Sangue Che Crea Dipendenza
Amy Blankenship
Michael scopre che, a volte, il sangue di potenti immortali non si mescola neanche quando sono anime gemelle, né con il calore della passione. Un marchio di accoppiamento è un simbolo di possesso, ma per Michael quel piccolo assaggio di sangue è la sua rovina. Il sangue di un Caduto è ingannevolmente ammaliante per un Dio del Sole, e l’energico afflusso che Michael ne riceve è come una droga. Al fine di proteggere Aurora da se stesso, Michael comincia a dare la caccia ai demoni più potenti della città per soddisfare il proprio desidero oscuro. Quando il sangue nero pulsa nelle sue vene, Michael cede all’impeto e diventa pericoloso quanto i demoni a cui dà la caccia.
Amy Blankenship, RK Melton
Sangue Che Crea Dipendenza
“Sangue Che Crea Dipendenza”
Serie “Legami di Sangue” – Volume 11
Author: Amy Blankenship & RK Melton
Translated by Ilaria Fortuna
Copyright © 2012 Amy Blankenship
Seconda Edizione Pubblicata da Amy Blankenship
Tutti i diritti riservati
Capitolo 1
Toya si accovacciò sul tetto della casa di Kyoko e volse lo sguardo verso il piccolo edificio che ospitava la Statua Vergine in giardino. Erano passati molti anni da quando, una notte, aveva attraversato la barriera e aveva trovato Kyoko in questo mondo, ma ricordava ancora tutti i particolari come se fosse accaduto ieri.
Un tenero sorriso gli apparve sul volto, ripensando a quando lei si era tuffata nell’acqua gelida per salvarlo… quella piccola incosciente non sapeva neanche nuotare, eppure non ci aveva pensato su due volte.
I suoi pensieri s’incupirono al ricordo di tutte le volte che l’aveva incontrata nelle altre dimensioni. Non importava di quale mondo si trattasse, Kyoko non esitava mai a sacrificare se stessa senza pensarci, per salvare qualcuno che amava. Toya serrò le labbra. Sperava di porre fine a quella sua stupida abitudine, altrimenti, per proteggerla, l’avrebbe incatenata stavolta.
Toya spostò lo sguardo e fissò l’enorme stagno sul retro della proprietà. Sperava davvero che lei avesse seguito il suo consiglio e avesse imparato a nuotare. Quella notte gli aveva quasi fatto venire un infarto mentre annegava, e promise a se stesso che, quando l’avrebbe rivista, l’avrebbe rimproverata.
Quando poi la rivide… l’espressione di Toya si addolcì, sapendo già il perché lei non fosse lì ad aspettare i suoi guardiani che avevano superato la barriera. Lui e i suoi fratelli lo avevano capito dal fatto che Kyoko non lo avesse riconosciuto quando si era presentato la prima volta. Lei non ricordava i suoi guardiani ed era una cosa normale, considerato che, in ogni altra dimensione in cui l’avevano trovata, lei aveva i ricordi di una sola vita, e si trattava sempre della vita che stava vivendo in quel momento e in quella dimensione.
Di solito quell’amnesia dimensionale colpiva anche i guardiani… compreso lui. Aveva perso il conto di tutte le volte che aveva incontrato Kyoko per la prima volta, però in questo mondo era diverso. Il Cuore del Tempo li aveva mandati lì con un dono e una maledizione allo stesso tempo. Per una volta, lui e i suoi fratelli ricordavano tutto di lei… anche il fatto di esserne innamorati e di aver combattuto per lei in mondi paralleli.
Il suo petto si strinse per un ricordo che avrebbe preferito non conservare. Provava ancora terrore nel vedere Kyoko morente tra le sue braccia, i loro corpi si muovevano insieme dopo essere stati travolti da un colpo letale che era diretto a lui. Lei aveva cercato di salvarlo da Hyakuhei… e ci era riuscita. Toya sbatté le palpebre quando una lacrima solitaria gli rigò la guancia, e scacciò quel ricordo con rabbia.
Cavolo, anche Hyakuhei ricordava tutto, e la cosa sembrava giocare a loro favore, visto che non li aveva attaccati. Certo, non era stato neanche cordiale. Avevano deciso di stargli alla larga, stavolta non lo avrebbero provocato.
Hyakuhei non era con loro quando avevano seguito i demoni attraverso la barriera, dunque non sapevano da dove fosse arrivato e questo li preoccupava. Finora sembrava solo che stesse cercando i pezzi del cristallo che, ovviamente, Kyoko aveva frantumato… di nuovo. Lei non aveva colpa, non poteva imparare dai propri errori passati se non ricordava di averli commessi. Toya la perdonò sapendo che, se lei non avesse distrutto il cristallo, loro non sarebbero mai stati attirati in questo mondo per cercarla.
Serrò le labbra quando, nei paraggi, sentì il richiamo familiare di una scheggia di quello stesso cristallo. Il Cuore di Cristallo Protettore era incredibilmente potente e ogni suo piccolo frammento conteneva una parte di quel potere. Qualsiasi essere umano o demone che fosse riuscito ad impadronirsi di un frammento avrebbe acquisito un potere enorme, ed ecco che i demoni venivano attirati come mosche dal miele.
Poiché il cristallo era emerso a Los Angeles, la città si era trasformata in un richiamo per tutte le creature paranormali. Tutto ciò che non era umano era attratto verso quella zona, senza saperne neanche il motivo.
Cercando il cristallo che aveva percepito, Toya spostò lentamente lo sguardo verso le case che circondavano il tempio e si fermò quando vide qualcuno guardare fuori dalla finestra buia della casa accanto. Si alzò in piedi e guardò la sagoma che lo fissava, poi rimase perplesso quando la vide nascondersi dietro la finestra.
Toya sogghignò. Era giunto il momento di divertirsi un po’. Sparì all’istante proprio quando l’uomo riprese abbastanza coraggio per guardarlo di nuovo.
Tasuki fece un respiro profondo, tenendo ancora la pistola davanti a sé come se fosse uno scudo. Quello era l’uomo con cui aveva visto Kyoko la notte in cui era scomparsa… ne era certo. Cosa ci faceva in agguato sul tetto? Tasuki raddrizzò le spalle con determinazione. C’era un solo modo per scoprirlo e, essendo un poliziotto, lui aveva tutto il diritto di indagare.
Accertandosi che il caricatore della sua Beretta fosse pieno, disattivò l’allarme e uscì dalla porta principale. Non era la prima volta che entrava nella proprietà degli Hogo da quando Kyoko era scomparsa, ma era la prima volta che vedeva qualcuno oltre agli operai che erano stati ingaggiati per occuparsi del terreno.
La prima volta che li aveva visti con i tosaerba in azione li aveva affrontati, per poi scoprire che erano stati assunti in forma del tutto anonima. Cercando di seguire quella pista, non aveva trovato nulla perché i soldi venivano consegnati nella casella postale della società una volta l’anno, sempre in contanti.
Mentre attraversava il sentiero tra le due case, Tasuki si fermò, incapace di impedire che i ricordi di Kyoko e di suo fratello Tama tornassero a perseguitarlo. Se non fosse stato per quel maledetto “angelo” incontrato quella notte, lei non sarebbe sparita… ne era sicuro. Tasuki non si vergognava di ammetterlo… odiava quell’uomo per avergliela portata via ma, se lui era tornato, allora c’era la possibilità che tornasse anche Kyoko.
Non trovando nessuno nei paraggi, Tasuki si diresse furtivamente verso il retro della casa, dove c’era il piccolo tempio con la statua. Muovendosi in silenzio, svoltò l’angolo e sussultò quando vide di nuovo quell’uomo proprio davanti al capanno, le cui porte erano spalancate.
Avendolo visto soltanto da lontano quando era piccolo, stavolta Tasuki lo guardò memorizzando ogni dettaglio. Aveva lunghi capelli neri con riflessi argentati ed era vestito in modo strano, come buona parte delle persone che aveva visto da quando lavorava per il PIT. Non sembrava normale ma non aveva neanche le ali, perciò Tasuki scartò l’idea che fosse un angelo come aveva detto Kyoko.
“Non ti muovere!” urlò Tasuki, uscendo dall’ombra con la Beretta puntata, mirando direttamente al cuore dell’uomo.
Toya sogghignò e si voltò lentamente per guardare colui che pensava di averlo colto sul fatto. La sua espressione si trasformò in irritazione quando si trovò faccia a faccia con un ricordo del passato. Maledetto Tasuki… avrebbe dovuto immaginare che quell’umano fosse lì da qualche parte, in agguato.
Toya si accigliò quando Tasuki disse “Sapevo che eri tu.” e ringhiò. “Me lo ricordo… eri qui la notte in cui sono arrivati i demoni. Sei uno di loro? Cos’hai fatto a Kyoko? Ti ho visto che la tenevi in braccio priva di sensi, e non provare a negarlo.”.
Toya fissò l’umano a cui Kyoko era sempre così affezionata e sorrise tra sé perché Tasuki non ricordava tutte le volte che si erano già incontrati… probabilmente era una cosa positiva. Restrinse lo sguardo quando sentì il potere del cristallo provenire dal ragazzo, e s’infuriò.
“Tu hai un talismano.” dichiarò Toya. “Lo voglio.”.
Stavolta fu Tasuki ad accigliarsi “Cosa?”.
Non ebbe la possibilità di sparare poiché l’uomo gli si avvicinò in un istante, facendo cadere l’arma a terra e premendogli le dita sul petto. Tasuki avvolse le mani attorno al polso dell’uomo e lo respinse con ogni briciolo di forza che aveva.
“Angelo un corno!” ringhiò Tasuki, e gli affondò un piede nello stomaco “Tu ti comporti come un demone!”. Riuscì a respingerlo con più forza di quanto pensasse di avere.
Toya volò all’indietro, atterrando in piedi e scivolando sull’erba ben curata. Strinse i pugni lungo i fianchi e ringhiò. E così il cristallo lo stava proteggendo, eh?
“Che cos’hai fatto per costringere Kyoko a fuggire?” chiese Tasuki rimettendosi in piedi, mentre gli occhi del suo avversario mutarono da un color oro puro ad uno spaventoso color argento. Tasuki non indietreggiò quando incrociò quello sguardo.
Toya ringhiò quando vide gli occhi dell’altro diventare color ametista.
“Toya!”.
Il color argento svanì dagli occhi di Toya mentre guardava verso suo fratello Shinbe. “Che vuoi, Shinbe? Non vedi che sono impegnato a raccogliere cristalli?”.
Shinbe piegò la testa di lato. “Ti rendi conto che dovrai ucciderlo per rimuovere il talismano, vero?”.
“Non è un problema. E poi, sappiamo entrambi che lui può morire.”. Toya ringhiò di nuovo quando si udì un colpo di pistola e il proiettile gli trapassò la spalla destra. “Figlio di puttana!”.
Shinbe ridacchiò “In questo caso, penso che te lo sei meritato. Ora lascia perdere Tasuki… dobbiamo andarcene subito.”.
“Lo stai difendendo?” chiese Toya sarcasticamente; uno dei suoi pugnali gemelli gli apparve in una mano e lui ne usò la punta per estrarsi il proiettile dalla spalla. “Perché andare via? Il divertimento è appena cominciato.”. Ringhiò quando il proiettile volò sull’erba e si fermò ai piedi di Tasuki.
“Lui sta arrivando.” rispose Shinbe in modo criptico.
Il pugnale di Toya scomparve e le sue labbra accennarono un sorriso mentre si voltava a guardare Tasuki. “Almeno così non sarà mia la colpa.”.
“Chi è che sta arrivando?” chiese Tasuki, indeciso su chi mirare… anche se quel Toya era ancora la sua prima scelta. Il suo sorriso compiaciuto gli stava facendo venire i brividi.
