Il Mare Della Tranquillità 2.0

Il Mare Della Tranquillità 2.0
Charley Brindley
Un'esasperata insegnante di scienze sociali del liceo, con metà della sua classe che sta per essere bocciata, ricorre a una misura drastica che porta a Il Mare della Tranquillità 2.0. Quattro dei suoi studenti escogitano un progetto radicale per aiutare a rallentare l'innalzamento del livello del mare e fornire una patria ad alcuni dei milioni di rifugiati mandati alla deriva da guerre, economie in crisi e violenza delle gang


Il Mare della Tranquillità 2.0
Libro Uno

di

Charley Brindley

charleybrindley@yahoo.com

A cura di
Karen Boston
Sito web https://wordslayers.net/

Copertina di

Tamian Wood

www.BeyondDesigninternational.com

Tradotto da

Giulia Geppert


© 2019 Charley Brindley, all rights reserved

Stampato negli Stati Uniti d’America

Prima Edizione 16 Maggio 2019

Questo libro è dedicato a

Durah Roberts Walker

I libri di Charley Brindley sono stati tradotti in 22 lingue:

Italiano
Spagnolo
Portoghese
Francese
Tedesco
Turco
Cinese
Ucraino
Ungherese
Bulgaro
Arabo
Serbo
Giapponese
Indonesiano
Bengali
Rumeno
Greco
Polacco
Africano
Coreano
e
Russo

I seguenti libri sono disponibili in formato audio:

Raji, Libro Uno (in Inglese)
Raji, Libro Due (in Inglese)
Raji, Libro Tre (in Inglese)
Il Re e la libellula, Libro Uno (in Inglese)
Il Re e la libellula, Libro Due (in Inglese)
Non Resuscitare (in Inglese)
L’Ultima Missione della Settima Cavalleria (in Inglese)
La Ragazza dell’Elefante di Annibale, Libro Uno (in Russo)
Enrico IX (in Italiano)
Ariion XXIII (in Cinese)
L’incubatrice di Qubit (in Inglese)
La Ragazza dell’Elefante di Annibale, Libro Due (in Inglese)
Il mare dei dispiaceri (in Inglese)

Altri libri di Charley Brindley

1. La miniera di Oxana
2. L’ultima missione della Settima Cavalleria, Libro Uno
3. L’ultima missione della Settima Cavalleria, Libro Due
4. Raji Libro Uno: Octavia Pompeii
5. Raji Libro Due: L’Accademia
6. Raji Libro Tre: Dire Kawa
7. Raji Libro Quattro: La Casa del Vento dell’Ovest
8. La ragazza dell’elefante di Annibale, Libro Uno.
9. La ragazza dell’elefante di Annibale, Libro Due
10. Cian
11. Ariion XXIII
12. L’ultimo posto sull’Hindenburg
13. Il Re e la libellula, Libro Uno
14. Il Re e la libellula. Libro Due
15. Il mare della tranquillità 2.0 Libro Due: Invasione
16. Il mare della tranquillità 2.0 Libro Tre
17. Il mare della tranquillità 2.0 Libro Quattro
18. Il bastone di Dio, Libro Uno
19. Il mare dei dispiaceri, Libro Due di Il bastone di Dio
20. Non Resuscitare
21. Enrico IX
22. L’incubatrice di Qubit
23. Il Gioco di Casper

Non fiction

24. Diciassette passi per diventare un allevatore di successo di Sphynx
25. Dieci Cose Che Odio Del Tuo Libro

In arrivo

26. Il Re e la libellula: Libro Tre
27. Il viaggio a Valdacia
28. Le acque calme scorrono profonde
29. La Signora Machiavelli
30. Ariion XXIX
31. La ragazza dell’elefante di Annibale, Libro Tre

Alla fine del libro i dettagli sugli altri libri
Indice
Capitolo Uno
Capitolo Due
Capitolo Tre
Capitolo Quattro (#ulink_76a6424e-3d44-5678-9155-ad0132192234)
Capitolo Cinque (#ulink_4156aba1-09d6-5efd-addd-6b3dd8d056e5)
Capitolo Sei (#ulink_94d1ff2a-0dea-5028-8e0a-8355df6c6a06)
Capitolo Sette (#ulink_36052ec3-7652-58dd-80ef-27cd88285271)
Capitolo Otto (#ulink_5c62bc87-d0b3-5d36-a456-47972f3ad2c2)
Capitolo Nove (#ulink_1ad5579f-530c-54a0-a088-13d991df5c9c)
Capitolo Dieci (#ulink_8da86a96-496c-59e9-a654-f96c4a4af772)
Capitolo Undici (#ulink_b6dbe22e-1ee7-5ad3-b877-7987478da3d7)
Capitolo Dodici (#ulink_d98a9d65-4b78-5c07-8a7b-e73e9292dae2)
Capitolo Tredici (#ulink_98fdb3dc-6482-514d-9ff1-2cf82d691cbb)
Capitolo Quattordici (#ulink_0b389798-c08f-52a1-bfb8-97252be0f06b)
Capitolo Quindici (#ulink_43841212-a5d0-506a-b0c9-75fec5757327)
Capitolo Sedici (#ulink_2f329ada-1afb-55e8-8fa4-d4efa1ddca74)
Capitolo Diciassette (#ulink_456fb82d-8bf1-5688-a0e6-d62b74a236af)
Capitolo Diciotto (#ulink_23f00629-eaf5-5edc-b791-f29f901f21db)
Capitolo Diciannove (#ulink_06077e84-9854-5776-8cdf-3b8d7b982564)
Capitolo Venti (#ulink_77b6c255-70f4-5570-9821-2160e6704f06)
Capitolo Ventuno (#ulink_23e78492-dde5-5b4e-ae29-32e40a36a45a)

