Enrico IX
Charley Brindley
Enrico IX
di
Charley Brindley
charleybrindley@yahoo.com
www.charleybrindley.com
Edito da Karen Boston
Sito web https://bit.ly/2rJDq3f (https://bit.ly/2rJDq3f)
Tradotto da Monja Areniello
Cover art di Charley Brindley
Pubblicato da Tektime
www.tektime.it (http://www.tektime.it/)
© 2020 Charley Brindley, tutti i diritti riservati
Stampato negli Stati Uniti d’America
Prima edizione Marzo 2020
Pubblicata da Andalusia Publishing
www.andalusiapublishing.com
Questo libro è dedicato a
Tatta Marie Brindley
Altri libri di Charley Brindley
1. Raji Libro Uno: Octavia Pompeii
2. Raji Libro Due: L’accademia
3. Raji Libro Tre: Dire Kawa
4. Raji Libro Quattro:La casa del vento dell’Ovest
5. La fossa di Oxana
6. Ariion XXIII
7. Cian
8. L’ultimo posto sull’Hindenburg
9. Il Mare della Tranquillità 2.0 Libro Uno
10. Il Mare della Tranquillità 2.0 Libro Due
11. Il Mare della Tranquillità 2.0 Libro Tre
12. Il Mare della Tranquillità 2.0 Libro Quattro
13. Libellula vs Falena: Libro Uno
14. Libellula vs Falena: Libro Due
15. La ragazza elefante di Annibale, Libro Uno
16. La ragazza elefante di Annibale, Libro Due
17. Il bastone di Dio, Libro Uno
18. Il bastone di Dio, Libro Due - Il mare del dolore
19. L’ultima missione della Settima Cavalleria: Libro Uno
20. Non rianimare
Prossimamente:
21. Libellula vs Falena: Libro Tre
22. La ragazza elefante di Annibale, Libro Tre
23. Acque calme profonde
24. La signora Machiavelli
25. L’ultima missione della Settima Cavalleria: Libro Due
26. Ariion XXIX
27. Il viaggio in Valdacia
Vedi la fine di questo libro per dettagli sugli altri
Capitolo Uno
Oggi, 23 giugno, New York City
Scipione
Scipione stava vagando nel cimitero della Trinity Church, alla ricerca di una lapide particolare. Portava nel suo zaino carta da lucido, nastro adesivo e carbone.
Mentre cercava la lapide prescelta, fece alcuni schizzi di altre pietre tombali, per dargli un valido motivo per essere lì.
In altri cimiteri, aveva trovato lapidi di uomini con la sua stessa data di nascita, ma i dettagli non erano giusti.
Aveva bisogno di un morto nato il giorno del suo compleanno, senza parenti viventi e con una corporatura e un aspetto simili a Scipione quando era in vita: un maschio caucasico, circa un metro e ottanta, corporatura atletica, con capelli castano scuro e occhi castani. Aveva trovato diversi uomini con le giuste caratteristiche fisiche, ma avevano ancora parenti stretti in vita. E questo non serviva al suo scopo.
“Salve amico. Che cosa succede?”
Scipione si girò di scatto e si ritrovò una guardia di sicurezza dietro di lui. Il ragazzo grassoccio incrociò le braccia massicce, mostrando una pistola in una fondina sul fianco destro.
L’ultima cosa che Scipione voleva era essere notato ... o arrestato. “Sto solo facendo degli schizzi”. Srotolò un pezzo di carta marrone. “Eccone uno che ho appena finito”.
“Ah, un carboncino, eh? Va bene. È solo che ci sono stati atti di vandalismo ultimamente e devo controllare tutti”.
“Mi scusi. Quando sono entrato, non ho visto nessuno. Altrimenti, avrei chiesto il permesso. Voglio preservare le lapidi, non profanarle”.
Scipione mantenne la voce bassa e evitò qualsiasi cosa tranne le informazioni di base. Non chiese nulla che potesse condurre ad una conversazione e forse mantenere la guardia impegnata troppo a lungo.
“Sì, nessun problema. Ottimo lavoro con quello”.
