Pioggia Di Sangue
Amy Blankenship
Pioggia di Sangue
Serie “Legami di Sangue” Volume 13
Author: Amy Blankenship & RK Melton
Translated by Ilaria Fortuna
Copyright © 2017 Amy Blankenship
Edizione inglese pubblicata da Amy Blankenship
Seconda edizione pubblicata da TekTime
Tutti i diritti sono riservati
Capitolo 1
Ren ricomparve nel negozio, proprio nello stesso punto in cui era scomparso, e guardò Lacey. Era seduta a terra girata di spalle e stringeva Vincent come se fosse un bambino... e lui le teneva la testa premuta sul seno. I muscoli del suo viso si tesero per il nervosismo.
Lacey alzò la testa di scatto e si accigliò quando le luci nella stanza iniziarono a tremolare, temeva che il temporale stesse per far saltare la corrente anche lì come al “museo dei dannati”. Sussultò e strinse la presa su Vincent quando vide un fulmine e l’atmosfera fu sferzata da un tuono assordante.
Vincent sorrise quando vide l’ombra dell’uomo proiettata sul pavimento dalla luce del fulmine. Per puro divertimento, si accoccolò ancora di più contro il petto di Lacey e mormorò: «Il tuo fidanzato è tornato, tesoro.».
Lacey sentì i peli sulla nuca drizzarsi. I suoi sensi paranormali appena acquisiti le fecero capire che Ren era così vicino che, se si fosse piegata leggermente all’indietro, avrebbe potuto toccargli le gambe. Incolpando mentalmente la propria morbosa curiosità, alzò lo sguardo. Ovviamente, Ren era in piedi dietro di lei e guardava storto entrambi.
Quello non era di certo lo stesso sguardo gentile che aveva quando se n’era andato poco prima e Lacey si chiese cosa fosse successo da fargli cambiare umore quand’era tornato al museo. Prima ancora di chiedersi quale fosse il problema, sentì il pavimento vibrare sotto i piedi e, quando tutto nella stanza iniziò a tremare, si guardò attorno convinta che si trattasse di un terremoto.
Ren strinse i denti quando sentì i cristalli e altri oggetti fragili iniziare a vibrare sugli scaffali. Non essendo dell’umore giusto per vedere il negozio distrutto ancora una volta, si fermò e, con un cupo ringhio, si concentrò per stabilizzare l’edificio finché il terremoto non cessò.
Vincent si mise a sedere quando il movimento all’interno del negozio cessò improvvisamente, tuttavia il lampione proprio fuori la finestra continuava ad oscillare avanti e indietro, proiettando un’ombra in movimento nella stanza.
«Che diavolo è?» chiese Vincent a bassa voce quando una nuvola di polvere e detriti passò davanti alla finestra, coprendo quasi tutta la visuale sulla strada.
Ren non aveva bisogno di tirare a indovinare... lo sapeva già. Sentiva i demoni in fuga dalla distruzione. Quando l’onda d’urto si placò, rispose: «Credo che adesso la città sia diventata un museo demoniaco all’aperto, visto che l’edificio non è più in piedi.». Con lo sguardo seguì Vincent mentre andava verso la finestra, lontano da Lacey... una mossa saggia da parte sua.
Sentendosi ancora debole, Vincent si aggrappò al davanzale mentre osservava la nuvola di polvere densa che investiva l’edificio con onde fluttuanti. Fece una smorfia quando iniziò a vedere dei corpi che si muovevano nella coltre e si rese conto che, in realtà, erano demoni in fuga che cercavano di mimetizzarsi.
Non poté fare a meno di indietreggiare quando un demone senza pelle si avvicinò alla finestra. Vide ciò che ne rimaneva della sua pelle, ridotta a brandelli sui muscoli intrisi di sangue. La creatura girò la testa per guardarlo e spalancò la bocca in un urlo silenziosamente grottesco, prima di svanire nella nuvola di polvere.
«Dimmi che questo posto è davvero a prova di demoni.» chiese Vincent, sentendo che c’erano più demoni per strada di quanti ce ne fossero nel museo.
Vedendo la creatura demoniaca alla finestra, Lacey indietreggiò di scatto e finì per urtare Ren. Non le importava, la sua forza era ben accetta in quel momento.
«Non possono entrare senza invito.» ripeté lei in un sussurro spaventato, poi gridò di paura quando una mano insanguinata uscì dalla polvere e, come in un film horror, sbatté contro il vetro lasciando una lunga scia rosso cremisi.
«Maledizione.» mormorò Vincent voltandosi lentamente e scivolando giù sotto il davanzale.
Avrebbe preferito avere a che fare tutti i giorni con i demoni potenti... almeno non erano così terribilmente inquietanti. Le scene come quella gli facevano rivoltare sempre lo stomaco. Non aveva bisogno di guardare di nuovo per capire che erano ancora là fuori... lo capiva dallo sguardo spaventato di Lacey, che guardava fuori dalla finestra proprio sopra di lui.
«Chiudi gli occhi, questo ricordo non deve perseguitarti. Spariranno prima ancora che la polvere si posi.» le disse con voce rassicurante.
I muscoli della mascella di Ren si serrarono mentre lui continuava a fissare l’uomo dall’altra parte della stanza. «Ci sono tanti ricordi di cui avrebbe potuto fare a meno.» disse con un tono pericoloso, inconsapevole del fatto che i propri occhi fossero così luminosi da sembrare due torce accese dietro gli occhiali da sole. Cercò di tenere a freno la rabbia ma, con così tanta malvagità nei paraggi, serviva uno sforzo enorme. I livelli più alti di potere che si avvicinavano e si allontanavano dalla sua portata stavano cercando di spingerlo oltre il milite, lasciandolo un po’ turbato.
Vincent guardò Ren con un’espressione annoiata ma, quando notò il bagliore argenteo dei suoi occhi, sentì la propria rabbia aumentare. Quegli occhi, per lui, erano un maledetto ricordo dei Caduti che lo avevano condannato a quell’esistenza.
«E ce ne sono tanti che non dovevano essere condivisi.» ribatté Vincent con un’enorme dose di sarcasmo. «Ma lei non li ha condivisi con te di sua spontanea volontà, o sbaglio? Cosa ti fa pensare di essere migliore di me?».
Vedendo ombre scure strisciare fuori dalla finestra, Lacey decise di seguire il consiglio di Vincent e chiuse gli occhi. Nell’istante in cui fu circondata dal buio, i suoi sensi andarono in sovraccarico. Poteva sentire i demoni che passavano accanto al negozio e più si concentrava su di essi, più le sensazioni erano intense.
Percepiva così tante emozioni attorno a sé... soprattutto rabbia e paura, distorte da intenzioni malevole. Le sembrava di toccare mentalmente delle cose che erano fuori dalla sua portata e non poteva negarlo, era spaventoso e avvincente allo stesso tempo.
Una sensazione stuzzicante attirò la sua attenzione e lei vi si concentrò; trattenne il respiro quando, all’improvviso, si sentì eccitata e inebriata di passione, cosa che non si addiceva a ciò che stava succedendo là fuori. Rimase sorpresa quando si rese conto di essere vicina all’orgasmo e rabbrividì.
Sentendo il suo respiro affannoso, Ren allungò una mano e le afferrò un polso, facendola alzare. «Dove ti fa male?» le chiese, dimenticandosi completamente dell’altro uomo.
Le guance di Lacey s’infiammarono, non sapeva come rispondere a quella domanda. Sentendo il corpo sodo di Ren dietro di sé e il suo respiro caldo nell’orecchio, spalancò gli occhi. Accidenti se non era eccitata.
Strinse le cosce e si concentrò sull’unica persona che aveva davanti... Vincent. Con sgomento, notò che lui sembrava sapere esattamente cosa le stesse succedendo. Voleva morire quando lo vide abbassare lentamente lo sguardo verso le sue cosce, facendola innervosire. Certo che lo sapeva... erano andati a letto parecchie volte.
Vincent alzò un sopracciglio quando incrociò il suo sguardo. Conosceva quello sguardo eccitato... lui ne era stato la causa parecchie volte ma in quel momento era fuori luogo e la cosa lo preoccupava. Dimenticandosi dell’orrore all’esterno, si alzò... non voleva che Lacey stesse tra le braccia di un demone mentre era in preda all’eccitazione.
Notando il modo in cui Vincent stava guardando Lacey, Ren la fece girare su se stessa, con le spalle rivolte all’altro uomo. Vedendo i suoi occhi troppo lucidi e le guance rosse, ringhiò quando sentì l’odore della sua forte eccitazione. Non erano stati i demoni a farle aumentare il battito cardiaco.
L’immagine del viso di Vincent premuto sul suo seno gli balenò nella mente, portandolo a ringhiare di nuovo e a lanciarle un’occhiataccia.
«Forse è meglio se la lasci andare.» disse Vincent. Non gli piaceva il modo in cui Ren la stava guardando... e neanche il suo ringhio animalesco. Fece per avvicinarsi ma rallentò quando udì la voce affannata di Lacey: «Chiudendo gli occhi non vedevo più i demoni... ma li sentivo mentre passavano. Potevo quasi sentire la loro malvagità e la loro aura. Li ho respinti e, senza volerlo, ho iniziato a sentire quello che stanno facendo Gypsy e Nick al piano di sotto.».
Ren dovette sforzarsi per scacciare la foschia rossa che gli offuscava inesorabilmente il cervello e, piano piano, capì cos’aveva acceso la sua passione... ma non sarebbe mai più accaduto che lei pensasse a Vincent invece che a lui... mai più. Alzò lentamente lo sguardo verso l’uomo che stava per uccidere.
Quando le dita di Ren le strinsero il polso quasi dolorosamente, Lacey si liberò con uno strattone e fece un passo indietro. Si strofinò il polso dolorante con l’altra mano e, accigliata, sbottò: «La tua rabbia fa male, perciò datti una calmata. Questi poteri non li ho voluti io, sono colpa tua.».
Quando intravide un lampo argentato dietro gli occhiali da sole, fece un altro passo indietro e un paio di braccia la circondarono. Ancora in preda alle sensazioni residue dell’eccitazione, si accoccolò nel familiare abbraccio di Vincent.
Lui la strinse con fare protettivo e restrinse lo sguardo su Ren. «Di che sta parlando?».
«Vincent, no.» lo avvertì Lacey quando un’ondata di energia negativa ancora più forte scacciò le sensazioni positive provenienti dal seminterrato. Si accigliò quando si rese conto che, se lei percepiva le aure inquietanti in quel modo, allora Ren, molto probabilmente, era sovraccarico.
«Se pensi che ho paura di lui ti sbagli, tesoro.» disse Vincent con calma.