Shinbe lo fissò “Fidati di me, Tasuki… devi andartene subito. Se non lo fai, almeno nasconditi finché non se ne sarà andato.”. Riconobbe quello sguardo caparbio quando Tasuki raddrizzò le spalle e strinse la presa sull’arma. Scuotendo la testa, Shinbe decise di fare un regalo utile a quella testarda reincarnazione.
Con dei rapidi movimenti delle mani, e inclinando il suo bastone, Shinbe eresse attorno al ragazzo una barriera permanente che avrebbe impedito ai demoni o a chiunque altro di percepire il frammento di cristallo nascosto nel suo petto. Sospirò mentalmente, sapendo che era troppo tardi per impedire anche a Toya di percepirlo.
Tasuki spalancò gli occhi quando la pietra di ametista sul bastone brillò, e Shinbe scomparve insieme a Toya. Si guardò le mani e il resto del corpo quando una flebile luce color ametista lo avvolse per un attimo e poi svanì.
“Forse questo ti aiuterà a restare vivo, stavolta.” la voce di Shinbe riecheggiò nella sua testa prima di svanire.
“Stavolta?” ripeté Tasuki confuso, poi sussultò quando la porta del capanno si richiuse. Fu assalito da un improvviso senso d’inquietudine e giurò di aver visto il cielo scurirsi.
Non riuscì a controllare l’impellente desiderio di nascondersi tra gli alberi circostanti. Si accovacciò dietro due tronchi per sbirciarvi in mezzo e vedere cosa stava succedendo.
Fu pervaso da un brivido fino al midollo quando vide un uomo dai lunghi capelli neri apparire dal nulla proprio in mezzo al giardino. Il respiro gli si bloccò nel petto, mentre la paura travolgente e la calma totale lo resero immobile. Era lui… l’uomo dei suoi incubi era in piedi a pochi metri di distanza.
Hyakuhei si diresse verso il capanno con aria pensierosa. Era sicuro di aver sentito la presenza di un talismano ma poi l’aveva perso. Non era ironico che un talismano fosse lì, nei pressi del tempio in cui risiedeva la Vergine? Si fermò davanti al capanno e la porta si aprì di nuovo, come se obbedisse ad un suo silenzioso comando.
I suoi occhi scuri divennero di un marrone caldo quando guardò la statua che aveva le sembianze di ciò che il suo cuore desiderava. Allungando una mano, le sfiorò le dita ma non sentì nient’altro che il freddo della pietra. E così, anche a distanza di tempo, lei lo respingeva ancora… rifiutandosi di lasciarlo passare attraverso il Cuore del Tempo. Alzò lo sguardo verso gli occhi della Vergine e fu ricompensato da un loro breve bagliore. Un sorriso diabolico gli apparve su quelle labbra perfette… pazienza.
Restrinse lo sguardo quando percepì i residui di energia di Toya e Shinbe. Era ovvio che fossero arrivati prima per reclamare il frammento del cristallo. Dando un ultimo sguardo alla statua, Hyakuhei si voltò e lasciò la proprietà.
Tasuki non osò muoversi finché il mostro dei suoi incubi non lasciò il tempio. Scivolò a terra rilasciando il respiro che non si era accorto di aver trattenuto, e rotolò sulla schiena per guardare le stelle. Cosa diavolo stava succedendo? Era abituato alle creature paranormali che avevano invaso Los Angeles, ma questa era diversa… era arrivata troppo vicino a casa sua.
Conoscendo già la risposta, allungò una mano e si diede un pizzico sul braccio. Okay… era la prova che non stava sognando. Jade aveva ragione… erano più che semplici sogni. Non aveva mai affrontato qualcosa di così spaventoso in vita sua. Fece dei respiri profondi e aspettò di calmarsi, prima di rimettersi lentamente in piedi e correre verso il confine tra le due proprietà.
Quando raggiunse il proprio cortile, Tasuki corse verso l’ingresso e quasi sfondò la porta mentre armeggiava con la maniglia. Chiudendola, riattivò l’allarme e si allontanò all’istante. Andò a sedersi sul divano e si avvolse nella coperta, assicurandosi di tenere il dito sul grilletto della pistola… non che gli sarebbe servito granché.
Fece una smorfia ricordando Toya che si estraeva il proiettile con la punta di un pugnale dall’aria pericolosa. Guardò il ritratto appeso sopra il camino e provò una sensazione di dejà vu. Nel dipinto, Kyoko toccava le mani della statua nello stesso modo in cui le aveva toccate il tipo alto e oscuro poco prima.
Capitolo 2
Jade sentiva svanire la beatitudine del sonno, ma si sentiva così bene da non voler ancora affrontare la realtà. Sentiva il corpo caldo premuto contro il suo e quasi gemette. Ripensandoci… forse svegliarsi non era stata una cattiva idea.
Aprì lentamente gli occhi e vide un petto nudo, abbronzato e muscoloso. A giudicare dal battito costante che sentiva nell’orecchio, Titus stava ancora dormendo e sarebbe stato crudele scacciarlo o spingerlo giù dal letto solo perché i loro corpi si stavano toccando. Non era ancora guarito del tutto, perciò decise di essere tollerante… per questa volta.
Probabilmente era stata lei a rannicchiarsi accanto a lui durante la notte, visto che aveva l’abitudine di abbracciare parecchi cuscini quando dormiva. Non fu sorpresa di trovarsi con una gamba e un braccio addosso a lui. Era decisamente un buon sostituto dei suoi soliti cuscini.
Spostò un po’ la gamba e sospirò tra sé quando sentì il proprio interno coscia sfiorare la durezza nei suoi pantaloni. Anche se odiava ammetterlo, quell’uomo era possente anche mentre dormiva. Jade sentì quella durezza strofinare contro il proprio inguine e si sforzò per non piegare di più la gamba, moriva dalla voglia di farlo. In realtà, moriva dalla voglia di fare sesso con lui.
Jade inalò lentamente il suo odore inebriante e chiuse gli occhi, gustando quel maschio che avrebbe potuto soddisfare così facilmente il suo doloroso calore pulsante. Lei era una tipa testarda e, finora, era stato abbastanza facile resistere all’impellente desiderio sessuale provocatole dalle iniezioni di ormoni.
Sentì una sensazione calda scendere verso il basso e i suoi muscoli addominali si contrassero. Prima di riuscire a fermarsi, il suo corpo la tradì facendole inarcare i fianchi. La sensazione era così incredibile che, invece di tirarsi indietro, Jade rimase lì, sentendo il bisogno di quel contatto pressante.
Pensò all’ironia della sorte. Titus pensava che l’odore del suo calore lo avrebbe fatto impazzire. Beh, aveva una notizia per lui… in quel momento, lei non era l’unica ad aver bisogno dello spray per mascherare gli odori. Si accigliò, sapendo di non essere mai stata attratta dall’odore di un maschio umano, e che non lo sarebbe mai stata… o sì?
Ciò era la conferma della sua teoria secondo cui sarebbe stato molto meglio svegliarsi accanto ad un umano, così adesso avrebbe avuto un termine di paragone.
Più si premeva contro il corpo di Titus, più la sua mente correva veloce, poi si mosse di nuovo e i suoi pensieri si bloccarono. Si rese conto che si stava strofinando contro la sua durezza per soddisfare il proprio desiderio. Jade fece una smorfia, imprecando perché prima si era vantata della propria testardaggine e adesso si stava smentendo.
Nel preciso istante in cui si svegliò dal suo profondo sonno ristoratore, Titus afferrò quel corpo sinuoso e rotolò finché non vi si trovò sopra. Bloccò i polsi di Jade sul materasso e si premette più forte contro la sua calda umidità. La guardò negli occhi e capì che aveva bisogno di lui. Aveva gli occhi lucidi e vispi, le sue guance erano arrossate e quella bocca imbronciata era leggermente aperta per il respiro veloce. Come diavolo aveva fatto a dormire, con lei che gli stava accanto in quel modo?
Jade lo guardò, sbalordita dalla velocità con cui si era appena mosso per dominarla. Voleva saggiare quella velocità e quella forza rude, solo una volta. Voleva sentire la differenza tra la passione di un umano e la rude sessualità di quel lupo. Gli si strofinò addosso sapendo che era troppo tardi per tirarsi indietro, e non era colpa di Titus… era colpa sua.
Titus gemette e ringhiò allo stesso tempo, sentendosi eccitare all’istante in maniera dolorosa. Sapeva che lei aveva superato le sue barriere ma, anche se era contento che i suoi pregiudizi fossero crollati, voleva sentirle dire che aveva bisogno di lui, così dopo non avrebbe potuto rinfacciarglielo.
Chinandosi quasi fino a sfiorarle le labbra, le chiese “Cosa vuoi da me, Jade?”.
Sentire la sua voce roca e profonda la fece avvampare ancora di più. Jade si sollevò e rabbrividì. Aveva quasi oltrepassato il limite della razionalità, ma si calmò e lo guardò dritto negli occhi. Aveva ancora abbastanza autoconservazione per capire di essere pericolosamente vicina all’oltrepassare più di un limite.
Con voce quasi terrorizzata, rispose alla sua domanda “Sostieni di essere un uomo d’onore, allora voglio la tua parola di alfa che non mi marchierai e mi permetterai di continuare ad essere libera. Puoi accettarlo e farmi vedere che vuol dire stare con un lupo, così mi tolgo il pensiero?”.
Titus si sentì trafiggere dalle sue parole disperate e la guardò. “Se gli ormoni non ti avessero dato alla testa tu non mi avresti mai voluto, perché sono un alfa.” la accusò. Non gli piaceva l’idea di aiutarla a ‘togliersi il pensiero’. “Non ti preoccupare… non ho intenzione di marchiarti. Non sei l’unica ad avere dei principi morali.”.
Jade trattenne il respiro, sentendo l’accenno di rabbia nella sua voce. Riaffondò nel materasso per creare distanza. Incapace di guardarlo negli occhi, posò lo sguardo sulle sue labbra perfette. “Affare fatto, allora. Una volta lasciato questo letto, niente vincoli.” gli ripeté, augurandosi di avere la forza di alzarsi se lui avesse rifiutato quelle condizioni.
“Se vuoi solo una botta e via così sarà… vedrai la differenza tra stare con un umano e stare con un lupo.” ribatté Titus, e non gli importava che le proprie parole fossero sembrate una minaccia.
Jade aprì la bocca per rispondergli a tono ma lui la bloccò, fiondando le proprie labbra sensuali sulle sue, in un bacio infuocato. A quel punto, non aveva più motivi per recriminare… stava per ottenere quello che voleva. Si allungò verso di lui e gemette per quel bacio impetuoso. Se stava per accadere davvero, allora voleva prendere tutto quello che poteva.
Titus aveva deciso la stessa cosa. Se quella era l’unica volta che aveva il permesso di toccarla, allora avrebbe fatto in modo che lei se lo ricordasse per sempre. Liberandole le mani, intensificò il bacio mentre si strofinava su di lei. Afferrando la camicia da notte, le abbassò una spallina per scoprirle un seno.
Terminò bruscamente il bacio e scivolò all’indietro sul materasso, afferrandole le mutandine e tirandole giù con un solo movimento. Provò soddisfazione sentendola sussultare.
Poi la guardò, con quei capelli scuri sparsi sulle lenzuola bianche e quella soffice collina rosa che spuntava dalla camicia da notte, e concluse che mancava un’ultima cosa per completare il quadro. Afferrando l’orlo della camicia da notte, la strappò al centro, fermandosi a pochi centimetri dallo scollo.
Poi scostò la stoffa, che si aprì come un sipario e lasciò Jade nuda dal seno in giù.
Jade sogghignò, sembrava come se stessero ancora combattendo e, d’istinto, quell’energia le piaceva. Si sollevò e gli mise una mano sul petto per tenerlo a bada. Liberando le proprie gambe, si mise in ginocchio di fronte a lui e sorrise con finta timidezza quando lui fu costretto a scendere dal letto finché non fu fuori dalla sua portata.