“Grazie”. Lui arrotolò la foto. “Voglio solo farne un altro paio, poi sono fuori di qui”.
“Va bene. Prenditi tutto il tempo che ti serve”.
Infilò lo schizzo nel suo zaino. Meno tempo trascorreva a parlare con qualcuno, meglio era. Non voleva lasciare un’impressione duratura, anche se indossava uno dei suoi travestimenti; questa volta, quello di un uomo di mezza età, con barba e baffi sale e pepe e le sue guance erano segnate dalle cicatrici di vecchie bolle. Aveva sempre creato un aspetto che nessuno avrebbe voluto vedere per troppo tempo, ma allo stesso tempo nulla di memorabile.
“Grande. A dopo”, disse Scipione.
La guardia di sicurezza si era già girata per proseguire.
Scipione percorse le ultime tre file di lapidi, leggendo le date di nascita.
Niente. È ora di passare al prossimo cimitero.
* * * * *
La Brooklyn Queens Expressway attraversava il centro del Cimitero del Calvario vicino al Dipartimento della Salute di New York City, a Long Island.
Martedì all’alba, Scipione parcheggiò sulla 48esima strada, prese i suoi attrezzi da disegno ed entrò nel cimitero. Si guardò intorno verso i campi di lapidi, che si sollevavano come germogli di bambù, in marmo e granito però, che crescevano con fertilizzante umano.
Wow. Due milioni e settecentomila tombe. Meno male che ho portato il pranzo.
Camminò per due ore, senza trovare quello che voleva.
Decidendo di giustificare la sua presenza, Scipione si inginocchiò e attaccò un foglio di carta su una lapide. Mentre strofinava il carbone sulla superficie, si materializzarono le date di nascita e morte, insieme all’epitaffio: ‘Qui giace un perfetto ateo con nessun posto dove andare’.
Potrei anche divertirmi con questo lavoro.
Si fermò e si sedette su una panchina soleggiata circondata dai morti e mangiò il suo sandwich con burro d’arachidi e gelatina. Aveva una mezza dozzina di schizzi, ma ancora nessun documento di identità. Finì la sua Dr. Pepper, gettò la spazzatura in un bidone pieno di rose di plastica sbiadite, poi tornò alla sua solitaria ricerca della sua nuova identità.
Aveva trovato sei lapidi con il suo compleanno, ma quattro erano di donne, una di un uomo che aveva ancora una vedova e il numero sei era nato in Cina.
Poco dopo le tre del pomeriggio, Scipione trovò un altro candidato. Aprì il suo iPad, trovò il necrologio dell’uomo e sorrise vedendone i dettagli. Usando Google, trovò una foto dell’uomo in piedi sotto un arco decorato con fiori con la sua nuova sposa. Era datato 11 luglio 2017. Secondo il suo necrologio, lui e sua moglie erano morti in un incidente automobilistico nel 2019, senza lasciare discendenti.
Figlio di puttana, Tim, finalmente ti ho trovato.
Lanciò un’occhiata alla tomba accanto a Timothy Delenor.
Salve, signora D. Mi dispiace per la sua morte prematura.
Scipione ruotò il suo Rolex d’oro, in modo che l’orologio fosse all’interno del suo polso. Schizzò le due lapidi, poi tornò a casa per hackerare nella vita di Timothy.
A mezzanotte aveva la patente di guida di Mr. Timothy Morton Delenor, l’ultima bolletta dell’acqua, il certificato di nascita, il luogo di nascita e, soprattutto, il suo numero di previdenza sociale.
La mattina seguente, utilizzò PhotoShop per ricostruire una nuova patente di guida con la sua foto, il suo nuovo indirizzo temporaneo e un pratico dispositivo di laminazione. Con quella poi si recò all’ufficio postale per farsi fotografare per avere il passaporto. Pagò cinquanta dollari in più per accelerare il processo.
