabici. Afferrò i suoi libri, il cestino del pranzo e la racchetta da tennis, poi corse su per le scale, schivando alunni e insegnanti. Una volta dentro, si precipitò in biblioteca.
Dopo essersi seduto e aver appoggiato la sua attrezzatura sul pavimento, sussurrò: " Via!"
Benjamin Clayton mosse il suo re bianco e schiacciò il pulsante del timer, fermando il suo tempo e facendo partire il turno di Fuse. Fuse mosse il suo pedone nero e premette il pulsante.
Ogni mattina, Clayton allestiva la scacchiera e teneva pronti gli orologi. Di solito giocavano tre o quattro partite a tempo prima della campanella delle nove.
* * * * *
Rajiani arrivò a metà strada oltre il pascolo prima che Ransom la raggiungesse al galoppo. Si fermò a dargli una pacca sulla schiena e a grattargli il collo, poi si affrettò a proseguire. Lui le corse intorno e poi si diressero assieme verso la fattoria. Quando raggiunsero il recinto di legno, lei infilò la valigia sotto l'asse inferiore e scavalcò, la riprese e si incamminò verso la casa.
Ransom piagnucolò e lei si affrettò a tornare da lui.
"Shhh."
Si mise un dito sulle labbra e gli diede un colpetto sul naso morbido. Questo sembrò soddisfarlo, così corse verso la casa.
Rajiani aprì la porta della zanzariera e salì sul portico, dove un'altra porta conduceva in casa. Si schiacciò contro il muro vicino alla seconda porta e trattenne il respiro mentre si sforzava di sentire i rumori all'interno; non sentì nulla.
Improvvisamente, la molla della porta stridette come un gatto spaventato. Lei ansimò e strizzò gli occhi, pensando di sentire una voce o il rumore dei passi provenire da dentro, ma non sentì alcun suono. Tenne la porta della zanzariera ferma con il piede e afferrò la maniglia; non si aprì. La mano le tremava per la paura e il freddo. Con l'alito si scaldò le dita irrigidite, poi afferrò il pomello per riprovare. Sentì un forte scatto metallico quando il pomello si mosse sotto la sua mano, poi sgattaiolò dentro, chiudendosi delicatamente la porta dietro. Il calore della cucina la avvolse come una morbida coperta.
Che bella sensazione. Mi sento come se avessi sempre patito il freddo.
Un piatto di biscotti era sul tavolo. Si avvicinò in punta di piedi.
Il ragazzo vive qui da solo?
Appoggiò la sua valigia sul tavolo, afferrò un biscotto e lo divorò.
Oh, che bello avere qualcosa da mangiare.
Rimasero cinque biscotti. Attraversò la cucina, sul bancone c’era una brocca di metallo accanto a un piatto coperto da uno straccio. Guardò all’interno della brocca:acqua. Mentre beveva dal beccuccio, sollevò lo strofinaccio per controllare il contenuto e quasi le andò per traverso; sei strisce di carne adagiate sul piatto. Ne afferrò una e la mangiò in due morsi, senza curarsi se si trattasse di carne di manzo o meno, poi mandò giù altra acqua. La carne solitamente non faceva parte della sua dieta, e certamente non quella di manzo, ma la fame prevalse sui suoi principi.
Portò il cibo e il bere a tavola, dove finì tutta la carne, mangiò altri quattro biscotti e bevve metà della brocca d'acqua. Nemmeno a casa il cibo era mai stato così buono.
Con l'ultimo biscotto in mano, sgusciò verso la porta che conduceva alla parte anteriore della casa, sbirciò dietro l'angolo e scattò all'indietro.
C’è qualcuno lì!
“Hai Rama! Main ab pakdee jaaoongi!(Santo Cielo! Sono stata scoperta!)”sussurrò.

Capitolo Due
Rajiani si schiacciò di nuovo contro il muro della cucina e trattenne il fiato.
Un uomo nell’altra stanza! Seduto di fronte al caminetto.
Sicuro sarebbe entrato da un momento all’altro e avrebbe scoperto che gli aveva rubato il cibo.
Riprese a respiraree si avvicinò al tavolo per prendere la sua valigia.Proprio quando la raggiunse, sentì la porta principaleaprirsi e poi un rumore di passi.
“Buongiorno,” intonò una voce femminile. “Come si sente oggi, Signor Fusilier?”
Rajiani si guardò intorno, cercando freneticamente un posto dove nascondersi.
Sono un’Intoccabile. Non posso essere catturata per aver rubato il loro cibo. Mi uccideranno all’istante.
"Oggi si gela là fuori", disse la donna. "Sono contenta che il tuo ragazzo abbia acceso un bel fuoco prima di andare a scuola".
Rajiani non capì le parole della donna, ma aveva sentito quella lingua mentre era in viaggio, in fuga. Anche il ragazzo che l’aveva trovata a dormire nel fienile aveva parlatola stessa lingua.
È stato meschino, ma gli adulti sono odiosi. Sono sempre i peggiori per una come me.
“Vado a fare un po’ di caffè, e poi ci metteremo a lavorosu quegli esercizi. Ne ho uno nuovo oggi per le sue braccia e le sue spalle. Penso che le piacerà molto.”
L’uomo non rispose.
Quando sentì i passi sul pavimento di legno venire verso la cucina, Rajiani saltò fuori dalla porta, tirandola indietro per nascondersi. I passi si fermarono improvvisamente, a pochi centimetri di distanza.
“Bene, a lavoro!” Disse la donna.
Rajiani guardò attraverso la fessura della porta e vide la donna in piedi, con le mani sui fianchi, che fissava il tavolo. Indossava un'uniforme bianca, con la gonna che le arrivava alle caviglie. Le sue scarpe nere alte erano lucidate a specchio e portava un berretto bianco.
“Due piatti sporchi,” disse la donna. “Non ho mai visto Vincent lasciare i piatti in tavola, nemmeno puliti. E cosa ci fa quella lì?"
Di cosa sta parlando?
Rajiani seguì lo sguardo della donna e vide i due piatti. I suoi occhi si sgranarono quando poi vide la sua valigia sul tavolo.
La donna si avvicinò e prese i due piatti, tenendo gli occhi sulla valigia. “Non l’ho mai vista prima. Credo si tratti di cose di scuola di Vincent.” Portò i piatti sul bancone e tornò a prendere la brocca d'acqua.
Stava parlando da sola?Rajiani pensò, penetrando ancora di più nell’ombra.
Una croce rossa era cucita sul davanti del cappello inamidato della donna. Era alta e magra, con una postura perfettamente dritta e il viso privo di rughe. Aveva gli occhiali con la montatura a filo, e la carnagione del colore del cioccolato fondente.
Quella donna è così scura. Potrebbe essere un’Oppressa come me? Ma no, indossa un’uniforme da infermiera, quindi deve essereuna Bramina.
L’infermiera controllò quanta acqua fosse rimasta nella brocca, poi l’appoggiò sul bancone. Aprì la parte anteriore della stufa con un attizzatoio e prese un po’ di legna dalla cassa per alimentare la brace morente. Mentre il fuoco riprendeva vita, canticchiòun motivetto riempiendo a metà d’acqua un pentolino di metallo.Poi posizionòuna caffettiera e un filtro all’interno.
Che strana teiera, come può fare il tè in quel modo?
La donna tirò giù un barattolo da uno scaffale e riempì con una manciata di chicchi il macinino. Dopo averlo fatto girare per un minuto, versò la polvere nel filtro. Coprì la pentola e la mise sul fornello acceso.
“Swing low, sweet chariot”, cantò delicatamente affacendandosi in cucina, aspettando che l'acqua bollisse. “Comin’ for to carry me home.”
Il tremolio del pentolino attirò l'attenzione di Rajiani. Un aroma riempì la stanza, ma lei non lo riconobbe. A suo parere, era l'odore della quercia bruciata.
Sicuramente, non bevono questa cosa.
“Swing low,” continuò l’infermiera, e cantò la canzoncina versando il liquido scuro in due tazzeaggiungendo poila panna e lo zucchero.Le tazze tintinnarono sui loro piattini mentre le portava nella sala da pranzo.
“Adesso abbiamo del buon caffè, Signor Fusilier.”
Quando la donna lasciò la cucina, Rajiani uscì da dietro la porta e sbirciò nell'altra stanza. L'uomo era rimasto seduto nella stessa posizione di prima, a guardare il fuoco. Solo allora si accorse che era su una sedia a rotelle di legno, ma non era vecchio.
Chissà come mai è paralizzato, cosa gli saràsuccesso?
L'infermiera mise le tazze sul tavolino accanto all'uomo. Ne mescolò una e intinse un cucchiaio nel caffè fumante.
“Mi assicuro che non sia troppo caldo”. Sorseggiò. “Mmm-umm, dolce e cremoso. Proprio come piace a lei”.
Prese un altro cucchiaino e glielo portò alle labbra. L'uomo scosse la testa, come se si fosse spaventato, poi sorseggiò rumorosamente dal cucchiaino. Ingoiò e si leccò le labbra.
“Certo che è buono. Gliel’avevo detto, no?” Ridacchiò prendendo un altro cucchiaio. “Il Dottor Mathews ieri pomeriggio mi ha detto così: ‘Julia, fai due serie complete di esercizi due volte al giorno per il Signor Fusilier.’Quindi è questo quello che faremo.” Fece un sorso dalla sua tazza e la rimise sul piattino. “Subito dopo il caffè, misuriamo la pressione sanguigna, auscultiamo il cuore, e poi lavoriamo su queste gambe. Quel dottore dice che finché terremo i muscoli in movimento, non si atrofizzeranno.Poi, quando si sentirà meglio, sarà in grado di camminare e tutto il resto. Anche tornare a lavorare in questa sua grande fattoria. Lo so che Vincent lavora sodo, cerca di tenere tutto in piedi, ma avrà bisogno del suo aiuto per la semina primaverile.”
Rajiani fece un passo indietro, allontanandosi dalla porta. Si avvicinò in punta di piedi al tavolo, prese la valigia e si precipitò verso la porta sul retro. Silenziosa come un felino, afferrò la maniglia.
Piano, piano, non farla scattare.
“Sì, signore” la voce che provenne dall’altra stanza la spaventò."Sentiamo come batte questo cuore stamattina, e dopo il nostro primo esercizio, scriverò una bella lettera alla vostra signora. Vorrà sicuramente sapere tutto sui vostri buoni progressi".
Rajiani oltrepassò la porta e la chiuse. Una volta fuori dalla zanzariera,scappò verso il fienile.