Ren vide che un braccio di Vincent era appena sopra il seno di Lacey, mentre l’altro era pochi centimetri al di sotto. Quella stretta era un po’ troppo sensuale e possessiva per i suoi gusti, e lei aveva ragione su Nick e Gypsy... nonostante l’enorme quantità di malvagità che era ancora alla portata dei suoi poteri di succubo, anche lui sentiva che stavano facendo l’amore. Non era il mix ideale a cui aggiungere rabbia e gelosia.
«Sai, Vincent, c’è una cosa che m’incuriosisce. Quanto ci vuole per resuscitare dopo che ti hanno spezzato il collo?». Le labbra di Ren si curvarono in un lieve sorriso malvagio. «Non ha importanza, so come trovare la risposta.».
Lacey aprì la bocca per dire qualcosa e allungò le braccia per fermare Ren ma, con sua sorpresa, Vincent svanì letteralmente nel nulla, facendola inciampare all’indietro. Dopodiché si ritrovò con la schiena contro il freddo vetro della finestra. Incredula, si chiese come avesse fatto Ren a far sparire Vincent senza neanche toccarlo.
Ren si accorse a stento che Storm gli aveva appena sottratto il bersaglio, e riportò l’attenzione su Lacey. Scattò in avanti e sbatté i palmi sul vetro, facendolo vibrare e braccando la ragazza come una preda. Mentre la guardava vide le ombre dei demoni che passavano oltre la finestra, erano così vicini che avrebbe potuto sfondare il vetro e afferrarli.
Lacey girò lentamente la testa per guardare una delle sue mani e notò che era allineata con l’impronta insanguinata dall’altro lato del vetro. Si formò una crepa proprio in quel punto, che proseguì a zig-zag verso di lei. Si sentì sopraffare dalla paura quando un’ombra colpì la finestra con un tonfo. Deglutì, sapendo che le ombre non avrebbero dovuto fare alcun rumore né potuto far vibrare il vetro in quel modo.
Non volendo che l’unica cosa che la separava dai demoni si frantumasse, Lacey guardò Ren con un’espressione terrorizzata. Doveva calmarlo prima che fosse troppo tardi, perciò fece la prima cosa che le venne in mente.
Poggiandogli una mano su una spalla, si sollevò e premette le labbra sulle sue, mentre con l’altra mano gli afferrò il cavallo dei pantaloni. Capì subito che non era solo fuori controllo, ma anche visibilmente eccitato. Strinse ancora di più la presa su quell’enorme rigonfiamento mentre gli leccava e gli succhiava il labbro inferiore.
Ren chiuse gli occhi e ringhiò, il suo mondo iniziò a chiudersi attorno al desiderio di entrare così profondamente in Lacey da non farle più desiderare le braccia di un altro.
Quando Ren ringhiò minacciosamente, Lacey fece per scostarsi ma lui la strinse subito a sé, circondandola con un braccio. Rimase senza fiato quando sentì la sua coscia farsi strada tra le proprie gambe e si ritrovò a cavalcioni, con il vestito arrotolato sui fianchi.
L’eccitazione che aveva provato prima tornò senza pietà... ma, questa volta, la sensazione travolgente non era provocata dalla coppia al piano di sotto. Era provocata da quell’uomo pericoloso che adesso la teneva in pugno.
Ren la afferrò per la nuca e le fece alzare la testa mentre prendeva il controllo del bacio.
*****
Vincent ringhiò per la frustrazione quando il paesaggio cambiò e le sue braccia mancarono la ragazza che stava proteggendo un secondo prima. Cercando Lacey, girò su se stesso e serrò le mascelle quando si rese conto di trovarsi in un posto completamente diverso... un enorme ufficio, a giudicare dall’aspetto.
«Accidenti.» borbottò, totalmente confuso.
«Benvenuto al quartier generale del PIT.» disse Storm da dietro la scrivania. Non vedeva l’ora di farlo e cercò di non ridere.
«PIT?» disse Vincent, girandosi verso quella voce. «Ho sentito parlare della vostra organizzazione, ma non ho mai pensato che avrei avuto l’occasione di incontrare un membro.».
«Ne incontrerai più di uno... Ren è stato solo il primo.» lo informò Storm.
Vincent s’irrigidì sentendo quel nome. «Non mi stupisce che quell’idiota sia così sicuro di sé. Ha un esercito che gli guarda le spalle.».
Storm trattenne un sorriso. «Ren non ha bisogno di un esercito, ma non è questo il motivo per cui ti ho portato qui.».
«E allora qual è?» chiese Vincent impaziente. Doveva tornare da Lacey e assicurarsi che stesse bene.
«Se hai finito di fingerti schiavo dei demoni... ti voglio nel PIT.» disse Storm, arrivando dritto al punto. «Le tue abilità ti rendono perfetto e la tua piccola dipendenza può essere curata.».
Vincent lanciò un’occhiataccia all’altro uomo. «E quale sarebbe questa dipendenza?».
«Quella di farti ammazzare.» rispose Storm con uno sguardo serio. «Posso assicurarti che, combattendo i demoni insieme a noi, c’è una buona probabilità che tu riesca a soddisfare la tua dipendenza a piccole dosi.».
«È tutto molto bello, ma credo che passerò. L’unico motivo per cui mi trovo in questa dannata città è Lacey, e non è mia intenzione lasciarla da sola con quel demone dagli occhi argentati.» disse Vincent, iniziando ad agitarsi.
«Ren ha un cuore umano, ciò significa che il suo sangue è uguale al tuo.» lo corresse Storm. «Voi due avete molto in comune, entrambi avete dei poteri rari. Tu sei in grado di resuscitare, lui di sfruttare il potere di qualsiasi essere soprannaturale che si trovi a portata di mano. L’astio che provi nei suoi confronti è infondato... Ren non è un Caduto.» spiegò.
Vincent s’incupì: «Che ne sai tu dei Caduti?».
«Ne so abbastanza.» rispose Storm in maniera enigmatica.
E così il suo rapitore era un fan del grande, lunatico e misterioso Ren... fantastico. Povero idiota.
«Se Ren può sottrarre il potere a chiunque lo circonda allora in questo momento è sovraccarico, visto che quel negozio di magia è circondato dai demoni.» puntualizzò Vincent. «Quel tipo non era molto stabile quando mi hai portato via da lì... e credo proprio che avesse intenzione di scoprire quanto ci avrei messo a resuscitare dopo avermi spezzato il collo.».
«Ti ci sarebbero voluti venticinque minuti e tredici secondi.» disse Storm, sorridendo quando Vincent sbiancò. Poi scrollò le spalle e aggiunse: «Doveva succedere già per capire qual era il momento giusto per presentarmi. Sembra che tu sappia premere i pulsanti giusti per far incazzare Ren. Riguardo a Lacey, è totalmente al sicuro in sua presenza.».
«Scusa ma fatico a crederci.» Vincent quasi ringhiò, non volendo perdere altro tempo con quelle cretinate. Aveva avuto a che fare con parecchie figure potenti e, per quanto ne sapeva, nessuna di esse era capace di viaggiare indietro nel tempo.
«Sta a te decidere a cosa credere.» disse Storm scrollando le spalle, sapendo già cosa sarebbe successo. «Se accetti di entrare nel PIT, avrai l’opportunità di vederlo con i tuoi occhi.».
Vincent scosse la testa, «Neanche per sogno. Puoi anche riportarmi dov’ero.».
Storm aveva l’aria preoccupata e non prestò attenzione al suo rapido rifiuto. «Nasconderti tra i demoni non cancella la tua vera natura. Un tempo eri un Cavaliere in uno dei regni più potenti della storia e hai salvato molte vite. Hai protetto i deboli dagli oppressori e, perfino in punto di morte, hai continuato ad affrontare un demone che sapevi di non poter battere... tutto perché volevi proteggere un ragazzino indifeso.».
«E tu come diavolo fai a saperlo?» mormorò Vincent, mentre quel vivido ricordo gli balenava nella mente.
«Forse capirai meglio se mi presento per bene.» disse Storm, poco prima di sparire.
Vincent sussultò quando Storm gli apparve accanto all’improvviso stringendogli un braccio, e il paesaggio cambiò di nuovo. Erano tornati al museo, nascosti in un’alcova buia. Guardò verso la sala principale e vide che i demoni si stavano ancora preparando per l’asta che, ovviamente, non era ancora avvenuta.
Indietreggiò istintivamente quando David entrò nella sala con gli stessi demoni che lo avevano torturato... poteva persino vedere il proprio sangue fresco sulle loro mani.
Il museo svanì all’improvviso e apparve di nuovo l’ufficio. «Mi chiamo Storm e sono un Viaggiatore nel Tempo. Per fare un controllo approfondito su qualcuno, vado semplicemente a verificare di persona.».
Vincent rimase a bocca aperta, combattuto tra lo stupore e il desiderio di tornare da Lacey. Un Viaggiatore nel Tempo... il PIT... quella città era diventata interessante.
«Ti rendi conto che continui a cercare di proteggere chi è più debole di te? È la tua natura. Facciamo un patto.» propose Storm, senza provare alcun rimorso per aver infranto la sua stessa regola sul fare accordi, dal momento che nessuno di loro due era un demone. «Se accetti di unirti a noi, vado a prendere Lacey. In fin dei conti... lei è già un membro del PIT e il suo posto è qui.».
Vincent non ci pensò due volte. Onestamente... che aveva da perdere, a quel punto?
Capitolo 2
Ren mise una mano dietro la schiena di Lacey e la tirò a sé, sentendo il suo calore fluirgli deliziosamente lungo la coscia. Spinse la propria erezione contro la sua mano e intensificò il bacio, ringhiando e muovendosi ad un ritmo erotico che lei assecondò volentieri. La maggior parte dei demoni era andata via, riducendo così il suo picco di potere paranormale, ma non le avrebbe rivelato quel piccolo segreto perché era preso da altre emozioni.
Lacey si fermò quando si rese conto di non sentire più i brividi lungo la spina dorsale, erano stati i demoni fuori dalla finestra a provocarli. Pensare ai demoni ebbe un effetto domino su di lei... le fece ricordare che, solo pochi istanti prima, Vincent era scomparso misteriosamente. La scena le balenò nella mente, facendola sussultare.
Nel momento in cui smise di muoversi e di baciarlo con trasporto, Ren si scostò un po’ per guardarla negli occhi. Vedendo la sua espressione spaventata, abbassò la gamba e fece scivolare Lacey contro il proprio corpo finché non fu in piedi, costretta ad aggrapparsi alle sue spalle per non perdere l’equilibrio.
«Stavo solo cercando di farti calmare.» gli disse lei senza fiato. Adesso che le sue cosce erano di nuovo in fiamme, sperava che le tornassero quei brividi gelidi. Cercando di distrarsi, guardò il punto in cui prima si trovava Vincent. «Dov’è finito Vincent?».
