Le Cacciatrici Di Mostri
Gemma Cates
Quattro avventure piccanti con le sorelle Van Helsing a caccia di mostri! Mariah, Mia, Morgan e Tilly incontrano ciascuna il loro possibile lieto fine in queste sensuali storie piene d'azione.
Un Tocco di Selvaggio: Mariah è una cacciatrice di mostri che ha bisogno di aprire gli occhi quel tanto che basta per vedere l'uomo di fronte a lei. Barrett è più del morso bestiale che lo ha infettato. Un Tocco di Follia: Mia è una cacciatrice di mostri con una cotta per un ragazzo... o forse un'ossessione mite, ma decisamente non da stalker, e Dylan è un umano sexy con glutei d'acciaio e un adorabile aspetto da cavaliere bianco. Un Tocco di Malvagio: Morgan è una cacciatrice di mostri solitaria che ha bisogno di un partner più di quanto si renda conto, e Aiden è uno stregone del ghiaccio tutt'altro che freddo. Un Tocco di Peccato: Tilly è una cacciatrice di mostri incazzata, la cui missione è farla pagare al suo sessualmente attraente capo, e Rafe è un ex cacciatore scontroso con una cotta per la sua dipendente. Le donne Van Helsing sono senz’altro grandiose cacciatrici di mostri, ma condividono una debolezza comune: uomini sexy con un tocco di vena dominante in camera da letto. Unisciti alle sorelle Van Helsing mentre incontrano i loro sexy partner alfa!
Translator: Roberto Felletti
LE CACCIATRICI DI MOSTRI
Indice
Un Tocco di Selvaggio (#u179459b1-dff9-5898-bfe9-639021ae50d7)
Introduzione a Un Tocco di Selvaggio (#u7982ef6c-4c90-51c5-9297-d5ebec93d1ed)
Un Tocco di Selvaggio (#uf3f76e0b-03b7-5137-ba14-38a29033de57)
Un Tocco di Follia (#u7e45b424-d60d-50be-af40-42aea0efb81c)
Introduzione a Un Tocco di Follia (#u03155537-7a4f-5e06-967d-a2708e5efe6c)
Un Tocco di Follia (#u01e35e81-25f5-59dd-a77d-d837178861b1)
Un Tocco di Malvagio (#uc45176be-a96b-5377-acf5-eb8cf6ff4b2a)
Introduzione a Un Tocco di Malvagio (#u48a33a14-d147-5935-afdd-b636a2692674)
Prologo (#ue3972713-f249-597c-84fc-bdd6d70e4a8e)
Capitolo 1 (#u51d8e56e-8706-5aa4-ad5c-19b4b040fc31)
Capitolo 2 (#uf1a78f34-e3f2-55e0-b2f1-a46f41a48d79)
Capitolo 3 (#u87a0eb00-ebc8-5f04-8016-db992a97f2c4)
Capitolo 4 (#ub20018c8-2455-5452-babd-7422dadc171f)
Capitolo 5 (#u0a401128-8a79-5ea0-80fc-b8c61a998d68)
Capitolo 6 (#u3bc29f45-7b30-5930-b2d0-02a4a90ae3d7)
Capitolo 7 (#udb3bf6b0-bbee-59eb-bbad-9f64d4a1a2e2)
Capitolo 8 (#ubca8bd94-6a73-5726-847a-f368e3e641f8)
Epilogo: Aiden (#u025635f8-c23c-5926-970c-076e37541ce1)
Epilogo: Bain (#u9b30a0c7-6199-5df6-9410-601640c0f7f7)
Un Tocco di Peccato (#u45323de7-d2a6-5d09-b71b-dee577fd27b3)
Introduzione a Un Tocco di Peccato (#u231e7953-1e75-594a-86bb-91b9d7a16268)
Un Tocco di Peccato (#uaeee01bb-2ec8-594e-aa4f-801c852adf39)
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L’autore (#u0bdcbaae-71c1-54ea-a545-06c949746847)
Titolo Originale (#ua3f57e13-3cff-5e9d-8147-eb10938f793f)
Un Tocco di Selvaggio
Introduzione a Un Tocco di Selvaggio
Una piccante avventura delle sorelle Van Helsing, con protagonista Mariah Van Helsing.
Non socializzo con i mostri.
Mi dispiace, creature e bestie. Loro non sono “mostri”, a meno che non diano la caccia all’umanità. Tranne che per molti di loro è semplicemente una questione di tempo, giusto?
Poi un bel licantropo, collaborativo e peccaminosamente bello, entra dalla mia porta e io non posso fare a meno di pensare che forse mi sbaglio nel dipingere tutte le creature magiche con il medesimo pennello.
Forse sono attratta da un uomo che ha più di un tocco di selvaggio dentro di sé.
Nota dell’autrice: questo libro contiene bravate osé e sexy tra “mostri” e umani, abbastanza parolacce da far arrossire qualcuno (non me), e una cacciatrice di mostri che ha bisogno di aprire gli occhi quel tanto che basta per vedere che l’uomo di fronte a lei è qualcosa di più del morso bestiale che lo ha infettato.
Un Tocco di Selvaggio
I licantropi artigliavano.
Mordevano. Colpivano. Strangolavano.
A volte usavano anche armi.
Erano veloci, avevano eccellenti istinti da combattimento e riuscivano a pensare al di là della sete di sangue che li consumava a strategizzare.
Erano piuttosto dannatamente vicini alla vetta della mia lista delle creature più merdose da cacciare. I licantropi erano mostri di serie B, quindi, tecnicamente, non considerati i più pericolosi, ma io detestavo dar loro la caccia. Metà animali, metà umani, con tutte le caratteristiche peggiori di entrambi e l’abilità in combattimento di entrambi.