Capitolo Uno
Adora Valencia aprì la porta esterna della Samson Uballus Central High School e si affrettò ad entrare.
Il fresco all'interno offriva un piacevole sollievo dall'afa di Los Angeles. Guardò l'orologio digitale a caratteri rossi sospeso sopra il corridoio vuoto: le otto e cinque.
Accidenti, sono di nuovo in ritardo.
Sistemò la borsa e i libri tra le braccia, cercando di tenere dritta la tazza di Starbucks.
Ma non è colpa mia.
Girò a sinistra, con i tacchi ticchettanti sul pavimento piastrellato.
Beh, forse lo è.
Non aveva nemmeno il tempo di scaricare le sue cose in ufficio, si diresse immediatamente verso la sua classe.
Aveva dormito pochissimo la notte precedente, e quasi niente la notte di sabato. Era stata una lunga litigata quel fine settimana, la peggiore. Aveva cercato di coprire le occhiaie con il trucco, con scarsi risultati.
Questa è la fine di quella cazzo di convivenza di merda. Non mi importa di vivere da sola per il resto della vita. Addio, Jasper Slocomb.
Davanti alla porta dell'aula di studi sociali, si fermò un attimo, fece un respiro profondo e spinse per aprirla.
"Buongiorno, classe".
Sei dei ventiquattro adolescenti stavano continuando a mandare messaggi e a giocare con i loro cellulari, tre si stavano lanciando palline di carta, due stavano prendendo in giro il naso recentemente rotto di Wilson Jackson, mentre uno stava dormendo tranquillamente sul suo banco.
Adora si fermò un attimo, guardando gli studenti ignorarla.
Mio Dio, è come lasciare un campo di battaglia per un altro.
Si avvicinò alla sua cattedra, vi lasciò cadere i libri e aprì il cassetto centrale.
Excedrin, per favore, dove sei.
La piccola boccetta verde era in fondo al cassetto. La scosse e sorrise al piacevole tintinnio. Dopo aver mandato giù due pillole con un bicchierino di caffè freddo, aspettò con ansia che l'aspirina mettesse a tacere la banda di tamburi che marciava nel suo cervello.
A ventitré anni, dopo aver insegnato per mezzo anno alla Samson Uballus Central High School, Adora considerava il suo lavoro tutt'altro che soddisfacente. Forse il signor Baumgartner, il preside, le aveva assegnato tutti gli scarti per mettere alla prova le sue capacità di insegnante.
A metà del secondo semestre, la sua classe di studenti dell'ultimo anno stava diventando ogni settimana più ribelle. Alcuni pensavano al college, ma la maggior parte voleva uscire dal liceo e vivere in festa per tutta la vita.
Gli studenti continuavano a messaggiare, spettegolare e gironzolare per la classe, ignorandola palesemente.
"C'è nessuno in casa?"
Si aggiustò la camicetta e si scosse i lunghi capelli ramati sulle spalle.
Una pioggia di palline di carta cadde sul dormiente Rocco Faccini, seduto in prima fila. Una gli rimbalzò sulla testa e finì sulla scrivania di Adora.
La rabbia aumentò, strinse la mascella e afferrò la pallina, gettandola nella spazzatura. Poi prese il cestino di metallo, lo sollevò all'altezza delle spalle e lo lasciò cadere.
Faccini alzò di scatto la testa e si guardò intorno, con gli occhi spalancati, mentre tutti gli altri studenti si bloccarono a fissarla.
“Grazie per la vostra attenzione". Adora spinse il cestino al suo posto con il piede. "Oggi parleremo delle prossime elezioni presidenziali".
Questa affermazione provocò gemiti e occhiate.
"Oh, mio Dio! Cosa devo fare con voi?".
"Ci dia cose interessanti su cui lavorare", rispose prontamente Monica Dakowski.
"Mi aiuti in matematica", si intromise Kendrick Jackson.
"Faccia in modo che i cuochi ci diano cibo migliore".
"Sì."
"Smettetela!" Prese un righello di metallo e lo sbatté sulla scrivania. "Concentratevi, ragazzi. Qual è l'obiettivo di questa lezione?".
"Imparare la noiosa politica?" Chiese Monica.
"Leggere la storia che non interessa a nessuno?"
"Parlare dell’uguaglianza che non avremo mai?"
"Risolvere i problemi del mondo su cui non abbiamo controllo?"
"In che modo tutta questa roba mi aiuterà a trovare un lavoro nell'edilizia quando mi laureerò?". Chiese Albert Labatuti.
"Va bene", disse la signorina Valencia. "Parliamo di queste cose. A chi piace il nostro attuale presidente?".
Un coro di fischi e risate rispose alla sua domanda.
"In che modo lo studio della storia influisce sul futuro?" Chiese.
"Tutto quello che voglio sapere sul futuro", disse Albert Labatuti, “è a che ora inizia la festa di Faccini di venerdì sera?”
“Si! E c’è una piscina?”
“Ho una piscina, e la festa inizia alle otto in punto.”
“Mi arrendo.” Adora si lasciò cadere sulla sedia, incrociò le braccia e fissò i suoi studenti discutere animatamente i dettagli della festa di Rocco Faccini.
Ne ho abbastanza di questo branco di pagliacci, e l'Excedrin non ha fatto effetto sul suono martellante nella mia testa.
Il telefono nella tasca della sua gonna vibrò.
Quando vide il nome sullo schermo, il suo cuore prese un colpo, ma poi si ricordò dell'orribile fine settimana che aveva appena passato.
Sparisci dalla mia vita, Jasper.
Qualcuno bussò alla porta.
Adora mise via il telefono e il Direttore Baumgartner entrò a grandi passi nella stanza.
Gli studenti fecero sparire i telefoni e smisero di parlare. I ragazzi diedero un calcio alle palline di carta sotto i loro banchi e sorrisero al signor Baumgartner, con le mani giunte, come dei bambini innocenti.
Adora non salutò nemmeno il suo capo.
Perché preoccuparsi? Spero che mi licenzi così potrò andare a lavorare alla falegnameria dello zio Mike. “Cosa succede?” Spostò lo sguardo dagli studenti all’insegnante.
Adora si sedette, si strofinò le tempie, poi tese le mani in un gesto di impotenza.
Il signor Baumgartner si mise a camminare davanti alla classe, con le mani giunte dietro la schiena. "Jackson, cosa ti è successo al naso?".
"Palla da calcio".
"Ah, un difensore, eh?".
"No, signore. Stavo mangiando i maccheroni al formaggio in mensa quando qualcuno mi ha tirato una pallonata".
Rocco ricevette un pugno e una risatina da Monica. "Oh, mi dispiace". Il signor Baumgartner andò avanti. "Johansson, cosa sta succedendo?".
Michael Johansson si sistemò i capelli neri lisci dietro l'orecchio, deglutì e lanciò un'occhiata all'insegnante. "Ehm... noi... ehm... stavamo aspettando pazientemente che la signorina Valencia ci desse i nostri compiti".
"Dakowski." Baumgartner si fermò davanti a un altro banco. "Cos'hai da dire?"
Monica Dakowski, capitano della squadra delle cheerleader, inclinò la testa di lato e fece un sorriso carino.
"Sai che facce carine e capricci non hanno alcun effetto su di me. Dì qualcosa di intelligente".
"Stavo... ehm... stavamo giusto cercando di..." Prese il suo quaderno e lo aprì ad una pagina. "L'Afghanistan è per lo più desertica e...".
"Buon Dio. Questo lQu’avete imparato a geografia".
Lei sfogliò una pagina. "Un infinito spezzato è una parola o una frase...".
Il preside si passò le mani sul viso. "Smettila, Dakowski". Si voltò verso Adora. "Signorina Valencia."
"Sì, Signore?"
"Lo sa quanti studenti frequentano la Samson Uballus Central High School?"
“No, Signore.”
"Seicentodiciassette. Sa quante classi stanno frequentando un corso mentre parliamo?".
Lei scosse la testa.
"Ventitré. Camminando in corridoio poco fa, ho visto insegnanti alla lavagna, che scrivevano compiti, studenti che alzavano la mano con domande intelligenti, studenti in piedi a fare relazioni orali..." Si guardò intorno, guardando le facce sorridenti dei ragazzi. "Ma cosa trovo nella sua classe?"
Guardò gli studenti. "Ventiquattro giovani delinquenti socialmente disturbati che mandano messaggi e fanno strani rumori?"
"No. Studenti che si scatenano mentre lei manda messaggi".
"Non stavo..."
Lui alzò la mano per fermarla. "Sa quanti dei suoi studenti non supereranno questo corso?"
"Sì."
"Quasi la metà".
"Lo so, ma io non..."
"Mi rendo conto che questo sia il suo primo anno alla SUCHS, e le ho dato un po' di tregua durante il primo semestre, ma ora alcune di queste persone non si diplomeranno a causa di questo corso".
"Come!??" Susan Detroit sbottò. "Non faremo cosa?"
"Signor Baumgartner." Adora si alzò. "Non credo sia giusto rimproverare uno dei suoi insegnanti di fronte ai suoi studenti". Sentì il suo viso arrossarsi di rabbia. "Questo dovrebbe essere fatto in confidenza. Lodate di fronte alla classe e criticate in privato".
Gli studenti guardarono dalla loro insegnante al signor Baumgartner.
"Lode?" Incrociò le braccia sul petto. "Le darò..." Si guardò intorno e guardò gli studenti. "Usciamo in corridoio".
La porta si chiuse alle loro spalle.
"Signorina Valencia, ha chiesto un elogio. D'accordo, lei ha una postura perfetta e un'eccellente scelta di acconciature, ma temo che le sue capacità di insegnamento siano tristemente carenti".
"Ha mai provato ad insegnare ad un gruppo di delinquenti chiassosi i rudimenti di un decente comportamento sociale?"
"Sì, l'ho fatto. Vuole sapere come?"
Lei incrociò le braccia, fissandolo con aria di sfida.
"Disciplina".
"Non rispondono alla disciplina. Tutto quello che vogliono è la gratificazione senza sforzo".
"Questa è la natura umana. Bisogna dare loro una motivazione per la ricompensa".
"Come posso farlo?"
Lui la guardò per un momento. "Non sono sicuro che lei possa farlo, Signorina Valencia. Non tutti sono tagliati per fare gli insegnanti".
"Io sono un'insegnante".
"Ci sarà un posto libero nel dipartimento di educazione fisica in autunno, ed è lì che andrà, se il suo contratto verrà rinnovato alla fine dell'anno scolastico".
Il petto di Adora si strinse mentre lo fissava.
Questo è quanto! "Va bene", disse lei.
Non ho intenzione di sopportare altre sue stronzate.
"Vuole un po' di azione?", scattò.
Spinse la porta e il preside la seguì nella stanza.
Gli studenti erano in silenzio, a fissare i due adulti con attenzione.
Adora prese un libro mastro dalla sua scrivania e lo aprì. Parlò scrivendo i nomi sulla lavagna.
"Monica Dakowski e Rocco Faccini. Albert Labatuti e Betty Contradiaz. Billy Waboose e Princeton McFadden". Continuò a scrivere nomi a coppie finché non arrivò a dodici nomi, poi guardò il signor Baumgartner per un momento. "Questi sono i dodici studenti che non supereranno il mio corso".
Il preside allargò le mani. "E quindi?"
Scrisse la lettera ‘F’ vicino ad ogni nome.
"Cos'è, il loro ultimo voto d'esame?".
"Questi voti", batté il gesso sull'ultima F e si rivolse agli studenti, "sono i vostri voti finali per questo corso".
L'aula fu riempita da un sussulto collettivo, che si trasformò in gemiti di protesta.
Il signor Baumgartner tese la mano per calmare la classe. "Non crede, Signorina Valencia, che sia un po' presto per..."
“No, Non credo. Se devono essere bocciati, verranno bocciati ora, così potranno uscire dalla mia classe e andare a passare quest'ora in sala studio per il resto del semestre".
"Ma questo significa che non si diplomeranno a maggio".
"Non mi diplomerò?" disse uno studente in un forte sussurro.
“Esatto.” Adora gettò il gesso nel vassoio, che andò in pezzi, poi incrociò le braccia.
"Non so se può..."
"L'ho appena fatto".
Il signor Baumgartner la fissò.
"Adesso può sostituirmi, e io andrò a insegnare educazione fisica, o..."
"O che cosa?"
"O questi dodici studenti che stanno per essere bocciati possono cercare di migliorare le loro 'F' in 'C', passare il mio corso e diplomarsi a maggio".
"Come si aspetta che lo facciano? Non hanno fatto nulla in questa classe finora".
"Progetti di coppia". Adora prese un frammento di gesso e scrisse accanto alle sei serie di nomi. Alpha, Bravo, Charley, Delta, Echo, Foxtrot".
Monica Dakowski alzò la mano.
"Cosa c'è, Dakowski?" Chiese il preside.
"Che tipo di progetto? E perché non posso avere Jackson invece di Wiki Leaky?".
"Progetti per..." Adora fissò la lista di nomi per un momento. Dove diavolo sto andando a parare? "Progetti per... identificare possibili soluzioni per risolvere i problemi del pianeta noti a tutti".
"Tipo?" Chiese il signor Baumgartner.
Adora fece un cenno verso la sua classe. "Tra dieci anni queste persone, e migliaia come loro, governeranno il paese".
"Oh, mio Dio". Il preside si lasciò cadere sulla sedia di Adora. "È la cosa più deprimente che abbia mai sentito in tutta la mia vita".
"Dieci anni dopo aver finito la scuola superiore, si faranno strada tra i ranghi di McDonalds, WalMart, Pizza Hut, Home Depot, i vigili del fuoco, l'ufficio delle licenze e il personale docente qui alla SUCHS. Poco dopo aver raggiunto il middle management in queste organizzazioni, prenderanno decisioni su come funzionano gli affari, il governo e la società. E facendo questo, determineranno la direzione futura della razza umana".
"La smetta, Signorina Valencia", disse il signor Baumgartner, "prima che io vada a presentare la mia richiesta di pensionamento". Si alzò, spingendo indietro la sedia. "Johansson", disse. "Cosa ne pensi di essere un middle manager di Home Depot?"
"Forte. Posso guidare il carrello elevatore?".
"Signorina Valencia", disse il preside, "vado nella classe di matematica del signor Cogan, dove ha otto studenti nel ruolo d'onore. Ha due settimane per mostrarmi dei risultati. Altrimenti, alla fine dell'anno scolastico non ci saranno solo questi dodici studenti bocciati".
Uscì come una furia, sbattendo la porta così forte da far tremare le finestre.