Ren si passò una mano tra i capelli quando si rese conto che Lacey l’aveva baciato soltanto per distrarlo. Sospirò e cercò di ignorare che, al piano di sotto, Nick e Gypsy ci stavano dando dentro come conigli. Serrò le labbra, probabilmente stava ancora assorbendo il potere degli altri membri del PIT, visto che i demoni sembravano spariti.
«Lo ha portato via Storm.» le disse, come se non potesse fregargliene di meno.
Si rifiutò di scostarsi, costringendola a scivolare tra lui e la finestra. Ren guardò l’impronta insanguinata sulla finestra, poi spostò lo sguardo per seguire i movimenti di Lacey.
«Portato dove?» sussurrò lei, dandogli le spalle. Sentì un brivido quasi impercettibile quando lui le si avvicinò furtivamente da dietro.
Ren le poggiò le labbra all’orecchio e sussurrò a sua volta, con voce roca: «Ho sentito che l’Inferno è bello da visitare, in questo periodo. Magari Storm l’ha portato lì per una bella vacanza.».
«O magari l’ha solo portato al castello.» ribatté Lacey a voce un po’ troppo alta, girandosi subito verso di lui. Dannazione, le aveva fatto tremare le ginocchia. «Avrebbe potuto darci un passaggio.» borbottò, sentendo le proprie guance andare in fiamme mentre si chiedeva se Storm avesse visto il suo slancio sessuale verso Ren e avesse deciso di non interromperli.
«Come mai tanta fretta?» le chiese Ren, non era ancora pronto a farla ricongiungere con il suo caro defunto. Non riuscì a nascondere un sorrisetto realizzando che avrebbe potuto trasformare quel pensiero in realtà tutte le volte che voleva, visto che quel cretino resuscitava sempre.
Lacey abbassò lo sguardo, risentendo accidentalmente Gypsy e Nick. Sentì il calore riaffiorarle sulle guance. «In negozio c’è solo un letto e penso che sia occupato. E poi voglio assicurarmi che Vincent stia bene.».
«Vincent sta bene.» la informò Storm dopo averli teletrasportati nell’ufficio del castello prima ancora che lei finisse la frase. Si teletrasportò velocemente dietro la scrivania, lontano dalla rabbia di Ren per essere stato interrotto. Non era colpa sua se Vincent rimase impavidamente nella zona di pericolo.
«Venticinque minuti e tredici secondi.» disse Vincent, guardando dritto verso Ren.
«Cioè?» sbottò Ren, sentendo la rabbia aumentare adesso che aveva di nuovo l’idiota davanti agli occhi.
«Ecco quanto ci vuole per resuscitare dopo un collo spezzato.» disse Vincent sogghignando. «Scusa se ti ho rovinato la sorpresa.».
«Ren non era in sé.» disse Lacey mettendosi tra loro, ma il fatto che desse le spalle a Ren la diceva lunga su chi stesse difendendo.
Vincent osservò il ghigno che apparve lentamente sulle labbra del succubo... peccato che Lacey non potesse vederlo. Bene, lui sapeva come accendere la miccia quando le cose si scaldavano. «Presumo che Ren non sia in sé molto spesso, visto che è un succubo e gira in una città infestata da demoni. Io non mi fiderei neanche lontanamente di lui.».
«Beh, peccato che stasera ci ha salvati entrambi.» rispose Lacey caparbiamente.
«Io non ho bisogno di essere salvato... hai dimenticato il mio piccolo difetto?» tuonò Vincent, avvicinandosi per guardarla negli occhi. La vide inspirare a bocca aperta e si pentì all’istante della propria bravura nel ferirla.
La sua espressione si addolcì quando la vide allungare una mano per sfiorargli una guancia ma, quando invece riecheggiò uno schiaffo nella stanza, si accigliò di nuovo. Beh... magari se lo meritava, eppure non riusciva a capire il perché.
«Questo è per esserti ucciso davanti ai miei occhi, idiota senza cuore.» disse Lacey duramente, prima di aggiungere un po’ più forte: «E solo perché non te lo ricordi non vuol dire che ti perdono.».
«Ne prendo atto.» rispose sarcasticamente Vincent quando lei si voltò di scatto e si diresse verso la scrivania dov’era seduto Storm.
Lacey poggiò i palmi sulla scrivania e si sporse verso di lui sussurrando: «Scusa... non dovevo dire niente a riguardo, vero?».
Storm cercava disperatamente di guardarla negli occhi ma continuava a vedere comunque la sua scollatura per il modo in cui si era chinata, con quell’abito sexy che lui stesso aveva scelto. Certe volte si meravigliava da solo.
«Qualcuno doveva dirglielo, prima o poi.» rispose, dopo essersi teletrasportato accanto a lei guardando gli altri due uomini. Si strofinò il mento per nascondere il sorrisetto quando Lacey girò lentamente la testa per guardarlo ma senza cambiare posizione. «Ren, che ne dici di inserire i fatti di stasera nel database?» disse Storm.
Ren apparve all’improvviso dietro la scrivania, cogliendo di sorpresa Lacey che, ben presto, si accorse che lui non la stava guardando negli occhi... abbassò lo sguardo confusa e poi si fermò, vedendo cosa stava fissando in realtà. Rifiutandosi di provare imbarazzo, gli rivolse un sorriso malvagio e si raddrizzò lentamente per poi voltargli le spalle.
Storm fece una smorfia divertita quando Ren lo guardò con aria accusatoria. Quel breve momento di piacere per gli occhi non era colpa sua... almeno aveva condiviso con lui quella delizia. Riportò l’attenzione su Vincent, che era ancora lì in piedi e si strofinava il mento mentre osservava Lacey.
«Non voglio parlarne.» lo informò lei, ponendo fine alla sua lunga serie di domande prima ancora che potesse iniziare.
Vincent alzò le mani in segno di resa, «D’accordo.».
«Hai accettato di entrare nel PIT?» gli chiese, ammorbidendo il tono di voce e cercando di non guardare la sua guancia arrossata.
«Credo di sì.» rispose Vincent, sapendo che Storm lo aveva imbrogliato. Ovviamente Lacey non era affatto in pericolo e il Viaggiatore nel Tempo lo sapeva.
«Ehi, io te l’avevo detto che stava bene.» si difese Storm scrollando le spalle quando Vincent gli rivolse uno sguardo cupo.
«Dov’è la fregatura?» chiese Vincent, non molto turbato per essere stato convinto ad accettare un accordo che lo legava a un leggendario Viaggiatore nel Tempo e all’elusiva organizzazione del PIT.
«Ti serve un partner.» rispose subito Lacey, ricordando il ragionamento alla base di quella regola.
«Ti stai offrendo?» Vincent sorrise, quell’accordo gli piaceva sempre di più.
«No.» rispose Ren, «Lei sta con me.».
Lacey rimase sorpresa per la possessività nella voce di Ren, ma non lo contraddisse. Poi guardò Storm incuriosita e gli chiese: «Non si può fare a tre?». Non si rese conto del doppio senso finché non vide Vincent alzare un sopracciglio e non udì un ringhio dietro di sé.
«Oddio, dateci un taglio, pervertiti. Non intendevo in quel senso e lo sapete.» insistette Lacey, incrociando le braccia sul petto. Sbatté le palpebre, doveva bloccare tutti i cattivi pensieri che stavano improvvisamente cercando di trasformarsi in immagini nella sua piccola mente malvagia.
Storm si strofinò una tempia cercando di non ridere. Qualcuno doveva andarle in soccorso e, a quanto pare, toccava a lui. «A volte le squadre escono in gruppo ma, anche in quel caso, dev’esserci quella persona speciale da tenere d’occhio, e viceversa. Ho un partner temporaneo perfetto per Vincent, visto che il suo compagno è assente per un po’.».
«Beh, non mi sembra che questa persona abbia tenuto d’occhio il suo partner... .» puntualizzò Vincent, si sentiva sarcastico e non gliene fregava se agli altri dava fastidio. Si accigliò guardando Lacey e si chiese quand’è che era diventato così affezionato a lei. La rabbia che aveva provato quando Ren aveva detto “Lei sta con me” non era un buon segno.
«È un po’ difficile tenere d’occhio un mutaforma che si è dato alla macchia. Sono sicuro che Trevor è nei paraggi, ma neanch’io so quale forma ha assunto.» ribatté Storm.
«Un mutaforma... sul serio?» chiese Vincent, sentendosi come se si trovasse improvvisamente in un negozio di caramelle paranormali con sapori esotici di tutti i tipi. Sapeva che i mutaforma non erano solo una leggenda, ma i demoni della cosca cercavano una di queste misteriose creature da sempre e non erano mai riusciti ad individuarla.
«Lo metti in squadra con Chad?» chiese Ren, ma non era contrario all’idea se serviva ad allontanare Vincent da Lacey.
«Pensaci... hanno entrambi lo stesso problema.» gli fece notare Storm, sapendo che avrebbe colto il significato nascosto.
«Vuoi dire che anche lui ha un desiderio di morte?» chiese Vincent con una smorfia, visto che quello era l’unico problema che Storm lo aveva accusato di avere. Ignorò l’occhiataccia che Lacey gli lanciò di punto in bianco. Lei odiava sentirlo parlare della morte come se fosse una cosa da niente. «Se avevi intenzione di mettermi in squadra con un demone, allora perché non mi hai lasciato con quelli a cui mi ero già abituato?»
«Chad è umano al cento per cento ma Storm ha ragione. Poco tempo fa è stato assassinato... pugnalato al cuore.» disse Ren, poi si fermò quando Storm lo guardò e lo avvertì mentalmente di non dire una parola sui Caduti... né Kriss né Dean. Ren dovette concentrarsi per mantenere un’espressione seria mentre metteva insieme i pezzi del puzzle.
Riportando l’attenzione su Vincent, continuò: «Chad è tornato in vita ed è ancora umano come te. Finora è morto solo una volta e contro la sua volontà, quindi non lo chiamerei desiderio.».
«La prossima volta potrebbe morire per davvero... o no.» aggiunse Storm. «In ogni caso, non mi è permesso dare anticipazioni.».
«Sì, certo.» disse Vincent, vittima del proprio sarcasmo ancora una volta.
«Non sta mentendo.» insistette Lacey, avvicinandosi a Storm. «Se dice cosa succederà in futuro o dà anche solo un indizio, inizia a sanguinare da ferite che noi non possiamo neanche vedere.».
Si girò verso Storm e allungò una mano per sfiorargli affettuosamente un braccio. «Io l’ho visto.» aggiunse tristemente. «Hai infranto le regole per colpa mia. Stasera quelle cose orribili mi hanno attaccata e a quest’ora sarei morta, se tu non avessi avvertito Ren di quello che stava per accadere.».