Lo osservò mentre si abbassava i pantaloni e li scalciava di lato. L’ultima volta che l’aveva visto nudo pensava di aver già visto la sua erezione ma, adesso, notava la differenza… era enorme.
Strisciando verso il bordo del letto, Jade s’inginocchiò e scattò in avanti, impadronendosi delle labbra di Titus in un bacio infuocato che lui iniziò a dominare. Gli accarezzò i fianchi, poi fece scivolare una mano verso il basso per afferrare quella dura erezione.
Sapendo che adesso Jade aveva una presa salda sull’unica cosa che voleva da lui, Titus le passò una mano tra i capelli e le fece piegare la testa, ringhiando mentre continuava a baciarla. Sentiva il suo capezzolo scoperto sfregare contro il proprio petto mentre si muoveva avanti e indietro nella sua mano.
Titus sorrise tra sé, stava per darle una lezione. Quella piccola lupa non sapeva in cosa si era cacciata. Era abituata alla forza degli umani quando poi neanche un lupo normale poteva reggere il confronto con la forza di un alfa. Tirandola giù dal letto, la girò e la bloccò contro il muro.
Jade gli avvolse le gambe attorno alla vita e gli poggiò le mani sulle spalle per sorreggersi. Sollevandosi, mosse sfacciatamente i fianchi finché quell’estremità rigonfia non fu premuta contro la propria umidità. Oddio, era così grande. Mosse i fianchi avanti e indietro con movimenti lenti mentre lo sentiva entrare in lei.
Titus la vide piegare la testa all’indietro mentre cercava di prenderlo lentamente. Scuotendo la testa, la afferrò per le spalle e la spinse bruscamente verso l’alto, poi la penetrò con forza togliendole il fiato.
Non si aspettava di sentirla così contratta e la sensazione di essere spremuto gli fece quasi cedere le ginocchia.
Prima che lei potesse riprendersi, si ritrasse e poi la spinse di nuovo giù, spingendosi a sua volta verso l’alto e tenendola con una presa salda.
Jade si premette contro il suo petto e gemette quando, all’improvviso, si sentì girare e si ritrovò con la schiena sul materasso. L’altezza del letto era perfetta perché Titus restasse in piedi con le gambe di lei strette ancora strette attorno alla sua vita. Jade si aggrappò alle lenzuola quando lui le afferrò il sedere, spingendosi dentro e fuori dalla sua calda apertura.
Con il respiro affannoso, alzò lo sguardo verso di lui e vide che era intento a guardarsi mentre la penetrava. I muscoli delle sue braccia si contraevano ad ogni movimento e lei abbassò lo sguardo sugli addominali. L’immagine di lui in piedi, possente e fiero mentre si spingeva dentro di lei, era la cosa più sexy che avesse mai visto. La sensazione di essere soddisfatta centimetro dopo centimetro, con spinte forti e lente, la fece godere.
Titus distolse lo sguardo infuocato dal proprio membro quando la sentì gemere. Era così sensuale, durante quell’orgasmo, che lui dovette sforzarsi per ricordarsi che Jade non lo considerava nient’altro che uno strumento per disfarsi del proprio calore. O lo avrebbe fatto lui, o lo avrebbe fatto un umano qualsiasi. Il pensiero di altri uomini che la toccavano e le provocavano un orgasmo lo aiutava a mantenere il controllo mentre spingeva e si ritraeva, flettendo tutto il corpo ad ogni movimento.
Jade faceva fatica a respirare poiché le pulsazioni degli orgasmi continuavano al punto da farle implorare quasi pietà. Piegando la testa all’indietro, s’inarcò e aprì gli occhi. Quel po’ di respiro che le era rimasto si bloccò quando vide gli occhi furiosi di un alfa che la fissavano. Presa dal panico, liberò le proprie gambe e cercò di scostarsi da lui.
“Basta.” gli disse senza fiato, e si sentì sollevata quando lui la lasciò andare. Sentendo ancora gli spasmi tra le gambe, cercò di allontanarsi.
Titus la vide reggersi sulle mani nel tentativo di strisciare via da lui. Sentì l’odore improvviso della sua paura e s’infuriò, lo stava paragonando di nuovo agli uomini che temeva soltanto perché era un alfa. Scosse la testa e la braccò all’istante.
Jade trattenne il respiro quando sentì quel corpo accarezzarle la schiena e quelle braccia abbassarsi sulle sue. Sentì la sua dura estremità penetrarla di nuovo e gemette, raddrizzandosi e poggiandogli la testa sulla spalla in segno di resa.
Titus la bloccò con le braccia e la tirò indietro contro il proprio petto mentre si spingeva di nuovo dentro di lei. Avvicinandole le labbra all’orecchio, sussurrò con voce roca “Non è mai abbastanza.”. Le strofinò il naso sul collo e sentì la sua umidità risucchiarlo ancora di più.
Jade sentì il proprio battito accelerare mentre la sua voce le riecheggiava nella mente, ma era ancora abbastanza lucida per prestare attenzione a quei denti che erano così vicini alla propria pelle. Quasi tutte le femmine venivano marchiate durante il sesso e lei non poté impedire alla paura di tornare ad assalirla, mentre veniva sopraffatta da un altro orgasmo.
Alzando lo sguardo, Titus notò il loro riflesso nell’enorme specchio sul comò. L’immagine di lei con gli occhi chiusi e la bocca leggermente aperta mentre accoglieva le sue spinte era erotica. Afferrandola per i fianchi, la sollevava e la riportava giù ad un ritmo che la fece ansimare mentre iniziavano a tremarle le gambe. Con una mano le afferrò un seno, poi fece scivolare l’altra verso il basso e la affondò tra le sue gambe.
“Apri gli occhi.” le ordinò con voce dura e, con la guancia, le girò il viso verso lo specchio.
Jade aprì gli occhi e vide il loro riflesso mentre lui le faceva aprire le gambe. Il contrasto tra la propria carnagione scura e quella chiara di quel dio greco era erotico da morire. Quando lui le sfiorò il piccolo fascio di nervi appena sopra il punto in cui la stava penetrando, Jade gemette e si morse il labbro inferiore mentre veniva di nuovo. Quando quelle dita non smisero di torturarla si sentì quasi esplodere.
“Titus, ti prego.” gridò Jade, premendosi contro di lui mentre rabbrividiva e si contorceva tra le sue braccia.
Gli occhi di Titus brillavano mentre la guardava allo specchio. Le stava dando qualcosa che finora non aveva mai avuto, e non era ancora finita. Se Jade era convinta che avevano fatto sesso solo perché lui aveva provato pietà a causa del suo calore, allora non l’avrebbe lasciata scendere tanto facilmente da quel letto.
Continuò a stuzzicarla tra le gambe, poi la liberò e lei ricadde in avanti, reggendosi sulle mani. Jade trattenne il respiro ed emise un sibilo quando lui, mettendole una mano su un fianco e l’altra sulla schiena, si ritrasse quasi del tutto per poi riaffondare lentamente e inesorabilmente dentro di lei.
Quel ritmo sensuale la eccitava e le dava la possibilità di riprendere fiato allo stesso tempo. Si aggrappò alle lenzuola quando si rese conto che, in quella posizione, lui poteva penetrarla ancora più in profondità. Mai nessuno aveva raggiunto la sua essenza in quel modo, prima d’ora, e quella sensazione nuova la faceva contrarre e godere ad ogni spinta. Prima di riuscire a trattenersi, lei si spinse all’indietro cosicché lui entrasse ancora più in profondità.
“Titus…” esclamò Jade quando lui la tenne ferma per un secondo prima di muoversi di nuovo.
Titus ringhiò in gola quando perse quasi il controllo. Allungando una mano, le scostò i capelli di lato e la afferrò per una spalla. Con un respiro profondo e tremante, la tirò verso di sé con impeto, spingendosi in lei e dandole quello che voleva.
“Oddio Titus.” gemette Jade mentre lui accelerava il ritmo, dandole molto più di quanto si era aspettata. Dopo diversi minuti, si sentiva quasi morire e scattò in avanti, cercando ancora una volta di strisciare via da lui.
Titus, respirando affannosamente, la afferrò e la fece rotolare sulla schiena. Lei era debole e così rossa in viso da eccitarlo ancora di più, oltre il limite del possibile. Allargandole le gambe, la guardò negli occhi mentre si faceva strada dentro di lei, reggendosi su un braccio. Con l’altra mano le sollevò una gamba, spingendosi ad un ritmo lento e implacabile.
Quel ritmo lento gli si ritorse contro… si sentiva intrappolare, stringere e risucchiare da lei, centimetro dopo centimetro. Sentendo i loro odori mescolarsi e vedendo il desiderio negli occhi di Jade, gli venne voglia di reclamarla. Strinse i denti quando la sentì pulsare attorno al proprio membro.
Afferrandola di nuovo per le spalle, la bloccò sul materasso e iniziò a spingere velocemente e a dimenarsi. La schiena di lei si strofinava sulle lenzuola e lui continuava a ripetere quel movimento, ricorrendo alla forza di volontà per superare i propri limiti.
Jade non poté far altro che resistere e abbandonarsi alle sensazioni. Quando lui poggiò la fronte sulla sua, gli avvolse le braccia attorno al collo e si sentì sollevare tra le sue braccia.
Titus la tenne stretta e alzò la testa verso il soffitto per non marchiarla mentre il proprio seme esplodeva in profondità dentro di lei, pulsando al ritmo implacabile del proprio battito cardiaco. Rimasero in quella posizione per alcuni minuti, respirando affannosamente e tremando, prima che Titus la lasciasse ricadere sul materasso all’improvviso.
Jade si accigliò quando lui le si stese accanto senza dire una parola né cercare di toccarla o trattenerla. Girò lentamente la testa e lo vide in posizione supina, respirava affannosamente come lei ma aveva gli occhi chiusi e un’aria rilassata.
Si accigliò ancora di più quando, dopo un po’, il respiro di Titus si calmò mentre si addormentava con facilità. Sentì l’aria fredda della stanza buia sulla propria pelle riscaldata e si coprì con il lenzuolo, provando uno strano senso di solitudine. Nella mezz’ora successiva, Jade si sforzò per rilassarsi e addormentarsi come aveva fatto lui.
Capitolo 3
Dean guardò giù in strada mentre Kane lasciava l’edificio con Skye e Aurora al seguito. Se lei non fosse già accoppiata con Michael, avrebbe giurato che quei due Caduti erano fatti l’uno per l’altra. Il loro amore così incondizionato gli riportò alla mente cose che aveva dimenticato da tempo, lasciandogli un leggero senso di malinconia.
Era mai stato come loro, in vita sua, o sin dalla nascita era freddo e insensibile come si sentiva adesso? Dean sospirò, non voleva guardare nella sua stessa anima per paura della risposta. Tanto tempo fa aveva deciso di diventare com’era adesso per proteggere le persone con il cuore più tenero, e non si sarebbe pentito di quel sacrificio.
Rimase immobile quando Skye si girò e lo guardò come se si sentisse osservato. Era bello che l’istinto di quel ragazzo fosse così acuto… in futuro ne avrebbe avuto bisogno per proteggere se stesso e le persone che amava. Aveva sperato di avere tempo per far avvicinare Kriss a Skye ma non gliene rimaneva molto.
Provò un senso di colpa e di gelosia al pensiero di Skye che guardava Kriss nello stesso modo in cui guardava Aurora. Chiuse gli occhi, cercando di scacciare via l’immagine dei due che facevano l’amore molto tempo dopo la sua scomparsa.
Sentendo un rumore di passi, Dean aprì gli occhi e, nel riflesso della finestra, vide Kriss che usciva dalla cucina, dunque nascose all’istante il proprio turbamento interiore. Kriss non aveva detto una parola quando i due giovani Caduti li avevano avvisati che sarebbero andati da Michael insieme a Kane, ma lui vedeva la preoccupazione nei suoi occhi. Era sempre stato capace di leggere le emozioni di Kriss ed era contento che lui non avesse la stessa capacità.