Capitolo Tre
A mezzogiorno, Fuse si affrettòad uscire dalla classe di storia, andò fuori dalla porta di servizio della palestra, e si diresse al campo da tennis.
"Forza, Fusilier." Cameron fece rimbalzare la palla bianca sul bordo della sua nuova racchetta Wilson. Realizzata in grana fine di betulla e acero rigorosamente intrecciata con il catgut, era il top della gamma. "Hai già sprecato cinque minuti della nostra pausa pranzo, mangiando".
Fuse si infilò in bocca l'ultimo pezzo di panino con pancetta e biscotti e bevve il latte dal thermos. "Arrivo", borbottò con la bocca piena, "arrivo!" Si tolse la giacca, prese la racchetta ed entrò in campo.
Cameron fece cadere la palla e la schiacciò oltre la rete. "Quando ti prenderai delle scarpe decenti? È difficile giocare a tennis con quelle brogan".
Fuse si lanciò sulla palla che colpendolafinì sulla rete. "Ho ordinato un paio di scarpe da ginnastica dal catalogo Sears Roebuck". Corse a prendere la palla.
“Fantastico. Ci vorranno solo sei settimane.” Cameron si spostò di lato ed eseguì un disinvoltorovescio, restituendo il colpo. "Rimbalza sulle punte. Piega le ginocchia e chinati in avanti. Preparati a spostarti a destra o a sinistra, non appena colpisco la palla. Bene. Questa arriva a destra. Gira il corpo di lato non appena capisci dove sta andando. Buttati sul tiro. Riprendi subito la racchetta. No, no, no. Non concentrarti sul tuo rovescio".
Mike Cameron era all'ultimo anno di liceo come Fuse, ma era tre anni più grande e 30 centimetri più alto. Snello e muscoloso, era il miglior tennista della contea di Winterset. Lavorare alla fattoria e andare a scuola in bicicletta avevano mantenuto Fuse in buone condizioni, ma non era robusto come Mike.
“Devo lavorare sul mioservizio,” disse Fuse.
Mancò il tiro successivo e andò a recuperare la palla. Notò tre ragazze sedute al tavolonel cortile dell’edificio amministrativo. Gli sembrò una cosa strana, con i cappotti pesanti e i guanti di lana, mangiavano panini e bevevano dai thermos. Fuse si considerava un tipo carino, ma sapeva che quelle ragazze non erano sedute lì all’ora di pranzo per guardare lui.
“Devi lavorare su tutto,” disse Cameron quando Fuse tornò sul campo. “Credi davvero di entrare così all’Octavia Pompeii?”
“Hai ragione.”
“Bene, lavoriamo sul servizio e sullavolée.Puoi scommettere che tutti i giocatori di livello ‘A’ saranno alla retein un attimo, pronti a farti ingoiare la palla. Sei un po’ basso per il tennis, ma hai un grosso vantaggio essendo mancino. Questo fa sempre andare fuori di testa l’avversario, perché si confonde su quale lato sia il tuo rovescio etu puoi facilmente servire al suo. Ora, servi la palla e corri verso il centro della rete. Devi essere rapido. Prova a farlo veloce in quattro passi.Andiamo!”
Cameron e Fuse lavorarono duramente per i successivi quaranta minuti, poi raccolsero tutto e si prepararono ad andarsene.
“È l’unico allenamento che fai?” chiese a Fuse mentre lasciavano il campo.
“Sì.”
“Mmm. Non sarà sufficiente. Conosci qualcuno al country club?”
“Si, certo.Nei miei sogni.Comunque,” Fuse indicò le ragazze con la testa, “vedo che oggi è arrivata la tifoseria.”
Cameron guardò le tre ragazze e si fermò per far loro un esagerato inchino, tenendo la racchetta di lato e la mano libera in vita. Questo le fece scatenare in un culmine di risate e sussurri.
"Quella tua stalla", disse Cameron a Fuse mentre proseguivano verso la palestra, "ha un posto libero, dove non ci siano recinti per maiali o altro?".
“Certo,” disse Fuse. “Il lato sud è libero.”
“Sai quanto è alta quella rete?”Guardarono indietro verso il campo da tennis mentre Cameron puntava la racchetta verso la rete.
“Circa ad altezza bacino.”
“Esatto. Dipingiti una linea bianca in quel tuo fienile, altezza vita e lunga sei metri. Servi e colpisci al volo sul lato del fienile. Non preoccuparti di dove rimbalza la palla, basta che la porti un paio di centimetri oltre la linea bianca e poi corri verso il muro.”
“Pensi davvero che questo mi aiuterà?”
"Devi lavorare sui colpi a terra, sulla schiacciata sopra la testa, sui rovesci e su tutto il resto. Ma ti dico, padroneggia il servizio e la volée, e vincerai a tennis. Forza, dobbiamo lavarci prima della lezione di algebra del signor Anderson".
Si diressero verso lo spogliatoio maschile in fondo alla palestra.
"Grazie per avermi aiutato", disse Fuse.
"Non preoccuparti, ti sdebiterai. Ho ancora bisogno di aiuto con la geometria solida".
* * * * *
Fuse era seduto nell'ultima fila dell'aula del signor Anderson estava leggendo un grosso libro illustrato.
"Signor Fusilier".
Fuse sussultò e alzando lo sguardo vide il signor Anderson dirigersi verso di lui. Gli altri studenti guardavano l'insegnante in silenzio.
"Ti andrebbe di partecipare alla lezione di oggi?
"S-sì, signore." Fuse chiuse il libro e lo fece scivolare sotto quello di matematica.
"Bene, allora. Puoi dirmi cosa vedi sulla lavagna?"
"È un'equazione quadratica."
"Sì!E per gli altri studenti che hanno prestato attenzione nell'ultima mezz'ora senza capire niente della mia spiegazione, qual è la tua definizione di equazione quadratica?
"Un'equazione quadratica è un'equazione polinomiale di secondo gradocon una singola variabile, in questo caso, X".
"Corretto, ancora una volta". Il signor Anderson tenne il suo libro di testo contro il petto e guardò gli altri. "E ora, le dispiacerebbe darci la formula quadratica?"
Fuse studiò la lavagna per un momento, poi rispose: "X è uguale a meno B, più o meno la radice quadrata di B alla seconda, meno quattro AC, tutto fratto due A".
Il signor Anderson aprì il suo libro di matematica per guardare una pagina. "Molto bene, signor Fusilier". È tornò in cima alla classe.
"Secchione", qualcuno sussurrò dalla sinistra di Fuse.
Si girò e vide Monica Cuddlestone che gli sorrideva. Era una brunetta dagli occhi blu intenso, arricciò in modo carino solo il lato destro della bocca. Mentre si leccava il labbro superiore con la punta della lingua, lui si soffocò e girò la testa verso l'insegnante. Lei ridacchiò.
“Può tornare aGrey’s Anatomy, signor Fusilier,” disse l’insegnate cancellando la lavagna per iniziare una nuova equazione. “La chiamerò di nuovo se avremo bisogno di aiuto.”
Fuse afferrò il libro di anatomia e lo aprì dove la matita aveva tenuto il segno. Non era un libro di nessuna materia del liceo, ma del college, che aveva preso in prestito dalla biblioteca. Voltò un paio di pagine e cominciò a leggere della spina dorsale e del midollo spinale dell’uomo.
* * * * *
Fuse appoggiò la sua bicicletta contro una quercia torreggiante accanto al portico. Raggiunse a grandi passi la porta d'ingresso e la spalancò.
"Ciao papà", salutò mentre gettava i libri e la racchetta da tennis vicino alla porta d'ingresso. Aggirò la sedia a rotelle del padre e gli si mise di fronte. "Hai fatto tutti i tuoi esercizi oggi?".
Suo padre non rispose.
Fuse prese la posta da sopra il caminetto, dove la signora Smithers la lasciava sempre. Vide una lettera della banca, una fattura del negozio di mangimi da sei dollari e cinquanta centesimi per dodici balle di erba medica e un assegno di cinque dollari per il latte della settimana scorsa. Ma nulla da parte di sua madre o da Octavia Pompeii. Lasciò cadere la posta sopra la mensola e guardò il fuoco per un attimo, poi tirò il tavolo davanti al padre.
"Va bene se dipingo una linea bianca sul lato del fienile? Cameron dice che mi sarebbe d'aiuto per la partita di tennis se mi allenassi contro il muro".
Guardò suo padre sbattere le palpebre e notò che indossava un cambio d'abito pulito ed era appena stato rasato. Fuse non sapeva cosa avrebbe fatto senza l'infermiera Smithers. Poteva cucinare, dar da mangiare al padre e metterlo a letto la sera, ma occuparsi di un invalido senza aiuto era troppo per lui. Il dottore veniva due volte alla settimana, ma era la signora Smithers che lo teneva in vita e in salute. Non aveva idea di quanto costasse avere un'infermiera lì tutto il giorno – la banca si occupava di tutte le spese mediche – ma era grato del suo aiuto.
Quando Fuse raggiunse il set di scacchi, gli occhi di suo padre si mossero ma rimasero indietro rispetto al movimento della mano del figlio, come se ci volesse molto tempo prima che l'azione si registrasse nella sua testa.
"Ho pensato a una nuova mossa d'apertura oggi in classe di storia". Fuse sistemò i pezzi. "Voglio vedere cosa ne pensi".
Posizionò gli scacchi per entrambe le parti, eseguendo le prime quattro mosse della partita. Suo padre inclinò il mento leggermente verso il basso per seguire i movimenti.
"Ok, tu studia questo mentre io vado a controllare Stormy. Potremmo già avere un nuovo puledro. Dopo essermi preso cura degli animali, vado a friggere del prosciutto e delle uova per cena. Ti sembra una buona idea?"
Fuse indossò il cappotto e uscì dalla porta sul retro trovando Ransom ad aspettarlo. Il cavallino nitrì, fece una dozzina di passi veloci verso la stalla, poi corse indietro verso Fuse.
"Ransom, come sei uscito?" Allungò la mano per dare una pacca sul collo al cavallo. "Quel recinto non si può saltare, e il chiavistello è all'esterno. Hai dato un calcio a qualche tavola? Dopo aver controllato Stormy, andiamo a riparare la recinzione".
Il cavallo attraversò veloce la stalla, e Fuse gli corsedietro.
Quando arrivarono da Stormy, il cancello era aperto. Fuse sbatté gli occhi e scosse la testa.
"Ho le visioni, Ransom, o quel cancello si stava muovendo quando siamo entrati? Si guardò intorno nel fienile silenzioso vedendo i piccioni tubare. Loro agitarono la testa da un lato all'altro, guardandolo. Lui scrollò le spalle. "Forse ho bisogno di un paio di occhiali".
Stormy era in piedi accanto al suo abbeveratoio, con la testa bassa e il respiro affannoso.
"Ciao, Stormy, tesoro. Ancora niente cucciolo, eh?"
Le accarezzò il collo, e lei alzò la testa verso di lui, con gli occhi socchiusi.
Si inginocchiò nel fieno e le portò la mano lungo il ventre. "Lo sento muoversi. Non ci vorrà molto ormai". Controllò la sua mangiatoia; era mezza piena. "Oggi non hai mangiato niente".
Anche Ransom guardò nella mangiatoia, poi iniziò a sgranocchiare l'avena di Stormy.
"E c'è ancora acqua in abbondanza. So che ti senti triste, ma non puoi stare tutto il giorno senza mangiare e bere". Vide che aveva ancora molto fieno. "Bene", disse, poi si fermò un attimo. "Non c'è molto da fare qui. Mi occuperò dei maiali e mungerò le mucche. Poi tornerò a vedere come stai".
* * * * *
Dei forti colpi svegliarono Fuse. Lui afferrò il cuscino e si coprì la testa. Dopo un attimo, di nuovo quel rumore. Si tolse le coperte e si sedette sul letto.
Potrebbe essere la mamma? Ma perché avrebbe dovuto bussare?
Con solo il pigiama addosso, si precipitò giù per le scale. Quando raggiunse la porta d'ingresso e accese la luce, sentì di nuovo quel suono, ma dal retro della casa.
Guardò l’orologio sul muro: 3:45.
Chi diavolo bussa alla porta sul retro a quest’ora?
Mentre Fuse si affrettava attraverso la cucina buia, bussarono di nuovo, con più insistenza. Accese la luce della cucina e aprì la porta.
“Tu!”
Era la ragazza che aveva trovato a dormire nel loro fienile il giorno prima. Ransom saltellava sotto i gradini del portico, quasi quanto lei.
La ragazza balbettò qualcosa gesticolando verso il fienile.
"Cosa stai dicendo?” Fuse tremava per l'aria fredda. "Non ti capisco".
Blaterò un'altra serie di parole agitate e pestò il suo piccolo piede sul pavimento. Poi cullò le braccia avanti e indietro come se stesse tenendo un bambino.
"Stormy!” Fuse gridò e corse verso il fienile.