Capitolo Due
La mattina dopo, a metà del globo da Los Angeles, due giovani uomini sedevano sul bordo riparato di un'alta duna curvilinea, guardando l'alba color miele e ambra che scacciava la notte morente.
Tamir indicò una spaccatura ombrosa che separava le dune dalla pianura che portava all'oasi di Mirasia.
Qualcosa fece un passo cauto nella luce crepuscolare.
Sikandar annuì. "È il vecchio Pitard. Aspettiamo di vedere chi c’è al seguito".
I due uomini, non ancora ventenni e amici fin dalla prima infanzia, non erano né di origine araba né orientale, ma nomadi mediorientali di antica eredità. Innumerevoli generazioni prima di loro avevano condotto un'esistenza austera nel deserto. Il loro popolo aveva mantenuto un delicato equilibrio di popolazione che ha nutrito e attinto alle scarse piante e animali indigeni senza compromettere l'ambiente.
Tamir aveva un inizio di crescita della barba, ma non ancora abbastanza da potersi radere.
La carnagione leggermente abbronzata di Sikandar era in contrasto con i suoi occhi color ghiaccio, mentre i capelli scuri e ricci sbucavano dai bordi della sciarpa che gli avvolgeva la testa. Le lunghe code del suo copricapo marrone e grigio erano legate dietro, poi lasciate cadere sulle spalle. La sua forte mascella non aveva ancora conosciuto la barba.
Tutte le donne dalle quali il suo amico Tamir aveva ottenuto alcuni sguardi di ammirazione, Sikandar aveva fatto girare loro la testa. Tuttavia, trattava queste attenzioni con un cortese congedo, come se non avesse ancora attirato l'occhio di colei che stava cercando.
Simmetricamente, i due giovani sollevarono le loro sciarpe per coprirsi il naso e la bocca contro il vento che saliva, poi ne rimboccarono le estremità nelle pieghe ai lati della testa.
Guardarono sei femmine di cammello scalare il vasto mare di sabbia dietro il loro padrone a quattro zampe, l'impertinente Pitard, verso la loro prima bevuta in quattro giorni. I cammelli sembravano sentire l'acqua piuttosto che l'odore, mentre si affrettavano a sprofondare il muso nel liquido fresco.
Il loro capo si fermò, provocando un brusco arresto dei sei al seguito, che quasi si scontrarono con il prominente posteriore del loro signore e protettore.
Perché si era fermato così vicino alle acque rinfrescanti?
Si guardarono intorno e videro un'altra femmina in piedi nelle vicinanze, con le caviglie anteriori zoppicanti.
Il grosso maschio la guardò, forse valutando la bella creatura come un'aggiunta al suo harem, ignaro della corda attorcigliata intorno alle sue gambe.
Lei brontolò un avvertimento mentre lui si avvicinava.
Lui non mostrò alcuna paura verso questa femmina grassottella. Gettando al vento la sua solita prudenza, alzò la testa sopra la sua e si fece avanti.
Il grosso maschio era a solo un metro da lei quando un filo alzò una bola a molla con tre pesanti pietre attaccate, volando dalla sabbia e avvolgendo più volte i suoi zoccoli anteriori. Lui si impennò, inciampando all'indietro, ma per quanto ci provasse, non riuscì a staccarsi dal paletto conficcato in profondità nella terra.
La femmina legata brontolò di nuovo, come per dire ‘te l'avevo detto’. Masticò la sua caramella e si voltò a guardare i due uomini scendere dalla duna.
Non avevano fretta di reclamare il premio, il toro e le sue sei donne; le femmine non avrebbero lasciato il loro padrone, anche se ora era prigioniero.
Era già una buona giornata di lavoro per Sikandar e Tamir.