“È un bene che Kane li stia accompagnando.” disse Kriss avvicinandosi a Dean. “Pensi che riuscirà a gestire Michael se inizia a perdere il controllo?”.
Dean alzò un sopracciglio, non era molto sicuro di cosa rispondere a quella domanda. “Ricordi quando ci siamo scontrati con Kane, prima che Syn intervenisse e ci buttasse giù da quel tetto come pupazzi?”.
Kriss serrò le labbra a quel ricordo. “Sì.” rispose, abbracciandolo e poggiandogli il mento su una spalla. “So bene che, probabilmente, Syn ci ha salvato la pelle, quella notte.”.
Dean indurì la voce in modo che Kriss lo ascoltasse bene. “Quindi converrai con me che dobbiamo stare lontani da Michael, per ora. Mi fido di Kane, sa quello che fa e, se gli serve aiuto, può sempre chiamare suo padre.”. Dean si abbandonò all’abbraccio di Kriss, godendo di quel momento di pace.
“Ehi, Kriss.” esclamò Tabatha dalla cucina mentre svuotava la lavastoviglie. “Questa cucina è come un labirinto. Dove li sistemo i mestoli?”.
Kriss premette le labbra sulla parte più sensibile del collo di Dean, appena sotto l’orecchio, e lo abbracciò più forte come ringraziamento per avergli fatto vedere Tabatha per un po’. Alzò lo sguardo verso il loro riflesso e vide Dean rabbrividire per quel tocco, poi fece un passo indietro.
“Arrivo!” esclamò, sforzandosi per andare in cucina.
Dean lo osservò con un leggero sorriso, che svanì non appena Kriss fu fuori dalla visuale. Stringendo i denti, abbassò lo sguardo sul braccio dolorante. Era sempre più difficile combattere il dolore ma, in realtà, era sorpreso di aver resistito così a lungo senza farsi scoprire.
Arrotolandosi la manica, Dean si accigliò vedendo la macchia nera che si era formata e sibilò quando la ferita si aprì di un paio di centimetri, come per fargli vedere cosa c’era all’interno, per poi richiudersi.
Se fosse stata una ferita normale sarebbe somigliata ad un brutto taglio rossastro che, molto probabilmente, a quell’ora sarebbe già stato in via di guarigione. Ma quella non era una ferita normale, era un lungo squarcio nero nel punto in cui la Spada Demoniaca lo aveva trafitto, trapassandogli il braccio da parte a parte.
Mentre la osservava, notò che l’oscurità al suo interno stava iniziando a muoversi e a diventare più forte. Sapeva che stava per perdere quella battaglia. L’anima nera che prosperava nel suo corpo voleva vivere… ma anche lui lo voleva.
Si ricordò di quando Kriss lo aveva rimproverato, urlando, per essersi quasi fatto uccidere da quella spada. Kriss era convinto che chi viene ferito da quella spada prova un dolore atroce all’istante, ma solo se è umano o ha il sangue contaminato con quello umano.
Dean gli aveva mentito… gli aveva assicurato di essere immune alla Spada Demoniaca e, visto che si reggeva ancora in piedi, Kriss gli aveva creduto, perché voleva che fosse vero. Sentì la propria anima calmarsi, sapendo che Kriss non poteva più nascondere il proprio amore per lui. La sua rabbia e la sua preoccupazione ne erano state una prova inequivocabile. Tutto sarebbe giunto ad una conclusione pacifica, adesso. A lungo andare, Kriss sarebbe diventato più forte.
Durante la guerra non era mai stato esposto ai veri pericoli di una Spada Demoniaca e Dean ne era contento, visto che era tornato da lui a guerra praticamente finita. Per questo Kriss non sapeva cosa succedeva ai Caduti quando venivano feriti da quella lama… sapeva soltanto quello che accadeva alle vittime umane.
Molti Caduti erano morti in quel modo durante le guerre demoniache e Samuel aveva scagliato quell’arma verso Aurora con l’intenzione di infliggerle una morte lenta e dolorosa… un ultimo regalo alla femmina di Caduto che lo aveva tradito. Skye, nella sua innocenza, non comprendeva le conseguenze delle proprie azioni quando aveva cercato di proteggere Aurora facendola voltare e offrendo la propria schiena a quel sacrificio.
Il ragazzo avrebbe pagato il prezzo più alto, senza tornare indietro. Dean non era pentito per averlo salvato… non se ne sarebbe mai pentito.
Chiuse gli occhi e si riabbassò la manica per nascondere le prove del demone che cresceva dentro di lui. Era stato uno dei pochi della loro specie a sopravvivere alla ferita di una Spada Demoniaca… ma ciò era accaduto solo grazie alla sua forza, sia fisica che mentale. Era stato il capitano della guardia reale, dunque era stato addestrato ad avere la forza per resistere a qualsiasi cosa… anche al dolore e alle conseguenze del condividere il proprio corpo con l’anima di un demone.
Quello che preoccupava maggiormente Dean era che i demoni “creati” da una spada simile non erano nuovi nati… l’arma, in realtà, creava minuscole fratture dimensionali nel corpo di colui che veniva ferito. In breve, essa permetteva alle anime di antichi demoni di ritornare e rinascere nel regno umano attraverso il corpo della persona ferita.
La sopravvivenza dipendeva da quale anima era più forte… quella della vittima o quella del demone risorto. L’anima di Dean aveva vinto, l’ultima volta, e il demone era morto dentro di lui contaminando il suo sangue con la propria acidità, ma lui ne era uscito ancora più forte.
Samuel era uno degli Originali, era stato uno tra i primi demoni a respirare l’aria della Terra. Erano potenti perché erano stati generati dai Caduti più potenti… soprattutto quelli di stirpe reale, poiché erano loro gli scienziati che avevano creato la crepa tra le dimensioni. Di fatto, c’era una buona possibilità che l’anima che stava crescendo dentro di lui fosse anch’essa un’Originale.
Un’altra fitta gli pervase il braccio e Dean fece una smorfia quando sentì la pelle attorno alla ferita muoversi in modo nauseante. Non ci sarebbe voluto molto, e lui sapeva che doveva andarsene per risparmiare a Kriss l’orrore di ciò che stava per accadere. Per come stavano le cose, le sue possibilità di sopravvivenza diminuivano di ora in ora.
Con un profondo sospiro, Dean andò verso la cucina e si appoggiò allo stipite, osservando Kriss e Tabatha che fingevano di battersi a duello con due lunghi mestoli di legno. Non lo diede a vedere ma, in quel momento, era felice. Kriss era più forte di quanto non fosse mai stato finora, e quella era l’unica cosa che contava.
Kriss alzò lo sguardo, vedendo Dean che li osservava dalla soglia della porta. Gli fece l’occhiolino e gli rivolse un sorriso smagliante, poi piagnucolò scherzosamente “Per favore, vuoi dire a Tabatha di smetterla?”.
“Neanche per sogno!” disse Dean, avvicinandosi. “Ho una questione da risolvere, perciò divertitevi.”.
Guardando Kriss negli occhi, si chinò lentamente e s’impossessò delle sue labbra in un bacio ardente ma gentile, che durò parecchi secondi. Scostandosi, notò l’espressione incredula di Kriss e la impresse nella propria mente, poi fece un cenno a Tabatha e lasciò l’appartamento.
I due rimasero a fissare il punto in cui si trovava Dean. Quel gesto aveva sorpreso Kriss al punto da lasciarlo senza parole, mentre Tabatha aveva un’aria pensierosa. “E quello che diavolo era?” gli chiese piano, non avendo mai visto una tale dimostrazione di affetto da parte di Dean. Non pensava che ne sarebbe mai stato capace.
Kriss, ancora scioccato, scosse la testa “Non ne ho idea.”. Si strofinò le mani sulle braccia quando sentì dei brividi improvvisi che gli sembrarono un brutto segno, e il petto gli si strinse dolorosamente. Fece per seguire Dean ma la voce di Tabatha lo fece fermare.
“È stata la cosa più dolce che l’ho mai visto fare.” Tabatha ridacchiò, poi sospirò. “Sembra quasi che lo hai reso parecchio felice.”. Gli diede una gomitata scherzosa. Si augurò che lei avesse ragione. Sentendosi osservato, sorrise e scrollò le spalle “Oppure non voleva restare a guardare quel mieloso film sui vampiri che ho già inserito nel lettore DVD.”.
*****
“È enorme.” disse Aurora quando Kane si fermò davanti a una casa, molto grande e bellissima, proprio di fronte ad una chiesa dall’aspetto gotico. “Michael ci vive da solo? È così grande… troppo grande per una sola persona. Non soffre di solitudine?”.
Lanciò un’occhiata a Skye, chiedendosi se lui stesse ripensando alle piccole capanne e alle tende in cui vivevano prima che il loro mondo venisse distrutto. Non c’era alcuna concezione di “casa” nel mondo dei demoni e, da quello che Skye le aveva raccontato, lui aveva vissuto soltanto nella fredda oscurità di una grotta. La casa di Michael poteva anche incutere soggezione per le sue dimensioni, ma lei sentiva già il calore che essa emanava.
Kane non poté fare a meno di sorridere per lo stupore che leggeva negli occhi di Aurora. Piegò la testa di lato e ammirò quella casa vittoriana come se fosse la prima volta, concluse che lei aveva ragione… era a dir poco stupenda.
“Sì, Michael vive da solo, ma fino a un paio di settimane fa ci abitavo anch’io. Insieme a nostro fratello Damon e a una femmina di puma di nome Alicia. Fidati, questa casa era tutt’altro che solitaria e silenziosa.” rispose Kane, ma poi si ricordò che Michael aveva vissuto da solo per quarant’anni, quindi forse la ragazza ci aveva visto giusto.
Sentendo nominare Damon, Aurora fece una leggera smorfia. Non si fidava ancora di lui, dopo averlo sentito parlare a proposito di uccidere Michael. Che fosse in grado di tornare in vita o no… nessuno doveva parlare di uccidere Michael in sua presenza. Finì per desiderare di aver gettato Damon giù dalle scale, non Kane.
Kane sogghignò, sentendo chiaramente i pensieri di Aurora come se li avesse rivelati ad alta voce. Se avesse conosciuto Damon, probabilmente avrebbe ritrattato su quell’idea. A Damon non importava di quale specie fosse il suo avversario, avrebbe scatenato l’inferno se avesse temuto che Alicia era in pericolo. Eh no… Damon non sarebbe stato gentile con lei come lo era stato lui.
“Chi è Alicia e perché ve ne siete andati tutti?” chiese Skye, cercando di nascondere la propria curiosità.
Kane sogghignò, sapendo che stava per rallegrare la giornata di Aurora con la storiella che stava per inventarsi… la parte su Damon, almeno.
“Alicia è diventata da poco la compagna di Damon ed è una delle poche persone che conosco in grado di tenerlo a bada. In realtà lui è troppo concentrato a sorvegliarla per fare altro. È una storia divertente, davvero. Si sono incontrati solo un paio di settimane fa e la prima cosa che Alicia ha fatto è stata pugnalarlo al cuore con un paletto di legno, per poi lasciarlo lì credendolo morto.”. Kane scrollò le spalle, poi cercò di non ridere quando Aurora lo guardò con gli occhi spalancati.
“E adesso stanno insieme…” ripeté lei dubbiosa, poi si morse il labbro… quando aveva incontrato Michael per la prima volta aveva fatto l’amore con lui e poi lo aveva spinto via per fuggire. Però non aveva cercato di ucciderlo, almeno.
“Eh già, amore a prima vista.” disse Kane con un sorriso malizioso. “Si sono trasferiti nell’edificio che tu chiami ‘santuario’.”. Tralasciò la storia del suo incontro con Tabatha, non era migliore della storia di Damon e Alicia. “Siccome Tabatha ed io ci eravamo appena messi insieme, e Damon era un po’ una mina vagante, abbiamo pensato che fosse meglio vivere con loro per aiutare Alicia a tenerlo d’occhio.”.