Storm cercò di nascondere l’amore che gli brillava negli occhi mentre fissava Lacey e sentiva il suo tocco gentile... ma le voleva un bene dell’anima, perciò era difficile. «Il fatto che adesso tu sia qui è valso la pena di ogni singola goccia di sangue.» le disse onestamente, prima di incrociare lo sguardo di Ren. «E poi, le conseguenze della tua morte erano terribili, questo posso dirlo perché non è successo.».
«Ovviamente è successo e tu l’hai cancellato.» Lacey gli sorrise affettuosamente, poi gli si avvicinò e lo abbracciò forte. «Tu e Ren avete deciso di salvarmi.» si corresse, poi si scostò e guardò Vincent. «Se Storm ti vuole con Chad, allora probabilmente ha una buona ragione.».
Adesso Vincent vedeva tutto con chiarezza. Quei due tipi potenti erano in grado di proteggere Lacey molto più di quanto avrebbe mai potuto fare lui... lo avevano già dimostrato. Chi era lui per privarla di quella sicurezza?
Sospirando esageratamente, sbatté le palpebre verso di lei. «Va bene, mi hai convinto. Adesso siamo entrambi fan di un Viaggiatore nel Tempo.». Omise intenzionalmente il nome di Ren perché non lo convinceva come fidanzato... al massimo come guardia del corpo.
Ren ignorò i pensieri di Vincent che sentiva forte e chiaro. Per quanto lo riguardava, aveva vinto la guerra già solo per il fatto che Lacey non l’aveva implorato di essere la partner di Vincent.
«Quindi accetti di fare squadra con Chad?» gli chiese Lacey sorridendo. Non poteva tenergli il broncio neanche in cambio di soldi... lo adorava. Sussultò quando lo schermo dell’enorme monitor a parete si frantumò all’improvviso, emanando scintille sul pavimento.
Ren si strofinò il setto nasale, poi si concentrò sul monitor e usò i propri poteri per riparare il danno appena fatto.
Vincent lo guardò con aria sospettosa, poi ricambiò il sorriso di Lacey. «Certo. Per quanto ne so, Chad è stato graffiato da un demone gatto e adesso ha nove vite... ops, otto.» disse, scrollando le spalle. Potrei fargli vedere come funziona.».
Si avvicinò a Lacey e le mise spavaldamente un braccio attorno alle spalle, poi si girò verso Storm insieme a lei e gli chiese: «Cosa fa esattamente Chad per il PIT?».
«È un poliziotto di alto grado, anche se è uno dei pochi agenti umani rimasti in città. Con tutte le chiamate particolari arrivate al 911, abbiamo dovuto riempire la città di agenti paranormali, con infiltrati tra i soccorritori, negli ospedali e tra i vigili del fuoco.» rispose Storm.
«Capisco.» Vincent annuì, calcolando mentalmente quanti paranormali ci sarebbero voluti per risolvere il problema di quella città. «Dopo il fuggifuggi a cui ho assistito stasera dal negozio, mi meraviglio che gli umani non siano già stecchiti come mosche.».
Storm scompariva e riappariva così velocemente che nessuno se ne accorse. Per fortuna Ren era troppo impegnato per notare il suo indebolimento, era concentrato su Vincent che stava toccando di nuovo Lacey.
Riportando l’attenzione sull’argomento, Storm continuò: «È grazie agli sforzi congiunti del PIT se il numero di vittime umane è stato ridotto al minimo, tuttavia gli obitori della città erano comunque pieni. I demoni cercano di stare lontani da noi ma non fraintendermi... è una situazione pericolosa e proprio qui, in casa nostra.».
«Già, la cosa peggiore che potrebbe capitarti è essere ucciso brutalmente... e continuamente.» aggiunse Ren, facendola suonare come se fosse la cosa più bella del mondo. Nessuno sapeva che poteva essere così meschino.
«Ooh... non mi sono venuti abbastanza brividi, riprova.» rispose Vincent con tono annoiato.
Storm interruppe la loro guerra verbale per evitare che Vincent morisse per la prima volta da membro ufficiale del PIT. «Tu hai esperienza con diversi tipi di demoni e sai quali potrebbero essere le loro debolezze, ci saresti di grande aiuto. E non preoccuparti, avrai un arsenale di armi... e non mi riferisco a quelle standard... abbiamo tutto quelle che serve per rovinare la giornata a un demone.».
Lacey guardò Ren quando Storm menzionò le armi. In realtà la loro arma migliore era Ren ma, dopo quello che era successo al “The Witch’s Brew”, aveva capito che era anche un’instabile bomba atomica che poteva far saltare in aria tutti se avesse perso il controllo. Ricordando come gli aveva fatto riprendere il controllo, arrossì e distolse lo sguardo.
«Ma ricorda...», aggiunse Storm, «... il tuo compito principale è tenere Chad al sicuro finché non torna Trevor. Se ti distrai e vieni ucciso da un demone, lui rimane da solo finché tu non resusciti.».
«A proposito di armi...» disse Vincent con un lento sorriso, «... una volta terminato il lavoro di babysitter, ti propongo di unirti a me per recuperare alcuni oggetti rari di mia conoscenza... roba nascosta dai demoni.».
«Pensi davvero che farai squadra con Storm?» gli chiese Ren con un sopracciglio alzato, sentendo di nuovo il desiderio di farlo a pezzi.
Lacey si accigliò sentendo la gelosia nella sua voce. Quell’uomo era geloso fino al midollo ed era evidente che non voleva condividere né lei né Storm con nessun altro.
«Che avaro.» lo accusò.
Ren strinse le spalle, «Mi sconvolge l’alta opinione che ha di se stesso.».
Lacey alzò gli occhi al cielo. «Oh, dacci un taglio... hai cinque anni, per caso?». Si allontanò da Vincent e si avvicinò a lui, scrutando il suo viso in cerca di segni di miglioramento nel suo umore e per provare una sua teoria.
«Io sono molto più vecchio di te.» la prese in giro Ren, sorridendo adesso che Vincent era rimasto da solo.
«Hai fatto bloccare lo scaldabagno mentre ero sotto la doccia.» ribatté Lacey scherzosamente, adesso aveva la prova che la sua vicinanza era come un calmante per lui. «Quindi mentalmente sei molto più piccolo di me.».
«Che ne dici di andare a conoscere Chad?» chiese Storm a Vincent, cercando di distrarlo e di tenerlo fuori dai guai. Lacey stava imparando in fretta come placare il lato oscuro di Ren, mentre Vincent era molto più lento di comprendonio.
«È prudente lasciarli da soli?» sussurrò Vincent, poi alzò la voce per attirare la loro attenzione e aggiunse: «Comunque... sono abbastanza sicuro di essere più vecchio di entrambi, perciò siete in castigo... anche se Lacey potrebbe cavarsela con una sculacciata, se accetta di fare la brava.». Le rivolse un sorretto provocatorio quando lei si voltò a guardarlo con gli occhi spalancati.
Storm allungò subito una mano e teletrasportò Vincent lontano dal pericolo, cercando di memorizzare l’espressione sul viso di Ren. Magari sarebbe tornato indietro nel tempo con una fotocamera, già che c’era.
Vedendo uno strano lampo di luce balenargli davanti agli occhi, Ren sbatté le palpebre. Invece dell’idiota a cui mirava, si ritrovò ad afferrare il nulla e vide un pezzo di carta che svolazzava in aria. Lo afferrò con un ringhio frustrato.
«Che cos’è?» gli chiese Lacey, sollevata che Storm fosse scomparso di nuovo con Vincent. Almeno lui l’avrebbe tenuto al sicuro... e in vita.
«A quanto pare, il tuo ex partner se ne starà fuori dai piedi per tutto il giorno.» disse Ren, poi si accigliò quando il messaggio svanì all’improvviso e fu sostituito da una foto istantanea del proprio viso distorto dalla rabbia. Ha-ha. Storm era proprio simpatico, ultimamente. Sorrise quando l’istantanea si trasformò in polvere e gli scivolò tra le dita.
Poi si voltò per guardare Lacey e notò il suo sguardo divertito. Stava ancora guardando la mano con cui lui teneva la foto.
«Ti sei divertita, eh?» le chiese con un sopracciglio alzato. Lei gli rendeva difficile rimanere arrabbiato. Il modo in cui annuì era troppo carino.
Capitolo 3
«Ho bisogno di togliermi questi vestiti.» disse Lacey, guardando l’abito da sera che aveva ancora addosso. Era bellissimo appena indossato ma adesso, dopo la terribile notte che aveva passato, era sporco e strappato nei punti in cui era stata trafitta da quei fili demoniaci.
Un’ondata di desiderio sessuale la assalì duramente e Lacey alzò subito lo sguardo verso Ren, che era impassibile. Proveniva da lei... o da lui? Non aveva pensato al sesso quando aveva parlato di togliersi i vestiti, ma adesso sì che ci stava pensando.
«E ovviamente è d’obbligo un’altra doccia gelata.» aggiunse, portandosi una mano allo stomaco. Non era mai stata timida quando si trattava di parlare di sesso e non avrebbe certo iniziato adesso. «È tuo il desiderio sessuale che sento?».
Ren aveva praticamente smesso di respirare immaginando di spogliarla con un solo movimento fluido, per poi farla sedere nuda sulla scrivania. Rimase sorpreso per quella domanda schietta. La sua risposta fu un “Sì” chiaro e forte. Lacey sapeva esattamente cosa stavano facendo Nick e Gypsy al piano di sotto, ma Ren non immaginava che lei sarebbe stata in grado di sentire anche le sue emozioni e i suoi desideri.
Sperava che avesse assorbito solo una piccola parte del suo potere, altrimenti non sarebbe durata a lungo nel castello. Si appuntò mentalmente di chiedere a Guy se poteva creare una sorta di incantesimo per smorzare le sue nuove abilità ma, per ora, si sarebbe limitato a dirle la verità.
«Questo castello è pieno di esseri paranormali con emozioni intense.» le disse, cercando di mantenere il controllo. Sentire la sua eccitazione non gli era di aiuto, in quel momento, e stava avendo un effetto boomerang su entrambi. «I paranormali provano emozioni come gli umani. La differenza è che le sentono molto più di quanto un umano potrebbe sentirle... e tu adesso stai percependo questo sovraccarico.».
Si avviò verso di lei, sentendosi come un predatore che insegue la propria preda. Un sorrisetto compiaciuto gli apparve sul viso quando lei indietreggiò finendo contro la scrivania, proprio dove lui aveva immaginato di farla sedere.