Capitolo Tre
"Qual è il problema più urgente da affrontare oggi?" Scrisse sulla lavagna Adora pronunciando le parole.
Questo fu il giorno successivo all’annuncio dei nomi dei dodici studenti che sarebbero sicuramente stati bocciati al suo corso.
"Non c'è lo zoom sulla fotocamera del mio telefono", rispose subito Billy Waboose.
"Prendi un iPhone, idiota", ribatté Albert Labatuti.
"Dammi mille dollari e lo faccio subito".
"Ei!" Gridò la signorina Valencia per attirare la loro attenzione. "Non stiamo parlando di telefoni. Dobbiamo guardare il quadro generale. Ora, facciamo le cose con ordine. Alzate la mano se avete qualcosa di significativo da dire".
Monica Dakowski e Princeton McFadden alzarono la mano.
“Si, Monica.”
"Abbiamo seriamente bisogno di lettini abbronzanti nell’aula studio".
Ci furono alcuni mormorii di consenso.
"Lettini abbronzanti?" Disse la signorina Valencia. "Davvero? Pensi che questo sia un enorme problema per la razza umana?"
"Ci pensi. Potrei abbronzarmi mentre cerco su Google i problemi colossali".
"E io potrei guardare Monica abbronzarsi mentre faccio ricerche su Google", disse Roc.
Questa osservazione suscitò qualche risata.
"No", disse l'insegnante. "Qualcun altro?"
"Hai un'abbronzatura totale?" Chiese McFadden.
Monica gli sorrise, abbassò il mento e scrollò le spalle – era il suo modo di dire "chissà”.
Faccini alzò la mano.
"Sì, Roc. Per favore, dicci qualcosa di concreto".
"Quanto costa un lettino abbronzante?".
Diversi studenti iniziarono a cercare su Google ‘Lettini abbronzanti’.
"Oh, mio Dio". La signorina Valencia si lasciò cadere sulla sedia.
"Ho una domanda significativa", disse Albert Labatuti.
La signorina Valencia lo guardò, con un sopracciglio alzato.
"Perché non possiamo avere un Wi-Fi più veloce qui alla SUCHS?".
"Sì", disse Monica, "perché non possiamo?" Fece l'occhiolino a Labatuti. "Questo è davvero rilevante".
Labatuti sorrise.
"Abbiamo il Wi-Fi?" Chiese Faccini.
"Non per i primitivi", rispose Monica.
"Beh, almeno non devo togliermi le scarpe per mandare messaggi".
"Silenzio!" La signorina Valencia si alzò e camminò su e giù dietro la sua scrivania. "Cosa devo fare con questa gente?" mormorò.
Le teste degli studenti si voltarono all'unisono a guardarla, tranne quella di Faccini, che cominciava ad appisolarsi.
Ci dovrà pur essere qualcosa per mettere in moto il loro cervello.
Arrivata alla finestra, si girò e tornò alla lavagna. "Va bene, vediamo chi riesce a cercare su Google nel minor tempo possibile". Prese il gesso. "Qual è il più grande problema dell'umanità?"
La stanza calò nel silenzio, si sentiva solo il leggero ticchettio dei pollici sui telefoni.
"Porca miseria!" disse McFadden.
"Siamo nella merda", disse Betty Contradiaz.
"Come si scrive 'Google'?” Chiese Faccini.
"È e-l-g-o-o-g, in primitivo". Billy Waboose fece l'occhiolino alla classe.
"Grazie".
Monica ridacchiò.
"Ei", disse Waboose, "ho trovato un lettino abbronzante per ventitré dollari e novantacinque su eBay".
"Non è male", disse Faccini. "Fammi vedere".
"Mi sa che devi aggiungerci due zeri", disse Monica.
"Oh."
"Problemi monumentali", disse la signorina Valencia, "non sogni adolescenziali".
"Credevo avesse detto i più grandi problemi dell’umanità". Disse Faccini.
Il telefono della signorina Valencia vibrò.
Gli diede un’occhiata. Cosa ti ci vuole per fartelo entrare in quella grassa testa, Jasper? Digitò qualcosa. Abbiamo chiuso, basta, è finita.
"Riscaldamento globale", disse Betty Contradiaz.
La signorina Valencia alzò lo sguardo dal suo telefono. "E quindi?".
"Ci sono più di sessantacinque milioni di rifugiati", disse Waboose.
"Sì", disse l'insegnante, "e perché sono rifugiati?".
"Ho una soluzione per il problema dei rifugiati", disse Faccini.
"Qual è?" Chiese la signorina Valencia.
"Mandare loro delle valige, così possono andarsene da lì".
Questo suscitò qualche risata.
Adora si batté la fronte, poi andò alla finestra. Cercò di aprirla, ma era bloccata. La colpì con il palmo della mano, ma ancora niente.
Waboose si alzò e andò alla finestra. Guardò la signorina Valencia, poi sollevò il chiavistello e spinse la finestra con un dito.
Adora si schiarì la gola. "Grazie." Fece un respiro profondo, poi tossì mentre Waboose tornava al suo banco tra gli applausi. Guardò fuori per vedere se fosse abbastanza alto da permetterle di suicidarsi.
Non con una caduta di un metro sulle begonie.
Vide uno stormo di pettirossi atterrare sull'erba distruggendo il mondo degli insetti.
Ah, la bella vita. Volare tutto il giorno e mangiare insetti.
Fece un passo indietro. "Ok, chi ha detto ‘riscaldamento globale’?"
Gli studenti si guardarono a vicenda. Alcuni scossero la testa. Altri sembravano confusi dalla domanda.
Monica indicò Betty Contradiaz. "È stata lei".
"No, non è vero".
"Sì, Betty", disse l'insegnante. "E cosa mi dici del riscaldamento globale?"
Betty cliccò febbrilmente sul suo telefono.
"Non va bene", disse Monica in un forte sussurro diretto a Betty.
"Non va bene", disse Betty.
"E perché?" Adora si guardò intorno nella stanza. "Nessuno?"
"Io penso che potrebbe essere una buona cosa", disse Waboose.
"Perché?"
"Niente più inverno".
"Sì", disse Faccini. "Io ci sto".
"Ok", disse l'insegnante. "Se qui facesse così caldo da avere l'estate perenne, cosa succederebbe alle persone all'equatore?".
"Farebbe un caldo infernale", disse Monica.
"Non potrebbero viverci?" Chiese Waboose.
"Esattamente", disse l'insegnante.
"Allora è meglio che quei rifugiati facciano spedire le loro valige a quelli che vivono all’equatore".
"Carino, signor Faccini", disse Adora. "Ma avremmo altri cinquanta milioni di rifugiati".
"Perché non fermiamo il riscaldamento globale?" Chiese Betty.
"Bella domanda, Signorina Contradiaz. Qualcuno ha una soluzione?".
Nessuno rispose, ma alcuni scossero la testa.
"Ecco un altro enorme problema", disse Monica.
"Quale?" Chiese l'insegnante.
"Il livello del mare aumenterà da sette a tredici centimetri entro il 2050", lesse dal suo telefono.
"È più o meno quando sarai promossa a manager da McDonalds", disse Waboose.
"Pff, se riesce a far carriera da McDonalds", disse Faccini. "Hanno degli standard, sai".
"Torniamo in carreggiata, gente", disse Adora. "Abbiamo il riscaldamento globale, l'innalzamento del livello del mare e decine di milioni di rifugiati".
"Sì", disse Waboose, "e questo solo al nostro confine meridionale".
"E quei puzzolenti dei canadesi?" Disse Betty. "Potrebbero invaderci in qualsiasi momento".
"Il Canada sta per invaderci, eh?" Chiese Faccini. "Seriamente, Contradiaz, credo che rimarrai al liceo finché l'acqua del mare non ti arriverà alle caviglie".
"Ogni volta", La signorina Valencia gettò il suo telefono sulla scrivania, "cominciamo a discutere di un problema reale, e qualcuno deve iniziare con le battute. Qualcuno di voi riesce a rimanere serio?"
Diverse mani si alzarono.
"Sì, Monica".
"Io sono piuttosto seria agli allenamenti delle cheerleader".
"E io sono piuttosto serio quando guardo gli allenamenti delle cheerleader".
La signorina Valencia prese il suo telefono, prese la sua borsa e andò verso la porta. Si voltò verso la sua classe. Con un profondo sospiro, disse "Ragazzi, arrangiatevi". Afferrò la maniglia della porta. "Io me ne vado."
La porta sbatté dietro di lei, lasciando la stanza in silenzio.
Cinque minuti dopo, era seduta su una dura panchina fuori dall'ufficio del preside.