L’espressione di Aurora s’intenerì “Ti prendi cura dei tuoi fratelli, eh?”.
Kane si sentì un po’ in imbarazzo, i ruoli si stavano invertendo spesso, ultimamente. “Damon e Michael non hanno un bel trascorso, a causa della rivalità tra fratelli e roba del genere, e io sto combattendo ancora contro l’oscurità. Ma sono anche il fratello maggiore, perciò sì… io cerco di badare a loro quando non sono occupati a badare a me.”.
Pensò di dirle anche che Syn badava a tutti loro, ma si trattenne. Se Aurora provava rancore nei confronti di Damon per come aveva cercato di calmare Michael, allora probabilmente non avrebbe nutrito simpatia per il paparino che lo aveva ucciso per aver quasi distrutto la metropolitana.
Mentre si dirigevano verso la casa, Kane socchiuse gli occhi, chiedendosi quanti problemi avrebbe causato Michael con la sua dipendenza dal sangue demoniaco. Fece un respiro profondo e raddrizzò le spalle, decidendo che quello era il momento giusto per scoprirlo.
Allungando una mano, bussò sulla massiccia porta di legno e si mise le mani in tasca, iniziando a camminare avanti e indietro. Adesso c’era da divertirsi.
Aurora fece un passo avanti, poi sentì la mano di Skye su una spalla e lo guardò. Vedendo quello sguardo, si ricordò del suo avvertimento di non saltare addosso a Michael appena lo avrebbe visto. Gli fece una smorfia e fece un passo indietro, lui scostò la mano e sorrise.
Michael era in biblioteca e stava esaminando la sua collezione di libri. Aveva iniziato con l’intenzione di scegliere qualcuno dei suoi libri preferiti per Aurora; sentendo bussare alla porta, si destò dal senso di confusione che stava provando e rimase sorpreso quando si rese conto di essere finito davanti agli scaffali con i libri sui demoni. Rimise a posto il libro di pelle nera e abbassò lo sguardo.
“Aspettavi qualcuno?” chiese a Scrappy, che gli si era fermato accanto, poi sorrise quando il cagnolino abbaiò e si mise a correre verso l’ingresso.
Michael lo seguì e non poté fare a meno di ridacchiare quando lo vide saltare su e giù davanti alla porta. La sua espressione si addolcì quando sentì il calore che soltanto la vicinanza di Aurora poteva dargli, e il sangue gli si scaldò mentre pensava a un modo per distrarsi da quell’ossessione demoniaca temporanea.
Aprì la porta, pronto per l’impellente attrazione che di solito li assaliva prima ancora che si salutassero, ma rimase sorpreso nel vedere Kane insieme ad Aurora e Skye. Kane sorrise e allargò le braccia, facendo indietreggiare Michael.
“Tesoro, sono a casa!” gridò, poi saltò verso la porta e gli si avvinghiò.
“Kane…” Michael si lamentò e cercò di divincolarsi dalla stretta di suo fratello. Quello non era esattamente il contatto fisico che aveva in mente, per non parlare della persona sbagliata che gli teneva le gambe avvolte attorno alla vita.
“Mi sei mancato un sacco.” disse Kane fingendo di singhiozzare. “Non mi chiami e non mi scrivi mai.”.
Vedendo Skye e Aurora che sorridevano divertiti, Michael divenne serio. “Sono passate solo ventiquattr’ore.”.
Kane gli posò la testa su una spalla “Già, è troppo tempo, vero?”.
Michael sospirò e fece cenno ai Caduti “Benvenuti a casa mia. Vi prego, mettetevi comodi mentre io mi occupo di questa piaga.”. Spinse Kane cercando di liberarsi, ma fu inutile.
Aurora si accigliò, non capendo la battuta “Piaga?”.
Skye scosse la testa e la fece entrare in casa “Non ti preoccupare. Alcuni fratelli sono così. Si prendono in giro a vicenda in modo affettuosamente fastidioso.”.
“Oh.” l’espressione di Aurora s’illuminò e lei sbatté le palpebre. “Come quando io ti supplicavo di portarmi a cavalluccio mentre flirtavi con una donna?”.
“Esatto.” rispose Skye sorridendo “Roba da fratelli, come ti dicevo.”.
Aurora abbassò lo sguardo quando sentì abbaiare e i suoi occhi iniziarono a brillare quando vide un cucciolo che le girava intorno. “Oh, che tenero. Michael, è questo il tuo cucciolo?”.
Kane alzò di scatto la testa dalla spalla di Michael “Scrappy, allora è qui che ti nascondi!”.
Il cagnolino quasi ringhiò come per dire “E dove altro dovrei essere?” e riprese a saltare di nuovo attorno alle gambe di Aurora. Arrendendosi, lei si chinò per prendere in braccio quel cucciolo adorabile. Scrappy iniziò a dimenarsi nel tentativo di leccarle la faccia, guardando Skye di tanto in tanto.
Il Caduto allungò una mano e gli accarezzò la schiena, ammirando la morbidezza della sua pelliccia. “Penso che gli piaci.” le fece l’occhiolino.
“È adorabile.” disse Aurora. “Hai detto che si chiama Scrappy?”.
Kane mise il broncio a Michael quando, alla fine, riuscì a divincolarsi da lui. Poi fece un cenno ad Aurora “Sì, Scrappy è stato con me per un po’ ma ultimamente, per qualche ragione, ha sentito il bisogno di stare con Michael. Forse perché questa casa è così grande che Michael si perderebbe senza di lui.”. Fece quella battuta ricordando i pensieri di Aurora a proposito della solitudine di Michael.
“Non è vero.” ribatté Michael con aria offesa. A volte era irritante avere Kane tra i piedi quando era in vena di fare lo stupido. “Devi sapere che in questo posto ci sono più nascondigli di quanti tu ne abbia mai trovati. E mi ricordo benissimo dove sono, a differenza di te che non ricordi neanche i nomi delle donne con cui sei stato.”.
“E allora che mi dici di quando, per andare in bagno, ti sei perso e hai aperto l’armadio?” gli chiese Kane con un sorrisetto.
“Ero ubriaco.” rispose Michael, lanciandogli un’occhiataccia.
Kane guardò Scrappy con aria accusatoria “Non puoi continuare a tradirmi con un brontolone così lunatico.”. Allungò la mano per prenderlo dalle braccia di Aurora ma si fermò, giurando quasi di aver visto il suo fedele cucciolo guardarlo storto.
Scrappy guardò Kane e ringhiò, mostrando il proprio disaccordo con il suggerimento di stare lontano da Michael e l’intenzione del suo padrone di allontanarlo dal seno arrotondato di quella bella ragazza.
Skye smise di accarezzare Scrappy e ritrasse la mano quando vide i suoi occhi diventare color rosso sangue. Poi fece un passo indietro con un’espressione spaventata e confusa “È un demone?” chiese.
Kane sorrise affettuosamente “No, l’ho trovato in un periodo molto buio della mia vita e… l’ho trasformato per sbaglio. Per quanto ne so, non invecchierà mai e non morirà mai… e sembra piuttosto contento della cosa.”.
“Quindi è imparentato con gli Dei del Sole?” chiese Aurora incuriosita, avendo visto i demoni possedere gli animali più o meno allo stesso modo.
Kane e Michael si guardarono a vicenda con aria pensierosa.
“La cosa avrebbe un senso.” disse Kane scrollando le spalle. “È sempre stato soltanto Scrappy e basta… non l’avevo mai guardato da questa prospettiva.”.
“Qualcuno vuole qualcosa da bere?” chiese Michael, con lo sguardo puntato su Aurora.
Kane alzò la mano “Io vorrei la migliore bevanda alcolica che c’è in casa.”. Michael gli diede una gomitata nelle costole e lui ansimò, poi, reggendosi la parte dolorante, aggiunse “Non fa niente… posso aspettare.”.
Aurora scosse la testa per la loro comicità. “Al momento no… vorrei vedere la tua biblioteca.”.
Michael sorrise per il luccichio nei suoi occhi e le fece un leggero inchino, porgendole la mano “Da questa parte, madame.”.
Quando Aurora prese la mano di Michael, Kane gli si avvicinò dall’altro lato.
“Ci diamo da fare, eh?” gli chiese con un sussurro ironico.
“Sei solo geloso perché tu non hai mai pensato di usare la gentilezza per corteggiare Tabatha.” rispose Michael con un sorriso perfido.
“Era una cosa diversa.” sibilò Kane seguendoli, con Skye che intanto rideva di lui.
“In che modo era diverso?” chiese Michael con finta curiosità.
“Tabatha è il mio capo.” dichiarò Kane con autorità. “Non ho avuto altra scelta che innamorarmi del suo fascino e perseguitarla fino ai confini della Terra.”. Si fermò un attimo e si massaggiò il mento con aria pensierosa “E poi… lei è la mia anima gemella, perciò immagino che essere un eterno servo per la donna più bella e sexy del mondo ne valga la pena.”.
“Touché.” borbottò Michael, concludendo che, a volte, le assurdità di Kane avevano perfettamente senso.
Aurora spalancò gli occhi quando Michael la fece entrare nell’enorme biblioteca. Era una stanza circolare, con grandi finestre tutt’intorno e alti scaffali pieni di libri di qualsiasi forma e dimensione. C’erano anche delle comode poltrone e dei divanetti imbottiti, accompagnati da tavolini finemente intagliati.
“Wow!” sussurrò Skye, dirigendosi verso uno scaffale. Passò le dita sulle copertine mentre leggeva i titoli. Tutti i libri di quella sezione sembravano riguardare le leggi della fisica, andando da Platone ad Albert Einstein e persino alle opere più recenti di Nassim Haramein.
“Qualcosa non va?” chiese Michael quando vide l’espressione sopraffatta sul viso di Aurora.
Lei si guardò intorno, cercando di non farsi intimorire. “Da… da dove comincio?” esclamò, poi sorrise ricordando che Skye aveva detto che, leggendo, il suo comportamento sarebbe diventato meno infantile. Lei aveva replicato dicendogli di non essere una bambina ma, dentro di sé, sapeva che Skye aveva ragione. Alzò il mento, non voleva che Michael la credesse infantile.
“In realtà ho scelto alcune fiabe per farti iniziare, sono le prime cose che gli umani leggono nella loro vita.” disse Michael, poi le si avvicinò come per rivelarle un segreto “È la magia delle fiabe che ci fa innamorare dei libri. Non so quale sarà il metodo d’insegnamento di Skye ma, se lui è riuscito ad imparare così in fretta, immagino che funzionerà anche con te.”.
“Skye, possiamo iniziare con questi.” Aurora sperava che Michael avesse ragione.
Il Caduto si allontanò dallo scaffale e si avvicinò alla pila di libri che Aurora stava indicando. “Sono un buon inizio.” le disse, vedendo alcuni libri che gli piacevano e altri che non aveva ancora letto.
“Fantastico!” disse Kane, strofinandosi le mani. “Io vado a giocare con Michael mentre Aurora inizia le sue lezioni di lettura.”. Afferrò suo fratello per un braccio e lo trascinò fuori dalla stanza, lasciando la porta aperta nel caso in cui Aurora o Skye avessero bisogno di loro.
Sogghignò per la lentezza di Michael e per il modo in cui si guardava indietro con nostalgia. “Avanti, rubacuori, la distrarresti soltanto. Tu vuoi che prenda bei voti, no?”.
Michael girò la testa e finse d guardarlo storto “Io so come comportarmi.”.
“Disse colui che faceva sesso nei tunnel della metropolitana.” ribatté Kane sghignazzando, aveva percepito i desideri di Michael prima ancora che aprisse la porta.
Skye scosse la testa quando Aurora iniziò a sfogliare le pagine di un libro, con gli occhi che le brillavano di curiosità. Si sedette a terra accanto alla pila di libri che Michael aveva preparato e fece un cenno davanti a sé “Vieni qui, occhi di gatto… e porta il libro.”.