Scipione aveva lavorato come programmatore presso un’azienda di software per tre anni. Durante quel periodo, si era unito a un gruppo di hacker ‘black hat’. Non solo aveva imparato come costruire una backdoor in ogni app in cui si registrava, ma aveva anche ottenuto l’ammissione al Dark Web, dove aveva acquistato sofisticati programmi per aiutarlo ad accedere attraverso i firewall più rigidi del pianeta, anche quelli delle banche cinesi. Quei programmatori sul Dark Web avevano installato backdoor in migliaia di programmi software commerciali, consentendo loro di infiltrarsi nei sistemi informatici di banche, società di reportistica creditizia, società di carte di credito e, più facilmente, agenzie governative come dipartimenti statali di autoveicoli e file di casellari giudiziari.
Aveva dovuto fare un po’ di pulizia sui file di Mr. Delenor, perché era stato arrestato cinque volte per guida in stato di ebbrezza e aveva avuto sei carte di credito oltre il limite e aveva smesso di pagare le fatture mensili.
Quando il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti avrebbe controllato Mr. Delenor usando il suo numero di previdenza sociale e il numero di patente di guida per rilasciare il suo passaporto, sapeva che avrebbero trovato informazioni incontaminate, recentemente ripulite da lui.
Capitolo Due
Oggi, 17 Giugno, Londra, Inghilterra
Ciana
Per tutta la lunghezza della passerella erano affollati fotografi, acquirenti di moda e scrittori, lungo entrambi i lati della passerella, così come alla fine.
Odiava l’abito da cocktail color smeraldo appiccicoso che stava indossando ma lo stava comunque facendo in pompa magna, come se fosse stato fatto su misura per lei.
Poinciana Victoria Lancaster era sempre nervosa durante i suoi servizi fotografici. Sapeva che il suo corpo era in gran forma e si considerava ragionevolmente carina. Era solo che doveva assumere un atteggiamento altero sulla passerella, un comportamento completamente opposto alla sua normale personalità esuberante ed estroversa. Tuttavia, doveva guadagnarsi da vivere e sfilare come modella era tutto ciò che sapeva fare. Alta, ma non magra, i suoi capelli avevano il colore del rame, attraversati da colpi di sole lucenti. Soffici riccioli le rimbalzavano sulle spalle, ombreggiando il suo seno taglia 32C.
Ciana, come era conosciuta dai suoi amici, era un’oscura signora vissuta, che possedeva poco più del suo titolo. A diciannove anni, da sola, stava sbarcando il lunario per pagare ogni mese la metà dell’affitto in un piccolo appartamento. Era un posto incantevole a Hillingdon, vicino all’aeroporto di Heathrow, a Branpton Lane, ma comunque costoso per il suo budget. Le quattrocento sterline al mese erano tante per lei.
L’appartamento si trovava vicino ad una fermata della metropolitana, utile per portarla in qualsiasi posto a Londra per i suoi servizi fotografici. Forse tra un anno, avrebbe potuto comprare una Mini Cooper di seconda mano. Ma per ora, la metropolitana e Uber bastavano.
Il suo compagno di stanza era un ragazzo eccezionale, bello e solo un anno più grande di lei. Condividevano la pulizia e l’ordine dell’appartamento e occasionalmente lui aveva cucinato un pasto per tutti e due. Ma di solito faceva le pulizie dopo cena, lasciandole il tempo per i compiti. Quasi tutte le sere, loro ordinavano il cibo da asporto. Frequentava corsi serali alla Westminster University, per ottenere una laurea in design della moda.
Lei e Bradley avevano un accordo sugli ospiti durante la notte; se uno dei due desiderava che un amico passasse la notte lì, l’altro coinquilino avrebbe pianificato di dormire a casa di un amico. Era un piccolo inconveniente, ma raramente accadeva più di una volta o due volte al mese.
A Ciana piaceva incontrarsi con qualcuno, ma aveva sempre interrotto una relazione prima che si sviluppasse qualcosa di serio. Altre cose erano più importanti a quel punto della sua vita.
E questo era un punto a favore di Bradley. Tra loro non vi era mai stato un problema di sesso, perché lui era gay, il che lo aveva reso un amico meraviglioso e un confidente. Fare sesso fuori dal contesto di una relazione rendeva la vita molto più semplice. Il sesso, la gelosia e, in seguito, l’animosità, sembravano sempre andare di pari passo. Non aveva bisogno di quel dramma.