Capitolo Quattro
Adora passò venti minuti con il preside Baumgartner. Quando era entrata nel suo ufficio, era pronta a dare le dimissioni.
"Signorina Valencia," il signor Baumgartner si appoggiò alla sua sedia girevole e fece roteare una penna a sfera tra le dita, "se si dimette solo perché ha lasciato che un gruppo di ragazzini chiassosi la facesse scappare, avrà difficoltà a trovare un altro posto di lavoro come insegnante".
"Questo lo so."
"Ha studiato per insegnare. Ha davvero intenzione di buttare tutto al vento per lavorare in un deposito di legname?".
"È stato duro con me quanto con gli studenti".
"Sono pagato per esserlo. Mi creda, non è facile".
"Allora perché lo fa?" Lei prese un fazzoletto dalla scatola che lui aveva spinto sulla scrivania.
"Perché volevo vedere di che pasta è fatta".
"Beh, lo sta vedendo".
"No. Non è così". Aprì un cassetto e tirò fuori un modulo. "È meglio di così, e io riuscirò a dimostrarlo".
"Ah, sì?"
Le passò il modulo. "È una richiesta per un periodo sabbatico di due settimane".
"A cosa servirà?" Lei prese il modulo, scorrendo le domande.
"Le darà il tempo di ripensarci senza essere penalizzata sul suo curriculum di insegnante".
"E i miei studenti?"
"Non si preoccupi. Qualcuno si prenderà cura di loro".