«La loro rabbia potrebbe scatenare una furia omicida in un essere umano... e il loro modo di amare potrebbe essere definito come un’ossessione pericolosa.». Si sporse in avanti all’improvviso, poggiando le mani sulla scrivania per intrappolare Lacey tra le proprie braccia. Poi le avvicinò le labbra all’orecchio. «E la loro lussuria è così forte che brucia.».
Lacey chiuse gli occhi mentre sentiva il suo respiro sul collo. Ren aveva ragione, lei si sentiva in fiamme. Dischiuse le labbra mentre il respiro accelerava. «Il loro corpo dev’essere ipersensibile al tatto, perché il tuo respiro sul collo sembra troppo bello per essere normale.».
Un ringhio fu l’unica risposta che ottenne ma era così sensuale che Lacey ne interpretò il significato. Ren era così vicino... eppure non la stava toccando in nessun punto. Era come se lui avesse il controllo totale, mentre lei annaspava in un vortice di passione che aspettava un minimo cenno per trascinarla a fondo. Al momento, Lacey voleva davvero provare quel delizioso effetto collaterale... se lui era d’accordo.
Scacciando dalla mente l’eccitazione che aveva inavvertitamente provato prima al negozio, ripensò all’ultima volta che si erano toccati. Era successo proprio lì, in quell’ufficio. Lei credeva che sarebbe morta dopo l’asta e perciò aveva desiderato trascorrere le sue ultime ore abbandonandosi al piacere con lui. Ma Ren l’aveva fermata perché aveva ascoltato i suoi pensieri.
Beh, adesso non era più in pericolo, perciò quella scusa non valeva più. Se avesse fatto a modo suo, allora Ren avrebbe usato qualcos’altro di lì a poco... e lei, per come si sentiva in quel momento, sperava che fosse un qualcosa di grosso e palpitante.
«Visto che sei stato tu a darmi il potere di eccitarmi così all’improvviso... vuoi aiutarmi anche a spegnere le fiamme, o devo cercare qualcun altro che sia disposto ad essere il mio pompiere?» gli chiese, ricordando il dolore del suo ultimo rifiuto.
Ren si afferrò alla scrivania quando l’ondata di calore che stava sentendo si trasformò subito in una rabbia tremenda. Aveva davvero minacciato di cercare qualcun altro per soddisfare il suo desiderio? L’immagine di lei e Vincent che facevano l’amore in un passato non troppo remoto gli mandò in fumo il cervello.
Avrebbe dovuto avvertirla anche della tremenda gelosia dei paranormali ma era un dettaglio opinabile, visto che lui sembrava essere il solo a provare quella particolare emozione.
«T’insegnerò ad usare i tuoi poteri, ma anche a controllare quelli che potrebbero essere un pericolo per gli altri.» le sussurrò in modo ingannevole, prima di prenderla tra le braccia.
Lacey rimase sorpresa quando lui la strinse a sé e l’ufficio iniziò a svanire. Dopo pochi secondi si ritrovò nella stessa stanza in cui si era svegliata... quella di Ren. Guardò il letto, sperando di ottenere finalmente quello che desiderava da quando lo aveva incontrato la prima volta.
Ren, invece, la prese per un braccio e la trascinò lontano dal letto. Lei si accigliò confusa, fu spinta in bagno e non riuscì a trattenere un grido sconvolto quando si ritrovò improvvisamente sotto la doccia, con l’acqua gelata che le scrosciava addosso. Rabbrividendo, allungò una mano per chiudere l’acqua e si rese conto di essere ancora vestita. Adesso vedeva la propria pelle sensibile sotto una luce completamente nuova. Sentiva più freddo di quanto pensasse di poter mai sentire.
«Che cavolo ti prende?» gli chiese, lanciandogli uno sguardo omicida.
«Lezione numero uno...» ringhiò Ren, chinandosi verso di lei per aggiungere enfasi, «... non lasciarti sopraffare dal desiderio sessuale al punto da andare a letto con chiunque per risolvere il problema.».
Lacey non abbassò lo sguardo e, battendo i denti, replicò: «Hai ragione. Come mi è saltato in mente di chiederlo a te? La prossima volta starò più attenta a chi mi rivolgo.». Si aspettava una sua reazione ma come risposta ricevette solo il silenzio totale; si sentiva nervosa e il non poter vedere gli occhi di Ren dietro quegli stupidi occhiali da sole non le era per niente di aiuto.
Si chiese dove fosse finito il desiderio di Ren e perché diavolo fosse stato rimpiazzato dalla rabbia di punto in bianco. Quell’emozione era così forte che dovette sforzarsi per arginarla. Nell’ultimo anno aveva difeso i propri pensieri e le proprie emozioni dalla gente pericolosa e adesso era quasi un’esperta... tranne quando era con Ren, e non capiva il perché.
Invece di dargli uno schiaffo come avrebbe voluto, afferrò la porta della doccia e gliela sbatté in faccia per non averlo più davanti agli occhi. Togliendosi il vestito, lo lanciò oltre il vetro e sogghignò quando sentì l’acqua che schizzava contro qualcosa. Sperava che quella pioggia fredda gli fosse finita dritta in faccia, se lo meritava.
Guardò attraverso il vetro satinato e le venne quasi la voglia di saltellare di gioia quando vide la sagoma di Ren e capì che si stava togliendo gli occhiali per asciugarli. Quel piccolo assaggio di vendetta placò momentaneamente la sua rabbia. Aprendo l’acqua calda, Lacey si mise sotto il getto e gemette mentre la pelle si riscaldava.
Ren serrò le mascelle, continuava a ripensare alla facilità in cui Lacey aveva detto che avrebbe chiesto aiuto a qualcun altro, la prossima volta che si sarebbe sentita eccitata. Spingerla sotto l’acqua gelata era stata un’idea frutto della sua ira, e la sua ira non era molto intelligente. Doveva rimediare prima che lei tentasse di mettere in pratica la sua minaccia... “tentasse” era la parola chiave, perché lui non avrebbe mai permesso a nessun altro di toccarla in quel modo.
Fece dirle che avrebbe firmato la condanna a morte di tutti quelli che avrebbe cercato di sedurre ma si trattenne e strinse i denti. Lacey l’avrebbe presa come una sfida e, probabilmente, sarebbe andata dritta dal suo ex amante, visto che uccidere quell’idiota era inutile.
Ren si scostò i capelli dagli occhi e iniziò a camminare avanti e indietro mentre la sua mente lavorava. Era vero che avrebbe dovuto testare i suoi limiti per capire quanto potere riusciva ad assorbire da ciò che la circondava. L’ultima cosa di cui avevano bisogno era che Lacey si scatenasse in una furia omicida solo perché un demone nei paraggi era di cattivo umore. Lui aveva fatto molta più pratica a riguardo e le avrebbe insegnato come affrontare la cosa.
Rallentò il passo, rendendosi conto che Lacey non era l’unica che aveva a che fare con delle novità. Per l’amor del cielo, non era neanche uscito dal bagno per farle fare una doccia in santa pace. Aveva così tanta paura di perderla di vista? La risposta a quella domanda era ovvia.
Ren volse lentamente lo sguardo verso il vetro satinato che li separava. Aveva una vista troppo sviluppata per starsene lì.
Con un sospiro frustrato, si voltò e uscì subito dal bagno. Doveva stare lontano da quel corpo nudo per riuscire a pensare lucidamente. Si fermò di colpo quando vide Storm appoggiato ad un palo del letto, con un paio di buste piene di roba.
«Faccio subito perché tra pochi minuti Lacey uscirà col sedere di fuori e s’infurierà con te.» disse Storm sorridendo, sapeva che il suo amico stava attraversando un periodo difficile. Sembrava che la giornata non fosse stata buona per nessuno dei due, ma quella di Ren, almeno, stava per finire.
«Allora sbrigati, prima che teletrasporto il tuo culo lento fuori di qua.» disse Ren ricambiando il ghigno, che però gli morì subito sulle labbra quando si rese conto che Storm sapeva che Lacey sarebbe uscita nuda. Rimase perplesso quando vide del sangue accumularsi nell’orecchio del suo amico
«Le serviranno questi.» disse il Viaggiatore nel Tempo, indicando le buste prima di sparire.
Sapere che Storm stava evitando la ramanzina che lui stava per fargli non gli fu di aiuto. Che diavolo stava combinando Storm al punto da sanguinare? Si avvicinò furtivamente per guardare nelle buste e vide degli indumenti. Ciò gli fece ricordare che Lacey, al momento, era coperta solo di acqua...
Guardò lentamente verso la porta del bagno, chiedendosi se non dovesse lasciare quei vestiti lì dov’erano.
Il battito cardiaco di Lacey stava ancora martellando mentre lei s’insaponava e si strofinava la pelle accaldata con movimenti rapidi, quasi dolorosi. Era incazzata da morire e, stranamente, era ancora molto eccitata, cosa che la faceva infuriare ancora di più. Maledizione... persino il dolore della pelle irritata sembrava una bella sensazione.
Tutta colpa di Ren. Era sicura che fosse stato il suo desiderio sessuale a sopraffarla in ufficio. Era così intenso che si poteva quasi toccare con mano. E non c’erano dubbi che lui fosse eccitato quando l’aveva bloccata contro la scrivania... l’enorme rigonfiamento nei pantaloni era una prova innegabile.
Come osava darle lezioni di controllo quando poi lui stesso aveva fallito nel negozio, poco prima? Chiuse gli occhi e si morse il labbro inferiore nel tentativo di reprimere un gemito quando quel ricordo le provocò una scarica elettrica dagli addominali fino al suo nucleo pulsante.
Accidenti a lui. Sperava che la cosa funzionasse in entrambi i sensi, così lo avrebbe ripagato per la frustrazione sessuale che stava soffrendo. Si fermò mentre s’insaponava il seno. Forse era una strada a doppio senso. Lui sentiva le emozioni degli altri, quindi avrebbe potuto anche sentire la sua eccitazione in quel momento... soprattutto se lei avesse rincarato la dose di proposito. Nessuna donna eccitata e sana di mente avrebbe mai rinunciato a masturbarsi se quella fosse stata l’unica opzione.
Poi scrollò le spalle, chiedendosi perché stesse cercando di fare la guerra con l’uomo che le aveva salvato la vita solo poche ore prima. Certo, era prepotente e poteva essere un emerito coglione, ma non era solo questo e lei lo sapeva. Allungò lentamente una mano e aprì l’acqua fredda, alzando il viso verso il getto.
Ren aprì gli occhi quando sentì l’eccitazione di Lacey iniziare a svanire, e si ritrovò con la mano già pronta sulla maniglia della porta. Sapeva bene che la propria forza di volontà avrebbe ceduto se lei fosse uscita nuda come Storm aveva detto. Si girò e fissò le buste piene di vestiti.