E tutta quella cosa del branco? Soltanto spazzatura.
Non c’era una società strutturata nel mondo dei licantropi. Diversamente da molti mutaforma, i licantropi non nascevano, erano creati. E nel corso del processo, quella parte del lupo veniva lasciata indietro.
I licantropi erano degli stronzi antisociali, sia in forma umana sia in forma lupesca.
Nel caso specifico: lo stronzo antisociale, 1,90, capelli scuri, che ora stava in piedi davanti a me. Non era poi neanche brutto, peccato che fosse un fottuto licantropo.
“Hai bisogno di aiuto, e io sono qui per aiutare.”
No, non era vero.
E invece sì. Aveva messo in dubbio la mia competenza. Nel mio ufficio, davanti al mio unico dipendente, due secondi dopo che era entrato e un secondo dopo che lo avevo inquadrato come un mannaro.
Lo avevo fissato. Perché, davvero, si aspettava che rispondessi?
Era entrato nel mio territorio, aveva messo in dubbio le mie abilità come cacciatrice di mostri e pensava che sarei stata gentile. Chi era questo stronzo?
Aveva parlato nel silenzio che si protraeva. “Hai appena avuto l’incarico di catturare un lupo infuriato. Sono qui per aiutare.”
E quella era la seconda volta.
La seconda volta che mi offriva il suo aiuto.
La seconda volta che mi insultava insinuando incompetenza da parte mia.
Il mio assistente amministrativo, Eric, aveva guardato lui e me e aveva detto, “Dovresti andartene. Prima che lei decida di risponderti. Sai, non con le parole.”
Lo stronzo sembrava del tutto indifferente all’avvertimento che il mio assistente gli aveva dato. Forse aveva subito un danno al cervello durante la sua trasformazione. Avevo sentito dire che poteva succedere.
“Mi ha mandato Rafe.” Lo stronzo mi fissava. In effetti non mi aveva tolto gli occhi di dosso, nemmeno quando Eric, apparentemente la minaccia maggiore con la sua maggiore statura e la massa muscolare significativamente maggiore, aveva parlato.
Antisociale e stronzo, sì, ma forse non con il cervello danneggiato.
E lo aveva mandato Rafe.
Figlio di puttana. Avrei voluto menomare Rafe, perché volevo uccidere questo tizio e non potevo. Il mio capo della corporazione meritava un po’ di rabbia indiretta dopo aver mandato questo dilettante sulla mia strada.
Avevo indicato la porta del mio ufficio con un cenno della testa.
Dopo che lui era entrato e io avevo chiuso la porta, avevo detto, “Spiega.”
Lui aveva inarcato un sopracciglio, come se mi trovasse per due terzi sgarbata e per un terzo divertente. Avrei fatto vedere a quello stronzo com’ero divertente non appena avessi ufficialmente declinato l’aiuto che il capo della corporazione mi aveva mandato.
“Conosco il tuo bersaglio. Mark Jared e io eravamo amici.”
Mark Jared era un sanguinario pezzo di merda che aveva ucciso almeno tre umani e si stava nascondendo nei sotterranei di Austin, per cui questo tizio era in meravigliosa compagnia.
Lui doveva avere letto il giudizio nei miei occhi – i mannari erano bravi con il linguaggio del corpo – perché aveva serrato la mascella. “Eravamo.” Aveva stretto gli occhi. “Lo conoscevo prima.”
I licantropi e alcune varietà di mannari felidi potevano essere creati più che nascere, ma quello non li rendeva vittime. Non quando facevano cazzate come fare a brandelli tre umani fino a renderli irriconoscibili.
Due tra le vittime di Jared erano state trovate dalle loro famiglie. La terza da un coinquilino. Magari non avevo studiato i fascicoli molto approfonditamente, ma c’erano delle foto dei corpi reali delle vittime.
Fanculo. I licantropi non avevano compassione da me. Né oggi, né mai. I mostri erano creature che davano la caccia agli umani. Che uccidevano umani.
E nel mio libro, praticamente ogni mannaro era un mostro in attesa di attaccare. La sete di sangue era lì, proprio sotto la superficie, in attesa di un’occasione qualsiasi per emergere e prendere il controllo.
Le regole della nostra società non permettevano a noi, cacciatori di mostri, di allentare il guinzaglio finché un umano non pagasse il prezzo, per via dell’etica. Ma un mannaro, un qualunque mannaro, era una bomba a orologeria. Era un peccato che la corporazione e la società convenzionale non fossero d’accordo con me.
“Quindi, eravate amici,” avevo risposto prima di sedermi deliberatamente dietro la mia scrivania. Questo tizio non era una minaccia per me, e io ero felice di dirglielo con le mie azioni. “Prima non ha niente a che vedere con oggi.”
“Nel caso di Mark, prima ha molto a che vedere con oggi.”
Avevo preso dal vassoio della posta in arrivo i tre fascicoli del caso. Avevo ricevuto l’incarico di Mark Jared soltanto questa mattina. Eric aveva stampato i file e li aveva messi nella mia posta in arrivo circa un’ora fa. Tenendo i documenti del caso tra le mani, leggevo i dettagli su carta; faceva parte della mia procedura.
Non avevo avuto modo di dare ai fascicoli più di una rapida occhiata, perché stavo tirando le fila del mio ultimo caso.
Se il tempo prima che Jared diventasse un mannaro era importante… “Conosceva le sue vittime prima che venisse trasformato. Tutte e tre.”