Ciana si fermò alla fine della passerella, si mise in posa con la mano sinistra sul fianco, sollevò il naso in aria e fece una brusca svolta sui suoi talloni appuntiti. Esagerando l’ondulazione dei suoi fianchi mentre finiva il giro di ritorno in passerella, lasciò il palco per cambiarsi per la successiva passeggiata affettata di pomposità snob.
Alcuni ricercatori pensano che una donna oscilli il sedere in modo diverso rispetto a un uomo perché il suo bacino è disegnato in modo diverso da quello dell’uomo, per adattarsi al parto. Quelle affermazioni sono solo aria fritta. Una donna con un corpo ben modellato lo muove provocatoriamente perché sa che gli uomini stanno osservando il suo sedere. Quando una donna si avvicina a un uomo, le guarda il viso, poi fissa il suo seno. Andare via, non è altro che guardare il culo. Ma poi, anche alle donne piacciono i culi ben modellati e le spalle larghe accentuate da una vita stretta.
Nel camerino, una delle ragazze stava lottando con un abito di velluto rosso con volant di Eliza J.
“Ecco, lascia che ti aiuti”. Ciana fece un passo dietro la ragazza magra e nera, le sistemò le spalline del vestito, poi tirò su la cerniera. “Come va?”
“Sono così nervosa”. Si voltò, afferrando le mani di Ciana.
“Chiudi gli occhi, fai un respiro profondo e trattenilo”. Le mani fredde della ragazza tremavano in quelle di Ciana. “Se non respiri, sverrai. Le tue mani sono come il ghiaccio”.
Il mento della ragazza tremò quando annuì. Respirò, poi ne prese un’altro.
“Ora, hai un mantra?”
Lei scosse la testa, trattenendo il respiro.
“Va bene, usa il mio oggi, poi trova il tuo”.
Espirò. “Grazie. Qual è?”
Ciana si girò e prese il suo prossimo vestito dalla rastrelliera; un body in denim nero a manica lunga Michelle Keegan con bottoni argentati dalle caviglie alla gola. “Santa merda”.
“Santa merda? Questo è il tuo mantra?”
Ciana rise. “No, questo vestito è una schifezza. Prova questo, Ommmm sat chit ekam brahma”.
“Che cosa?”
Lei ripeté il mantra.
“Ommmm sat chit ekam brahma?” chiese la ragazza.
“Perfetto”, disse Ciana.
Lo ripeté la ragazza. “Cosa significa?”
“Viene dal sistema apocalittico indù. Una traduzione approssimativa è ‘Il Sé è onnipervadente, radioso, senza corpo, indolore’”.
“Mi piace”.
“Dillo più volte a te stessa mentre fai la tua prima passeggiata di dolore”.
“Come facevi a sapere che è la mia prima volta?”
“Ho tentato la fortuna”.
“Shady”, gridò il cerimoniere. “Sei la prossima”.
“Sono io. Sono così spaventata”.
“Mostrami la tua faccia”, disse Ciana. “No. Non sorridere”.
Shady ci riprovò.
“Chiudi gli occhi”. Ciana usò il dito per appianare una macchia marrone nell’ombretto verde della ragazza. “Shady!” gridò il direttore. “Vieni qui”.
“Ricorda il tuo mantra. E tu sei la regina di Saba, che percorre la Via Appia Antica a Roma. Possiedi questa città e tutti quelli che vi abitano. Guarda a sinistra e a destra, ma non avere mai alcun contatto visivo. Vedi solo le cime delle loro teste. Ora vai avanti e conquistali”. Ciana diede una pacca sulla spalla di Shady mentre la ragazza si voltava verso la passerella.
Ciana emise un sospiro mentre si toglieva l’abito da cocktail, lo gettava su una sedia, quindi scivolava nel body abbottonato d’argento.
* * * * *
“Alfred”, disse Ciana quando il giovane l’aveva salutata da dietro il bar sabato sera. “Non importa quello che ordino ...” gli passò una banconota da dieci sterline, “dammi sempre Seven Up”.