Lacey rabbrividì e chiuse l’acqua, poi guardò l’abito da sera bagnato. Non lo avrebbe certo indossato di nuovo. Per come la vedeva lei, uscendo da lì nuda c’erano soltanto due possibilità... o finiva sdraiata sul letto, o Ren le avrebbe prestato qualcosa da indossare.
Immaginava già la sua espressione e sogghignò, chiedendosi perché, ogni volta che decideva di fare la brava, il destino le dava l’occasione perfetta per fare la cattiva.
Uscendo dalla doccia, vide alcune buste sul lavandino di marmo e si accigliò. Le ci volle solo un istante per frugare all’interno e rendersi conto che avrebbe comprato le stesse identiche cose se fosse andata lei a fare shopping.
Rimase a bocca aperta quando capì chi era stato ad impedirle di mostrarsi nuda davanti a Ren. Si affrettò a vestirsi immaginando che, se Storm la voleva vestita e non nuda, probabilmente c’era una buona ragione. Finalmente vestita e un po’ più sicura di sé, guardò la porta del bagno attraverso lo specchio e ripensò all’uomo che la stava aspettando di là.
Doveva smetterla di irritarlo in quel modo. Non c’era neanche granché da divertirsi, visto che la spuntava sempre lui. Quella doccia fredda improvvisa era stata un po’ esagerata ma lei non era una stupida... aveva sentito il calore della sua rabbia quando lo aveva provocato.
Ripensò alle sue stesse parole: “Visto che sei stato tu a darmi il potere di eccitarmi così all’improvviso... vuoi aiutarmi anche a spegnere le fiamme, o devo cercare qualcun altro che sia disposto ad essere il mio pompiere?».
L’aveva detto solo per autodifesa, Ren l’aveva rifiutata quando lei, invece, avrebbe voluto fare sesso con lui. Ma, in tutta onestà, stava scherzando solo per metà, sperava che lui accettasse di essere il suo pompiere. Vincent aveva sempre gestito bene le sue provocazioni e contrattaccava, ma Lacey si rese conto che questo accadeva perché erano amici piuttosto che amanti... avrebbe dovuto ricordarselo.
Ren le aveva dato una parte di sé per salvarle la vita e lei sentiva il forte legame che adesso li univa... più di quanto fosse mai accaduto con Vincent. Lacey voleva soltanto Ren e sapeva che per lui era lo stesso... la sua possessività era una prova schiacciante. Fece un respiro profondo e si sistemò i capelli... se lo voleva davvero allora lo avrebbe sedotto finché non avrebbe ceduto. Mandandosi un bacio allo specchio, si voltò e si diresse verso la camera da letto.
La sua teoria sulla necessità di uscire dal bagno vestita si rivelò veritiera quando la camera iniziò a svanire.
Capitolo 4
Angelica sgattaiolò nella sua camera da letto e chiuse subito la porta. Fece scorrere il chiavistello e appoggiò la fronte sul legno massiccio, desiderando che fosse qualcosa di più resistente... magari titanio.
Sospirando, si accigliò e si scostò dalla porta, fissando il chiavistello come se fosse la sua unica speranza. E, in un certo senso, lo era. Quella piccola serratura era l’unico ostacolo tra lei e l’ardente desiderio di vedere Syn adesso che lui non era lì a guardarla... a perseguitarla.
Si strofinò le tempie con movimenti circolari, cercando di schiarirsi le idee sul fatto di essere appena fuggita da quell’uomo e di sentire la sua mancanza al punto da provare dolore al petto.
«Io non ho bisogno di nessuno.» ricordò a se stessa, ma le sue dita si fermarono. Abbassò le mani, sentiva puzza di bugia nelle sue stesse parole. Considerando che sentiva i sintomi dell’astinenza, avrebbe potuto etichettare quell’uomo per ciò che era... una droga.
Allontanandosi ancora di più dalla porta, chiuse gli occhi e i suoi pensieri s’intensificarono. Non serviva uno scienziato per capire che Syn le stava incasinando il cervello e lei prevedeva già le proprie azioni. Era pericoloso superare quella linea perché, se avesse osato farlo, non sarebbe più tornata indietro.
Non sarebbero dovuti esistere i partner... perché Storm non aveva previsto tutto questo? In quel tunnel, Syn non aveva fatto altro che prendersi gioco di lei. Non gli serviva un partner, visto che tutto quello che doveva fare era alzare una maledetta barriera attorno alle uscite e basta.
Il ricordo tornò a perseguitarla come un incubo. Lì sotto aveva provato un forte senso di claustrofobia quando il soffitto era crollato all’improvviso. Era stato inquietante pensare di trovarsi nella propria tomba.
Proprio mentre dei grossi massi iniziavano a staccarsi e a cadere tutt’intorno, aveva visto parecchi demoni correre giù per le scale nascoste, nel tentativo di scappare... e lei si trovava direttamente sul loro cammino. Un’ondata di detriti aveva inghiottito alcuni demoni che non erano stati abbastanza veloci.
Lei, terrorizzata, era rimasta immobile finché non si era sentita afferrare da qualcuno e le scale avevano iniziato ad allontanarsi fino a svanire. Angelica rabbrividì di nuovo ricordando la sensazione del tunnel che crollava, ma la sua vera rovina era stata quello che era successo dopo.
Quando il paesaggio si era stabilizzato, si era resa conto di trovarsi sul tetto di un edificio. Sentendo ancora una leggera vibrazione sotto i piedi, si era girata appena in tempo per vedere il museo collassare sui tunnel sotterranei, dove lei si trovava pochi istanti prima.
Poi si era voltata per guardare il petto contro cui si sentiva schiacciata e si era accorta che stava stringendo la camicia di Syn per la paura e perché aveva bisogno di lui. In quel momento non aveva desiderato altro che abbandonarsi tra le sue braccia forti e restare lì... dove niente poteva farle del male.
Poi aveva commesso l’errore di alzare lo sguardo verso il viso di quel bellissimo uomo a cui era avvinghiata. Le punte dei suoi capelli svolazzavano per lo spostamento d’aria provocato dal crollo ma lui era irragionevolmente tranquillo... o almeno così le era sembrato finché non aveva visto quegli occhi color ametista che la fissavano con desiderio e potere incontrollato.
Quella scena le aveva ricordato la prima volta in cui aveva visto quella bellezza inquietante... nella caverna, la stessa notte in cui le era apparso il simbolo sul palmo della mano.
Aveva guardato le sue labbra sensuali e il respiro aveva iniziato ad accelerare. Rendendosi conto di desiderarlo, aveva fatto un passo indietro in segno di rifiuto. Syn aveva abbassato le braccia nello stesso istante... i suoi occhi erano diventati cupi e meditabondi, quasi pericolosi, e lei aveva represso un brivido.
Destandosi dai ricordi, Angelica si guardò il palmo della mano, non era cambiato niente dal loro primo incontro... il simbolo era ancora lì in ogni suo minimo dettaglio. Ce l’aveva da un po’, ormai. Sussultò tra sé quando si rese conto di non aver mai cercato di rimuoverlo davvero.
Syn aveva detto di averglielo dato per la sua protezione e, per qualche strana ragione, lei gli aveva creduto. Quand’è che aveva iniziato a fidarsi così ciecamente di lui?
In passato avrebbe dubitato di ogni movimento e di ogni motivazione di una creatura potente come lui. Tuttavia, nelle ultime due settimane, la sua natura sospettosa aveva ceduto il passo alla curiosità e al calore che Syn riusciva ad alimentare dentro di lei.
I membri del PIT la descrivevano come una tipa solitaria che non era interessata ad avere amici. Era così che voleva che la vedessero tutti... in questo modo avrebbero mantenuto le distanze. Da quando Syn era comparso nella sua vita, i suoi sentimenti erano rimasti esposti. Stava diventando ossessionata da lui tanto quanto lui sembrava ossessionato da lei, e voleva che la smettesse... o no? Al solo pensiero, il dolore al petto sembrò espandersi.
«Benvenuta nella terra della confusione, esemplare uno.» esclamò nel silenzio della stanza, poi fece una smorfia per quanto si sentiva patetica. Lei era più forte.
Guardò di nuovo il marchio, chiedendosi se non fosse la causa di quegli strani sentimenti che stava provando per Syn... più o meno come accadeva con l’incantesimo di un vampiro. Dopotutto... lui era il progenitore della loro razza, no? Doveva smetterla di sottovalutare quel piccolo dettaglio pericoloso. Syn aveva già ammesso che non gliene fregava niente della guerra con i demoni... quindi perché era venuto a distrarla? Perché aiutava soltanto lei?
«È iniziato tutto con te.» disse Angelica accusando il simbolo.
Vi mise sopra l’altra mano con l’intenzione di fare come faceva con tutti gli altri marchi demoniaci che aveva rimosso finora.
Lo sfiorò con l’indice, cercando un minimo accenno di malvagità da cui iniziare la sua ricerca. Non sentendo intenzioni malevole nascoste, si accigliò. Concentrandosi di più su quel simbolo complesso, si morse il labbro inferiore mentre iniziava a scendere in profondità, finché non riuscì a superare finalmente la potente barriera.
Rimase a bocca aperta e inspirò bruscamente per le sensazioni che la pervasero all’improvviso. Si sentì stordita per un attimo, poi sentì il sigillo tirare con forza quando fu toccato dal suo potere. L’azione la sorprese così tanto da mandarla nel panico e farle richiamare il suo potere, dopodiché Angelica sentì la magia del simbolo circondarla e sfiorarle la pelle prima di tornarsene da dov’era venuta.
Se non lo avesse saputo, avrebbe giurato che quel dannato marchio aveva voluto assaggiarla.
Syn apparve silenziosamente dietro di lei dopo averla sentita manomettere il legame che le permetteva di accedere al suo potere per protezione. Aveva pensato di lasciarla in pace per un po’, in modo da riacquisire la calma dopo il suo ennesimo rifiuto. Tuttavia Angelica, violando il sigillo sul proprio palmo, lo aveva chiamato inconsapevolmente per assistere all’inutile tentativo di spezzare il loro legame.
Ciò fece riemergere la sua rabbia... era ansiosa di liberarsi di lui solo per poter smettere di mentire a se stessa? Dopo averla cercata per millenni, e dopo averla finalmente trovata, non le avrebbe permesso di spezzare neanche il legame più sottile che era riuscito a ristabilire con lei.
«Vigliacca.» si disse Angelica per quella reazione, e aprì la mano per riprovarci. Fece un respiro profondo quando il sigillo iniziò a brillare all’istante con più energia.
«Perché non provi a sfogare la tua frustrazione su chi te l’ha provocata?» le chiese Syn.
Angelica sussultò per la sua vicinanza e si voltò per lanciargli un’occhiataccia. Era difficile sostenere il suo sguardo quando lui sembrava più infuriato di lei.