Se quello era vero, allora era una nuova informazione.
“Non esattamente, e ce ne sono quattro.” Il mio visitatore anonimo aveva guardato con espressione accigliata i tre fascicoli. “Tre sono state trovate. Manca la quarta.”
Mi rifiutavo di chiedere a questo tizio il suo nome. Non avrei dovuto.
Rafe, quel patetico bastardo, avrebbe dovuto dirmi che lui sarebbe venuto. Avrebbe dovuto dirmi il suo nome. Avrebbe dovuto dirmi perché cazzo aveva dato a questo tizio – un licantropo – il via libera per mostrarsi nel mio ufficio. E avrebbe proprio dovuto dirmi perché voleva l’aiuto di un dilettante su un caso aperto.
Ora ero in svantaggio, uno piccolo, ma comunque mi aveva fatto incazzare. “Come fai a sapere di una quarta vittima quando la corporazione non lo sa?”
Lui si era avvicinato alla mia scrivania e aveva teso la mano sopra la superficie ricoperta di documenti. “Barrett Miller, l’uomo che ha trovato il collegamento tra tutti e quattro i casi e ha denunciato i crimini e il responsabile alla corporazione.”
Poiché avevo ignorato il suo gesto, aveva aggiunto, “Nonché colui che ha fatto una generosa donazione per assicurarsi che prendendo Mark Jared saltasse la fila.”
Maledizione. Fanculo Rafe e fanculo la sua fottuta stronzata da donatore leccaculo. Lui dava la precedenza ai donatori quasi così tanto quanto faceva catturando mostri.
Sebbene non avrebbe dovuto prendere i soldi di Barrett Miller per far sì che il caso di Jared saltasse la fila. Tre persone morte avevano fatto quello.
Credevo che la quarta sarebbe stata dichiarata morta quando avessero ritrovato il suo, di lei o di lui, cadavere in putrefazione, ma fino ad allora quella quarta persona poteva essere viva.
Avevo stretto la mano del tizio. La sua manona. Non ero una fan del sentirmi sottovalutata per via della mia taglia ridotta, e gli uomini facevano sempre supposizioni, specialmente dopo avermi stretto la mano. Io ero una Van Helsing. Noi eravamo risolute, cazzo, indipendentemente dalla taglia, e avevamo talento per, sostanzialmente, una cosa: uccidere i mostri.
Avevo stretto forte. “Mariah Van Helsing, non al tuo servizio. Lavoro per la corporazione, non per te.”
Lui aveva fatto un ampio sorriso in risposta.
Un sorriso che era scomparso quando avevo chiesto, “E perché ti preoccupi per queste persone?”
“Mi preoccupavo per il tizio che sta facendo questo. Ora, mi preoccupo affinché smetta di fare male alla gente.”
Hmm. Non stava dicendo granché. Lasciando fuori qualcosa che poteva essere importante in seguito. I fottuti dilettanti erano i peggiori.
Rafe sarebbe stato preso a calci in culo per questo.
“Cosa sai che non è nei miei fascicoli, Barrett Miller? Quali informazioni hai che possono aiutarmi a catturare questo mostro?”
Si era sistemato sulla sedia di fronte alla mia scrivania, quell’impudente bastardo. “Dimmi quello che sai, e io riempirò gli spazi.”
Chi stava conducendo quello show?
Questo tizio, seduto sulla mia sedia, nel mio ufficio, stava cercando di avere il controllo sul mio caso. Era decisamente uno stronzo antisociale, come molti licantropi, ma anche fottutamente arrogante.
Avevo cambiato posizione. Non lo trovavo così sexy. Per niente.
Lo sfregamento dei jeans strofinava il mio clitoride sensibilizzato, e io potevo percepire la liscezza tra le gambe. E che cavolo?
Era un patetico, arrogante stronzo, ma un patetico, arrogante stronzo sexy, e sembrava che premesse i miei pulsanti.
Peccato che fosse un mostro-in-attesa.
Non mi facevo i mostri.
Avevo di nuovo cambiato posizione.
Tecnicamente, lui non era un…
Non ancora.
Lo avevo gelato con lo sguardo, perché il percorso circolare che avevo appena seguito nella mia testa era colpa sua. Quell’arrogante, sexy, coglione era venuto qui, agendo come se gliene importasse, volendo aiutare. Interferiva con il mio radar dei mostri, ma io non ero attratta dai mostri. Non lo sarei mai stata.
Lo scopo non era venire; catturare un killer lo era. Pertanto, avevo bisogno di archiviare l’attrazione che provavo per quest’uomo nel cassetto del non-succederà-mai e andare avanti.
Avevo lanciato un’occhiata glaciale a Miller. “Non conduci le danze tu su questo caso, Miller. Non è così che funziona, indipendentemente da quanti soldi hai versato a Rafe.”
“Alla corporazione, non a Rafe. Non sono un disonesto. Non corrompo nessuno, io. Ho fatto una donazione a un’organizzazione rispettata.”
Un licantropo che dichiarava la sua onestà, come se quello avesse importanza.
Ne aveva. Per me.
Di solito, non per i mannari.
Di solito, i mannari non si preoccupavano delle vittime delle violenze dei mannari. Non si preoccupavano di seguire le regole. Non si preoccupavano dell’onestà.
Ero in grado di smascherare un bugiardo persino meglio che scovare un mostro. Questo tizio non mi stava mentendo.
Merda. E ora ero davvero bagnata.
Questo coglione doveva andarsene dal mio ufficio.
Così avrei potuto lavorare al caso.
Risolvere il caso.
La mia testa doveva essere nel gioco, la mia concentrazione sul caso.