“L’avrai”. Piegò le dieci sterline e se lo infilò nel taschino.
“Va bene. Penso che inizierò con lo champagne”.
“In arrivo”. Alfred prese un flute da 9 once dallo scaffale a specchio, quindi orientò il bicchiere verso la luce. Soddisfatto che fosse perfettamente pulito, andò al frigorifero per una bottiglia di Seven Up.
Venti minuti dopo, il suo bicchiere di champagne era mezzo vuoto quando girò una pagina. Il libro che stava leggendo era “Gita al faro” di Virginia Woolf. Diede un’occhiata al bordo del volume.
Accidenti, sono rimaste solo una quarantina di pagine.
Il pub al Vine Inn era rumoroso e, man mano che la sera andava avanti, lo divenne ancora di più. Ma le piaceva leggere lì perché il luogo offriva una grande varietà di incontri.
“Questo posto è occupato?”
Lei guardò il giovane dall’alto in basso, poi lanciò un’occhiata ai tre sgabelli da bar vuoti ai suoi lati. “Sì, lo è”. Non è male. Vediamo come reagisce.
“Oh, sei con qualcuno?”
“No”.
Sembrava confuso per un momento. “Che cosa stai leggendo?”
Lei tenne il segno con il dito e chiuse il libro in modo che potesse leggere il titolo.
“Penso di averlo letto”.
“Veramente? Chi va al faro?”
“Uhmmm ... il custode del faro?”
“Non credo”.
“L’assassino?”
“No”.
“L’Ispettore di Scotland Yard?”
“Uh-uh”. Aprì il libro e tornò a leggere.
“Non sapevo che ci sarebbe stato uno stupido quiz”, mormorò e la lasciò per avvicinarsi a una donna truccata in fondo al bar.
Ciana sorrise mentre girava un’altra pagina.
“Ciao, tesoro”.
Hmm ... carina. Poco trucco, niente piercing. “Ciao”.
Alfred prese l’asciugamano dalla spalla per asciugare il bancone davanti alla nuova arrivata. La guardò e alzò un sopracciglio.
La signora lanciò un’occhiata al bicchiere di Ciana. “Prenderò uno di quelli”.
Alfred guardò Ciana.
Lei scrollò le spalle.
“È champagne, vero?” chiese la signora.
“Dovrò vedere il suo documento d’identità”.
“Sta flirtando con me, giovanotto?”
“Sì, ma devo ancora vedere il suo documento d’identità”.
“Bene, coglione. Che cosa succede se non ho un documento d’identità?”
“Allora non posso servirla”.
“Garantirò io per lei”, disse Ciana.
“E se fosse minorenne?”
“Se è minorenne, allora sono sua madre”.
“Veramente? Non avrei mai immaginato che potessi avere più di 37 anni”.
“Divertente”, disse Ciana.
Alfred sorrise e andò a prendere da bere.
“Grazie”, disse la signora a Ciana. “Ho la patente di guida, ma mi piace fottere i ragazzi”.
“Si, anch’io. Ma non letteralmente fotterli”.
“Intendi, ad esempio, in senso metaforico o come fregatura intellettuale?”
“Uno vale l’altro”.
“Ecco qui”. Alfred posò il bicchiere di champagne davanti alla signora.
L’assaggiò. “Questa è una maledetto Seven Up! Pensi che io sia un’idiota che sbatte le palpebre?”
“Ha detto che volevi quello che aveva lei”.
“Merda, Alfred”, disse Ciana. “Non dovresti dire alla gente che sto bevendo Seven Up”.
“Non mi hai detto che era un segreto”.
Lei storse il dito indice per avvicinarsi. Si sporse verso di lei oltre il bancone.
“Non importa quello che ordino”, disse Ciana a voce alta. “Dammi sempre una fottuta Seven Up. E non dirlo a nessuno”.
“Ah ok. Capisco. Hai paura di perdere le inibizioni se ti ubriachi”.
“Giusto, Alfred. Questo è ciò che mi preoccupa più di ogni altra cosa al mondo”.