Capitolo Quattro
Fuse sentì le grida di Stormy non appena attraversò la porta del granaio.
Corse verso la stalla e trovò la cavalla che scalpitava a terra, tremante per i dolori del travaglio. Lei si volse verso di lui e con gli occhi spalancati lo fissò.
Una lanterna appesa a un piolo emise una fievole luce gialla. Fuse si chiese come mai fosse accesa. Quando la ragazza entrò dietro di lui, realizzò che doveva essere stata lì tutta la notte.
Stormy piagnucolava e saltellava in semicerchio, guardando verso le sue zampe posteriori.
“Oh, no”, sussurrò Fuse quando controllò l'andamento. “Parto podalico”.
Percorse la mano lungo il fianco di Stormy, poi guardò la ragazza. Lei spostò lo sguardo da lui alla cavalla, evidentemente preoccupata.
“Il puledro sta cercando di uscire al contrario.”
Scosse la testa.
“Ransom!” Fuse quasi inciampò sull'altro cavallo, che stava con gli occhi spalancati accanto a Stormy. “Levati di mezzo”.
Spostò Ransom col ginocchio mentre cercava di confortare Stormy. La ragazza afferrò il cavallo dalla criniera per trascinarlo fuori dalla stalla. Una volta fatto uscire, fece retromarcia, chiudendo la porta.
“Grazie.”
Mentre Fuse si inginocchiava vicino al secchio dell'acqua per lavarsi le mani e le braccia, guardò la valigia malconcia sulla paglia. Era contento che lei fosse lì, altrimenti Stormy e il suo cucciolo sarebbero potuti morire prima che arrivasse mattino.
“Devo trovare le zampe posteriori”, disse mentre si sciacquava le mani nell'acqua gelida.
La cavalla si sdraiò, si contorse e poi si rialzò. Fuse prese il secchio da dietro le sue zampe e le tenne la coda per lavarla. A Stormy non piaceva l'acqua fredda. Cercò di morderlo.
“Non l'ho mai fatto da solo”. Fuse si schivò dai denti del cavallo. “Ma ho aiutato papà a farlo con le mucche”. Si sciacquò di nuovo le mani nel secchio. "Tienile la testa".
La ragazza disse qualcosa che Fuse non comprese, e quando lui la guardò, lei scrollò le spalle. Improvvisamente lui capì: non parlava inglese.
“La sua testa!” le disse indicando Stormy, toccandosi la propria per farle capire cosa intendesse.
La ragazza annuì con uno sguardo di assenso, ma prima che potesse tenere Stormy, la cavalla cercò di nuovo di mordere Fuse sulla gamba. Lui balzò all’indietro, quasi rovesciando il secchio dell'acqua. La ragazza avvolse le braccia attorno al collo di Stormy, tenendole la testa stretta contro il suo fianco.
“Ecco, così. Tienila stretta.”
Stormy diede un calcio a Fuse, ma lo mancò e colpì il secchio di metallo, facendolo volare contro il muro.
“Le zampe posteriori del puledro sono fuori, ma non i suoi zoccoli”. Fuse si pulì le mani sui pantaloni del pigiama. “Abbiamo solo pochi minuti prima che inizi a cercare di respirare. Non ce la farà mai in questo modo. E potrebbe uccidere anche Stormy”. Sapeva che la ragazza non lo capiva, ma parlandone rese più chiaro nella sua mente ciò che doveva fare.
Quando Fuse cominciò a spingere il puledro all'interno, Stormy cadde in ginocchio e si rotolò su un fianco. Cercarono di tenerla ferma mentre lottava contro di loro. Fuse spinse il puledro e infilò la mano accanto a lui. Stormy urlò e si alzò, cercando di allontanarsi dal ragazzo. Lui la trattenne e introdusse il braccio fino al gomito, raggiungendo gli zoccoli del puledro.
La ragazza perse la presa, e prima che potesse di nuovo mettere le braccia attorno al collo della cavalla, Stormy addentò la coscia di Fuse. Lui gridò e le diede uno schiaffo sul naso con la mano libera, facendole mollare la presa.
La ragazza finalmente tornò a stringere Stormy spostandole la testa. Fuse trovò gli zoccoli del puledro, ci avvolse la mano intorno e li tirò verso l'esterno. Stormy cadde sul letto di paglia, con il fiato corto. Cercò di allontanarsi, ma la ragazza la teneva stretta.
“Ho le zampe.”
Fuse cercò di posizionare correttamente le zampe posteriori del puledro – dovevano uscire per prime. Stormy lottò contro di lui mentre tirava, ma lui si aggrappò a lei e tirò fuori l'avambraccio, portando con sé le zampe, attento a non rompere il sacco amniotico.
Stormy riuscì ad allontanarsi alzandosi in piedi. La ragazza urlando le afferrò nuovamente la testa.
“Adesso, spingi forte Stormy,” disse Fuse.
Le zampe posteriori uscirono, e Fuse lasciò riposare Stormy per un po’. Dopo un paio di minuti, tirò delicatamente. Il resto del corpo del puledro cominciò ad affiorare.
Stormy inarcò la schiena, gemette, e si sforzò molto. Il resto del corpo uscì rapidamente, Fuse lo afferrò mentre scendeva da Stormy. Il cordone ombelicale si spezzò e Fuse mise il puledro sulla paglia.
“È una piccola puledra”, disse.
Le pulì la bocca e iniziò a strofinarla con manciate di paglia. La ragazza lasciò la presa e Stormy fissò il cucciolo.La neo-mamma si scrollò dalla testa alla coda, poi cominciò a leccare il suo puledrino. Gli occhi della piccola si aprirono e guardò selvaggiamente il nuovo mondo che la circondava. Fuse si spostò per permettere a Stormy di pulirla. Era esausto, ma euforico nel vedere i grandi occhi marroni ammirare il mondo per la prima volta.
“Credo che staranno entrambi bene”.
Mentre usava la paglia per pulirsi le braccia, tremando dal freddo, guardò la stufa a cherosene di Stormy. Bruciava con un caldo bagliore, ma poiché Fuse era scalzo e senza maglietta, la stufa non gli era di grande aiuto.
Sentì la ragazza parlare dietro di lui, poi qualcosa gli coprì le spalle; era lavecchia giacca di tela di lei. Non era molto, ma gli diede un po’ di calore. Era grato per il gesto e desiderò conoscere la sua lingua per poterle dire quanto la apprezzasse.
“Grazie”, disse Fuse quando lei si inginocchiò accanto a lui.
Guardarono il piccolo cavallo che cercava di alzarsi in piedi. Aveva le zampe anteriori piegate sotto di sé, quando provò ad alzarsi con le zampe posteriori, vacillò e cadde di lato nella paglia.
Fuse e la ragazza si misero a ridere.
Stormy strofinò il naso sulla cavallina, incoraggiandola a riprovare. Lei lottò con le sue zampe e mosse i primi passi.
“Ha solo cinque minuti e già cammina”, disse Fuse. “Vedi la criniera bionda e il color crema? È un palomino, proprio come sua madre”.
Vide la ragazza sorridere mentre guardava il puledro oscillare e annusare la gamba della madre.
“Good job, (Ottimo lavoro)”disse.
“Gut jab.(Colpo alla pancia)”disse lei guardandolo.
“Good job.(Ottimo lavoro)” ripeté il ragazzo.
“God jab?(Dono di Dio?)”Disse allora la ragazza.
“Good job.(Ottimo lavoro)” insistette Fuse.
“God jab.(Dono di Dio)” Disse lei raggiungendo il puledro che stava iniziando a poppare. “God jab.”ripeté.
La porta della gabbia si aprì dietro di loro ed entrò Ransom. Si fece strada tra Fuse e la ragazza, poi guardò il puledro.
“Come ci si sente ad essere papà?”. Fuse mise il braccio attorno al cavallo.
Ransom avanzò, cercando di annusare il puledro, e Fuse lo fece passare. Stormy soffiò e mostrò i denti mettendosi tra Ransom e il suo cucciolo. Il cavallo allora fece un passo indietro, poi un altro. Aveva uno sguardo sorpreso mentre si avvicinava alla ragazza.
“Si, Ransom.” Fuse si massaggiò la gamba dove Stormy l'aveva morso. “È meglio lasciarli soli per un po’, a meno che tu non voglia perdere un orecchio”.
La ragazza circondò il collo di Ransom con le braccia, “God Jab” disse e indicò il puledro.
Ransom sfiorò e strofinò il muso sulla guancia della ragazza, facendola ridere.
“Dovremmo chiamare il puledro Santa, visto che è la vigilia di Natale”. Fuse era in piedi. “No, è un nome maschile. Lei è così carina; forse meglio chiamarla Monica”.
La ragazza raggrinzì la fronte.
“Vado in casa a prendere delle zollette di zucchero per Stormy. Torno subito” Alzò l'indice, sperando che lei capisse che se ne sarebbe andato solo per un minuto.
Fuse si fermò sulla porta del granaio, sorpreso di vedere enormi fiocchi di neve posarsi silenziosamente al suolo. C’erano già quasi due centimetri di altezza. Si strinse la giacca sul petto e corse verso la casa. Quando arrivò alla porta sul retro, pestò i piedi nudi sul portico e si scrollò la neve dalle spalle. Entrando in casa, si accorse che non faceva molto più caldo che fuori.
Accenderò il fuoco quando tornerò dal fienile.
Si mise gli stivali e prese il cappotto da un gancio dietro la porta.Vide che era rimasta mezza scatola di zollette di zucchero, così ne prese una manciata e si affrettò ad uscire, portando con sé la giacca della ragazza. Arrivò velocedentroil fienile.
“Ho preso il mio cappotto.” Arrivò alla porta della stalla. “Così puoi…”
Se n’era andata.
* * * * *
Il sole era già sorto quando Fuse accese il fuoco in cucina e mise su il caffè per suo padre. Rimase un attimo in piedi davanti al lavandino, fissando fuori dalla finestra e guardando la neve scendere. Più di 15 centimetri ricoprivano il terreno, nevicava così abbondantemente che riusciva a malapena a vedere il fienile.
Fuse aspettò che suo padre si svegliasse per aiutarlo a vestirsi e portarlo con la sedia a rotelle davanti al camino scoppiettante. Poi lo aiutò a bere il caffè prima di uscire a mungere le mucche, a dar da mangiare agli altri animali e a controllare Stormy e il suo nuovo puledro.
Si chiedeva della ragazza mentre stava alla finestra della cucina. Era là fuori da qualche parte, nella neve, e ora senza nemmeno una giacca.
Da dove viene e perché non capisce l'inglese?
Forse se fosse rimasto lontano dal fienile, lei sarebbe tornata nella stalla di Stormy, dove faceva caldo.
Venti minuti dopo, Fuse teneva un cucchiaio di caffè zuccherato sulle labbra del padre. "L'infermiera Smithers oggi non verrà, papà".
Suo padre sorseggiò il caffè e si leccò le labbra.
Il fuoco scoppiettava nel camino, e la stufa della cucina bruciava con il carico di legna che ci aveva messo dentro. Presto l'intera casa sarebbe stata calda e accogliente.
“È la vigilia di Natale. La signora Smithers ha la sua famiglia di cui occuparsi”.
Fuse guardò i quattro regali di Natale sul divano – due per suo padre e due per sua madre. Aveva comprato un vestito e un portafoglio di pelle per il padre, e una lunga sciarpa gialla e una spilla Cammeo per la madre.
“Questo è il primo anno senza albero di Natale.” Si rivolse al padre. “Ti ricordi quella volta che abbiamo abbattuto quel pino di oltre tre metri e mezzo, dall’altra parte del grande stagno? Abbiamo dovuto tagliare altri sessanta centimetridalla base prima di poterlo mettere in quell’angolo laggiù, vicino alle scale.” Immerse nuovamente il cucchiaino nel caffè. “Quello è stato il miglior albero di sempre.”
Il signor Kupslinker, della banca, dava i soldi a Fuse ogni volta che ne aveva bisogno. Non per palle da tennis o cose del genere, ma per la spesa, il materiale scolastico e altri beni di prima necessità, come i libri. I soldi del latte venduto aiutavano un po’; pagare la bolletta della luce e comprare il mangime per gli animali. A parte questo, non aveva alcuna entrata. Il signor Kupslinker disse che secondo lui i regali di Natale erano decisamente una necessità.
Fuse sapeva che i soldi della banca dovevano essere restituiti, ma non sapeva quando, o come.
Ripensò al lunedì precedente, quando andò in banca a chiedere al signor Kupslinker dieci dollari per comprare i regali per i suoi genitori. Il banchiere gli aveva chiesto di suo padre, poi gli aveva dato un suggerimento.
“Forse dovresti pensare di affittare la fattoria a qualcuno che possa lavorarci”.
“Leasing?” Aveva chiesto Fuse.
“Sì, mancano solo quattro mesi alla semina primaverile. Se tuo padre non si sarà ripreso per allora, la fattoria potrebbe andare avanti un altro anno senza guadagnare nulla”. Il banchiere si era tolto gli occhiali e aveva preso un fazzoletto di seta bianca dal taschino del suo abito gessato. Con il fazzoletto aveva pulito una delle lenti di vetro. “In realtà”, aveva messo gli occhiali controluce, “sprofonderete ancora di più nei debiti”.
Arare il terreno e piantare duecento acri era il lavoro più difficile dell'intero anno. Anche se Fuse avesse lasciato la scuola, non avrebbe potuto farlo da solo.
“Puoi prestarmi abbastanza soldi per assumere due braccianti?”
“Vincent, sai che pago il dottor Mathews e l'infermiera Smithers ogni mese”. Si era messo gli occhiali e aveva ripiegato con cura il fazzoletto. “Ti ho già anticipato più soldi di quanti avrei dovuto. Se il nostro consiglio di amministrazione scoprisse che ho prestato dei soldi senza garanzie, potrei perdere il lavoro”.
“Sono spiacente, Mr. Kupslinker. Questo non lo sapevo.” Fuse non aveva pensato alla possibilità che suo padre restasse disabile a lungo. Se fosse rimasto altri quattro mesi senza entrate, non sarebbe mai migliorata la situazione.
“Avere qualcuno che gestisca la fattoria è una buona opzione.” Il sorriso del signor Kupslinkeraveva rivelato due file di piccoli denti pari. Sembrava che fossero stati limati.
Fuse non sapeva cosa dire. Non si era mai occupato di nulla era suo padre che gestiva l’agricoltura.
“Puoi dare la fattoria in affitto a lungo termine. Consegnare la terra ad un…” Il banchiere si era fermato per schiarirsi la gola. “Ad un contadino competente, qualcuno di cui ci fidiamo, che può portare a termine il lavoro”.
Fuse era contrario a permettere a qualcun altro di lavorare alla fattoria, perché assomigliava troppo ad una mezzadria, e sapeva che suo padre non avrebbe mai acconsentito a una cosa del genere. Aveva lavorato alla fattoria per quasi dieci anni, assumendo aiutanti quando ne aveva bisogno, fino a quando non era caduto dal mulino a vento e si era infortunato alla colonna vertebrale ad ottobre. Aveva cercato di prendere una chiave inglese, sostituendo una bronzina sull'asse, quando un'improvvisa folata di vento aveva fatto girare la banderuola di coda, facendolo cadere dalla piattaforma.
Il dottor Mathews aveva detto a Fuse che non si poteva fare più nulla. Il braccio rotto era già guarito, ma la ferita alla schiena sarebbe dovuta guarire da sola. L'infermiera Smithers eseguiva una terapia fisica per mantenere in funzione i suoi muscoli, ma solo il tempo e il riposo avrebbero riparato il midollo spinale. Fino ad allora, suo padre era paralizzato dal collo in giù.
“Non credo che papà vorrebbe che la fattoria venisse affittata”, aveva detto Fuse al banchiere.
“Beh, in questo caso, non posso essere ritenuto responsabile di ciò che accadrà quando il consiglio scoprirà che ho anticipato un bel po’ di soldi alla tua fattoria. C'è la possibilità che venga pignorata, e magari messa all'asta”.
Pignoramento. Allora dove andremmo io e papà? Vorrei che la mamma fosse qui.
Aveva sempre preso lei tutte le decisioni riguardo ai soldi di famiglia.
“Conosci Buford Quackenbush, vero, Vincent?”
Fuse aveva annuito.
“La sua fattoria confina con la vostra a nord. Ha un sacco di aiutanti, e penso che se ci rivolgessimo a lui con il giusto tipo di accordo, potrebbe essere disposto a rilevare la tua proprietà e a lavorare insieme in entrambe le fattorie”.
“Devo pensarci, Signor Kupslinker.”
“Potrei far preparare i documenti questo pomeriggio, e dato che tuo padre non è legalmente competente e tua madre è fuori Paese, potresti firmare per lui.”
Fuse non sapeva se fosse legale o meno, comunque gli serviva un po’ di tempo per riflettere.
“N-non so cosa fare”.
“A volte bisogna fidarsidel giudizio di una persona più anziana in queste situazioni. Una persona che si occupa di affari da diversi anni. Conosci la mia reputazione, figliolo, e sai che non ho esitato in passato ad aiutarti”.
“Sì, signore. Lo so.”
“Adesso, vai a casa e pensaci su. Ma dobbiamo fare qualcosa entro la fine dell’anno. Manca solo una settimana. Se tua madre non sarà ancora tornata…Beh…” Aveva allargato le mani in un gesto impotente.
Fuse si era alzato per andarsene e il signor Kupslinker lo aveva raggiunto per stringergli la mano. Non gli aveva mai stretto la mano prima. La sua mano era morbida e umida.Aveva ricordato a Fuse la pelle del collo di un maiale quando lo allontanava dalla mangiatoia per permettere ai più piccoli di mangiare.
Il fuoco scoppiettò, interrompendo il ricordo di Fuse. Aprì lo sportello per mettere un altro tronco sul fuoco.
“Mi prenderò cura degli animali prima di preparare la colazione, papà”.
Diede a suo padre l'ultimo sorso di caffè e guardò verso l'angolo della stanza, vicino alle scale.
“Credo che la mamma non sarà a casa per Natale”.