E dopo aver eliminato Mark Jared, sarei uscita e mi sarei fatta una scopata. Ovviamente, era passato fin troppo tempo.
Il caso…
Avevo tamburellato sui fascicoli con un dito. Rafe mi aveva appena assegnato questo caso, ma ciononostante era bastata una rapida occhiata per vedere lo schema. Il killer colpiva di notte.
“Sono le dieci. Questo tizio non aggredisce nessuno durante il giorno. A meno che tu non sappia dove posso trovare Jared o quale sarà il suo prossimo bersaglio, sarà meglio che porti via il culo dal mio ufficio e mi lasci lavorare.”
Non si era mosso.
Poi le sue narici si erano spalancate.
Non era umano.
Era un quasi-mostro.
Lo avevo capito nel momento in cui era entrato nel mio ufficio. Lo chiamavo il mio radar dei mostri, ma in realtà era quel po’ di magia che avevo dentro, che tutte le Van Helsing avevano dentro, che ci permetteva di vedere creature, bestie, esseri magici – coloro che sarebbero diventati mostri con alcune scelte sbagliate.
Barrett Miller non era umano.
Era un licantropo, con tutti i conseguenti vantaggi fisici dell’essere quella bestia… compreso un acuto olfatto.
Il mio sguardo era scivolato dal feroce sorriso che aveva in faccia alla violenta erezione che stava manifestando. Barrett Miller era dotato più come un cavallo che come un lupo. Un fatto che avrei preferito non conoscere.
Era seduto di fronte a me, eccitato dall’odore della mia eccitazione.
Gli avevo lanciato un sorriso freddo. “Fuori.”
Se n’era andato, ma non prima di sistemarsi la sua erezione. Non aveva nemmeno finto un tentativo di discrezione. Cazzo, ero piuttosto sicura che si fosse dato una rapida tirata, il coglione.
Pure il breve accenno della sua grossa mano sul suo uccello rigido, e mi venivano in mente dei pensieri. Pensieri sconci su Barrett Miller, sul suo uccello, sulle sue mani, sulla sua lingua, sulle sue dita…
Sembrava come quando qualcuno deve masturbarsi prima di poter concludere un qualsiasi lavoro.
Io ero così.
Avrei dovuto masturbarmi.
E decisamente, quando l’avessi fatto avrei avuto in testa del sesso con qualcuno che si odia, nel mio caso un certo licantropo.
Piccolo problema: non ero sicura contro chi fosse diretto quell’odio. Contro di lui, per avermi eccitata? O contro di me, per essere così eccitata? Ero scivolosa e pronta per una sveltina con un fottuto mostro-in-attesa.
Due orgasmi.
Quel fottuto stronzo mi aveva distratta così tanto che avevo dovuto chiudere a chiave la porta del mio ufficio, farmi un ditalino e stuzzicarmi il clitoride per avere due orgasmi completi. E non avevo nemmeno aspettato che Eric andasse a pranzo per farlo.
Quella roba non era normale per me, e decisamente mi faceva sentire come se avessi fatto il culo a Barrett fottuto Miller.
Non avevo tempo per due fottuti orgasmi.
Ma dopo quello, me lo ero tolto di mente. Dovevo dare la caccia a un mostro.
Erano passate due ore, e avevo letto dettagliatamente ciascuno dei fascicoli. Inoltre, Eric era riuscito a farsi dare da Rafe il quarto fascicolo, sebbene lui non lo considerasse parte del caso, poiché mancavano prove fisiche che puntassero alla morte dell’uomo scomparso.
Era possibile che la sua riluttanza avesse più a che fare con il fatto che l’uomo non era umano. Era un mannaro. Una specie di gatto, non lupo, ma come Barrett Miller e Mark Jared, trasformato, non nato.
Doveva essere difficile vivere all’interno dei confini cittadini di Austin. I texani potevano scambiare il profilo indistinto di un lupo per un cane, ma in nessun modo avrebbero scambiato un grosso gatto selvatico per un randagio.
Cane, gatto, lupo, a Rafe non importava. Lui provava un odio scatenato per tutti i mostri. Almeno, così sembrava.
Strano, riflettendoci.
Rafe, come me, non era del tutto umano. I mostri erano definiti da più della loro mancanza di umanità. I mostri davano la caccia agli umani, e le persone come Rafe, le mie sorelle e me proteggevano l’umanità. Detto ciò, noi non eravamo umani ma nemmeno mostri, bensì una via di mezzo.
Pur non essendo interamente umano, lui mostrava un’interessante propensione per i casi che coinvolgevano crimini commessi contro gli umani. Personalmente, a me non piaceva alcun tipo di creatura, bestia o essere che uccideva, indipendentemente dal tipo di vittima.
Quali che fossero i problemi di Rafe, lui aveva ceduto il fascicolo del mannaro felide scomparso. Non ero sicura che sarebbe stato d’aiuto, purtroppo. Pur considerando la potenziale quarta vittima, non vedevo il collegamento.
Era il momento di chiamare Barrett Miller e di conoscere i retroscena di cui lui era stato così avaro. Fottuto dilettante. Stava soltanto ritardando l’indagine con le sue cocciute stronzate.
Già, la mia pressione sanguigna stava già salendo solo al pensiero di dover avere a che fare con lui.
Avrei affrontato Miller dopo pranzo.
Non volevo avere a che fare con quell’arrogante stronzo a stomaco vuoto. Portava la mia fame a un livello completamente nuovo.