* * * * *

La mattina seguente, un giovane alto entrò in classe. Guardò i venticinque studenti con gli occhi puntati addosso.
Monica Dakowski lasciò cadere il suo quaderno sul pavimento. "Mi scusi." Tenne gli occhi sull'uomo chinandosi per cercare il suo quaderno.
Lui si tolse la giacca, la gettò sulla sedia, si lisciò i capelli ricci, poi arrotolò le maniche corte della sua maglietta blu aderente. I suoi bicipiti erano grandi come le cosce di una cheerleader.
Faccini attirò l'attenzione di Betty Contradiaz e fece il gesto di ficcarsi un dito in gola.
Lei lo guardò, poi si concentrò sull'uomo muscoloso.
L'uomo non se ne accorse; era troppo impegnato ad ammirare il suo bicipite destro. Si chinò come per baciare il muscolo rigonfio.
Albert Labatuti si schiarì la gola.
L'uomo lo guardò e lo salutò con una movenza del mento.
Monica alzò la mano.
"Sì?" Lui rivolse la sua attenzione al bicipite sinistro.
"Lei è..." Monica si schiarì la gola. "Lei è il nostro nuovo insegnante? Spero..."
"Il vostro cosa?"
"Nuovo insegnante?"
"Non lo so. Forse."
"Chi è lei?" Chiese Billy Waboose.
"Wagner." Pronunciò la ‘w’ come una ‘v’. "E lei è?"
"Billy Waboose".
"Vaboose? Che razza di nome è?"
“Cinese, credo.”
“Mmm… sembra polacco.” Wagner si mise le mani in vita e si girò da un lato all'altro. "Avete già fatto il vostro riscaldamento?".
"Il nostro cosa?" Chiese Albert Labatuti.
"Gli esercizi di riscaldamento". Wagner divaricò i piedi, poi si piegò in avanti, mantenendo le ginocchia rigide. Appoggiò i palmi delle mani sul pavimento.
Betty si alzò un pochino, tirando il collo per vedere meglio.
Faccini allungò il piede per spingere la scrivania di Betty.
Lei quasi cadde a terra.
"Ok", disse Monica, "mi sono scaldata". Si fece aria con le mani, poi tese il pugno a Betty.
Wagner alzò lo sguardo. "Che lezione è questa?"
"Scienze sociali", disse Labatuti.
"Cosa significa?"
"Ehm... sociale, come società", disse Monica. "E scienza, come... ehm... scienza".
"Ah", disse Wagner. "Questo chiarisce tutto. Cosa fate qui?"
"Parliamo di attualità".
"Mi state prendendo in giro".
"No, è quello che facciamo. Cerchiamo roba su Google e poi ne discutiamo".
"È la stronzata più noiosa che abbia mai sentito".
"Lo so, vero?" Disse Betty.
"Va bene, gente". Wagner andò alla porta e la tenne aperta. "Lasciate perdere tutta quella spazzatura. Andiamo a divertirci un po'".
"Dove stiamo andando?" Chiese Waboose.
"Al campo di calcio".
"Perché?"
"Faremo qualcosa di concreto".
Gli studenti si alzarono e raccolsero le loro cose.
"Lasciate telefoni, borse e borsette. Non avrete bisogno di nulla per la prossima ora". Diede una pacca sulla spalla a Faccini, spingendolo fuori dalla porta. "Tutto quello che vi serve sono i sospensori e il Gatorade".
"Cosa andiamo a fare sul campo di calcio?" Chiese Monica. "E poi ho lasciato il mio sospensorio nell’armadietto".
"Il vecchio Bum dice che devo rimettervi in forma a suon di frustate".
"Non credo che il signor Baumgartner intendesse questo quando..."
"Muoviti, ragazzina; che si consuma il sole".
Nella sala, li mise in fila, spalla a spalla. Quando fu soddisfatto della formazione, urlò "Fianco destro!".
Uno dei ragazzi si girò a sinistra, urtando Waboose.
"Dall’altra parte, idiota", disse Wagner.
Le ragazze ridacchiarono.
"Silenzio", disse superandole di corsa per tenere aperta la porta esterna. "Di corsa ora, e prendete il prossimo marciapiede a destra. Muovetevi, dai".
Sul campo da calcio, li allineò in due file. "Inizieremo con quaranta saltelli alternati a gambe e braccia divaricate".
"Chi è che deve divaricare le gambe?"
"Così." Cominciò a fare l'esercizio.
Monica era l'unica a riuscire a farlo. Le altre si dimenavano in una varietà di contorsioni tipo marionetta.
"Bel lavoro", disse Wagner. "Qual è il suo nome?"
"M-M-Monica."
"Bel lavoro, M-M-Monica".
Dopo dieci minuti di saltelli, erano da fare cinque giri della pista ovale. Solo Waboose e Contradiaz li conclusero.
Il signor Wagner si mise a fare flessioni aspettando i ritardatari. Gli altri studenti si distesero sull'erba, cercando di riprendere fiato.
Infine, Roc inciampò fuori dalla pista e cadde sull'erba.
Wagner saltò in piedi. "Ok, gente". Batté le mani. "Chi è pronto per palla prigioniera?".
"Porca miseria!" Faccini si rotolò sull'erba. "Lasciatemi morire in pace".
La metà dei ragazzi riuscì ad alzarsi, poi tese la mano agli altri.
Wagner si inginocchiò accanto a Faccini. "Se non ce la fa, vada a prendere il suo telefono e cerchi su Google 'femminuccia'".
"Arrivo, arrivo". Faccini si mise in ginocchio.
Gli altri lo applaudirono.
Betty Contradiaz gli tese la mano.
"Grazie."
Wagner si allontanò di corsa verso il campo di dodgeball. "Mettetevi dietro di me, gente".