Prima che Angelica si accorgesse delle sue intenzioni, Syn la afferrò per la vita e la strinse a sé. Lei gli premette il palmo sul petto per mantenere una parvenza di distanza. Davvero, se Syn stava cercando di farla impazzire c’era quasi riuscito.
«Hai ragione, dovrei prendermela con te.» gli disse apertamente, poi si scostò, sorpresa che lui la lasciasse andare così facilmente da farle quasi perdere l’equilibrio. Angelica strinse i denti, cercando di soffocare la strana delusione per quel gesto.
Stringendo la mano marchiata, disse la prima cosa che le venne in mente: «Che diavolo mi hai fatto?».
«Ti faccio paura?» le chiese Syn, appoggiandosi ad un palo del letto con le braccia incrociate sul petto.
Angelica fu presa alla sprovvista da quella domanda e si accigliò vedendo le sue braccia incrociate, poi alzò lo sguardo verso i suoi luminosi occhi color ametista. Brillavano di rabbia, poteva giurarci, eppure sembrava così calmo e sereno.
«Io non ho paura di te.» gli disse coraggiosamente, poi fece un passo indietro quando lui si scostò dal letto e le si avvicinò.
«Io non ti ho fatto niente di male.» si difese Syn con un ringhio soffocato a stento, sapendo che avevano già affrontato quella situazione. In passato, Angelica lo aveva combattuto fino allo sfinimento prima di ammettere la sconfitta, e lui non voleva che la storia si ripetesse. Sussultò mentalmente al ricordo di com’era finita quella storia. «Tu sei l’unica ragione per cui sono qui.».
Angelica scosse la testa, non voleva essere la ragione di nessuno, non voleva quella responsabilità. Aveva alzato così tanti muri attorno a sé che l’unica persona ad averli quasi sfondati era stata Zachary. O meglio, ad essere onesti, era stato il suo alter ego Zach. In quel momento si rattristò perché le mancavano i suoi consigli non richiesti e la sua amicizia.
Syn restrinse lo sguardo sentendola rimpiangere il rapporto che aveva con la Fenice. Era un peccato che Angelica avesse dimenticato che lui era un uomo possessivo e non la condivideva volentieri con gli altri. Aveva già ucciso altre volte per tenerla legata a sé e lo avrebbe fatto di nuovo senza esitare.
Tenne a freno il proprio potere che si era impennato a quel ricordo, e si rese conto che aveva raggiunto quasi il limite. Come aveva fatto a diventare così impaziente?
«Tu non sei venuto qui per me.» disse lei accigliata, facendogli notare ciò che le sembrava ovvio. «Sei venuto perché i tuoi figli sono qui, e potrei aggiungere che sembrano tuoi coetanei... più fratelli che figli. E poi sei rimasto per aiutare Storm a combattere i demoni.». La sua voce tentennò quando finì con la schiena al muro e lui la bloccò tra le proprie braccia... intrappolandola contro la parete dipinta del castello.
«È la mia compagna che sta aiutando Storm... non io.» ringhiò Syn. «Io sono qui soltanto per impedirle di farsi uccidere di nuovo!».
«Io non sono mai stata uccisa!» sbottò Angelica, poi sussultò quando il muro s’incrinò, provocando crepe frastagliate che s’insinuarono nella roccia all’altezza della sua testa e delle sue spalle.
«Basta.» gli sussurrò, respirando a malapena.
C’era qualcosa di sbagliato in lui ma, invece di spaventarla, le stava improvvisamente spezzando il cuore. Calmò il proprio respiro, voleva essere cauta perché sentiva che, altrimenti, il potente uomo che aveva davanti sarebbe esploso e quello sarebbe stato l’inizio della sua paura più grande.
«Ti tengo io finché non mi calmo.» la avvertì Syn mentre si chinava in avanti e la strinse a sé.
Quando lei non oppose resistenza, Syn sentì svanire una parte del proprio dolore travolgente. Forse Angelica non ricordava la sua morte, ma per lui era un ricordo che continuava a cercare di tenere sepolto in profondità... per la propria sanità mentale. Continuando a tenerla stretta, s’inginocchiò a terra portandola giù con sé. Le passò una mano tremante tra i capelli e le fece appoggiare il viso su una spalla, posandole le labbra su una tempia.
Angelica rimase sorpresa quando lo sentì tremare e respirarle affannosamente all’orecchio. Era come se stesse combattendo contro qualcosa che lei non poteva vedere. Vedendolo come un motivo per arrendersi momentaneamente, si rilassò e si lasciò abbracciare. Era sbalordita da quanto si sentisse improvvisamente al caldo e protetta tra le sue braccia. Syn era così grande e forte, eppure lei percepiva il suo controllo mentre la stringeva.
Trovando il coraggio di soddisfare la propria curiosità, iniziò a parlargli con voce pacata: «Io non capisco cosa ho fatto per attirare la tua attenzione.».
«Già... e non lo capiresti.» concordò Syn, poi le baciò i capelli prima di poggiarvi la guancia.
Una parte di sé non voleva ricordarle il loro brutto passato... non voleva vedere l’odio nei suoi occhi per ciò che aveva fatto. Non se non aveva intenzione di chiederle perdono. Avevano meritato di morire... tutti.
«Non sei di grande aiuto.» aggiunse Angelica, sentendosi leggermente esausta per tutta l’adrenalina che aveva provato nelle ultime ore.
Non gli aveva mentito... non aveva paura di lui, davvero. Lo aveva visto quasi morire per riportare in vita tanti bambini uccisi. Come poteva avere paura di lui se non poteva fare nient’altro per impedire a se stessa di cercarlo? Doveva trovare un modo per allontanarsi definitivamente da lui.
«Tu sei crudele con me, Angelica.» sussurrò Syn dopo aver ascoltato i suoi pensieri più profondi. «Se continui a tenere la tua anima sotto chiave... vedrai quanto mi hai reso crudele.».
Angelica sentì la paura aumentare a quelle parole e tentò invano di allontanarsi da lui. Aveva intenzione di prendere la sua anima come aveva fatto con tanti altri umani? Era quella la vera ragione per cui la stava perseguitando?
«Tu non hai alcun diritto sulla mia anima e non ne avrai mai.» insistette lei mentre l’istinto di fuggire o restare a combattere la assaliva, facendola dimenare.
«Ah no?» ringhiò Syn, sentendo che stava perdendo il controllo. «Devo distruggere un altro mondo per dimostrartelo?».
Angelica spalancò gli occhi e si fermò. Che cosa voleva dire con “distruggere un altro mondo”? Decise di non chiederglielo... andiamo, chi diavolo avrebbe voluto saperlo? Si sentì sopraffare da una paura indesiderata anche dopo aver ricacciato quelle domande scomode nel profondo della propria mente.
Syn sentì il suo respiro veloce che gli solleticava il collo e, sebbene avesse un effetto calmante, gli stava anche scaldando il sangue e non era una buona cosa per il suo autocontrollo. Questo mondo lo aveva tenuto lontano abbastanza a lungo. Strinse la presa su di lei e le fece da scudo quando le lampadine del bellissimo lampadario al centro della stanza scoppiarono, emanando diverse scintille prima di spegnersi.
Angelica fece per guardare verso il soffitto ma lui non le permise di muovere la testa, perciò rimase dov’era chiedendosi cosa fare. Era l’alba e la stanza era leggermente ombreggiata, invece che completamente buia.
«Stiamo litigando?» gli chiese sussurrando perché, in quel caso, sapeva già che avrebbe perso.
«No.» ringhiò lui, poi fissò lo specchio ovale della toeletta quando si ruppe con un forte schiocco.
«Allora che ne pensi di dirmi qual è il problema, prima di distruggermi di nuovo la stanza?» sbottò Angelica senza riuscire a trattenersi.
Syn si bloccò sentendola dire “di nuovo”. Finalmente iniziava a ricordare cose che non erano accadute in questa vita, o meglio, in questo mondo? La sua anima era abbastanza forte da far tremare la gabbia della sua prigione mortale? Strinse delicatamente le dita che teneva intrecciate tra i suoi capelli e si scostò, guardandola negli occhi in cerca della verità.
«Di nuovo?» le chiese, con una voce che risuonò tormentata anche alle sue stesse orecchie.
«Cosa?» chiese Angelica confusa. Accidenti... non riusciva a stargli dietro. Era davvero estenuante.
«Mi hai chiesto di dirti qual è il problema prima che io distrugga la tua stanza... di nuovo.» le disse, soffermandosi sulle ultime due parole.
«Ah sì?» mormorò Angelica, sentendo dei brividi gelidi lungo le braccia. Fece per negare ma aveva davvero detto “di nuovo” e non poteva rimangiarselo perché, all’improvviso, sentiva che quella era la verità.
Syn lasciò andare la frustrazione e sulle labbra gli affiorò un sorriso lento e perfido. Aveva distrutto la sua camera da letto più di una volta e, anche se non sapeva quale ricordo stesse cercando di farsi strada in lei, non gli importava più. Lo aspettava con ansia, buono o cattivo che fosse, insieme alla discussione che ne sarebbe scaturita.
L’anima di Angelica era il suo io interiore e lo aveva già perdonato... era tutto il resto a dover essere costretto alla resa.
Vedendolo sorridere per la sua confusione, Angelica si scostò da Syn, contenta che le avesse liberato i capelli prima che si facesse male.
«D’accordo, ti piace riarredare le camere da letto nel tempo libero... fai come vuoi. Ma se non te ne vai e mi lasci riposare, ti riarredo io.» gli disse, poi si accigliò quando Syn sparì all’istante, lasciando riecheggiasse una risata nella stanza.
Angelica rimase ad ascoltare finché la risata svanì. Non ricordava di averlo mai sentito ridere così... né di averlo mai visto sorridere davvero. E allora perché quel suono le faceva male al petto come se avesse ritrovato e perso contemporaneamente qualcosa che le stava a cuore?
Sentendosi esausta, si trascinò fino al letto e si arrampicò sul materasso, sforzandosi di ignorare la sensazione di cadere all’indietro. Colse di sfuggita il suo sorriso... lo stesso che aveva appena detto di non aver mai visto. Quella visione fugace la portò a desiderare di vedere altro.
Chiudendo gli occhi per la stanchezza, si arrese e si lasciò andare a ciò che la stava tormentando inesorabilmente.
Syn riapparve sul tetto del castello. Aveva notato un lieve accenno di ametista brillarle negli occhi e aveva deciso di non disturbare la sua ricerca interiore. L’aveva già vista cambiare il colore delle iridi altre volte, ma accadeva solo quando usava i suoi poteri. A quanto pare, quella era stata l’unica volta in cui lei era riuscita a sentire la potente anima che teneva imprigionata in profondità dentro di sé.