Motivo per cui, quindici minuti dopo, avevo finito col camminare lungo South Congress. Il piccolo spazio, uso ufficio, che avevo affittato era grande abbastanza solo per Eric e me, in tutto una trentina di metri quadri, e decisamente non era abbastanza grande per ospitare una cucina. Il nostro mini-frigo a malapena aveva spazio per le bevande. Inoltre, io non ero esattamente il tipo di persona che si porta la borsa col cibo, che ci sia spazio nel frigo oppure no.
A metà strada tra l’ufficio e la mia panineria preferita, l’avevo sentito; un formicolio alla nuca.
Sebbene l’avessi riconosciuta, non era una sensazione che sperimentavo con una certa frequenza. Io ero la predatrice, non la preda. Come cacciatrice di mostri, il mio lavoro era dare la caccia ai mostri e ucciderli.
Il terrore della notte aveva paura di me.
Quale creatura aveva le palle per darmi la caccia in pieno giorno?
Mi ero rifugiata in un autosilo. Se qualche stupida creatura voleva darmi la caccia, chi ero io per negarle la oh-così-breve gioia di pensare di avermi messa all’angolo?
Mentre sgattaiolavo tra le auto e stavo accovacciata in attesa, riflettevo sul mio attuale carico di lavoro.
Avevo sette casi aperti, tutti di Classe C, riguardanti creature inferiori che non avrebbero osato gironzolare per le strade alla luce del giorno. Di sicuro, niente che potesse vedermi come una vulnerabile, potenziale vittima.
L’unica eccezione, il mio caso di più alto livello, era Mark Jared.
“Non per interrompere la tua meditazione quotidiana, ma hai un momento?” aveva chiesto Miller, dietro di me.
Barrett Miller si era avvicinato di soppiatto a me.
Ma. Che. Cazzo.
Mi aveva colto di sorpresa.
Mi ero fatta cogliere di sorpresa.
Ed ero ancora accovacciata tra due auto in un autosilo. Avevo teso la mano, aspettando che lui mi tirasse su in piedi.
“Ti sembro completamente insensato?” era stata la sua risposta alla mia mano protesa.
Avevo dovuto ricacciare indietro il sorriso che mi tirava le labbra. Non mi sarei lasciata divertire dall’uomo sexy che vedeva attraverso di me. Perché avevo immaginato quello scenario assolutamente con lui a terra e io in piedi.
“Sei qui per darmi i retroscena su Mark?” avevo detto mentre mi alzavo fluidamente in piedi senza aiuto. Come se avessi avuto bisogno di aiuto per rimettermi in piedi.
“Sono qui per portarti a pranzo.”
Lo avevo fissato. Adesso aveva ripreso a farmi incazzare.
“E per darti i retroscena su Mark. Hai qualcosa contro il sederci per mangiare?”
Condividere un pasto con questo tizio sarebbe un errore. Non socializzavo con i mostri, nemmeno con quelli che non avevano ancora superato il limite.
“Possiamo camminare e parlare. C’è una panineria dietro l’angolo.” Mentre lui si spostava per camminare al mio fianco, avevo aggiunto, “Ti spezzerò le dita se mi tocchi.”
“Non mi aspetterei niente di meno.” Le parole erano giuste, ma il tono era del tutto sbagliato.
Non c’era paura. Nessun rispetto.
Lo avevo guardato sospettosamente, ma lui non aveva cercato di toccarmi. Molto bene. Rafe detestava quando i donatori avevano dita rotte… e altre cose rotte.
“Mark era in un gruppo di supporto.”
“Cosa?” Ero davvero deconcentrata.
Questo fottuto licantropo stronzo mi aveva scombussolato il corpo e il cervello. Non stavo affatto seguendo la conversazione.
“Dopo che Mark è stato trasformato in un licantropo, l’ho inserito in un gruppo di supporto. Siamo stati entrambi trasformati dal medesimo licantropo, ma a qualche mese di distanza. Usavo questo gruppo di supporto per mettere la testa a posto, così ne ho parlato a Mark.”
Mi ero fermata e mi ero voltata per guardarlo. “Per mettere la testa a posto.”
“Per controllare la bestia,” aveva risposto senza esitazione, come se fosse una semplice constatazione dei fatti.
Come se fosse possibile controllare la bestia. Nessun mannaro controllava completamente la bestia, ecco perché il mostro-in-attesa.
D’accordo, quella era una bugia, e non c’era niente di peggio di un bugiardo. Non tolleravo che gli altri fossero meno che sinceri con me, per cui dovevo attenermi a quel medesimo standard.
Alcuni licantropi controllavano la bestia.
Ma non molti.
E… “Con un gruppo di supporto?”
Lui mi aveva restituito lo sguardo, un’espressione soave sul viso. Era la prima volta che permettevo a me stessa di vedere veramente i suoi occhi. Nocciola. Chi conosceva mostri-in-attesa con gli occhi nocciola? Prima d’allora non mi ero mai preoccupata di notare il colore degli occhi di un mostro.
“Hai problemi con i gruppi di supporto?” Di nuovo quell’espressione soave.
Come se i mostri partecipassero abitualmente ad attività affettive come i gruppi di supporto.
A parte il fatto che lui non era un mostro. Non ancora.
“Mi stai infinocchiando.”
“No.” Si era girato di nuovo verso il marciapiede e aveva continuato a camminare.
Avevo alzato gli occhi al cielo – perché un gruppo di supporto? – e lo avevo seguito. “D’accordo, sei entrato in questo… gruppo per mettere la testa a posto, lo hai consigliato a Mark e poi?”
“E poi lui li ha uccisi tutti. Tutti tranne uno.”
Cos’era quella strana sensazione? Indigestione?
No, perché non avevamo ancora mangiato.