Aurora ridacchiò per quelle parole e si sedette di fronte a lui, con le ginocchia che toccavano le sue. Gli porse il libro, ansiosa di iniziare e di vedere in che modo lui le avrebbe insegnato. Ma Skye, invece di prendere il libro, le abbassò le mani per poggiarlo a terra.
“La prima cosa che voglio che tu faccia è sfiorare il libro con le dita.” le disse, sorridendo quando lei obbedì all’istante. “Ora, ricordi cosa facevamo quando io andavo a caccia o in perlustrazione con i ragazzi della tribù, e tu rimanevi al villaggio con le altre ragazze?”.
“Sì.” rispose Aurora con aria complice. Si sporse verso di lui e abbassò la voce come se quello fosse ancora il loro piccolo segreto. “Quando tornavi mi mostravi i tuoi ricordi. Erano così vividi che, ogni volta, mi sembrava di essere venuta con voi… potevo sentire perfino la pioggia sul viso e il profumo dei fiori.”.
Skye annuì “Esatto, ed è proprio così che ti insegnerò a leggere. Ti mostrerò i miei ricordi di come ho imparato a farlo. Libera la tua mente ed entra nella mia.”.
Sorrise quando vide che Aurora aveva già chiuso gli occhi. Skye posò le mani su quelle di lei e lasciò che la propria mente tornasse al passato… in particolare a quando aveva trovato lo scantinato sotto la biblioteca. Sentì Aurora sussultare quando percepì la sua solitudine, ma non poteva nasconderle quel dettaglio.
Era disteso sul vecchio divano polveroso nel seminterrato e, per la noia, aveva iniziato a sfogliare le pagine di uno dei tanti libri illustrati. Il suo sguardo era scattato quando aveva sentito la porta sbattere e poi un rumore di passi. Skye si era subito nascosto nel buio su uno degli scaffali mentre un uomo anziano scendeva con una pila di libri.
Aveva sentito il vecchio borbottare, si lamentava che meravigliose opere classiche venissero nascoste lì come un qualcosa di osceno; poi lo aveva visto appoggiare i libri su una delle tante scatole, tossendo quando una nuvoletta di polvere si sollevò per l’impatto. L’uomo si fermò un momento, poi prese il primo libro della pila e iniziò a leggere ad alta voce.
Skye era rimasto incantato da quelle parole, tanto da lasciare che la propria aura si estendesse e toccasse la mente dell’uomo mentre leggeva. Ascoltando le parole e imparando a destreggiarsi tra le lettere tramite l’intelletto dell’anziano, Skye si era reso conto di avere a disposizione un nuovo, soddisfacente mondo di informazioni.
Quando l’uomo se n’era andato, Skye si era avvicinato alla pila di libri e aveva iniziato ad osservarli meglio. Non erano più le illustrazioni ciò che gli interessava. Ne i giorni successivi aveva imparato a comprendere il contenuto dei libri parola per parola, lasciando semplicemente che la propria aura raggiungesse i libri così come aveva fatto con la mente di quell’uomo.
Le parole volavano nella sua mente come un vento di conoscenza. Più lo faceva, più diventava veloce, finché non fu in grado di leggere un’intera enciclopedia in pochi minuti; finiva sempre con un’opera narrativa per stimolare la propria immaginazione.
“Wow!” esclamò Aurora mentre assorbiva la conoscenza di Skye attraverso il loro legame.
Lui si lasciò il passato alle spalle e aprì gli occhi “Adesso prova tu.”.
Sorrise di nuovo quando Aurora piegò la testa di lato e guardò il libro che teneva in mano. Skye entrò nella sua mente e condivise l’esperienza mentre le prime parole che lei leggeva iniziavano a vagare verso la propria mente.
Capitolo 4
Avendo bisogno di qualcosa da fare, i ragazzi si erano diretti verso la cucina e Michael aveva riempito due calici di vino rosso.
Fece un respiro profondo, sentendo ancora una leggera scarica di energia provocata dalla caccia ai demoni in cui era stato impegnato. Sogghignò soddisfatto, sapendo che avrebbe potuto dare una spinta a quell’energia non appena avesse avuto la possibilità di tornare a caccia. Alzò lo sguardo e vide Kane che lo osservava, per poi distogliere subito lo sguardo e prendere il bicchiere.
“Allora…” Michael iniziava ad essere sospettoso “… com’è che ti sei presentato proprio quando Aurora e Skye hanno deciso di venire?”.
Kane scrollò le spalle “Kriss e Dean hanno invitato me e Tabatha a cena, poi sono arrivati loro e la cena si trasformata in un party. Hanno accennato che sarebbero venuti da te e, visto che non ero riuscito a parlarti, ho pensato di venire per vedere come stavi.”.
Michael si accigliò “Non per rubarmi le sigarette, quindi?”.
“Non questa volta.” rispose Kane sorridendo, ma il suo umorismo svanì bruscamente. Visto che suo fratello stava già diventando paranoico, avrebbe potuto fargli anche lui un po’ di domande. Senza girarci intorno, optò per la verità. “Dean mi ha detto che ti ha visto, oggi.”.
“Sì, ci siamo visti.” rispose Michael con tono evasivo, non gli piaceva la piega che stava prendendo la conversazione.
“Ha anche detto che stavi prosciugando da un demone.” aggiunse Kane senza mezzi termini, poggiando il bicchiere. “Quando hai iniziato a farlo?”.
Michael non esitò a mentire “Quando quell’essere ha deciso di mordermi per primo.”.
Kane aprì la bocca per dire qualcosa ma… cos’avrebbe potuto dire? Prendendo di nuovo il bicchiere, fece un altro sorso mentre ci pensava.
Vedendo Kane improvvisamente accigliato, Michael calcò un po’ la mano aggiungendo una parte della verità. “L’ho sorpreso a guardare Aurora quando sono andato a trovarla, così ho seguito il suo odore in un vicolo. Pensavo che sarebbe stato facile ucciderlo, perciò non ero molto concentrato. Poi però mi ha affondato i denti nella spalla. Io mi sono incazzato e ho deciso di ricambiare il favore… non penso che se lo aspettasse.”.
“Probabilmente no.” mormorò Kane mentre cercava di sentire i pensieri di Michael, ma riuscì a sentire soltanto senso di colpa e bramosia che iniziavano a confonderlo, così smise di provarci.
Michael sorrise come se la cosa fosse divertente. “In realtà il suo sangue ha guarito la mia ferita quasi all’istante, perciò ho deciso di prosciugarlo finché non è morto. Fine della questione.”.
Kane alzò un sopracciglio e fece un cenno con il bicchiere, finendo di bere il suo vino. Sembrava una spiegazione plausibile ma restava comunque in sospeso il motivo per cui si era comportato male con Dean. Stava per chiedergli che sapore aveva il sangue del demone ma poi decise di resistere, per ora. E comunque… se voleva tanto saperlo, poteva semplicemente morderne uno e scoprirlo da solo.
Per qualche strano motivo, gli venne in mente il viso putrefatto di Misery e dovette voltarsi per nascondere a Michael la propria espressione di disgusto. Si diresse verso il frigorifero alla ricerca di qualcosa che cancellasse il ricordo di quel sapore in bocca.
Sentendo dei brividi gelidi, Michael si mise a sedere su uno sgabello e imprecò mentalmente quando un sottile velo di sudore gli ricoprì la fronte.
Parlare di sangue demoniaco gli aveva solo fatto venire voglia di andare a caccia, perciò aveva il disperato bisogno di una distrazione. Si passò una mano tra i capelli, sperava di non aver fatto venire voglia a Kane di bere sangue demoniaco. Lui era in grado di gestirne gli afflussi di energia ma non aveva idea di come avrebbe reagito suo fratello, e l’ultima cosa di cui avevano bisogno era che si aprisse un’altra crepa tra Los Angeles e il regno dei demoni.
Michael si destò dai propri pensieri e girò la testa, vedendo Kane chino nel frigorifero.
“Che diavolo stai facendo?” gli chiese.
Kane si raddrizzò con in mano affettati, maionese, senape, olive nere, lattuga e un pomodoro maturo. “Beh, qui c’è da mangiare… perciò mangiamo.”.
“Pensavo che avessi cenato da Kriss.” ringhiò Michael, continuando a bramare qualcosa di molto meglio di un sandwich. Si asciugò la fronte con la manica e si concentrò per calmarsi.
“Sì, ma ho di nuovo fame… e tu sembri un po’ sciupato.” ribatté Kane, vedendo la doppia personalità di Michael alternarsi.
Sperando di darsi una calmata grazie al vino, invecchiato e molto forte, Michael riempì di nuovo i bicchieri mentre Kane preparava i sandwich.
“Allora, a che altro stai pensando?” chiese Michael, non sopportando quel silenzio pesante.
Kane si accigliò, poggiando il cibo sul ripiano. “A Dean. È ferito e non credo che stia guarendo. Prima mi ha mostrato la ferita e non mi sembrava così brutta ma poi, durante la cena, ho iniziato sentire il male dentro di lui.”.
“Samuel l’ha trafitto con la sua Spada Demoniaca.” disse Michael, entrambi erano testimoni del dolore che quell’arma aveva provocato a Ren. “È a quella ferita che ti riferisci?”.
Kane annuì “Stavo pensando… se una Spada dei Caduti può uccidere Samuel o un demone qualsiasi, allora è ovvio che una Spada Demoniaca possa uccidere un Caduto… giusto?”.
“Giusto.” Michael annuì, aveva trovato la sua distrazione.
Kane iniziò a tagliare il pomodoro a una velocità incredibile. “Abbiamo visto entrambi il casino che è successo con Ren, ma lui non è un Caduto e Dean è ancora vivo. Noi abbiamo guarito Ren con la Spada dei Caduti che, presumo, Dean e Kriss possiedono da sempre. Ma se fosse servita per guarire Dean allora l’avrebbero già usata, e ovviamente non è stato così… perciò una Spada dei Caduti non è tra le opzioni di guarigione per un Caduto.”.
Le emozioni di Michael erano divise tra la rabbia per il tentato attacco di Samuel contro Aurora e la preoccupazione per Dean. “L’intento di Samuel era uccidere Aurora con la sua spada, quindi sì… è lecito supporre che quell’arma possa uccidere un Caduto.”.
“Tu e Dean sembrate avere molto in comune, ultimamente.” disse Kane, fissando quel capolavoro di sandwich che stava preparando.
“E cioè?” gli chiese Michael.
“Entrambi state fingendo di stare bene quando poi non è così.” rispose suo fratello senza mezzi termini.
“Frena, Mister Strizzacervelli. Non sono io quello che sta morendo perciò pensa a Dean, io so badare a me stesso.” ribatté Michael, stringendo il bicchiere un po’ più forte.
“Vero.” disse Kane sospirando. Sapeva di aver punzecchiato suo fratello a sufficienza, per il momento, e probabilmente lui aveva ragione, Dean meritava la massima attenzione.
“Come stanno Kriss e Tabatha?” chiese Michael, cambiando argomento.
“Kriss sta migliorando.” Kane sogghignò sollevando il coltello. “Non flirta più con Tabatha, il che è un bene per la sua salute. Per quanto riguarda Tabatha…” Kane sospirò e agitò le sopracciglia.
“Non lo voglio sapere.” lo interruppe Michael, alzando le mani in segno di resa.
“Vorresti saperlo, se facessi più sesso.” disse Kane, giungendo alla rapida conclusione che, se Michael avesse rivolto tutta l’attenzione su Aurora, allora la questione sui demoni sarebbe già un capitolo chiuso.
Michael sorrise e alzò il bicchiere come per brindare “In ascensore… oggi pomeriggio.”.
Kane poggiò il coltello sul ripiano e fissò suo fratello. “Ok, prima la metropolitana, poi il tetto del Love Bites, e adesso l’avete fatto in un ascensore?! Chi sei tu, in realtà, e cos’hai fatto al mio Michael?”.