Capitolo Cinque
Cleopatra e Alexander non prestarono attenzione a Fuse quando aprì la porta della loro stalla. La coppia di cavalli da tiro percheron, mangiando, oscillavano la coda mozzata. I loro abbeveratoi di legno di quercia erano posizionati alle estremità opposte dell'enorme stalla, ma ciò nonostante le loro code quasi si sfioravano.
“Bene, Alexander”, disse Fuse, stringendosi accanto all'animale daventi quintali. “Vedo che qualcuno ti ha già dato l'avena stamattina”.
Il cavallo maculato grigio e marrone alzò la testa e si fece da parte mentre sgranocchiava il grano con le potenti mascelle. Il suono ricordava a Fuse la ruota di un carro sulla ghiaia di una stradina di campagna.
Cleopatra era un po’ più alta di Alexander. Con quasi diciotto mani, aveva un metro e mezzo al garrese.La punta della testa della giumenta era a più di due metri e mezzo da terra. Era di un nero massiccio, tranne la gamba anteriore destra, che era bianca dal ginocchio in giù. Il suo sfumato manto invernale splendeva di una brillante lucentezza. I due cavalli erano abbastanza forti da tirare una trebbiatrice a quattordici lame con Fuse in piedi sulla piattaforma, che guidava con le redini.
I 360 acri di terra della fattoria dei Fusilieravevano due ruscelli che scorrevano fitti tra i boschi di betulle gialle e imponenti querce rosse. La legna per scaldare e cucinare proveniva da lì. 40 ettari servivano da pascolo per mucche e cavalli, due stagni ne occupavano altri 4, i restanti200erano terreno fertile per la coltivazione.
Nelle giornate migliori, il padre di Fuse poteva arare 15 acri con Alexander e Cleopatra che tiravano l’aratro Ferguson a tre file. Senza ipercheron, sarebbe quasi impossibile per i Fusilier lavorare. Potrebbero farlo con un trattore Henry Ford, ma non potrebbero permettersi il prezzo di trecentocinquantacinque dollari del macchinario e nemmeno il carburante necessario per farlo funzionare. L’alimentazione per i cavalli – fieno, avena e mais – può crescere dalla terra, ma la benzina no.
Fuse diede un colpetto sul fianco di Alexandere andò a controllare Cleopatra.
“Spostati, tesoro.”
Le diede una pacca sul sedere infilandosi tra lei e il lato della stalla.Il grosso animale obbedì e si fece da parte. Sebbene potesse facilmente schiacciare Fuse con un semplice spostamento del peso, fece come le era stato detto senza esitazione.
“Ha dato da mangiare anche a te,” Fuse sussurrò mentre grattava a Cleopatra il collo piegato.
La cavalla ruotò l’orecchio sinistro verso il suono della sua voce, ma continuò a sgranocchiare l'avena.
Fuse alzò lo sguardo verso le robuste travi di quercia. Assi tagliate grezze coprivano il lato superiore delle travi, costituendo il pavimento del fienile.
Chissà se…
Ransom entrò nella stalla, passò sotto la pancia di Cleopatra e spinse Fuse, cercando di raggiungere l'avena, ma la mangiatoia era troppo alta. Cleopatra sfiorò e annusò la cima della testa del cavallino. Ransom fece per morderla. Cleopatra alzò la testa e fece un passo indietro, urtando Alexander, che si voltò per vedere cosa stesse succedendo.
Ransom sbuffò e trotterellò verso l’altra mangiatoia. Non riuscendo ad entrare neanche in quella, si abbassò sotto Alexander e lasciò la stalla.
I due percheron erano gli animali più grandi e più forti della fattoria, ma il loro temperamento era pari a dei cuccioli di collie; amichevoli, gentili, e sempre pronti a eseguire gli ordini del loro padrone.
“Voi due solitamente mi lasciate abbastanza letame da riempire una carriola intera, ma vedo che la ragazza ha fatto anche questo. Mi chiedo dove l'abbia scaricato.”
Aprì la porta laterale e la agganciò al muro della stalla in modo che i cavalli potessero andare al pascolo per muoversi e respirare aria fresca. Non ci sarebbe stato nulla da brucare con lo strato di neve a terra, ma si sarebbero goduti il sole. All'imbrunire sarebbero tornati al fienile da soli. “Tutto ciò di cui avete bisogno sono due secchi di mais, un po’ di fieno fresco e 30 litri d’acqua. Così sarete a posto per tutto il giorno”.
Ci sono voluti molto grano e fieno per mantenere i due cavalli da tiro durante i mesi invernali, ma avevano compensato durante la semina primaverile, la coltivazione estiva e il raccolto autunnale. I due avevano lavorato sodo dalle prime luci dell'alba fino a dopo il tramonto per tutta la stagione della crescita. Avevano avuto un’ora di pausa per il grano e l’acqua a mezzogiorno, per poi tornare subito all’aratura e alla coltivazione.
Fuse andò sul retro della stalla e scoprì che la ragazza aveva gettato la paglia sporca della stalla dei cavalli sul mucchio di letame accumulato. L’aria era fredda, ma il calore del mucchio di rifiuti in decomposizione aveva sciolto la neve in superficie.
Dovrò portare quella roba al campo di mais il prima possibile.
Studiò per un attimo l’enorme mucchio, calcolando quanti carri sarebbero serviti per portare a termine il lavoro.
Otto viaggi, in teoria.
Una volta steso e arato, il letame avrà fatto da ottimo fertilizzante.
Fissò il terreno vicino al mucchio. La ragazza aveva sgomberato la neve e aveva messo lo sterco di mucca in fila sul terreno ghiacciato.
Che strano. Deve aver usato una pala per portare qui fuori il letame.
Scosse la testa e rientrò. Dopo aver salito la scala fino al fienile, si diresse in punta di piedi verso l’angolo posteriore dove trovò la ragazza, proprio dove pensava che fosse. Si era creata un letto con i sacchi di iuta che lui aveva lasciato sul pagliaio al piano di sotto. Le borse erano sparse su uno strato di fieno, sopra la stalla di Stormy.
Piuttosto intelligente. Il posto più caldo del fienile, con il calore della stufa a cherosene di Stormy che sale.
La ragazza era di spalle. Era seduta sul letto, che si spazzolava i capelli. La piccola valigia era aperta davanti a lei, ma non riusciva a vedere l’interno. La sua vecchia giacca di tela era sul letto. Lui l’aveva lasciata nella stalla di Stormy la sera prima.
Fuse non voleva spaventarla, e si sentiva come se la stesse spiando, così se la svignò. Due forconi erano appesi a dei picchetti fissati al muro. Li prese ed attraversò il soppalco, poi ne usò uno per gettare il fieno sul pavimento sporco. Mentre lavorava, si mise a fischiettare una canzoncina che aveva sentito a scuola – In the Good Old Summertime.
Arrivò un suono ovattato dal nascondiglio della ragazza, poi il silenzio. Guardò con la coda dell’occhio mentre prendeva un forcone carico di fieno e lo faceva cadere a terra. Lei sbirciò dal divisorio per vedere cosa stesse facendo.
La parte centrale del piano del solaio era aperta, Fuse era sul bordo che guardava Ransom annusare il mucchio di fieno fresco. Due gatti della fattoria si insinuarono nell’ombra per spaventare il piccolo cavallo, l’inizio del loro gioco quotidiano. Fuse si appoggiò al forcone per godersi lo spettacolo, tenendo d’occhio la ragazza.
Lei si avvicinò per vedere cosa interessasse di sotto al ragazzo. I due gatti arrivarono dai lati opposti della porta del fienile chiusa, collaborando per cacciare le loro ignare prede.
Ransom annusò il mucchio di fieno come se fosse il suo unico interesse, ma i suoi occhi e le sue orecchie erano impegnate a localizzare i suoi amici felini.
I gatti avanzarono bassi, muovendosi furtivamente, piano e senza emettere alcun suono.
Ransom alzò lo sguardo su Fuse, facendo un leggero nitrito.
I gatti si bloccarono.
Fuse si mise un dito sulle labbra. Ransom soffiò un po’ d’aria dal naso e addentò un boccone di fieno.
Fuse non era sicuro di quanti gatti vivessero nel fienile, perché quando entrava, correvano subito a nascondersi. Erano almeno cinque. Ripagavano il loro soggiorno tenendo a bada topi e ratti. Senza i gatti, i Fusilier avrebbero perso un quarto del loro grano a causa dei ratti. Sebbene lasciasse loro una ciotola di latte ogni mattina e ogni sera, non avevano bisogno di aiuto per nutrirsi, a differenza di tutti gli altri animali, erano estremamente indipendenti.
Un forte miagolio arrivò dal gatto sulla destra. Mentre balzava sulla gamba di Ransom, lui scalciò entrambe le zampe posteriori e si girò per affrontare il gatto nero che soffiava. La gatta lo teneva a terra mentre l’altra attaccava. Ransom piagnucolò e si girò verso il suo secondo aggressore; un calico.
Quando Fuse sentì ridacchiare la ragazza, sorrise e indicò il mucchio di fieno a terra.
“Guarda cosa succede adesso.”
Lei si mise sul bordo dello spiazzo, di fronte a lui.
Mentre Ransom caricava e zampettava alternamente i due gatti, un terzo – untabby – miagolò e balzò da dietro una pila di fieno.Ransom si voltò e indietreggiò mentre i suoi tre avversari si univano per avanzare contro di lui. Il suo didietro sbatté contro la stalla delle mucche, alzò la testa verso Fuse e piagnucolò come se fosse veramente terrorizzato. I gatti si avvicinarono, con le orecchie piegate, ringhiando, pronti per l'assalto finale.
Una delle mucche muggì, distraendo i gatti e dando a Ransom l’opportunità che stava aspettando. Saltò oltre le loro teste e corse verso il retro della stalla. Fuse e la ragazza si misero a ridere mentre i tre gatti partirono all’inseguimento.
Fuse allora prese il secondo forcone e lo fece dondolare davanti a sé. “Vieni a darmi una mano. Poi andremo a vedere come sta la nuova puledra.”
Lei spostò lo sguardo da lui al forcone, poi camminò attorno all’apertura del pavimento. Lui le porse il forcone, poi usò il suo per riprendere a gettare il fieno a terra. Lei fece lo stesso.
“Vedo che ti sei occupata della maggior parte delle cibarie. Dopo avergli dato un po’ di fieno, ti mostrerò come prendere il mais dal silo per le mucche, i cavalli e i maiali. Poi mungeremo le mucche e spargeremo un po’ di grano per le galline.”
Un’ora più tardi, si sedettero nella stalla di Stormy, a guardare il puledro poppare.
“Ha già messo su un paio di chili,” disse Fuse, guardando la ragazza. “Non è carina?”
“Carina,” disse lei, poi guardò Fuse, chiedendo evidentemente se avesse detto la parola correttamente.
Fuse annuì mentre guardavano la piccola.
* * * * *
Ci volle un po’affinché Fuse convincesse la ragazza ad entrare in casa. Lei esitò a lasciare il fienile, ma alla fine, dopo che lui si portò la mano alla bocca imitando il gesto del mangiare, lei lo seguì attraverso la neve profonda fino alla porta sul retro.Lui cercò di camminare accanto a lei, ma lei si ritraeva continuamente, rimanendo dietro di lui.
La neve aveva smesso di cadere durante la notte. Il sole scintillante illuminava un bellissimo mattino. Non soffiava il vento, e la neve giaceva come una bianca e candida coperta sopra i recinti e gli edifici. Sembrava che coprisse tutta la terra, cambiando tutte le linee e gli angoli fatti dall'uomo con le curve e la morbidezza della natura.
Fuse pestò i piedi sul portico posteriore per scrollare la neve, e lei lo imitò. Una volta entrato in cucina, si tolse il cappotto e lo appese a un gancio dietro la porta. Lei fece lo stesso.
“Vieni, voglio presentarti mio padre”.
Stavano in piedi davanti al caldo camino, di fronte a lui. La scacchiera era posizionata su un tavolo tra di loro.
“Ehi, papà”, disse Fuse, alzando la voce, “guarda chi ho trovato nel fienile”.
Fuse vide la ragazza osservare il volto del padre intento a fissare la scacchiera. Dopo un attimo, lei si inginocchiò al suo fianco e mise la mano sul bracciolo della sedia a rotelle. Il signor Fusilier girò la testa al rallentatore, con gli occhi che si mossero a scatti fino ad incontrare la sua.
Lei disse qualche parola che Fuse non capì, poi aspettò studiando il volto dell'uomo. Fuse vide suo padre deglutire, poi sbattere le palpebre.
Lei disse una parola sola, "Rajiani", e si toccò il petto, appena sopra il cuore.
“Rajiani,” disse Fuse. “È questo il tuo nome?”
La ragazza ripetéil nome.
“Il mio nome è Vincent.” Le porse la mano. “La maggior parte dei ragazzi a scuola mi chiamano Fuse, ma alcuni di quelli più grandi mi chiamano Fusilier.”
Lei raggrinzì la fronte.
“Fuse,” disse lui, continuando a tenderle la mano.
Lei la guardò ma non la afferrò. “Fuse.”
“Rajiani.” Disse lui lasciando ricadere la mano. Notò che effettivamentenon aveva toccato nemmeno suo padre. “Che bel nome. Vorrei sapere da dove vieni, e che lingua parli.”
Lei si alzò in piedi e pronunciò una raffica di parole che, per quanto ne sapesse lui, avrebbero potuto essere cinesi.
“Sei molto scura. Mi chiedo se vieni dall’Africa. Ma come hai fatto ad arrivare qui, in Virginia, senza parlare inglese? E perché ti nascondi nel nostro fienile? Qualcuno ti sta cercando?”
Rajiani sorrise e si portò le mani dietro la schiena.
Fuse le sorrise e lei abbassò lo sguardo, sulla scacchiera.
“Bene, tu parla con papà mentre io preparo la colazione.” Si allontanò, verso la cucina. “Non ci vorrà molto.”
Pochi minuti dopo, Rajiani entrò in cucina.Lo guardò far scivolare una teglia di biscotti nel forno della stufa a legna. Quando lui iniziò ad affettare la pancetta, lei prese una padella da un gancio sopra il bancone e la mise sul fornello. Prese le fette di pancetta e le adagiòall’interno. Si guardò intorno come alla ricerca di qualcosa.
“Lì dentro.” Fuse indicò un cassetto accanto al lavandino.
Rajiani lo aprì e sorrise tirando fuori una forchetta per girare la pancetta.
Fuse versò del latte fresco in tre bicchieri e ne porse uno a Rajiani. Ne bevve un sorso, poi si avvicinò a lei con il suo bicchiere. Lei ne bevve un piccolo sorso, si leccò le labbra e poi bevve la metà del contenuto. Si fermò per riprendere fiato e finì il resto.
“Wow,” disse Fuse. “Quando è stata l’ultima volta che hai mangiato e bevuto qualcosa?”
Le riempì nuovamente il bicchiere e rimise la brocca nella ghiacciaia. A quel punto, era già vuoto di nuovo. Sorrise mentre lei si leccava via un baffo bianco e riponeva il bicchiere sul bancone, si sentì un po’ sconfortato, rendendosi conto che era mezza affamata e la mattina precedente era stato cattivo con lei quando l’aveva trovata addormentata nel fienile.
Il bacon sfrigolò e il fuoco scoppiettò mentre i due adolescenti si fissavano l'un l'altra. Fuse non aveva idea dei pensieri che lei avesse su di lui, ma aveva una sensazione di disagio, un po’ come giocare col fuoco; era divertente e pericoloso allo stesso tempo. Sentiva qualcos'altro – la soddisfazione di essere utile.
Quando la pancetta saltò, Rajiani la afferrò con la forchetta.
Fuse prese un cesto di uova dalla ghiacciaia. Dopo aver cucinato mezzo chilo di pancetta, usarono il grasso per friggere le uova. Questo era un pasto che cucinava dieci o quindici volte a settimana, sostituendo occasionalmente il prosciutto alla pancetta.
Il tempo di finire con le uova, i biscotti erano pronti. Dopo che Fuse riempì di latte il bicchiere di Rajiani, portarono due vassoi di cibo nella sala da pranzo.
Fuse vide subito che uno dei pezzi degli scacchi era stato spostato.
“Ehi,” disse a Rajiani che stavamettendo il vassoio alla fine del tavolo. “Non dovresti scherzare con qualcosa di cui non sai nulla.”
Posizionò il suo vassoio sul tavolo, accanto al suo. “Devi averlo spostato dopo che sono andato in cucina per fare la colazione.” Prese il cavaliere bianco e lo rimise al suo posto, ma poi si fermò a fissare la scacchiera. “Allora, sai come si muove un cavaliere, Rajiani?”
Aveva spostato il pezzo in uno dei soli tre posti dove sarebbe potuto andare.
“Non ho mai conosciuto una ragazza che giochi a scacchi.” Guardò la scacchiera pensando alle mosse successive. “O anche una che abbia solo il minimo interesse ad imparare.” Ricollocò il cavaliere nello spazio dove lei lo aveva messo. “Mmm, interessante.” Studiò la tavola. “Un’altra mossa e potresti forchettare la mia torre e la mia regina.” Socchiuse gli occhi. “Mi chiedo se tu lo sappia, o abbia fatto per caso la miglior mossa possibile sulla scacchiera?”
Rajiani sorrise, si inginocchiò a tavola, e prese un coltello per tagliare uova e pancetta.
Fuse portò un pezzo di pancetta alla bocca del padre. Lui cominciò, sorpreso, poi morse la carne e iniziò a masticare.
Fuse spostò una pedina solo per vedere cosa avrebbe fatto. Rajiani esalò un suono simile ad una risatina, poi mosse immediatamente il suo cavaliere bianco per forchettare la sua torre e la sua regina. Spezzò un biscotto e lo tenne perciò che il padre di Fusese lo mettesse in bocca, poi mangiò il resto.
“Tieni,” disse Fuse, mettendole il cucchiaio nella mano, “dai a papà un po’ di uova.” Si alzò. “Torno subito.”
Corse verso le scale, facendole a due a due. Tornò veloce dalla sua camera da letto, scendendo lentamente le scale con un libro aperto in mano, leggendo. Sfogliò le pagine attraversando la stanza per raggiungere Rajiani e suo padre.
“Questo è un libro sulla storia degli scacchi.” Fuse guardò suo padre masticare un boccone di cibo, poi si sedette a gambe incrociate sul pavimento accanto a lei, voltando le pagine. “Ah, eccolo qui. Senti questo, Rajiani.” Lui la guardò mentre teneva un altro boccone di uova sulle labbra del padre. “Molti paesi sostengono di aver inventato il gioco degli scacchi in qualche forma imprecisata”, lesse nel libro. “L’opinione più diffusa è che gli scacchi abbiano avuto origine a Sindh, in India. Le parole arabe, persiane, greche e spagnole per gli scacchi derivavano tutte dal Sanskrit Chaturanga. L'attuale versione degli scacchi giocata in tutto il mondo si basa, in definitiva, su una versione di Chaturanga giocata in India intorno al VI secolo d.C.”.
Mentre guardava per vedere se stesse prestando attenzione, lei prese una striscia di pancetta e le diede un morso.
“La parola italiana per il gioco èscacchi.”
Lei masticò il suo boccone e lo guardò, poi guardò il libro.
“In Germania, è chiamatoSchach.”
Nessuna risposta.
“La parola spagnola èajedrez,” disse e attese.
Rajiani diede al signor Fusilier un altro po’ di uova.
“La parola hindi per gli scacchi è…” Fuse fece una pausa, cercando di formulare la parola nella sua testa. “Shatamgi.”
Lei alzò l’indice. “Shatranj.”
“Ah!” Lui fece una risatina e chiuse il libro sbattendolo. “Adesso so che vieni dall’India e parli l’hindi”
Saltò in piedi e corse di nuovo verso le scale. Tornò subito indietro portando con sé un grande libro piatto. Lo appoggiò sul pavimento e si stese a pancia in giù per sfogliare le pagine.
Quando Rajiani mise il suo piatto sul tavolo e si sdraiò accanto a lui sul pavimento, si accorse che il suo corpo era ad almeno 15 centimetri di distanza dal suo. Spostò i suoi lunghi capelli scuri dal viso alla spalla, guardandolo sfogliare le pagine. Quando finalmente arrivò alla mappa che cercava, spinse il libro davanti a lei.
“Bharata!” esclamò lei.
“Bharata,” Fuse ripeté la parola. “Noi la chiamiamo India.”
Mise il dito sulla mappa, vicino al lato orientale del paese.
Si avvicinò per leggere la parola, “Calcutta.”
“Calcutta,” disse e si toccò il petto. “Rajiani.” Disse e indicò la mappa. “Calcutta.”
“Quindi,” disse Fuse, “vieni da Calcutta, India. Parli l’hindi, ma non l’inglese, capisci gli scacchi abbastanza da fare una delle mosse più esperte del gioco.” La affrontò. “Adesso, quello che voglio sapere è: dove sono i tuoi genitori e da chi tistai nascondendo?”