Merda, sapevo cos’era.
Figlio di una fottuta puttana. Questo tizio mi aveva decisamente destabilizzata, perché quella sensazione? Era compassione.
Stavo provando della fottuta compassione.
Avevo mandato giù i miei sentimenti – porca merda, ero così scombussolata – e fatto il mio lavoro. “Perché cazzo avrebbe dovuto farlo?”
Barrett Miller si era fermato e mi aveva guardata. “Penso che, probabilmente, non volesse mettere la testa a posto.”
Barrett fottuto Miller mi aveva piantata.
Mi aveva detto che l’ultimo membro del gruppo di supporto era nascosto da qualche parte, e pensava che il prossimo bersaglio probabilmente sarebbe stato lui.
Poi aveva detto non importa riguardo al pranzo, e poi si era tolto dalle palle per andare chissà dove.
Beh, in realtà non chissà dove. Era andato a casa. Aveva detto che non era preoccupato di essere aggredito durante il giorno, perché la bestia era più forte di notte. Quella era la notte in cui il suo buon amico Mark sarebbe stato più sensibile agli impulsi bestiali.
Avevo il suo indirizzo, e si presumeva che mi facessi vedere a casa sua prima che fosse buio.
A me quello sembrava un mucchio di stronzate.
Dovevo scavare un po’ in questo gruppo di supporto, ma non appena avessi finito con quello, avevo pianificato di andare a casa di Barrett Miller per assicurarmi che non si facesse uccidere.
Oppure Barrett Miller diceva cazzate e non aveva messo affatto la testa a posto. Se era così,il killer poteva essere lui.
Oppure poteva essere pericoloso quanto Mark Jared se i due avessero regolato i conti, soccombendo alla sua bestia e uccidendo chiunque lo avesse fatto incazzare – o avesse anche solo incrociato il suo cammino – mentre lui era in preda al desiderio di sangue.
Dopo aver preso il mio panino – perché, fanculo Barrett Miller, ero ancora affamata – lo avevo mangiato mentre rientravo in ufficio.
E non avevo pensato al fatto che Barrett non stava causando un ritardo non necessario nella mia indagine, perché sapeva chi sarebbe stata la prossima vittima (lui stesso) e aveva già preparato una trappola.
E non avevo pensato al fatto che se fosse successo che aveva messo la testa a posto, quello significava che lui non era uno dei mostri.
E sicuramente non avevo pensato al fatto che all’improvviso potesse fare parte di una categoria del tutto nuova: l’imminentemente scopabile.
Una volta tornata in ufficio, Eric e io ci eravamo messi al lavoro.
Avevamo scoperto che le tre persone morte non erano affatto umane. Rafe si sarebbe incazzato quando lo avesse saputo. Primo, l’amministrazione gli avrebbe fatto una lavata di testa per aver fatto un lavoro di merda con i fascicoli, e secondo, Rafe avrebbe odiato a vita il fatto che eravamo stati coinvolti in un crimine mostro-contro-mostro.
Rafe poteva andare a farsi fottere. Le persone che erano state uccise avevano fatto tutto il possibile per restare aggrappate alla loro umanità. Per contenere e controllare la bestia che avevano dentro.
E da quello che potevo vedere, avevano fatto un lavoro fottutamente decente.
Un succubo aveva aperto un centro di meditazione. Lei si nutriva, a piccole dosi, dai clienti in meditazione. E in realtà non potevo biasimarla, perché aveva bisogno di energia per vivere e da qualche parte doveva pur prenderla. Le sue azioni non erano così diverse da quelle dei vampiri, che sorseggiavano e non uccidevano mai, e ormai avevano ottenuto un lasciapassare sociale da decenni.
Una sirena e un kappa si erano auto-isolati, limitando quindi il loro accesso alle vittime.
E il gatto mannaro scomparso. Non c’erano stati attacchi da parte di grossi gatti nel raggio di quattro ore d’auto nel corso degli ultimi sei mesi, quindi o lui era andato più lontano oppure si teneva sotto controllo.
Avevo sospirato.
“Già, è abbastanza pazzesco che fossero tutti insieme in un gruppo di supporto, eh?”
Avevo annuito.
“Ma sembrava che, forse, funzionasse, giusto?” Eric sembrava sconcertato da quel pensiero, come lo ero io.
“Già.”
Le implicazioni erano… interessanti. Promettenti. Ma quali che fossero le ramificazioni a lungo termine – e il potenziale cambiamento verso la mia visione del mondo – le prove supportavano la conclusione che Barrett, probabilmente, stava dicendo la verità.
Un’altra vittoria per il mio rilevatore di bugie interno. Perché per quanto non gli credessi, non pensavo nemmeno che stesse mentendo.
C’erano voluti alcuni secondi prima che la mia accettazione si facesse strada tra alcuni anelli logici.
Barrett Miller non era il killer.
L’idiota si era preparato a fare da esca.
Peggio, Jared avrebbe trovato uno scoglio particolare nell’uccidere Miller se si fosse reso conto che il suo amico lo braccava e aveva tolto la sua prossima vittima dalla strada del pericolo.
Uno scoglio probabilmente abbastanza difficile da spingerlo a rompere il suo schema e attaccare durante il giorno.
“Merda. Devo andare a casa di Barrett.”
“Già. È una buona idea. Quel tipo è un bersaglio facile.”
Avevo guidato velocemente, perché Barrett fottuto Miller mi preoccupava.
Era solo metà pomeriggio quand’ero arrivata.
Molto prima delle altre aggressioni, eppure ancora…
Barrett viveva in un vecchio quartiere con strade dove c’erano parcheggi sul davanti e non molti parcheggi sul retro.