* * * * *

La mattina dopo, alle 8:05, erano di nuovo sul campo di calcio, a saltare, correre e sudare.
"Tutto questo... esercizio aumenterà... i nostri voti finali?" Chiese Princeton McFadden.
"No", disse Wagner, "verrete comunque bocciati. Tutto quello che devo fare è tenervi occupati per il resto del semestre".

* * * * *

Monica Dakowski era distesa su una sdraio blu a bordo piscina, sorseggiando una Diet Coke mentre una mezza dozzina di adolescenti giocava a Marco Polo in acqua.
Tre ragazzi del secondo anno fumavano e bevevano birra ad un tavolo rotondo lì vicino. Ridevano e schiamazzavano ad ogni commento adolescenziale fatto da uno di loro, contendendo disperatamente l'attenzione di Monica con battute rozze e lascive.
Lei li ignorava per la maggior parte del tempo, ma poi li fissava quando diventavano troppo fastidiosi.
"Ei, Monica". Albert Labatuti si sedette su una sedia di plastica accanto a lei.
Lei lo guardò di traverso, poi tornò con gli occhi sulla piscina.
"Bella festa, eh?"
"Sì, davvero fantastica".
"Bel bikini".
Lei lo fulminò con lo sguardo. "Ti serve qualcosa, Labatuti?"
"Mi chiedevo solo se tu... ehm... potresti... vuoi venire a vedere un film con... ehm... me, domani sera?"
I suoi tre ammiratori tacquero.
"Come puoi pensare a film e feste quando siamo di fronte alla prospettiva di ripetere l’ultimo anno?"
"Non lo so. È come la canzone 'Guys Just Wanta Have Fun'".
"È 'Girls Just Wanta Have Fun', idiota. Ma non sarà divertente per nessuno dei due avere diciotto anni e andare ancora al liceo. Ti rendi conto che saremo in classe con quei tre cretini?" Sorrise ai ragazzi, poi si accigliò verso Albert.
I tre si guardarono a vicenda. Uno di loro sorrise.
"Lo so, ma cosa possiamo farci?".
"La signorina Valencia aveva ragione sul fatto che non proviamo a realizzare nulla", disse Monica.
"Suppongo di sì."
"Ora ha smesso di insegnare, e noi siamo degli idioti".
"Ok, beh, ci vediamo". Albert si alzò.
"Che spreco di acqua".
Lui si sedette di nuovo. "Come?"
"Questa piscina piena d'acqua e degli stupidi che entrano, escono e saltano, comportandosi come bambini".
"Sì. Devo andare".
"Quanta acqua pensi ci sia in quella piscina?"
"Non lo so. Quattromila litri, forse".
"La gente in Africa deve camminare per otto chilometri solo per avere un secchio d’acqua sporca", disse Monica.
"Come fai a saperlo?"
"Facebook. Quei rifugiati della Siria devono elemosinare una bottiglia d'acqua".
"Possono avere la mia". Albert scosse la sua Evian quasi vuota.
"E noi siamo qui seduti a guardare la gente che sguazza in quattromila litri d'acqua. Non gliene può fregare di meno di chi non può nemmeno farsi una fottuta doccia".
Uno dei suoi ammiratori ridacchiò. Gli altri due lo imitarono.
"Sei di pessimo umore. Penso che andrò a cercare Betty Contradiaz".
"Sì, vai."
Albert trovò Betty in salotto, seduta sul divano a guardare due ragazzi giocare a Fortnite.
"Ei, Betty", disse sedendosi accanto a lei.
"Ei, Albert. Come va?"
"Vuoi venire al cinema con me domani sera?".
"Come puoi pensare ad uscire quando probabilmente non ci diplomeremo a maggio?"
"Oh, Dio. Anche tu no. Ho appena ascoltato Monica continuare a parlare di ripetere l'ultimo anno, e di come la gente in Africa debba camminare per otto chilometri per avere dell'acqua, e dei rifugiati che non si fanno la doccia, e di come abbiamo deluso la signorina Valencia".
"L'abbiamo delusa, e ora non ci diplomeremo".
"Ma non possiamo farci niente", disse Albert. "Quindi dovremmo solo divertirci un po'".
"Ci ha dato un modo per migliorare i nostri voti e noi l'abbiamo sprecato".
"Lo so, e mi odio per questo. Se usciamo domani sera, possiamo almeno dimenticarcene per un po'".
"Siamo qui, ad una festa fantastica, e non riesco a capacitarmi di come abbiamo rovinato tutto".
"Devo andare. Hai visto Roc?"
"Devono camminare per otto chilometri per dell'acqua?".
"Sì, e i rifugiati devono implorare per una bottiglia d'acqua. Vado in cucina ad elemosinare un pò d'acqua. Vuoi qualcosa?"
"Perché i rifugiati non hanno un pozzo o qualcosa del genere?".
"Sono in mezzo al deserto. Non c'è acqua lì". Albert si alzò. "Ei, ecco Faccini".
Roc si stava dirigendo verso la porta d'ingresso.
"Che succede, Faccini?" Chiese Albert.
"Niente", disse Roc. "Me ne sto andando".
"Te ne vai? Non sono neanche le dieci e questa è la tua festa".
"È noiosa".
"Noiosa? Ci sono ragazze, videogiochi, bikini...".
"Non mi interessa", disse Roc. "Domani cercherò un lavoro".
"Stai scherzando? Che tipo di lavoro vuoi trovare senza un diploma?".
"Che senso ha passare i prossimi quattro mesi a scuola se tanto non ci diplomeremo?".
"Oh, mio Dio, anche tu? Sono tutti sconvolti per il fatto che non ci diplomeremo".
"Vorrei che la signorina Valencia tornasse. Vorrei tanto lavorare ad un progetto per lei".
"Sì, beh, se n'è andata, per colpa nostra".
Qualcuno alzò la musica. Un ragazzo urlò "SI BALLA!" e iniziò a spingere i mobili fuori dal soggiorno.
Betty raggiunse la porta d'ingresso. "Ve ne andate?"
"Vorrei andare a cercare la signorina Valencia", disse Roc, "e pregarla di tornare".
"Dovresti darle una buona ragione per tornare ad un lavoro che odia".
"Se riuscissimo a convincerla ad insegnare di nuovo", disse Albert, "avremmo il tempo di finire i nostri progetti e migliorare i nostri voti?"
"Il tempo ce l’abbiamo", disse Betty, "ma il progetto?".
"Non so, far arrivare l'acqua a quella povera gente nel deserto".
"Quale gente?" Chiese Roc.
"Africani, rifugiati siriani, e probabilmente molti altri".
"Ei", disse Betty, "potrebbe essere il nostro progetto!".
"Cosa?" Chiese Roc.
"Portare l'acqua a quelle persone nel deserto", disse Betty. "E aiutare l'ambiente. Dov'è Monica?"