Capitolo Sei
Rajiani guardò Fuse, seduto accanto a lei sul pavimento. Sapeva che aveva chiesto qualcosa su di lei, ma non riusciva a capire perché volesse saperlo.
Perché gli interessa una ragazza di bassa casta come me?Vive in una bella casa e ha molti animali di qualità.Deve essere un membro delle caste superiori.Forse non Bramino, ma certamente dei Vaishyas, come lo sono la maggior parte dei contadini e mercanti.
Osservò il libro aperto sul pavimento davanti a loro e studiò un attimo la mappa.
Mi domando quanto io sia lontana da Calcutta. Forse mi aiuterà a tornare a casa.
“Hum kahan hai? (Dove siamo?)” chiese mentre indicava la mappa dell'India.
Fuse guardò la mappa e poi lei, alzò una spalla.
Perché non capisce l'hindi? Non è parlato in tutta l'India? Conosceva la parola hindi per gli scacchi, anche se non l'ha pronunciata correttamente. Forse siamo nelle regioni occidentali del Paese, dove si parla un dialetto diverso. O capisce solo il Punjabi?
Rajiani indicò il lato occidentale dell'India e chiese in Punjabi dove si trovassero, ma ancora non capì la sua domanda.
“Rajiani”, disse, mettendo la mano sul petto, poi indicò Calcutta. “Fuse”, disse poi, facendo un cenno con il capo e sollevando le spalle.
Il volto del ragazzo si illuminò come se avesse capito. Poi voltò le pagine del grande libro, tornando all'inizio, e mostrò a Rajiani una grande mappa che copriva entrambe le pagine del libro; lei non la riconobbe.
Indicò un punto vicino al lato destro. Rajiani guardò più da vicino e vide una piccola mappa dell'India, ma non capì tutte le altre piccole mappe che la circondavano.
Fuse toccò con il dito un punto della mappa dell'India. Rajiani si tirò indietro i capelli, si chinò e vide una parola in caratteri minuscoli.
“Calcutta?” chiese.
Fuse sorrise e annuì, poi spostò la punta del dito lentamente verso l’India, a ovest, oltrepassando un grande specchio d’acqua verso un’altra massa continentale. Lei si raddrizzò, guardando la punta del suo dito attraversare la mappa. Quella nuova terra era più grande dell’intera India. Lui spostò ancora il dito attraverso un’altra enorme massa d’acqua verso un’altra terra. Poco più avanti si fermò.
“Virginia,” disse. “Fuse, Rajiani, Virginia.” Picchiettò la punta del dito sulla mappa.
“Vergine?” chiese Rajiani.
“Virginia.”
“Virginia.”
Poi realizzò cosa intendesse Fuse.
Questo è dove siamo? La terra della Virginia?
Lei guardò indietro sulla mappa verso l’India, poi di nuovo verso la Virginia.
Così lontano. La mia India è a mondi di distanza.
Quando Fuse posò le mani sulle sue spalle, Rajiani fece un salto.
“Saba loga(Non toccarmi)!” Prese tra le mani i suoi lunghi capelli, li tirò indietro, e li frustò fino a creare un nodo stretto dietro al suo collo.
Non vede che sono un’Intoccabile? Al di sotto della casta più bassa. Non adatta a stare accanto a persone diverse dalla mia specie.
Rimase in piedi, ma continuò a fissare il libro di mappe sul pavimento.
Hajini, Madre, sono passati quasi nove anni dall'ultima volta che ti ho vista. Sei ancora lì, a Calcutta, a chiederti cosa sia successo alla tua unica figlia?
L’enormità del mondo l’aveva sconvolta. Conosceva un po’ della geografia dell’India, soprattutto di quella zona dello stato del Bengala Occidentale, dove si trovava Calcutta, ma pochissimo del Paese. Suo padre possedeva una mappa dell’India, e le aveva insegnato ciò che sapeva, ma lui non sapeva del Mondo più grande. O, se lo sapeva, non l’aveva spiegato a sua figlia di cinque anni. Aveva parlato delle terre oltre il loro paese come un mondo esterno; ora lei si era resa conto di essersi persa proprio in quel mondo esterno. Per tutti questi anni aveva pensato, da quando era stata portata via dalle strade di Calcutta daiPhansigar, una banda di teppisti e mercanti di schiavi, di essere semplicemente in una delle grandi città dell’India. Ma non era così. Era molto, molto lontana da casa.
Il suo ricordo di Klaanta, suo padre, non era chiaro. Si ricordava che le aveva insegnato a giocare a scacchi. Almeno come ogni pezzo si muove sulla scacchiera, ma non la strategia.Questo, l’aveva imparato da sola. Sembrava le venisse naturale. Aveva imparato così in fretta da battere suo padre ad ogni partita.
O era lui a lasciarmi vincere?Si chiese. Aveva sempre quel sorrisetto idiota sul viso quando lo mettevo sotto scacco.
Sua madre, Hajini, la ricordava abbastanza bene. Era sempre amorevole e premurosa verso la sua quinta figlia, ultima genita, e unica femmina. Quei bellissimi sari di seta che indossava. Così colorati di rosso, giallo e verde. Eil puntino rosso cenere sulla fronte, sempre lì ad esprimere il suo orgoglio di essere sposata. Rajiani aveva sempre voluto essere proprio come sua madre, indossare un bel sari, e un giorno, anche un puntino di frassino rosso.
Ricordava anche il profumo diBrahma Kamal, il fiore selvatico dell’Himalaya. Sua madre ogni giorno portava al tempio una ciotola di fiori viola, insieme al riso e a qualche moneta, come offerta alla dea Annapurna e al dio Krisna. Il dolce profumo dei venerati fiori era parte di sua madre. Ora Rajiani si chiedeva se l’avrebbe mai più rivista.
Piccola principessa, la chiamava sua madre.
Questo è il significato del tuo nome. Non dimenticarlomai; Rajiani, la mia Piccola Principessa.
Si allontanò dal libro. Non piangerò. Sbatté le palpebre e deglutì. Non lo farò.
* * * * *
Fuse era in piedi e guardava Rajiani fissare l'atlante sul pavimento.
Non sa dove si trova. Ma com'è possibile? Come può aver attraversato mezzo mondo e non sapere dove si trova?
Voleva confortarla, ma come? Quando aveva cercato di posarle la mano sulla spalla, lei si era spostata.
Guardò una lacrima scenderle sul viso.
“Torno subito,” disse Fuse e corse su per le scale. Nella camera dei suoi genitori, aprì un cassetto e cercò fra le coseche c’erano dentro, finché non trovò quello che voleva.Si affrettò a scendere le scale e diede a Rajiani il fazzoletto di pizzo di sua madre.Lei lo prese, lo spiegò e studio i ricami colorati.
“Mia nonna lo fece per mia madre quand’era una bambina. Non credo le dispiacerà se lo usi.”
Rajiani disse qualche parola, poi avvicinò il morbido lino alla faccia. Chiuse gli occhi e inspirò profondamente. Dopo un attimo, si asciugò le guance e sorrise a Fuse. Era il più bel sorriso che avesse mai visto. I suoi denti erano perfettamente allineati e brillantemente bianchi in contrasto con la sua carnagione. Gli aveva già sorriso prima, ma mai in quel modo. Anche i suoi occhi sembravano sorridere per lui. Era come l’alba al mare dopo una tempesta notturna.
“Ora ti senti meglio,” disse. “Lo vedo. Ma non sapevi di essere così lontana da casa, vero? Quello che devo fare è distrarti finché non impariamo a comunicare. Poi scoprirò come sei arrivata qui e forse riusciremo a pensare ad un modo per farti tornare a casa.”
Mentre prendeva uno dei vassoi e alcuni piatti, Rajiani disse qualcosa da dietro di lui. Sembrava una domanda. Si voltò vedendola indicare una fotografia incorniciata sul caminetto.
“Sì,” disse, pensando che avesse chiesto di toglierla.
Lei prese la foto mentre lui prendeva il piatto e il bicchiere dal tavolo.
“Papà,” disse Rajiani.
“Cosa?”
“Papà.” Puntò il dito verso la foto, poi verso il signor Fusilier sulla sua sedia a rotelle di legno.
“Si, quello nella foto è papà, prima di farsi male.”
“Fuse,” disse lei.
Mise giù il vassoio e si avvicinò a lei. “Si, sono io. La foto è stata scattata lo scorso Natale. Vedi l’albero sullo sfondo? Ce l’avevamo proprio lì.” Indicò l’angolo della stanza, vicino alle scale.
Lei guardò da quella parte, poi tornò sulla fotografia. Toccò l’immagine di sua madre e fece una domanda.
“Mi dispiace, non capisco.”
Si guardò attorno nella stanza e alzò le spalle, come se non vedesse quello che cercava.
“Oh, la mamma non c’è. È in Africa.”
“Afca?”
“Africa. È una volontaria della Croce Rossa in una spedizione per aiutare a vaccinare i bambini contro il vaiolo.” Fuse fissò per un momento l’immagine sorridente della madre. “Doveva essere solo per tre mesi, durante le mie vacanze scolastiche estive, ma sono già passati sei mesi.L’ultima letterache abbiamo ricevuto, arriva da Nairobi. Stavano preparando una barca di rifornimenti per attraversare il lago Victoria, per poi risalire il Nilofino al nord dell’Uganda, dove un grosso focolaio della malattia ha ucciso metà dei bambini. Quella lettera è arrivata un mese fa, ancora non sa dell’incidente di papà. Se le mie lettere riuscirannomai a raggiungerla, sono sicuro che salirebbe sulla prima nave per tornare a casa.”
Rajiani lo fissò.
“Non capisci una parola di quello che sto dicendo.”
Lei sorrise.
“Se tu imparerai alcune delle mie parole, io imparerò alcune delle tue, va bene?”
Lei scrollò le spalle.
Lui indicò la foto. “Papà,” disse.
“Papà.”
“Fuse.”
“Fuse,” disse lei.
“Mamma.”
“Mamma.”
“Albero di Natale.”
Lei raggrinzì la fronte e disse, “Albero.”
“Ehi, sai cosa?”
“Ehi,” disse Rajiani.
“Dopo aver pulito la cucina, potremmo andare a tagliare l’albero di Natale.”
“Albero?”
Rimise la foto sul caminetto e prese il vassoio. Rajiani glielo prese e ci caricò sopra il resto dei piatti, poi si diresse in cucina.
“Torno subito, papà,” disse Fuse e seguì Rajiani fuori dalla stanza. “Non sei costretta a farlo,” disse a Rajiani quando sistemò il vassoio dei piatti sporchi vicino al lavandino della cucina e mise il tappo.
Mise in funzione la leva della pompa, ma non uscì l’acqua.
“Devi caricarla.” Fuse prese un bicchiere d’acqua dal bancone e lo versò nella parte superiore della pompa. Dopo alcuni colpi alla maniglia, l’acqua uscì dal pozzo sotto la casa. “Poi si riempie il bicchiere, così, e lo si mette qui per la prossima volta”
Rajiani annuì e iniziò a pompare. Quando ebbe il lavandino mezzo pieno, prese il sapone alla soda caustica da un piattino vicino e cominciò a lavare i piatti.
“Okay,” disse Fuse. “Se insisti a lavare i piatti, ti aiuterò.”
“Okay,” disse Rajiani.
“Okay.”
Lei si tenne a distanza e stette molto attenta a non toccarlo mentre gli passava i piatti da asciugare.
Dopo aver finito di pulire la cucina, tornarono nella sala da pranzo a controllare il padre. Sembrava a suo agio e al caldo, lì vicino al fuoco.
“Aspetta qui,” disse Fuse a Rajiani.
Andò all’armadio sotto le scale e tornò con dei vestiti.
“Questo è il maglione che indossavo da bambino, ma credo che ti starà bene.”
Infilò il maglione marrone e blu fatto a maglia dalla testa, poi mise le braccia nelle maniche e si allungò per tirare fuori i capelli dal colletto. Disse qualcosa a Fuse e sorrise, facendo scorrere la mano sul maglione sfumato.
“Si, anche questo l’ha fatto mia nonna. Prova gli stivali, ma prima metti due paia di calzini.”
Rajiani si sedette per terra per infilarsi i calzini, poi gli stivali.
“Sono un po’ troppo grandi per te.”
Lei allacciò uno degli stivali di pelle.
“Ma è meglio che correre in giro sulla neve con quelle tue vecchie scarpe logore.” Si inginocchiò per allacciarle l’altro, ma lei tirò via il piede.
Rajiani si alzò in piedi dopo aver finito con il secondo stivale. Si mise i guanti di pelle che lui le porse e camminò in cerchio davanti a Fuse guardandosi i piedi.
Si fermò e fece una domanda puntando il piede verso il basso.
“Stivali,” disse lui.
“Stivali.”
“Papà,” disse Fuse, controllando il camino. “Andiamo dall’altra parte dello stagno a tagliare l’albero di Natale. Te la caverai per un paio d’ore?” Mescolò i carboni ardenti con un attizzatoio, poi aggiunse altri due legni al fuoco.
“Papà,” Fuse sentì la voce di Rajianidietro di sé. Si voltò e la vide davanti al signor Fusilier, i cui occhi erano rivolti verso il suo viso.
Lei indicò i suoi piedi. “Stivali.”
La testa di lui si inclinò lentamente. Dopo un attimo, i suoi occhi tornarono sul suo viso, e sbatté le palpebre.