“È stato trasformato in un demone del sesso.” rispose Michael con un’espressione seria, poi rubò il sandwich che Kane ha appena finito di preparare.
“No.” borbottò Kane “Tu sei un esibizionista e un ladro di sandwich.”.
“Allora preparane un altro.” disse Michael, guardando quello che aveva in mano. “È proprio buono.”.
Kane era contento che Michael si stesse nutrendo di qualcos’altro oltre al sangue di demone. Per un attimo pensò di tornare a vivere lì con Tabatha, ma poi scartò subito l’idea. Trasferendosi lì, avrebbero finito per interferire con le strane abitudini sessuali di Michael e Aurora.
Scrappy si sedette a terra tra i due, guardando prima uno e poi l’altro. Quando si stancò di essere ignorato, abbaiò. Stavano mangiando e ne voleva un po’ anche lui.
Kane guardò Scrappy “Vuoi un po’ di roastbeef, eh?”.
Il cagnolino girò su se stesso reggendosi sulle zampe posteriori, con uno sguardo implorante.
“Tieni.” disse Kane, facendone cadere a terra quattro belle fette che Scrappy cominciò subito a divorare.
Michael aveva appena finito di mangiare quando sentì le risatine di Aurora provenire dalla biblioteca. Chiuse gli occhi soddisfatto. Il suono delle sue risate era proprio ciò che gli ci voleva, in quella casa fredda e vuota.
“Andiamo a dare un’occhiata?” chiese Kane, non avendo bisogno di leggere la mente di Michael per sapere a cosa stava pensando. Sogghignò quando suo fratello si alzò senza rispondere e si diresse verso la porta.
Tornarono nella biblioteca e si fermarono sulla soglia quando videro un’aura che circondava i due Caduti, seduti a terra uno di fronte all’altra. In mezzo a loro c’era un libro sospeso in aria ed entrambi lo stavano toccando con gli occhi chiusi. Il viso di Skye non era visibile da quella prospettiva, mentre Aurora sorrideva e cambiava espressione come se stesse guardando un film.
Kane si appoggiò al muro mentre Michael rimase lì, incantato da ciò che stava vedendo. La luce brillante si ritrasse lentamente verso la punta delle loro dita e il libro si posò a terra.
Aurora, ancora meravigliata, aprì gli occhi per guardare Skye. “Ma l’ha lasciata lì, alla finestra.” gli disse, sentendosi felice e confusa allo stesso tempo. “Non sentiranno la mancanza l’uno dell’altra?”, poi afferrò il libro e lo abbracciò come se fosse dispiaciuta per i protagonisti.
“Sai già leggere?” chiese Michael, non credendo ai propri occhi.
“Diciamo che abbiamo usato un trucco.” rispose Skye con un sorriso. “Ma, per essere sicuro che lei acquisisse il controllo, abbiamo iniziato con alcune fiabe. Come tutte le bambine… quelle Disney sembrano essere le sue preferite.”.
Michael si avvicinò ad Aurora e si accovacciò dietro di lei per guardare il libro. Sorrise quando vide di quale libro si trattava.
“Peter Pan. È sempre stato uno dei miei preferiti.” disse, realizzando che, probabilmente, lei era dispiaciuta per il ragazzino.
Aurora gli sorrise e gli diede un bacio sulla guancia “Grazie per averci permesso di venire qui e leggere i tuoi libri.”.
Michael stava per rispondere quando Kane comparve accanto a lui, facendo capolino da dietro l’altra spalla di Aurora. Michael si accigliò, chiedendosi che avesse intenzione di fare suo fratello.
“È la copia che ti ho comprato a Londra?” chiese Kane piegando la testa di lato.
“Sì, è quella.” rispose Michael. “Adesso togliti da dosso a lei, grazie.”.
“Oh è tutto ok… nessun problema.” disse Aurora. “Gli devo ancora un favore per averlo buttato giù dalle scale.”.
Skye si accigliò, non conosceva ancora quella storia; si piegò all’indietro reggendosi sulle mani e cercò di immaginare Aurora che colpiva il Dio del Sole biondo, che era così potente da aprire i portali per il regno dei demoni.
“Non preoccuparti, tesoro.” le disse Kane gentilmente. “Alla fine Michael si accorgerà che lo sto provocando apposta e minaccerà di uccidermi mentre m’insegue per la casa con una delle sue grosse spade.”.
Kane aveva appena finito di parlare quando la punta di una spada gli apparve sotto il mento. Alzò un sopracciglio e si raddrizzò lentamente, guardando Michael. I due si fissarono a vicenda per un attimo, poi Kane allontanò bruscamente la spada e corse fuori dalla stanza.
“Torna qui!” gridò Michael.
“No!” gridò Kane in risposta. “Tu mi farai del male e io sono un tipo delicato.”.
Aurora e Skye rimasero ad ascoltare i rumori di passi che si spostavano al piano di sopra, poi udirono altri rumori. Si guardarono a vicenda e scoppiarono a ridere.
“Quei due sono più divertenti di quanto pensassi.” ammise Skye. Quando erano arrivati in quella casa non sapeva davvero cosa aspettarsi. “Scegli il prossimo.” le disse, indicando la pila di libri.
Aurora li osservò e alla fine ne scelse uno con un castello sulla copertina. Presa dalla curiosità, iniziò a sfogliare le pagine alla ricerca delle immagini. Si accigliò quando non ne trovò nessuna e richiuse subito il libro, sibilando quando si tagliò con la carta per il movimento brusco.
“Ahi.”. Si accigliò di nuovo, ricordando i tagli che si procurava da bambina con i fili d’erba. La stupiva sempre come una ferita così piccola potesse fare così male.
Skye sogghignò quando lei si guardò il dito ferito con un’espressione imbronciata. “Sai, le immagini che vedi nella tua mente sono molto meglio di qualsiasi illustrazione che troveresti tra le pagine.”.
Al piano di sopra, Kane era inchiodato al muro mentre lottava con Michael. Pensò di aver sbagliato a crederlo nei guai, sembrava giocherellone come al solito.
“Sei un tipo delicato, eh?” lo derise Michael.
“Ma posso comunque prenderti a calci nel culo fino alla settimana prossima.” ribatté Kane con impertinenza.
Michael sorrise e lo lasciò andare, facendolo scivolare a terra. Si guardarono a vicenda mentre lui poggiava i piedi a terra. Iniziarono a ridere perché nessuno dei due si era reso conto che Michael aveva tenuto Kane sollevato da terra.
Kane stava per alzarsi quando sentì un odore stuzzicante. Si accigliò quando notò che il color ametista degli occhi di Michael fu sopraffatto dal nero. Lo vide inspirare profondamente e poi guardarsi indietro, verso le scale.
Michael deglutì quando sentì l’odore del sangue di Aurora. Era una piccola quantità ma abbastanza da riaccendere con forza la sete che aveva dimenticato momentaneamente. In un baleno, uscì nel corridoio e scomparve dalla vista di suo fratello.
Il viso di Kane perse ogni traccia di divertimento e umorismo. L’unica volta che aveva visto degli occhi così neri era stato quando aveva guardato in quelli di un demone.
“Ok… non è un buon segno.” disse, uscendo anche lui nel corridoio.
Con altrettanta rapidità, seguì Michael al piano di sotto. Non ci voleva uno scienziato per capire cos’era quell’odore e da dove proveniva. Entrò nella biblioteca appena in tempo per vedere Michael inginocchiarsi accanto ad Aurora, prendendole la mano tra le sue.
Aurora trasalì quando Michael le apparve accanto all’improvviso, prendendole la mano. Il gesto interruppe la loro concentrazione e lei si chiese cosa stesse facendo, poi lui le sollevò la mano per esaminare il taglio che si era procurata con la pagina. Fuoriuscì una goccia di sangue e Aurora immaginò che forse lui non voleva far macchiare il libro.
Guardandolo negli occhi, fu sorpresa di vedere il suo splendente color ametista ridotto a piccole chiazze, sparse in un mare di oscurità. “Michael?” sussurrò, sapendo che c’era qualcosa che non andava in lui.
Tutti i movimenti cessarono quando lui si portò lentamente il dito ferito alle labbra e lo baciò. Poi, incapace di resistere alla tentazione, si mise la punta del dito in bocca e iniziò a succhiarla sensualmente. Voleva assaporarla ancora, dunque lasciò che i propri denti sfiorassero la ferita.
Aurora sussultò quando sentì il calore iniziare a strisciarle lungo il corpo, andando ad annidarsi tra le sue gambe. Sussultò per la sensazione di quella lingua che si sfregava eroticamente sul proprio dito, poi si morse il labbro quando i denti aguzzi sfiorarono la ferita, provando dolore e sollievo allo stesso tempo.
Skye rimase fermo a guardare il Dio del Sole con estasi. Il legame tra lui e Aurora non era spezzato del tutto, perciò provava inavvertitamente una parte di ciò che lei stava provando… ed era meraviglioso. Cercò di fare respiri profondi per nascondere la respirazione affannosa.
Michael chiuse gli occhi e assaporò la piccola ondata di potere, finché essa non si trasformò in uno schiacciante desiderio di prosciugare altri demoni. Sentendo un silenzio assordante, alzò lo sguardo e vide Kane che lo osservava attentamente dalla soglia della porta. Imprecò mentalmente, sapendo di essersi appena tradito davanti al suo perspicace fratello.
Kane sapeva che Michael non era in sé, ma quella era proprio una cosa assurda. Nel momento in cui i loro sguardi s’incrociarono, vide la sete di Michael come se fosse qualcosa di tangibile, di contagioso… che crea dipendenza. Suo fratello aveva prosciugato ben più di un demone e gli aveva mentito a riguardo.
La sua mente cercava delle risposte e, all’improvviso, capì perché Michael beveva sangue demoniaco. Se poche gocce di sangue di Caduto provocavano una tale reazione… figuriamoci prosciugare un demone, cioè una creatura generata dai Caduti.
Kane spostò lo sguardo su Aurora, notando il rossore sulle sue guance e il respiro divenuto irregolare. Era eccitata per la sensazione delle labbra di Michael sulla pelle e non capiva che, se lui avesse perso il controllo, le cose sarebbero diventate molto pericolose. Lei non aveva colpe, aveva scatenato la strana dipendenza di Michael senza volerlo.
‘Ecco un’altra prova che l’amore è cieco.’ pensò Kane tra sé.
Il pavimento vibrò sotto i suoi piedi ma non vi prestò attenzione, finché non vide un libro che iniziava a tremare su uno scaffale. Guardandosi intorno, ne vide altri che iniziavano a fare la stessa cosa. Allungò una mano per rimettere a posto il libro più vicino, poi vide la lampada sul tavolino accanto a Michael che iniziava a scivolare verso il bordo.
“Michael.” il sussurro Kane riecheggiò forte nel silenzio della stanza.
Michael percepì l’avvertimento nella voce di Kane e si scostò da Aurora, rendendosi conto di ciò che stava facendo. Ritraendosi dalla ferita, posò un lieve bacio sulla punta del dito e si sforzò per allontanarsi con calma.
“Devi stare attenta, a volte le pagine di questi vecchi libri sono taglienti.” le disse sorridendo, distraendola così da quello che aveva appena fatto.
Aurora ritrasse lentamente la mano e la strinse, sentendo ancora il calore di quelle labbra sulla pelle. Si portò la mano al petto e, con l’altra, schermò in modo protettivo quella meravigliosa sensazione, poi fece un cenno a Michael con un’espressione radiosa.
“Prometto di stare attenta.” gli disse timidamente, e Skye annuì. Nessuno dei due aveva notato le vibrazioni nella stanza perché la loro attenzione era fissa sul bacio sensuale di Michael.
Con grande sollievo di Kane, le vibrazioni cessarono all’istante e la lampada si fermò ad un paio di centimetri dal bordo.