Syn capiva perché Angelica proteggeva inconsciamente la propria anima da un mondo in cui la vita e la morte si susseguivano in un batter d’occhio. Era puro istinto, ma quella paura non aveva più senso. Nell’istante in cui era stato evocato in quella grotta buia... le aveva inviato il proprio potere sotto forma di marchio sul suo palmo. In seguito aveva rinforzato quel potere infondendo in lei la propria forza vitale... anche se Angelica ignorava il significato di tale gesto.
Adesso lei aveva poteri che non sapeva neanche di avere e lui non l’aveva aiutata a scoprirli per ragioni puramente egoistiche. Era già fin troppo indipendente, per i suoi gusti. Anche se il tempo non era più suo nemico e la maggior parte delle ferite guariva in fretta, Angelica era ancora in pericolo per colpa dei potenti immortali che avevano dichiarato guerra a quella città.
C’era un’altra cosa che poteva fare per lei per pareggiare le probabilità, ma stava cercando di essere paziente, sapeva che lei non era ancora pronta ad affrontare gli effetti collaterali che sarebbero derivati dal mescolare il loro sangue. Lui aveva già commesso quell’errore. Non era come per i loro figli quando davano il proprio sangue alle loro anime gemelle.
Abbassò lo sguardo sul tetto, sentendo il silenzio che proveniva dalla stanza sottostante. E poi, se l’avesse morsa adesso, Angelica l’avrebbe vista come una prova di ciò che credeva che lui fosse in realtà... un mostro.
Essere gentile la stava mettendo in pericolo e non ci sarebbe voluto ancora molto per essere tentato a diventare il mostro di cui lei aveva bisogno. Dopotutto... aveva già interpretato quel ruolo.
Capitolo 5
Kriss se ne stava avanti all’enorme vetrata dell’attico, con una bottiglia di “Heat” in una mano e un grosso calice nell’altra. Voleva ubriacarsi ma il suo metabolismo fastidiosamente veloce non gli permetteva di sentirsi libero come voleva, se non per pochi istanti ogni volta.
Frustrato, strinse la bottiglia e la ruppe involontariamente mentre ricordava il viso di Vincent dopo innumerevoli anni dall’ultima volta. Certo, Vincent non avrebbe ricordato quell’incontro perché Storm aveva cambiato il corso del tempo... ma lui non avrebbe mai dimenticato quello sguardo di odio che l’uomo gli aveva rivolto.
Rifiutando quell’odio, ripensò ai ricordi della propria infanzia, quando Vincent provava l’esatto opposto per lui.
Non era arrivato in questo mondo da molto tempo quando Dean se n’era andato per fermare un’orda di demoni diretti verso di loro. Lo aveva aspettato da solo, nascosto tra le enormi rocce ai piedi di una scogliera, eseguendo il suo severo ordine di starsene buono e nascosto, perché quel posto era sicuro.
Dean aveva avuto ragione quasi su tutto. Per giorni Kriss non aveva visto né animali, né umani, né demoni. Era la prima volta in vita sua che rimaneva da solo. Il silenzio che lo circondava stava solo alimentando la sensazione di abbandono e paura mentre aspettava. Gli mancava l’amore ricevuto nel suo mondo natio... e il calore e la sicurezza che Dean gli aveva dato in quest’altro mondo.
Una notte aveva sentito il rumore di ciottoli che rotolavano giù lungo il pendio. Si era sporto fuori e aveva guardato verso la sommità della scogliera, che la luce della luna crescente illuminava a malapena... aveva visto le sagome di diversi demoni che strisciavano giù verso di lui.
La sua attenzione era stata catturata dai loro occhi rossi che brillavano mentre lo guardavano, e dai loro corpi quasi umani che si contorcevano in modo orribile mentre scendevano. Osservandoli meglio, aveva notato che la loro carne sembrava bruciata e dilaniata, come se fossero scampati ad un incendio invisibile. Si sentiva il tanfo della carne bruciata mentre si avvicinavano.
Kriss era talmente spaventato che, indietreggiando, era finito contro una grossa roccia ed era caduto dall’altra parte, atterrando su un mucchio di pietre appuntite che sporgevano dal terreno. Realizzando di essere stato trafitto in più punti, si era sforzato per alzarsi senza procurarsi ulteriori ferite.
Nel momento in cui l’odore del suo sangue si era sprigionato nell’aria, aveva iniziato a sentire gli artigli affilati dei demoni che graffiavano le rocce più in fretta in una discesa frenetica, poi aveva udito dei tonfi sordi, segno che alcuni di essi stavano saltando per fare prima.
Il silenzio era svanito, ormai... le loro grida inquietanti riecheggiavano tra le rocce, facendoli sembrare più numerosi di quanti fossero davvero.
Scivolando tra le rocce per scappare, aveva finito per strapparsi i vestiti e ferirsi prima di poter toccare terra e mettersi in piedi.
Girando su se stesso, si era reso conto che era troppo tardi per fuggire o nascondersi... era circondato da demoni molto più grandi di lui, che era soltanto un bambino.
Era rimasto immobile mentre lunghi artigli erano spuntati da dietro e lo avevano afferrato per il viso. Si sentiva graffiare il naso e le guance mentre veniva trascinato via, per poi essere sollevato in aria all’improvviso come se il demone volesse mostrarlo agli altri.
Non aveva mai dovuto combattere nel suo mondo e Dean non gli aveva mai permesso di farlo qui. Per un attimo si era chiesto se farsi divorare non sarebbe stato meglio che rimanere da solo in quel posto spaventoso. Quel pensiero era svanito subito nell’istante in cui il dolore lo aveva destato dallo shock, risvegliando il suo istinto di sopravvivenza.
Con le lacrime che gli offuscavano la vista, Kriss aveva vinto per un soffio la sua prima battaglia contro la morte. Il silenzio era tornato e lui aveva guardato quello che aveva in mano, appena in tempo per vedere la Spada dei Caduti svanire nel proprio palmo insanguinato.
Sentendo qualcosa di pesante nell’altra mano, si era girato lentamente e aveva visto un paio di occhi demoniaci che fissavano il vuoto. La mano era infilata nella bocca di quell’essere e gli stringeva la mascella... chissà dov’era finito il resto del corpo. Si era graffiato accidentalmente le nocche contro quei denti aguzzi mentre estraeva subito la mano e lasciava cadere la testa a terra.
Kriss non aveva provato nulla nel vederla rotolare via e bloccarsi contro una roccia che aveva perforato un occhio. Gli era sembrato di sentire una risata ma poi aveva concluso che doveva averla immaginata perché era circondato soltanto dalla morte.
Incapace di sopportare il tanfo di putrefazione e la vista di quei corpi mutilati, si era voltato e si era incamminato verso le strie di luce che stavano spuntando dalle colline in lontananza.
Kriss non sapeva per quanto tempo avesse camminato né quanti giorni fossero passati, prima di sentire uno strano rumore ritmico davanti a lui. Era rimasto lì barcollando e cercando di non piangere, in attesa di vedere se avrebbe dovuto combattere di nuovo. Sangue demoniaco... poteva sentirne l’odore.
Poco dopo, aveva visto un uomo che cavalcava un animale e si dirigeva verso di lui. Alcune parti del suo corpo erano coperte da una specie di metallo intrecciato e Kriss aveva notato la lunga spada che aveva dietro la schiena... con l’elsa a portata di mano. Non vedendolo sanguinare, si rese conto di essere lui stesso ad avere addosso l’odore del sangue demoniaco... fin dall’inizio.
Quello era stato il suo primo incontro con Vincent. Si erano guardati a vicenda mentre lui gli si avvicinava e Kriss si era allontanato quando lo aveva visto scendere dal dorso del grosso animale. Il suo sguardo spaventato si era posato su quella spada dall’aria pericolosa.
“Non fidarti di nessun altro tranne me.” il ricordo della voce di Dean gli riecheggiava nella testa come un avvertimento, facendolo voltare per fuggire.
«Aspetta... non andartene.» aveva gridato Vincent.
Il tono della sua voce gli aveva ricordato Dean, mandandolo in confusione su ciò che avrebbe dovuto fare. Era stanco di cercare di capire tutto. Si era voltato per assicurarsi che l’uomo non avesse estratto la spada mentre lui era distratto.
Vincent aveva sospirato di sollievo quando il bambino si era fermato e si era voltato a guardarlo con un misto di curiosità e diffidenza. Gli ultimi due villaggi in cui era stato erano un lago di sangue, non aveva trovato alcun sopravvissuto. Anche se sporco e coperto di sangue, il bambino sembrava stare bene ed era molto spaventato; ciò lo aveva portato a credere che fosse davvero un sopravvissuto.
«Dove sono i tuoi genitori?» gli aveva chiesto preoccupato, nella speranza di conquistare la sua fiducia.
Dov’erano i suoi genitori... quella domanda lo aveva rattristato profondamente. Suo padre non viveva neanche in questa dimensione e, probabilmente, lo aveva dimenticato ormai... e Dean se n’era andato senza tornare. Kriss sentiva il calore delle lacrime sulle guance. L’unica risposta che era riuscito a dargli era stato un lento cenno con la testa mentre si voltava verso di lui.
«Sei ferito?» gli aveva chiesto Vincent inginocchiandosi davanti a lui, per non intimidirlo con la propria statura... quel bambino non doveva avere più di nove o dieci anni. Aveva allungato lentamente una mano e gli aveva sfiorato una guancia impolverata, strofinando il pollice per asciugargli le lacrime.
Kriss aveva immaginato cosa stesse pensando quell’umano nel vederlo coperto di sangue e con indosso abiti ridotti a brandelli. Poiché quasi tutte le ferite erano già guarite, e sapendo che era meglio non rivelare a un umano cos’era successo realmente, aveva risposto con l’unica altra cosa vera: «Sono da solo, adesso.». Poi aveva iniziato a piangere per davvero; le sue grida miste a singhiozzi avevano portato Vincent a prenderlo tra le braccia... sussurrandogli che adesso andava tutto bene e che lo avrebbe protetto lui. E Vincent lo aveva protetto davvero... fino a sacrificare la propria vita.
Il dolore del vetro conficcato nel palmo riportò Kriss al presente. Aprì il pugno e vide un frammento che sporgeva.
Era quella la scena che Dean si trovò davanti quando uscì dal bagno dopo la doccia. Si accigliò vedendo Kriss che si estraeva un frammento di vetro dalla mano. Sbattendo la porta, lo fece sussultare e i loro sguardi s’incrociarono attraverso il riflesso della finestra. Non era dell’umore adatto per vedere il suo compagno che piangeva di nuovo per una cotta infantile. Una volta era stata più che sufficiente.
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