Capitolo Sette
Era bellissimo il bosco, al di là dello stagno. Era uscito il sole, soffiava ancora il vento, e l’unico rumore era il soffice scricchiolio della neve sotto i loro piedi.
Fuse si fece strada attraverso i cumuli.Rajiani camminava dietro di lui, e Ransom la seguiva, trainando una piccola slitta con sopra un’ascia.
“Cervo.” Fuse indicò la neve davanti a loro, dove una scia di improntespuntavasul loro percorso.
“Cervo?” Rajiani era accanto a lui e seguì le tracce con gli occhi vedendole scomparire sulla riva del letto delfiume.
La corrente tumultuosa era sufficientemente rapida da non ghiacciarsi mai, in particolarenelle pozze e nei mulinelli.
“È andato laggiù a bere,” sussurrò Fuse.
Rajiani raggrinzì la fronte.
Lui mimò il gesto di portarsi un bicchiere alle labbra e indicò il fiume. “Bere.”
“Cervo, bere.”
Si inginocchiò per sfiorare le impronte, un attimo dopo proseguirono nel bosco.
Fuse sapeva quale albero voleva. Si trovava nella parte più lontana del bosco, vicino alla recinzione che segnava il confine coni Quackenbush. Ci aveva posato gli occhi lo scorso agosto, quando aveva riparato il recinto sul lato nord della loro fattoria. Nella sua mente, l’aveva immaginato come l’albero di Natale perfetto grazie alla sua forma conica. Non era grande quanto l’abete rosso dell’anno precedente, ma l’altezza ridotta l’avrebbe reso più facile da decorare.
“Questo è quello che voglio,” disse Fuse quando arrivarono dall’altra parte del bosco. Andò verso il pino loblolly di sette metri e si inginocchiò sotto di esso. “Taglierò il tronco, proprio lì.”
Puntò l’ascia. Lei si chinò per vedere sotto i rami.
“Vieni qui sotto, vedrai meglio.” Fuse la incoraggiò ad inginocchiarsi sotto l’albero.
Lei si lasciò cadere sulle proprie mani e ginocchia e strisciò sotto. Lui tirò indietro l’ascia e colpì con forza, tagliando l’albero alla base. La vibrazione dell’impatto scosse la neve dai rami, facendola cadere a cascata, quasi seppellendo entrambi. All’inizio lei urlò, ma quando Fuse si mise a ridere, lo fece anche lei. Appenarealizzò che la stava prendendo in giro, si buttò su di lui. Caddero nella neve, rotolando da sotto l’albero. Con un gridolino, lei saltò in piedi, allontanandosida Fuse, e cominciò a togliersi la neve da braccia e spalle.
“Saba logo,” disse lui, con un sorrisetto. Si alzò e si scrollò la neve dal cappotto “Non toccare, giusto?”
Lei lo guardò, poi abbassò lo sguardo, stringendosi le mani dietro la schiena. E gli sussurrò, “Saba loga,” correggendo la sua pronuncia.
“Saba loga. Se alla tua gente non piace essere toccata, come fate a…” Si bloccò. “Non importa.”
“Non importa.”
“Giusto.”
Fuse finì di tagliare l’albero e lo sollevò sulla slitta, Ransom lo trainò senza problemi lungo il sentiero.
* * * * *
Dopo cena, Fuse inchiodò una base di legno all’albero, poi portò due scatole di decorazioni giù dalla soffitta.La scatola conteneva due serie di addobbi in vetro rosso, verde e blu, assieme a lunghi fili di capelli d’angelo, fiocchi di neve e ritagli di carta appesi a delle catenelle realizzati e colorati da lui all’età di tre o quattro anni. Il ricordo della madre che lo aiutava a tagliare ed incollare la carta sul tavolo della cucina lo bloccò per un attimo. Quanto avrebbe voluto poter tornare indietro e rifare tutto da capo.
La mamma è così lontana, e non sa nemmeno…
Rajianigli parlò, interrompendo i suoi pensieri. La guardò e vide che reggeva uno degli ornamenti.
“Quello va lassù.” Indicò la cima dell’albero.
“Ah.” Appoggiò sul pavimento la stella giallo pallido.
“Non so quale Dio abbiate in India,” Fuse andò da suo padre e spinse la sedia a rotelle vicino all’albero, “ma dubito che sia uguale al nostro.”
Sapeva che lei non capiva il significato dell’albero, ma ovviamente le piaceva decorarlo.
Lei prese una decorazione di vetro blu e lo guardò in modo interrogativo.Fuse ne prese una rossa dalla scatola.
“Appendilo al ramo, così.”
“Ah, Okay.”
Dopo le ghirlande verdi e i ritagli di carta colorata, lui e Rajiani avvolsero a spirale l’ultimo orpello intorno all’albero. Quando tutte le decorazioni furono al loro posto, Fuse si mise in piedi sul gradino centrale della scala e si chinò per posizionare la stella in cima.
“Ottimo lavoro,” disse dopo aver messo i regali per mamma e papà sotto l’albero. Fece un passo indietro per ammirarlo.
“Ottimo lavoro,” disse Rajiani.
“Adesso, devo preparare papà per andare a dormire.” Le fece cenno di seguirlo su per le scale. “Ma prima vieni, ti mostro dove dormirai.”
Camminarono lungo il corridoio del piano superiore, oltre la sua stanza, fino alla porta di fronte alla camera da letto dei suoi genitori.
“Questa è la stanza degli ospiti,” disse accendendo la luce.
Lei lo seguì nella stanza fredda. Lui si diresse verso il letto e tirò giù la trapunta. “Se lasciamo la porta aperta per un po’ si riscalderà. D’accordo?”
Lei inarcò le sopracciglia e alzò le spalle.
“Puoi dormire qui.” Fuse unì le mani, inclinò la testa e le appoggiò sotto la guancia, come se fossero un cuscino. Poi chiuse gli occhi.
“Oh,” disse lei. “Okay.”
Quando uscì dalla stanza, Rajiani chiuse la porta dietro di lui.
* * * * *
Fuse si alzò prima dell’alba la mattina di Natale. Tremante nella sua camera da letto, si affrettò a vestirsi. La stufa della cucina e il caminetto tenevano calda la casa tutto il giorno, ma quando la legna si spegneva alle prime ore del mattino, la casa diventava davvero fredda.
Quando uscì dalla sua stanza e accese la luce del corridoio, notò che la porta della stanza di Rajiani era aperta. Non entrò, ma poté vedere dalla soglia che se n’era andata ed il letto era stato rifatto.
“Non ditemi che ha dormito nel fienile,” sussurrò lui, abbottonandosi la camicia.
Si sorprese nel vedere che aveva tolto la ghirlanda e l’orpello dall’albero. Tutte le altre decorazioni erano ancora lì; solo quelli erano scomparsi.
Guardò nella stanza di suo padre, di fronte al soggiorno al piano terra. Era la stanza da cucito di sua madre, ma Fuse aveva spostato lì il letto del padre perché non riusciva a salire e scendere le scale con la sedia a rotelle. Stava ancora dormendo, così Fuse andò in cucina.
Il profumo del caffè appena fatto lo accolse nella stanza calda. Le fette di prosciutto erano sul tagliere, con accanto un cesto di uova, pronto per la padella.
Mi chiedo come abbia imparato a fare il caffè.
Si infilò gli stivali e il cappotto. Avrebbe lasciato dormire il padre fino al termine delle faccende.
Quando arrivò al fienile e aprì la porta, trovò i pollie i piccioni che beccavano il loro mangime sul pavimento sporco. Anche i cavalli, Cleo e Alex, erano stati accuditi. Stormy e il suo cucciolo erano tranquilli su uno strato di paglia pulita.
Fuse uscì dalla porta sul retro e vide il mucchio fumante di paglia e letame ripulito dalle stalle. Aveva riposto con cura anche lo sterco di mucca. Ora c’erano quattro file di letame a seccare.
Perché ha messo per terra quella roba?
Andò a controllare le mucche. Lì, nella loro stalla, trovò le decorazioni mancanti dell’albero di Natale; le aveva usate per adornare le mucche. C’erano fili verdi e argento sulle loro corna e attorno al collo.
Cosa c’entrano le mucche?
Le guardò mangiare il mais che lei aveva versato nella loro mangiatoia. Le mucche sembravano indifferenti ai loro nuovi ornamenti mentre sgranocchiavano il mangime.
“Okay?”
Fuse sussultò al suono della sua voce. Si voltò e vide la ragazza sorridente con in mano un secchio del latte appena munto. Gli ci volle un attimo per riprendersi.
“Okay.” Era felice di vedere che indossava gli stivali, e anche il suo maglione sotto ilcappotto. “Devi esserti alzata ore fa.”
“Latte.” Lei gli porse il secchio.
* * * * *
Rajiani vinse la sua prima partita a scacchi durante la colazione. Diede da mangiare al padre di Fuse mentre lui si concentrava sulle sue mosse. Sembrava che avesse passato più tempo ad aiutare il padre che a giocare la partita, ma aveva vinto facilmente, facendogli scacco matto in sole quindici mosse. Finirono di lavare i piatti e pulirono la cucina prima di preparare la scacchiera per una seconda partita, ma furono interrotti da una bussata alla porta d'ingresso.
Fuse rimase sorpreso dal fatto che qualcuno fosse venuto a casa la mattina di Natale, ma soprattutto da Rajiani che saltò in piedi per correre in cucina. La sua regina nera e i due pedoni caddero a terra quando colpì la tavola con il ginocchio. Pochi secondi dopo, la porta sul retro sbatté.
Scavalcò i pezzi degli scacchi per andare alla porta d’ingresso, chiedendosi chi potesse essere. Rimase sorpreso nel vedere chi era in piedi sul portico
“Salve, vicino.”
Ci volle un attimo perché Fuse riacquistasse la voce. “B-buongiorno, signor Quackenbush.”