* * * * *

Alle 5 del pomeriggio di lunedì, sul retro del Whacker's Lumber Yard, Adora tirò fuori le barre di due per quattro da una pila e le impilò sulle forche di un carrello elevatore. Si tolse un guanto e sollevò gli occhiali di sicurezza per asciugarsi il sudore. Riposizionati gli occhiali diede un’occhiata al suo ordine.
Altri settantadue di questi figli di puttana.
Lavorò costantemente per venti minuti, ricontrollò il numero delle tavole, poi salì sul sedile del muletto.
Proprio mentre accendeva la macchina, qualcuno gridò il suo nome. Si guardò alle spalle e vide quattro adolescenti affrettarsi verso di lei. Non spense il motore né si preoccupò di scendere; sapeva già chi fossero.
"Signorina Valencia, l'abbiamo trovata!"
"Non sapevo di essermi persa".
"Noi l’avevamo persa".
Quasi sorrise. "Allora, i Tre Marmittoni, e uno dei Gianni e Pinotto". Li guardò uno ad uno. "Cosa fate qui? Comprate tegole?"
"Vogliamo che torni", supplicò Monica.
"Sono in periodo sabbatico". Mise in moto il muletto.
"Non può rientrare dal periodo sabbatico?" Chiese Roc.
"Perché?"
"Il signor Wagner", disse Roc. "Ecco perché".
"Chi è Wagner?"
"Un supplente che non sa nemmeno scrivere scienze sociali", disse Betty.
"Da dove salta fuori?" Chiese Adora.
"Baumgartner l'ha mandato per sostituirla".
"Beh, sapete una cosa?" Spinse una leva per sollevare da terra il suo carico di due per quattro. "Non me ne frega niente".
"Sì, invece", disse Monica. "Ha cercato di renderci coscienziosi e di coinvolgerci nei grandi problemi dell'umanità".
"Sì, ci ho provato. Ma ho fallito". Guardò i ragazzi. "E ora devo tornare al lavoro. Non ho intenzione di fallire anche in questo".
"Ma abbiamo bisogno di lei, e..."
"Cosa?"
"Siamo stanchi", disse Albert. "Esausti, in realtà".
"Perché?"
"Wagner ci fa fare esercizi, correre e giocare a palla prigioniera".
"Non cerchiamo più problemi monumentali su Google", disse Betty. "Non discutiamo soluzioni per il riscaldamento globale, cosa fare con tutti i rifugiati e cose del genere".
"Ci limitiamo a correre e a saltellare", disse Waboose.
"Non saprei cosa..."
"Abbiamo scoperto qualcosa", disse Monica.
"Cosa intendi per ‘qualcosa’?"
"Non risolverà tutti i problemi del mondo", disse Roc, "ma una grossa fetta".
Adora spense il motore. "Di cosa si tratta?"
"Avremo bisogno del suo aiuto per questo", disse Monica, "ma deve lasciarci lavorare tutti insieme. Il progetto è troppo grande per sole due persone".
"Tornerà?" Chiese Betty. "E ci aiuterà?"
"Quanto è grande questa cosa?".
"Duecentosessantamila chilometri quadrati", disse Monica.
"Wow, è grande come..."
"La Germania, più Panama".

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Il Mare Della Tranquillità 2.0 Charley Brindley
Il Mare Della Tranquillità 2.0

Charley Brindley

Тип: электронная книга

Жанр: Современная зарубежная литература

Язык: на итальянском языке

Издательство: TEKTIME S.R.L.S. UNIPERSONALE

Дата публикации: 16.04.2024

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О книге: Un′esasperata insegnante di scienze sociali del liceo, con metà della sua classe che sta per essere bocciata, ricorre a una misura drastica che porta a Il Mare della Tranquillità 2.0. Quattro dei suoi studenti escogitano un progetto radicale per aiutare a rallentare l′innalzamento del livello del mare e fornire una patria ad alcuni dei milioni di rifugiati mandati alla deriva da guerre, economie in crisi e violenza delle gang

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