Avevo appena chiuso l’auto e mi stavo dirigendo alla porta principale quando l’avevo percepito. Un formicolio alla nuca. Simile a quello che avevo percepito quando prima Barrett mi aveva seguita fuori dal mio edificio… ma diverso.
Malevolo.
Huh. Suppongo che prima mi fosse sfuggita con Barrett. La mancanza di intento malevolo. Quel tizio mi aveva davvero mandato fuori fase.
Ma ora avevo percepito il distinto formicolio del presentimento del pericolo.
Ero pronta per Mark Jared.
Piuttosto pronta.
Ero pronta nel senso che ero sempre pronta per un po’ di corpo a corpo, per quattro salti.
Ma… non mi aspettavo esattamente che questo coglione mi attaccasse in pieno giorno, sul prato anteriore di Barrett, in totale modalità mostro.
I mostri sapevano che, per sopravvivere, dovevano nascondersi.
A Mark Jared mancava quel particolare promemoria per mostri.
Aveva assunto la sua forma bestiale per attaccare, e quello voleva dire artigli e zanne. Ma aveva anche un coltello, quindi per me sarebbe stato un fottuto divertimento.
Con un attacco a tre punte – zanne, artigli e coltello – avevo bisogno di distanza e di una pistola.
Fortunatamente per me – fottuta fortuna, più che pianificazione – avevo una pistola con me. Non così fortunatamente; sebbene un licantropo in forma bestiale avesse riflessi più lenti dei miei, poteva coprire una distanza maggiore.
Avevo estratto la mia arma mentre indietreggiavo, poi avevo fatto fuoco, ma ero riuscita soltanto a sparare tre colpi prima che lui fosse su di me e mi strappasse via l’arma, allontanandola.
Tre colpi non letali. Avevo bisogno di un’arma da fuoco fottutamente più grossa.
Avevo intrappolato vicino al suo corpo la mano con il coltello, ma potevo soltanto evitare per un po’ l’altra mano con l’artiglio e le zanne. Aveva un vantaggio su di me, di stazza e di forza.
Stavamo facendo una danza, lui usando i denti, gli artigli e il coltello, mentre io evitavo tutti e tre e puntavo alle sue ferite, quando avevo sentito la voce di Barrett che aveva gridato, “Mark!”
Con la bestia distratta per una frazione di secondo, ero riuscita a dargli un robusto colpo su una ferita gocciolante sul torso.
Poi se n’era andato.
Più interessato a fare a pezzi l’uomo che aveva cercato di aiutarlo che preoccupato di una come me.
Con un occhio al confronto in corso soltanto a pochi metri da me, ero scattata verso l’auto per prendere l’arma di riserva.
Ero riuscita a malapena a sbloccare la portiera quando lo avevo sentito. Il caratteristico suono scricchiolante di un collo spezzato.
La vista e l’udito non erano d’accordo. Le prove fornite dai miei occhi e dalle mie orecchie erano in diretto conflitto l’una con l’altra.
I miei occhi avevano visto il corpo umano intero di Barrett ancora in piedi. I suoi vestiti erano ancora intatti, e lui non sembrava ferito.
E i miei occhi avevano visto il corpo floscio di Jared cadere a terra. Poiché era ritornato in forma umana, sapevo che era morto.
Ma le mie orecchie avevano sentito il caratteristico suono scricchiolante di un osso che si spezzava. Un collo che si spezzava. Nient’altro avrebbe spiegato sia il suono sia il risultato finale della morte di Mark Jared.
Ma quei pezzi di prova non si incastravano tra loro. Un maschio umano non poteva spezzare il collo pesantemente muscoloso di un licantropo in forma bestiale.
La logica diceva che non era possibile.
A meno che… Barrett non fosse umano.
Sembrava umano, perché non aveva mai cambiato forma.
La sua bestia restava nella gabbia.
Lui era in piedi davanti a me – letteralmente, proprio di fronte a me – come un uomo. La sua fottuta camicia non era nemmeno sgualcita.
Porca merda. Avevo appena visto un licantropo imbrigliare la forza della bestia sotto forma di uomo.
Figlio di puttana. Quello era eccitante.
Maledizione. Non potevo essere attratta da un mostro.
Dopo un rapido controllo del mio corpo – capezzoli turgidi, battito accelerato, mutandine bagnate – sì, ero decisamente attratta… il che significava che quest’uomo non era un mostro.
“Stai bene?” aveva domandato Barrett. I suoi occhi nocciola scaldavano.
Avevo annuito.
“Eccellente. Devo occuparmi di un corpo morto. Dammi un secondo.”
Certo, che sarà mai? Capita che ci siano corpi morti. Fa parte del lavoro di un cacciatore di mostri.
E proprio in quel momento mi ero sentita un po’ strana. Probabilmente a causa del mio sangue che scorreva verso sud.
“Garage,” avevo detto alla sua schiena che si allontanava.
Anche con un afflusso limitato di sangue al cervello, sapevo cosa fare con i corpi.
Avevo mandato un messaggio a Eric con una richiesta di pulizia. Avevo incluso il luogo in cui si trovava il corpo e anche le circostanze, cosicché lui potesse far sì che la squadra di pulizia si assicurasse che non ci fossero testimoni che ci avessero visti lottare sul prato – e uccidere un tizio.
Oppure, come la storia sarebbe girata, provare una scena di un film horror. Era quasi scioccante sapere a cosa poteva credere la gente applicando un po’ di magica persuasione.
Portato a termine quel compito, avevo marciato fino alla porta e mi ero auto-invitata ad entrare.