Capitolo Otto
Buford Quackenbush entrò e si avvicinò al fuoco per scaldarsi. Tirò fuori un coltellino dalla tuta, poi un blocchetto di tabacco da masticare. Dopo averne tagliato un pezzo enorme, se lo infilò nella guancia e offrì il blocchetto a Fuse, che scosse la testa.
Dopo aver pulito la lama sui pantaloni, Quackenbush ripose il coltello. Masticò il tabacco nella guancia rigonfia, e un po’ di marrone gocciolò dall’angolo della bocca mentre si guardava intorno come se cercasse un posto dove sputare.
“Ho preso un cervo stamattina,” borbottò con il grumolo appiccicoso.
Aprì il parafuoco e sputò un filone di succo di tabacco tra le fiamme. Un odore putrido seguì un breve sfrigolio.
Fuse guardò il fuoco e storse il naso. “Un cervo?”
“Sì, una bella cerbiatta.” Quackenbush si pulì la bocca sulla manica del cappotto. “Al primo colpo ero un po’ traballante e l’ho colpita alla zampa. Il secondo l’ha colpita al fianco, ma il terzo è stato un colpo secco e decisivo.” Fece un rapido movimento verso il collo, sotto l’orecchio destro. “Un proiettile proprio sul collo.”
Fuse prese l’attizzatoio e colpì il fuoco, battendo su tronchi mezzi bruciati. “Pensavo che la stagione dei cervi fosse finita.”
“Beh, credo che lo sia, legalmente parlando, ma starò zitto se farai lo stesso.” Quackenbush indicò il padre di Fuse. “E so che lui non parlerà con le autorità.” Si mise a ridere. A Fuse sembrò un asino con l’anatomia maschile impigliatain un recinto di filo spinato.
Fuse sentì la rabbia salirgli nel petto. L’uccisione fuori stagione lo infastidì, ma non tanto quanto l’insulto al padre. Anche se non gli piaceva quell’uomo, sua madre gli aveva insegnato il rispetto verso gli anziani. Così, si morse la lingua e tenne la bocca chiusa.
Quackenbush indossava una giacca nera stile militare sopra una tuta sporca, e un cappello porkpiegrigiocon il bordo macchiato di sudore. Puzzava come i cani da pastore bagnati, e il calore del fuoco non faceva che peggiorare la situazione.
“Spero non ti dispiaccia che abbia ucciso quel cervo nella tua proprietà.” Strinse gli occhi guardando Fuse, come per sfidare il ragazzo a rispondergli. “Ero sulla riva di quel piccolo ruscello, dietro il tuo stagno. Con i piedi ho coperto di neve il sangue e le budella, così nessuno lo verrà mai a sapere.”
Fuse gettò l’attizzatoio nella scatola di legno ripensando al giorno prima, quando aveva mostrato le impronte del cervo a Rajiani. Era preoccupato che la ragazza fosse fuori al freddo.
Come posso sbarazzarmi di quest’uomo odioso prima che ci riempia di puzzo tutta la casa? Sarei dovuto uscire dalla porta sul retro con Rajiani.
Quackenbush guardòl’attizzatoio rovente mentre masticava il tabacco spostandolo da una guancia all’altra. “Tua madre è in casa?”
“No.”
“Oh!Mi è sembrato di sentire sbattere una porta appena prima di entrare.”
“Ero io…che entravo dalla cucina.”
Entrambi guardarono verso la porta della cucina, era aperta.
“È la prima volta che vengo in questa casa da quando Marie aveva quattordici anni.”
Quackenbush camminò verso il centro della stanza, guardando il posto, come per valutarne il valore. Andò alla ringhiera delle scale e allungò il collo per guardare al piano di sopra.
Fuse non aveva mai sentito nessuno chiamare sua madre per nome. Anche suo padre l’aveva sempre chiamata “mamma”, almeno quando Fuse era presente.
Perché Quackenbush era nella nostra casa quando mamma era adolescente? Dev’essere stato prima di conoscere papà.
La casa e la fattoria erano appartenute ai genitori di sua madre. Dopo l’ictus del nonno e la sua morte nel 1918, la nonna sopravvisse solo altri sei mesi. La dolce vecchietta sembrava essersi sciupata, struggendosi per il suo compagno da cinquantotto anni.
“Marie era una graziosa ragazzina a quei tempi,” disse Quackenbush, distogliendo Fuse dai suoi ricordi. “Comunque dov’è? Mi piacerebbe vederla.”
“È in Africa.” Fuse non avrebbe voluto dirlo. Non erano affari di Quackenbush.
“Africa?”
Fuse annuì.
“Ha dei parenti lì?” Un’altra risata d’asino.
“No. è una volontaria della Croce Rossa.”
“Ah, allora starà via per molto tempo.”
“Mi aspetto che torni da un giorno all’altro.”
Quackenbush si strofinò il dorso delle dita sulla barbetta incolta della guancia. Gli occhi iniettati di sangue dell’uomo erano troppo vicini al suo naso da becco di corvo. Sembrava avere la stessa età della madre di Fuse.
“Ole Kupslinker, giù alla banca, ha detto che vuoi affittare questo posto.”
“Non sono sicuro di volerlo affittare.”
“Beh, Kuppy parlava come se tu fossi pronto a firmare per tuo padre sulla linea tratteggiata.”
“Non è legale.”
“Chi lo verrà a sapere?”
Questo è come uccidere quella povera cerbiatta. Devo sbarazzarmi di questo stupido e trovare qualcuno che mi dia consigli sulla fattoria. Firmare quei documenti, non porterà a nulla di buono. E come se non bastasse, avremmo questo babbuino in mezzo ai piedi ogni giorno.
“Il signor Kupslinker ha detto che posso pensarci fino alla fine dell’anno.”
“Beh, ti aiuterò a pensarci,” disse Quackenbush. “Ho preso due contadini montanari.” Si scaldò il fondoschiena, poi fece scivolare la mano dietro di sé per grattarsi. “A loro piace ficcare il naso nei miei affari, ma se qualcuno li tiene d’occhio, lavorano bene. Potremmo abbattere la recinzione che separa le nostre fattorie e unire il vostro pascolo al mio campo di grano. Probabilmente avremmo 60 acri di mais lì. Potrei far venire i miei ragazzi qui domani, per darti una manoe occuparsi delle cose della casa mentre sei a scuola.”
Fuse rimboccò la coperta a scacchi gialli e rossi sulle gambe del padre. Il signor Fusilier mosse la testa, e Fuse lo guardò. Suo padre sbatté le palpebre due volte in rapida successione. Dopo un attimo, lo fece di nuovo.
“Giochi a chest (petto)?” chiese Quackenbush, annuendo verso la scacchiera.
“Si dice chess (scacchi). E sì, ci gioco.”
“E con chi stai giocando a chest? Non con tuo padre.”
Fuse rispose prima di dover sentire di nuovo quella risata irritante. “Io…gioco per entrambi.”
“Vorrei fare una partita a dama. A dama potrei batterti.”
“Devo finire le faccende, signor Quackenbush.”
“Sì, credo sia meglio che torni a casa. Ho dato a quei due ubriaconi il giorno libero, e ora devo fare io tutto il lavoro.” Si incamminò verso la porta, ma quando afferrò la maniglia, si fermò. “Quasi dimenticavo. La mia vecchia signora mi ha detto che siete invitati alla cena di Natale. Abbiamo il tacchino, carne di cervo e tutti gli antipasti. Probabilmente il triplo del necessario.” Indicò il padre di Fuse. “Penso che il tuo papà possa venire, ma non so come tu possa portare quella sedia a rotelle lassù a casa mia. Suppongo che possa stare qui da solo per due o tre orette.” Fissò Fuse ma non ottenne risposta. “Non dimenticare figliolo, dovremo fare un accordo molto presto.”
Quackenbush aprì la porta e uscì sul portico anteriore. Fuse si affrettò ad afferrare la porta.
“È più freddo del culo di una strega su un manico di scopa.”
Quackenbush si abbottonò il cappotto controvento e si diresse verso la sua station wagon Durant. Sembrava nuova, con le fiancate in legno e i paraurti cromati lucidati a specchio.
Fuse sbatté la porta e andò alla finestra. Spostò la tenda e guardò per essere sicuro che Quackenbush se ne andasse. Quando la station wagon uscì dal vialetto di casa e si immise nella strada sterrata, Fuse andò in cucina, si mise il cappotto e corse fuori a cercare Rajiani.