“Aurora, Skye, tornate pure alla vostra lettura. Noi andiamo a perlustrare la zona in cerca di qualsiasi cosa che possa costituire un pericolo per gli umani.” dichiarò Kane, pregando che Michael cogliesse il suggerimento e andasse con lui. “E poi, restando qui, saremmo solo una distrazione.”.
“Direi.” Skye spalancò gli occhi, rendendosi conto di averlo detto ad alta voce. Sorrise quando Aurora ridacchiò.
Michael maledisse se stesso e concluse che Kane aveva ragione… uscire da quella stanza era la cosa migliore da fare, per ora. D’altra parte, però, essere seguito da Kane non lo entusiasmava molto, era l’ultima cosa di cui aveva bisogno in quel momento.
Voltandosi verso di lui, gli sorrise e disse “Tu vai verso est, io vado a ovest.”.
Passò accanto a Kane con l’intenzione di fare esattamente come aveva appena detto e si augurò che i demoni fossero abbastanza stupidi da trovarsi nei paraggi. Era appena uscito sul portico quando Kane lo raggiunse e lo afferrò per un braccio, facendolo sobbalzare.
“Che stavi facendo?” gli chiese Kane sibilando. “Era solo un taglietto, non erano necessarie tutte quelle attenzioni.”.
“Stava sanguinando.” ringhiò Michael, come se quella risposta fosse sufficiente… ma non lo era, e lo sapevano entrambi.
Kane lo fissò e ripeté “Sanguinando…”, poi scosse la testa. “Così non va, Michael. Ti comporti come un tossico in cerca della sua prossima dose ed è il sangue di Aurora che ti crea questa dipendenza.” dichiarò Kane con lo sguardo fisso, adesso aveva capito tutto. “Ecco perché prosciughi i demoni. E il loro sangue ti sta facendo qualcosa.” continuò.
Michael, con il viso contorto per la rabbia, si voltò verso Kane, ignaro dei propri occhi che adesso erano di un nero profondo. “Tu uccidi i demoni a modo tuo e io li uccido a modo mio. Lo fanno tutti, hai dimenticato questa maledetta guerra che tu stesso hai iniziato? Smettila di farmi da baby-sitter. Nel caso in cui te ne sia dimenticato, io so badare a me stesso… ci sono riuscito benissimo mentre tu eri sottoterra, e adesso non è diverso.”.
Kane restrinse lo sguardo ma non disse nulla mentre Michael si allontanava dal portico. Poteva ignorare gli insulti, ma di certo non poteva ignorare l’oscurità negli occhi di suo fratello. Quello era il Michael di cui parlava Dean.
Scrappy si sedette ai piedi di Kane e guaì prima di guardarlo.
Kane abbassò lo sguardo verso di lui e sospirò stancamente. “Lo so, lo so… ‘Segui tuo fratello e tienilo d’occhio’. Tu e Syn dovete avere un legame mentale che io ignoro.”.
Non voleva lasciare Aurora e Skye da soli ma se la sarebbero cavata, la casa era ben protetta e, per fortunata, Michael sembrava essersi completamente dimenticato di loro… almeno per ora. Concludendo di avergli dato un vantaggio sufficiente, Kane seguì suo fratello grazie al proprio sangue che gli aveva inoculato pochi giorni prima.
Non gli ci volle molto per raggiungerlo, tuttavia rimase a guardare con discrezione da lontano. Quello che Michael stava facendo era sbagliato… cioè… non l’uccidere i demoni, ma il modo in cui lo faceva. Utilizzava il loro sangue come se fosse una droga e, come accade con tutte le droghe, si valutano gli effetti collaterali per capire se vale la pena assumerle. Finora, gli effetti collaterali non si erano dimostrati tanto buoni.
Kane era accovacciato su un tetto a spiovente e osservava Michael, che aveva rallentato e stava percorrendo il marciapiede vuoto con passo incerto. Sentì una forte presenza alle sue spalle e si alzò in piedi sospirando.
“Devo intervenire?”.
Kane scosse la testa “No pa’, ci penso io.”.
Una risata sommessa riecheggiò “Non vuoi vedere di nuovo Michael morto, vero?”.
“Eh no.” sospirò Kane, guardando dietro di sé. “Gli devo molto.”.
“A volte il risveglio dalla morte aiuta a vedere le cose da un’altra prospettiva.” disse Syn; non avrebbe privato Kane di quel sentimento di redenzione a meno che non fosse stato costretto.
“L’abbiamo sperimentato già due volte.” ribatté Kane. “Salutami mamma.”.
Syn annuì e svanì, lasciando Kane da solo sul tetto. Girandosi di nuovo verso Michael, lo vide arrampicarsi sulla veranda di una vecchia casa fatiscente, accanto ai binari ferroviari. Kane piegò la testa di lato, chiedendosi che intenzioni avesse suo fratello.
Capitolo 5
Michael era in modalità “predatore”, aveva ignorato diversi demoni di basso livello che non erano degni della sua attenzione, poi, all’improvviso, rallentò il passo nei pressi di una vecchia casa. Lì… lo sentiva… un demone con una buona dose di potere era lì dentro, tra il fetore di cadaveri in decomposizione.
Un perfido sorriso gli apparve sul volto. Michael si avvicinò alla porta e bussò educatamente.
Un uomo anziano, con indosso una maglietta macchiata e dei pantaloni sfilacciati, aprì la porta fino alla catena del chiavistello. Squadrò da capo a piedi il tipo ben vestito e disse “Qualunque cosa vendi, io non compro niente.”, poi si portò alla bocca una bottiglia di liquore scadente e sputò in faccia al cosiddetto venditore.
Michael colpì bruscamente la porta con il palmo della mano, spezzando la catena e allungando il braccio verso il demone travestito. Con un movimento fluido lo tirò fuori dalla porta, lanciandolo nel cortile come una bambola di pezza. Kane si accigliò quando l’uomo, che sembrava sull’ottantina, rotolò sull’erba e sbatté contro il tronco di un albero. Quando lo vide crollare a terra, fece per alzarsi in piedi, pensando che Michael avesse perso la testa e commesso un terribile errore.
Si accovacciò di nuovo quando le braccia e le gambe dell’uomo si mossero come quelle di un contorsionista mentre le ossa rotte si raddrizzavano e si rimettevano a posto. Il travestimento si sciolse letteralmente, rivelando un essere che somigliava quasi a un pipistrello umano ma senza ali.
“Vuole farlo in pubblico?” mormorò Kane, sapendo che Michael, di solito, era molto più discreto quando combatteva i demoni.
La creatura sembrava fatta di cuoio consumato, la pelle era tesa e il corpo magro mostrava una struttura muscolare esile ma definita. Il busto sembrava quasi troppo largo perché le gambe lo reggessero, e aveva lunghi artigli neri alle mani e ai piedi. La testa era la parte peggiore, senza capelli né peli, con due lunghe orecchie a punta e un muso simile a quello di un maiale, con due minuscole file di denti aguzzi.
“È arrivato l’uomo pipistrello.” sussurrò Kane e quasi rise per la sua stessa battuta. Sì, era di cattivo gusto… ma era perfetta per l’occasione.
Michael rimase sorpreso quando il demone gli saltò addosso, spingendolo contro il muro con un tonfo sordo. I mattoni si sbriciolarono e lui sorrise sibilando.
“Sei proprio lo spuntino che stavo cercando.” gli disse, sorridendo ancora di più in modo che il demone vedesse i suoi canini.
“Vediamo chi mangerà chi, vampiro.” la voce del demone era piena di presunzione.
Michael lo afferrò per il collo e rotolò lungo il muro, ma dovette lasciare subito la presa quando la bocca del demone si aprì e iniziò a colare un liquido trasparente che gli finì sulla manica della giacca. Il liquido bruciò la stoffa come se fosse acido e Michael si tolse subito la giacca. La gettò via e osservò i grossi buchi che vi si stavano formando.
Poi riportò l’attenzione sul suo avversario e ringhiò, era quella l’intenzione del demone quando aveva iniziato a sputarlo in faccia.
La creatura rise e si scagliò verso di lui all’improvviso, stavolta brandendo i propri artigli affilati. Michael sussultò quando fu ferito a un braccio e sentì un’intensa sensazione di bruciore nel punto in cui era stato graffiato. Afferrando il demone, rotolarono entrambi giù per i gradini e finirono sull’erba, cercando di prendere il controllo l’uno sull’altro.
L’acido del demone gli corrodeva la pelle ma le ferite guarivano con la stessa velocità con cui si formavano. Michael godeva del dolore e del fatto che scegliere i demoni più forti fosse sicuramente un’esperienza istruttiva e molto più divertente che ucciderli in modo veloce.
Afferrò il demone per i polsi e li girò finché le ossa non si ruppero, scricchiolando sotto le sue dita. La testa del demone scattò in avanti con l’intento di morderlo ma Michael lo batté sul tempo, afferrandogli la testa e affondandogli i denti nel collo. Il demone urlò e cercò di graffiarlo con le mani fratturate, ma riuscì a fare ben poco.
Non aveva ancora prosciugato completamente il demone quando, oltre al suo urlo acuto, sentì un lieve mugolio e girò la testa dietro di sé per guardare in quella direzione. Michael spalancò i suoi occhi neri e un po’ di ametista riemerse in essi quando vide un ragazzino in piedi sotto un lampione, con indosso un completo sportivo e un pallone da calcio in mano.
Michael allentò la presa sul demone quando realizzò che il ragazzino, inorridito, stava fissando lui e non il mostro deforme che aveva tra le mani.
Kane si alzò subito in piedi, fissando il demone che era tornato al suo travestimento umano e che adesso stava strisciando sull’erba. “Non pensarci nemmeno, mostro.” sibilò piano, sperando che il demone lo sentisse.
Il ragazzino non doveva avere più di dieci anni e, poiché quello era un quartiere abbastanza sicuro per gli standard umani, probabilmente stava tornando a casa dopo essere stato con gli amici. Rimpiangeva il fatto che gli umani non sapessero dell’esistenza dei demoni. Se lo avessero fatto, allora avrebbero tenuto a bada i propri figli di notte.
Un ringhio feroce eruppe dalla gola di Kane quando il demone corse verso il ragazzino, con la chiara intenzione di usarlo come ostaggio da mettere tra sé e il vampiro contro cui stava perdendo. Kane si mosse nello stesso istante in cui si mosse Michael. Saltò dal tetto atterrando sul marciapiede e afferrò il ragazzino proprio mentre Michael braccava il demone a terra e spingeva la sua brutta faccia contro l’asfalto.
“Non ci pensare neanche.”. Michael non riusciva a controllare la propria rabbia… era uno dei motivi per cui odiava i demoni. Il loro bisogno di catturare i bambini lo disgustava, tutti quelli che avevano tolto la vita agli innocenti meritavano la morte più dolorosa che si potesse immaginare.
Poiché quella rabbia alimentò la sete di sangue, Michael scoprì i canini in un sorriso perfido, poi li affondò nella nuca del demone. Ringhiò soddisfatto quando sfiorò l’osso della spina dorsale.
Il demone si dimenava a terra, con l’acido che gli gocciolava dagli artigli nel vano tentativo di liberarsi. Essi lasciarono dei profondi solchi sul marciapiede, accompagnati dal rumore sibilante di quella sostanza corrosiva.
“Shhh, va tutto bene. Ti tengo.” sussurrò Kane, nascondendo il viso spaventato del ragazzino contro il proprio collo per non fargli vedere più di quanto non avesse già visto. I versi del demone erano già sufficienti a fargli venire gli incubi, probabilmente… dunque non c’era bisogno di aggiungere l’elemento visivo.
Voleva assicurarsi che Michael avesse tutto sotto controllo prima di andarsene con il ragazzino, ma fu allora che la terra iniziò a tremare, facendo esplodere i vetri di alcune finestre e i lampioni. Gli allarmi delle auto iniziarono a suonare insieme ai clacson e alcune case tremarono fin dalle fondamenta.
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