L’altra signora rise.
“Allora vuole un vero champagne?” disse alla signora.
“Sì, io sto invece cercando di affogare le mie inibizioni”.
“Arriva subito”.
“Sono Ciana”. Lei offrì la sua mano.
“Aliska. Felice di conoscerti. Puoi dire che sono lesbica, solo per il mio aspetto?”
Ciana lasciò andare la sua mano. “No. È quello che stavi cercando?”
“Si. Questa è la mia prima volta e non sapevo come vestirmi”.
“La tua prima volta? Quanti anni hai, ventidue, ventitré?”
“Ventuno, in realtà”.
“E adesso sei diventata lesbica?”
“Stavo pensando di provare. Ho finito con tutte quelle stronzate eterosessuali”.
“Vuoi lasciarti alle spalle un vero rapporto col sesso opposto?”
Lei annuì, quindi sollevò il bicchiere che Alfred le aveva appena posto davanti. Assaggiò, poi schioccò le labbra. “Ora va meglio. Quanto costa?” Aprì la borsetta.
“Tre sterline e cinquanta, tesoro”.
“Wow”. Gli diede un cinque. “Forse dovrei bere Seven Up”.
“È lo stesso prezzo”. Alfred partì per prendere il resto.
“Ora capisci perché mi rivolgo alle donne?”
“Sì, un po’ di civiltà sarebbe carino. Inoltre alle ragazze piace coccolarsi dopo il sesso”.
“Hai ragione”. Aliska sorseggiò il suo drink. “Dopo aver fatto sesso, le coccole sono la parte migliore. La maggior parte della spazzatura con cui ho scopato salta fuori dal letto per mettersi i jeans e uscire dalla porta o si addormentano e iniziano a russare”.
“La maggior parte dei miei erano dormienti. E poi si aspettavano la colazione al mattino”.
“Si. Una lesbica probabilmente ti aiuterebbe a preparare la colazione”.
Il barista tornò per vedere se volevano ancora da bere. Aliska spinse il bicchiere vuoto verso di lui.
“Quante ragazze lesbiche ci sono qui, Alfred, in questo momento?” lei chiese.
Si guardò attorno. “Mezza dozzina, almeno”.
Entrambe le donne si voltarono a guardare le persone.
“Come diavolo riesci a individuare una ragazza lesbica?” Chiese Aliska. “I gay so che hanno un aspetto esplicito. Li ho cercati su Google. Ma le donne, non ne ho idea”.
“Non vedo alcuna lesbica”, disse Ciana. “Ma diavolo, probabilmente sembriamo femmine”.
“Perché state cercando lesbiche?” Chiese Alfred.
“Stiamo pensando di lanciarci”, disse Ciana.
“Ma non l’avete mai fatto?”
“No”, disse Aliska. “Siamo solo in fase di ricerca”.
“Ah sì. Vi farete un paio di lesbiche”.
Si voltarono a guardarlo. “Stai pensando di lanciarti, Alfred?” Chiese Ciana.
“Diavolo, no. Vomito”. Le lasciò per occuparsi di un altro cliente.
“Pensi che sarebbe davvero vomitevole?” Chiese Aliska.
“Probabilmente. Comunque, non sono ancora pronta a rinunciare ai cazzi”, disse Ciana.
“Io sì. Almeno per un po’”.
“Un’altra cosa positiva del sesso gay”, disse Ciana, “non rimanere incinta”.
“Ma hai ancora bisogno di protezione, dalle malattie sessualmente trasmissibili”.
“In che modo le ragazze lesbiche usano la protezione?”
“Non ho mai realizzato che lanciarsi sarebbe stato così complicato”, disse Aliska.
“Possiamo offrirvi un drink ragazze?”
Si voltarono e videro due giovani donne in gonne corte e una varietà di piercing: labbro inferiore, sopracciglio, lingua ...
“O due?” La seconda donna era una bionda di circa vent’anni. Aveva un sorriso dolce e un bottone a diamante nella sua narice sinistra.
“Uhm, no ...”, disse Aliska.