Capitolo Nove
Fuse era seduto a fissare il camino. Aveva setacciato il fienile chiamando Rajiani. Se c’era, era ben nascosta. Aveva perfino attraversato il campo addentrandosi nel bosco, ma non l’aveva trovata. Mancava anche Ransom. Per qualche ragione, era una consolazione pensare a loro due insieme. Forse non era scappata per sempre.
Si spaventò per una bussata alla porta d’ingresso. “Oh, no,” sussurrò, “Quackenbush è tornato.”
Si diresse verso la porta.
Potrebbe essere Rajiani.
Quando la aprì, rimase sorpreso nel vedere la signora Smithers.Il suo primo pensiero fu che fosse successo qualcosa alla madre.
Devono aver mandato un telegramma all’infermiera, chiedendole di venire a dirmelo.
Un adolescente che lui non conosceva, era dietro di lei. Era più alto di Fuse di un uno o due centimetri, vita magra, spalle larghe, e lo stesso sorrisino della signora Smithers.
“Buongiorno, Vincent,” disse la signora Smithers. Lei reggeva un vaso coperto e il ragazzo un grande cesto di vimini. Lo teneva davanti a sé, come se fosse pesante.
Fuse fissò la signora Smithers per un attimo prima di ricordare le buone maniere. “Mi scusi,” disse, spaventato da quello che avrebbe detto in seguito. “Entrate, signora Smithers.” Si fece da parte e spalancò la porta. “Cosa c’è che non va?”
“Non c’è niente che non vada. Siamo venuti ad augurarvi Buon Natale.”
“Oh, è fantastico.Avevo paura che qualcosa…”Si bloccò. “Buon Natale anche a voi.” Lanciò un’occhiata al ragazzo.
“Questo è mio figlio, William.”
“Ciao, William.” La voce di Fusecolse una nota di allegria e sollievo nel sapere che non si trattava di una visita ufficiale.
“Buongiorno, signor Vincent.” William indossava una tuta nuova e una camicia azzurra inamidata sotto il cappotto di velluto a coste. Il colletto della sua camicia era abbottonato.
“Signor Vincent?” Fuse chiuse la porta. “Non sono un signore. La maggior parte dei bambini mi chiama Fuse.”
Il ragazzo guardò la madre, poi di nuovo Fuse, visibilmente insicuro su come rispondere. Spostò il cesto nell’altra mano.
“Dove vai a scuola?” chiese Fuse.
“Alla Booker T. Washington.”
“So dov’è,” disse Fuse. “È la scuola per Negri, quella oltre la vecchia sgranatrice di cotone. In che classe sei?”
“In prima superiore.” William alzò il mento. “Ho preso una ‘A’ in scienze la settimana scorsa.”
“Davvero? Amo le lezioni di scienze.”
La signora Smithers si rivolse al padre di Fuse. “Buongiorno, signor Fusilier.” Gli diede una pacca sulla spalla. “Come si sente oggi?” Guardò Fuse. “Possiamo mettere il tacchino in cucina, Vincent?”
“Tacchino? Certo.” Fuse fece strada verso la cucina. “Non sapevo che sarebbe venuta oggi, signora Smithers.”
“Beh, neanche noi, fino a stamattina.” Appoggiò la pentola smaltata di bianco sul tavolo della cucina e fece cenno a William di posare il cesto accanto ad essa. “Ho pensato a te e a tuo padre che mangiavate uova e pancetta per la cena di Natale e ho deciso che io e William saremmo venuti a condividere il nostro cibo con voi.” Sollevò il coperchio della pentola per dare la possibilità a Fuse di dare un’occhiata al tacchino. “Se per te va bene, ecco qui.”
“La mamma ha cucinato le patate dolci”, disse William togliendo il panno ricamato che copriva il cesto. “Anche salsa di piselli e pane di mais.”
“Wow. È meraviglioso, ma che mi dice della sua famiglia signora Smithers? Lei e William non volete cenare con loro oggi?”
“Questa è la mia famiglia, Vincent. William ed io. Suo padre è stato ucciso in Francia, a Verdun. Era un corriere di muli per l’esercito americano. Tutti glialtri nostri parenti sisono trasferiti a nord, a Detroit. Sai quanto mi piaccia cucinare, e ne abbiamo in abbondanza.”
Fuse non sapeva cosa dire a proposito del padre di William. Non poteva immaginare la vita senza suo padre.
“Mi dispiace per tuo padre,” disse. “Sai, tua madre si prende cura del mio.”
“Si.” William era impegnato a prendere le pentole e i piatti da dentro la cesta coperta.
“Papà adorerà tutto questo cibo,” disse Fusementre la signora Smithers regolava il coperchio di vetro della ciotola del condimento
“William,” disse lei. “Vai a prendere le altre cose dal furgone.”
“C’è dell’altro?” chiese Fuse.
“Abbiamo panini, mirtilli rossi,” disse William. “Purè di patate e…” Guardò sua madre.
“Salsa Gravy e crema di mais,” disse la signora Smithers con un ampio sorriso.
“Ti aiuto.” Quando Fuse prese il cappotto appeso dietro la porta sul retro, vide gli stivali di Rajiani. “Oh, no. È uscita a piedi nudi sulla neve.”
“Chi?” La signora Smithers raggiunse lo sportello del forno per aprirlo. “Tua madre è tornata a casa?”
“No, Rajiani. È una ragazza che ho trovato addormentata nel fienile due giorni fa.”
“Come ha fatto ad entrare nel vostro fienile?”
“Non lo so. Non parla inglese. Posso solo dire che viene dall’India e credo che la sua lingua sia l’hindi.”
“India?! Com’è arrivata fino a qui, in Virginia?”
“Questo è quello che vorrei sapere. Ed è nervosa, come se avesse paura di essere catturata da qualcuno. Buford Quackenbush era qui poco fa. Quando ha bussato, lei è corsa fuori dalla porta sul retro senza nemmeno prendere il cappotto e gli stivali.”
“Si gelerà là fuori. E cosa ci faceva quiquel Quackenbush?”
“Lo conosce?” chiese Fuse.
“Spazzatura bianca, ecco cosa so di lui. Non è altro che uno spilorcio e un contrabbandiere.” Sbatté la pentola del tacchino sul fornello. “Mi dispiace, Vincent. Sarà anche un amico di famiglia, ma per me è solo pura spazzatura bianca.”
“Non è nostro amico.”
“Questo è un bene. Ora, che mi dici di questa ragazza?” La signora Smithers usò l’orlo del suo cappotto per afferrare la maniglia della porta del forno per aprirla.
“Non so nulla di lei, solo che ha paura di tutti.”
“Faresti meglio ad andare a prenderla.”
“Ci ho provato. Ma dopo che Quackenbush se n’è andato, ho passato un’ora a cercarla, senza fortuna.”
“Oh, giorni celesti! Una ragazza che si nasconde in quel modo.” Fece scivolare la teglia nel forno e chiuse lo sportello in ghisa. “Tu e William portate dentro il resto del cibo, poi accendete il fuoco. Il tacchino è cotto abbastanza bene, ma lo lasciamo riscaldare un po’. Come hai detto che si chiama?”
“Rajiani.”
“Rajiani. Porto il suo cappotto e gli stivali nel fienile e vediamo se riesco a convincerla ad entrare in casa.”
“C’è una stufa a cherosene nella stalla diStormy, nel retro del fienile. Spero che sia entrata dopo che sono tornato in casa. Ma non cercare di toccarla, non le piace che qualcuno le si avvicini troppo.”
“Hai detto che è una ragazza, ma intendi una bambina? Quanti anni ha?”
“Circa tredici, credo.” Quando Fuse disse la sua età, notò una reazione da parte di William. Sembrava volesse chiedere qualcosa sulla ragazza, ma poi chiuse la bocca e rimase in silenzio.
“Va bene.” La signora Smithers prese il cappotto e gli stivali di Rajiani e uscì dalla porta sul retro. “Vediamo cosa fa questa tredicenne fuori in una mattina fredda come questa.”
I due ragazzi uscirono dalla porta principale per recuperare il resto del cibo.
“Che bel camioncino,” disse Fuse.
“È un Diamond T,” disse William. “Del 1920. L’ho guidato fin qui.”
“Hai guidato in autostrada?”
“Beh, usciti dalla città la mamma mi ha lasciato guidare un po’.”
“Noi abbiamo unFord Modello T nel fienile,” disse Fuse. “Vorrei poterla guidare fino al negozio di mangimi, ma potrei finire nei guai.”
“Io non guido mai in città.”
“Giochi a scacchi?” chiese Fuse.
William scosse la testa prendendouna cassa di legno per le uova dal retro del camioncino. “Troppo difficile per me.”
Fuse prese la seconda cassa e si diressero in casa. “Nah, non è difficile. Sembra così all’inizio per via dei diversi tipi di pezzi. Se vuoi ti insegno a giocare.”
“Non saprei. Tu giochia biglie?”
“Ring Taw e Three Hole, sono i due giochi che mi piacciono.”
“Si, Ring Taw. So giocarci bene. Ho già vinto centoventi biglie dai bambini a scuola giocando a Ring Taw.”
“Non gioco a biglie da molto tempo, ma quando la neve si scioglierà e non ci sarà più fango, possiamo giocarci qui fuori in giardino.”
“Le biglie sono meglio degli scacchi.” William spostò la sua cesta delle uova per poter aprire la porta d’ingresso. “L’India è da qualche parte vicino la Cina, giusto?”
“Si,” disse Fuse. “Dall’altra parte del mondo.”
“Come pensi sia arrivata qui?”
“Dev’essere venuta con una nave, ma siamo lontani dall’oceano.”
“Le piacciono le ragazze, signor Fuse?”
“C’è una ragazza nella mia scuola, si chiama Monica Cuddlestone. È più grande di me, ma bella come una farfalla.”
“Cosa le ha detto?”
“Non le ho detto niente. Come si parla alle ragazze?”
“Questo è quello che mi piacerebbe sapere, signor Fuse.”
Guardò William. “Non parla con loro,” fece una pausa e aggiunse, “signor William?”
William rise. “Nessuno mi ha mai chiamato signore.”
“Nemmeno a me.”
“Ci parlavo con le ragazze.” William entrò in cucina davanti a Fuse. “Quand’ero piccolo ed erano bambine come me, ma ora hanno un aspetto un po’ diverso. Sai, non sono più magre comepali della luce, e mi indicano e si parlano a bassa voce tutto il tempo. Poi cominciano a ridere con la mano davanti alla bocca. Cosa possiamo fare?”
“Monica è uguale.” Fuse guardò la porta sul retro e abbassò la voce. “Mi ha dato del secchione l’altro giorno a lezione di matematica.”
“Perbacco.” William fissò Fuse, con gli occhi spalancati. “L’ha detto ad alta voce?”
Fuse annuì appoggiando la scatola sul tavolo della cucina.
“L’insegnante l’ha colpita con un righello?”
“No, non l’ha sentita.”
“L’hai chiamata così anche tu?” chiese William.
“Non sapevo cosa dire. Ho afferrato il mio libro, l’ho apertoemi sono nascosto dietro le pagine.”
“Si, è successo anche a me. Una di quelle ragazze ridacchiando mi ha detto, ‘ehi, ragazzone’. Non sapevo cosa fare, così ho ridacchiato come aveva fatto lei e ho risposto, ‘ehi, ragazzona’. Si è arrabbiata e se n’è andata come se l’avessi chiamata come una specie di animale morto o qualcosa di simile. Ora non ci parliamo nemmeno più.”
Fuse si mise a ridere accendendo il fuoco. “Le ragazze sono cambiate quando siamo arrivati al liceo.”
“È vero. È come se fossimo rimasti normali e loro fossero diventate stupide.” William sistemava tranquillamente i piatti sulla tavola. Dopo un attimo disse, “Non ho mai visto l’oceano.” Mise le scatole vuote sul pavimento accanto al bancone della cucina.
“Nemmeno io, tranne che sui libri.”
“Scommetto che c’è del buon pesce nell’oceano.”
“Sicuramente.”
“Pensi che alle ragazze piaccia pescare?”
La porta sul retro si aprì ed entrò la signora Smithers. “Che il Signore abbia pietà, Vincent. Che cosa hai fatto a quelle povere mucche?”
“Parli delle decorazioni natalizie?”
“M-mmm.” Si tolse il cappotto e lo appese.
“L’ha fatto Rajiani. Stamattina presto ha preso l’orpello dall’albero di Natale e l’ha messo intorno alle corna e al collo delle mucche. L’hai trovata là fuori?”
“No. Ho lasciato gli stivali e il cappotto nella stalla di Stormy. Mi sono sentita osservata, ma non ho sentito nulla, tranne gli animali sgranocchiare il mais. È proprio un bel puledro quello che hai lì”
“Pensi che sia una pazza, mamma?” chiese William sollevando il coperchio della ciotola di piselli. “‘Scappata dal manicomio giù a Richmond?”
“Non è pazza, William…” Fuse parlò più forte di quanto avesse voluto e si bloccò quando la signora Smithers gli lanciò un’occhiataccia. Usò l’attizzatoio per aprire la porta della stufa. “Ha solo paura di qualcosa.” Mescolò i carboni ardenti e aggiunse altra legna al fuoco.
La signora Smithers prese una casseruola dall’armadietto. “Ricordo di aver letto che le mucche sono sacre in India.” Mise le patate dolci nel tegame con il cucchiaio. “Quella ragazza sta trattando le mucche come divinità, come fanno nel suo paese.”
“Immagino che questo spieghi le decorazioni che ci ha messo sopra.” Fuse chiuse con fragore lo sportello della stufa, ritraendo rapidamente la mano e agitando le dita. “Pensi che qualcuno le stia dando la caccia?”
“Si, credo di sì. Molto probabilmente è scappata di casa. La sua mamma e il suo papà probabilmente sono preoccupati da morire. Penso che dovresti dirlo allo sceriffo.”
“Cosa farà lo sceriffo?” Si soffiò sulle dita.
“Verrà a prenderla finché non scopriranno da dove è scappata.”
“Vuoi dire che la metterà in prigione?”
“Può essere.” Mise la padella con le patate dolci sul fuoco a scaldare. “Così non scapperà di nuovo.”
“Ma lei non capirebbe, chiusa in una cella.”
“Una volta ho visto quello sceriffo giù a Hackberry Road,” disse William. “Mi ha fatto il malocchio, e mi ha spaventato peggio di un orso affamato che vuole mordere uno scoiattolino, e non avevo fatto nulla di male.”
“È venuto nella nostra scuola due settimane fa,” disse Fuse, “cercando Billy Quackenbush.”
“Cosa aveva fatto?” chiese William.
“Non ne sono sicuro, ma ho sentito dire che salta sempre la scuola per commerciare liquore scadente giù al molo.”
“Whiskey scadente di contrabbando?” chiese William.
“Si.” Fuse innescò la pompa e fece scivolare il piatto sotto il beccuccio.
“Mmm.” La signora Smithers stava in piedi con le mani sui fianchi, osservando le pietanze sul tavolo. “Suona veritiero per quel gruppetto di Quackenbush. Immaginate, un padre che fa contrabbandare il proprio ragazzo. Ma adesso sono più preoccupata per quella ragazza là fuori. So che il signor Andrew Jackson Winsome lavora come spazzino di notte giù alla prigione della contea.” Mescolò il sugo e picchiettò il cucchiaio sul bordo della ciotola. “Potrei dirgli di andare di nascosto a controllare gli annunci di ragazze scomparse in questa parte del paese. Quegli agenti non sospetterebbero del vecchio Winsome che fa domande, e anche se lo facessero, non penserebbero di venire qui a casa tua.”
“Di sicuro è meglio che consegnarla allo sceriffo,” disse Fuse.
“Se non ci sono mandati o volantini su ragazze adolescenti scomparse, allora vedremo cosa fare.”
“E se avessero un mandato per lei?”
“Allora dovremmo andare a parlare di lei con lo sceriffo.”
“Potrebbe essere una schiava fuggitiva,” disse William. “Scommetto che lo sia.”
“Non ci sono più gli schiavi in questo paese, William,” disse la signora Smithers. “Te l’ho già detto.”
“Ho sentito parlare di persone che tengono gli schiavi incatenati in cantina e li fanno uscire la notte per fare tutto il lavoro.”
“E io ti dico che non ci sono più schiavi. Adesso vai fuori a prendere un carico di legna da ardere.”
“Si, Ma’,” disse William abbassando lo sguardo sul pavimento. Dopo essersi guardato le scarpe per un attimo, si diresse verso la porta sul retro.
“La legnaia è vicino al fienile, William,” disse Fuse. “Vuoi una mano?”
“Nossignore. Posso farcela da solo.”
“Abbottonati il cappotto,” disse la signora Smithers, alzando la voce mentre William chiudeva la porta dietro di sé. “Ricevuto niente dalla Octavia Pompeii, Vincent?”
“No, signora.” Riempì la teiera con l’acqua della pompa e la mise sul fuoco. “Penso di aver già perso.”
“Quando ha inviato la trascrizione la tua scuola?”
“A settembre.”
“I tuoi voti erano tutti buoni?”
“Tutti come gli ultimi tre anni.”
“Allora di cosa ti preoccupi?” Mise la padella con gli involtini della cena sul bordo della stufa.
“Quest’anno hanno deciso di aprire il concorso a tutte le nazioni, non solo agli americani come in passato”
“Mi stai dicendo che pensi di non essere bravo quanto quegli stranieri?” Mise il tegame di rotoli sulla parte posteriore della stufa.

Конец ознакомительного фрагмента.
Текст предоставлен ООО «ЛитРес».
Прочитайте эту книгу целиком, купив полную легальную версию (https://www.litres.ru/charley-brindley/raji-libro-uno/) на ЛитРес.
Безопасно оплатить книгу можно банковской картой Visa, MasterCard, Maestro, со счета мобильного телефона, с платежного терминала, в салоне МТС или Связной, через PayPal, WebMoney, Яндекс.Деньги, QIWI Кошелек, бонусными картами или другим удобным Вам способом.
Raji: Libro Uno Charley Brindley

Charley Brindley

Тип: электронная книга

Жанр: Современная зарубежная литература

Язык: на итальянском языке

Издательство: TEKTIME S.R.L.S. UNIPERSONALE

Дата публикации: 16.04.2024

Отзывы: Пока нет Добавить отзыв

О книге: 1925. Una ragazza indiana viene trovata in un fienile in Virginia, USA. Dicembre 1925. Vincent Fusilier trova Raji che dorme nel fienile della sua famiglia. Pensa che sia una mendicante e le dice di andarsene. Lei non capisce l’inglese e non sa dove si trova. Nei mesi successivi, questi due ragazzi si sforzano per capire uno la lingua e la cultura dell’altra. PUBLISHER: TEKTIME

  • Добавить отзыв