C’era un’altra cosa che dovevo fare prima di potermene andare.
Meno di un minuto dopo, era entrato Barrett.
Sesso con Barrett Miller. Quella era la cosa che dovevo fare.
Rapido, sporco e fottutamente subito.
“Allora, hai intenzione di scoparmi o cosa?” Perché ero più che pronta. Vederlo restare freddo sotto pressione? Così fottutamente eccitante. Vederlo controllare la bestia? Ancora più eccitante.
Mi aveva lanciato un’occhiataccia, il petto gli si sollevava.
Uh-huh, e tutta quella calma che aveva prima? Andata.
Quest’uomo. Così. Fottutamente. Eccitante.
Gli avevo rivolto la schiena e messo le mani sulla porta. Avevo girato la testa per accertarmi che avesse capito, poi avevo inarcato la schiena.
Il suo sguardo era scivolato sul mio culo, poi lui si era messo dietro di me. Mi aveva sbottonato i pantaloni, li aveva tirati giù, mi aveva spinto le gambe allargandole di più e mi aveva tirato indietro i fianchi.
Il fruscio di un preservativo, poi il distinto suono di una cerniera ed eccolo lì. Grosso e duro, che premeva alla mia entrata.
Il rombo della sua voce era partito dal petto e aveva viaggiato con il solletico del suo respiro contro il mio orecchio. “Lo vuoi?”
Lo scorrere dell’adrenalina per via del combattimento, guardarlo prendere il controllo, guardarlo gestire quel coglione bestiale che aveva cercato di farmi il culo, mi aveva resa così pronta, così bagnata.
La mia passera si era contratta per il bisogno dolorante. “Cazzo, sì.”
Con un ringhio, aveva infilato il suo uccello dentro di me.
Avevo deglutito l’urlo che mi saliva alle labbra e avevo spinto all’indietro i fianchi. Lo volevo. Volevo tutto di lui. Proprio. Fottutamente. Adesso.
Infilato dentro di me, si era fermato. Non perché fosse paziente. Sapevo che non stava aspettando che mi adattassi al suo grosso cazzo. No, mi stava stuzzicando, tormentando. Negandomi la scopata selvaggia di cui avevo così disperatamente bisogno.
Avevo contratto i miei muscoli interni e lo avevo spremuto. Cazzo, stavo quasi per venire anch’io.
Mi aveva mordicchiato un lobo dell’orecchio, un mite rimprovero e un promemoria per dirmi che aveva lui il controllo – o così pensava – e poi mi aveva stretto ancora più forte i fianchi. Io avevo ansimato per l’anticipazione, il mio cuore si era messo a battere più in fretta e mi ero tenuta stretta al muro. “Ti prego,” avevo sussurrato.
In quel momento lui aveva cominciato a muoversi.
Mi lavorava dapprima con spinte profonde, uniformi, mentre io urlavo con desiderio e rabbia frustrati.
Farmi implorare? Cazzo, sì, ero arrabbiata.
Ma non potevo impedire a me stessa di implorarlo per averne ancora.
E mentre il secondo “ti prego” mi veniva strappato dalle labbra, lui finalmente si era lasciato andare.
Mi sbatteva la passera. Nel miglior. Modo. Possibile.
Quand’ero venuta, ero un miagolante disastro incoerente. Volevo ucciderlo per avermi fatto sentire così.
Ma poi il suo uccello era diventato impossibilmente più duro dentro di me, e lui grugniva con soddisfazione mentre pompava una, due, tre volte – e io decidevo che avrei potuto perdonarlo.
Si era scoperto che Barrett scopava per lo più come un umano, ma con appena un tocco – il più piccolo, il più sexy, tocco – di selvaggio.
Mentre appoggiavo gli avambracci contro il muro, ansimando per lo sforzo, piena dell’uccello di un mostro che non era affatto un mostro – non più di me, comunque – avevo deciso che avrei potuto essere aperta ad altro di questo.
Altro di lui nella mia vita.
Altro di noi che combattevamo insieme.
Sicuramente altro di noi che scopavamo.
Semplicemente… altro.
Avrei potuto innamorarmi di questo tizio con il suo grosso cazzo, del suo complesso da buon samaritano e delle sue più che abili capacità di combattimento.
Già, avrei davvero potuto.
Grazie per avere letto “Un Tocco di Selvaggio”! Mariah Van Helsing compare anche in “Dare the Devilish Vampire”, la storia di Maddie Van Helsing.
Girate pagina per leggere la storia di Mia Van Helsing…
Un Tocco di Follia
Introduzione a Un Tocco di Follia
Una piccante avventura delle sorelle Van Helsing, con protagonista Mariah Van Helsing.
Non sono pazza; sono le mie sorelle che mi definiscono così.
Mi piace molto uccidere i mostri.
A tutte le sorelle Van Helsing piace.
Ho un talento per seguire le tracce delle creature che danno la caccia agli umani.
È la vocazione della mia famiglia.
Quindi, una sera ho seguito le tracce di un umano sexy.
Già… quello non è previsto che lo facciamo.
Ma è una cosa maledettamente buona che ho fatto, perché non ero l’unica che seguiva quell’appetitosa delizia che era Dylan Danes.
Avvertimento dell’autrice: questo libro contiene bravate osé e sexy, abbastanza parolacce da far arrossire qualcuno (non me), una cacciatrice di mostri che ha una lieve cotta per un tizio… o forse una tiepida, ma assolutamente non da stalker, ossessione, e un uomo sexy con chiappe d’acciaio e un adorabile complesso da cavaliere bianco.
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