“I nostri ragazzi torneranno tra un minuto”, disse Ciana.
“Oh”, disse la bionda. “Avevamo pensato che volevate divertirvi un po’”.
Aliska e Ciana scossero la testa, mandando i capelli in spasmi di riccioli volanti.
Le donne le lasciarono e la bionda sparò ad Alfred un dito medio.
“È stato spaventoso”. Aliska deglutì il suo drink.
“Lo so. Ma anche divertente”.
“Sì, divertente fino a un certo punto. Avremmo potuto essere violentate da un paio di donne”.
Loro risero.
“Hai visto quel ragazzo al tavolo da solo?” Chiese Aliska.
Ciana guardò allo specchio del bar. “Intendi quello con l’abito blu scuro e la testa rasata?”
Aliska annuì.
“Non avevi deciso di cambiare sponda?”
“Lascerò perdere i ragazzi dopo un’ultima botta”.
“Ci sta guardando”, disse Ciana.
“Ho intenzione di provocarlo e vedere come si sviluppa la cosa”.
“Va bene. Ho sempre voluto vedere come si provoca”.
Aliska finì di bere. “Ecco qui”.
“In bocca al lupo”.
Aliska si diresse verso il ragazzo, dondolando la borsa su una spalla.
Ciana la guardò. Con quell’andatura, dovrebbe essere in passerella con me.
Il ragazzo si alzò mentre lei si stava avvicinando.
Ciana non riuscì a sentire quello che disse, ma fece un cenno al posto accanto a lui.
Aliska esitò e lanciò un’occhiata a Ciana.
Ciana sorrise e le diede un pollice in su.
Aliska prese il posto offerto.
Ciana tornò a leggere.
Dieci minuti dopo, un uomo scivolò sullo sgabello accanto a Ciana.
Lei lo guardò, poi tornò al suo libro. Lo guardò con la coda dell’occhio.
Aprì un piccolo quaderno e iniziò a lavorare su una lunga formula matematica.
“Cosa posso fare per lei?” Chiese Alfred.
“Dr. Pepper, per favore”. Non alzò gli occhi dalla sua matematica.
Arrivò il suo drink. L’uomo prese un rotolo di banconote croccanti da una tasca interna della giacca sportiva marrone chiaro, si tolse una banconota da cinque sterline e la consegnò.
Lui iniziò una nuova formula.
Lei lo guardò. Sembrava avere vent’anni, occhi azzurri e capelli biondi, barba di due giorni.
Lui si grattò il lato della testa, prese il suo drink, lo posò di nuovo senza bere, quindi cancellò un simbolo di sommatoria per sostituirlo con la radice quadrata. Appoggiandosi all’indietro, incrociò le braccia, fissando la matematica scarabocchiata.
Lei girò la testa per vedere la fastidiosa equazione.
Lui sorseggiò il suo drink, lo posò, quindi aggiunse un’altra riga di numeri e simboli.
Il mio profumo è morto? Sorseggiò il suo drink, poi annusò l’interno del suo polso.
“Daisy”, disse lui.
“Che cosa?”
“Il suo profumo. Daisy di Marc Jacobs”.
“Come lo sa?”
“L’odore fruttato. Ha fatto il bagno in quella roba?”
“No. Forse il suo naso ha bisogno di farsi un bagno”.
“Ne dubito”. Lui girò il suo Rolex d’oro. “Non si chiede perché tutti gli sgabelli intorno a lei sono vuoti?”
Guardò a destra e a sinistra. Il suo viso arrossì.
“Rubescent le starebbe bene”. Sorrise, mostrando denti perfettamente dritti e regolari; il risultato di due anni di dolorosi apparecchi dentali quando era un adolescente.
“Mi sta prendendo in giro”. Bellissimi occhi azzurri. Come si chiamerebbe quel colore? Ceruleo o zaffiro, forse. I suoi capelli sembrano schiariti dal sole. Surfista? I baffi sono un po’ folti, ma va bene.
“Sì, un po’”, disse.
“Bene, allora, non le dispiace se le dico che la sua formula è sbagliata”.
“No, non è sbagliata”.
“E’ algebra giusto?”
Lui annuì, fissando la formula.
“Allora la sua tattica per cercare di impressionarmi con il suo genio le ha appena fatto guadagnare una “F”, sia in matematica che nella rottura del ghiaccio”.
“Che cosa c’è che non va? Miss Insegnante di matematica antica”.
“Sotto il simbolo della radice quadrata, ha messo ‘d’ quando dovrebbe esserci ‘c’ al quadrato”.
“Oh”. Lo cancellò e apportò la correzione. “Lo sapevo”.
“Ne sono sicura”.
“Come conosce questa formula?”
“La teoria di Einstein sulla relatività speciale è richiesta negli studi della scuola secondaria inferiore”.
“Oh”. Sorseggiò il suo drink. “Nessuno arriva al faro”.
Diede un’occhiata al suo libro. “Grande!” Lo sbatté di scatto. “Grazie per lo spoiler. Mi ha appena rovinato la storia”.
“Perché? Sicuramente, sapeva che il faro è una metafora, non una vera destinazione”.
“Lei non distingue una metafora da una similitudine”. Sollevò il bicchiere vuoto perché Alfred potesse vederlo.
Alfred le fece l’occhiolino mentre sollevava sette dita, poi puntava verso l’alto.
Ciana alzò gli occhi al cielo.
“So che una è un’allegoria e l’altra no”. Lui spinse il bicchiere vuoto verso Alfred.
“Quindi”, disse lei. “Cos’altro può fare, oltre a rubare erroneamente la matematica degli altri, usare parole grosse che non riesce a definire e bere bevande analcoliche?”
“Leggo”.
“Sicuro che lo fa”.
“Il giorno in cui un uomo lascerà apparire il vero amore, quelle cose che sono ben pensate cadranno in confusione”.
“Dante non apprezzerà il suo errore di citazione de ‘La Divina Commedia’”.
“Può fare di meglio?”
“Quanto è lontana la tua visione di premere su di me ancora una volta il tuo cavallo cavo. Questa volta non sarò issato sul tuo petardo”.
“Omero?”
“No. Lady Poinciana Victoria Lancaster”. Lei sbatté il bicchiere contro il suo.
La presentazione lo colpì come un battito di tuono. “Numero trentasette!” lui sussurrò.
“Che cosa?”
“Uhm”.
Si sporse verso di lui, gli occhi socchiusi sui suoi. “Cosa hai detto?”
“S-sette”, balbettò. “Mi sono appena ricordato delle sette del mattino. Ho un incontro, ah, con la Nuvaro Aquatine Corporation alle sette”. Lui afferrò il suo taccuino. “Buona notte”. Si affrettò ad andare via.
“Aspetti”, gridò lei. “Cosa ... chi?”
Ma lei stava parlando alla sua schiena.
Capitolo Tre
22 Giugno, Londra, Inghilterra
Lunedì mattina, Kendrick Lawless attraversò la metropolitana affollata fino alla stazione di polizia di Harlesden in Craven Park, a Church End e Roundwood, dove era Ispettore da ventitré anni. Sorpassato più di una dozzina di volte, continuava a sperare di essere promosso Ispettore Capo prima di andare in pensione.
A cinquantaquattro anni, era completamente grigio. Negli anni passati, aveva portato i baffi, ma quando avevano iniziato ad imbiancarsi, li rasò. Era in sovrappeso di quaranta chili e quel peso in eccesso lo rallentava molto.
Il primo caso nella pila di cartelle sulla sua scrivania era ‘interferenza di veicoli a motore’.
Kendrick dovette cercare l’esatta definizione prima di intervistare il sospettato.
“Una persona è colpevole del reato di interferenza del veicolo se interferisce con un veicolo a motore o un rimorchio o con qualsiasi cosa trasportata dentro o su un veicolo a motore o un rimorchio con l’intenzione che un reato specificato deve essere commesso da lui stesso o da un’altra persona”.
Caspita, limpido come il Tamigi ad agosto. Cos’altro ho?
Il caso successivo era relativo ad una ragazza adolescente: ‘taccheggio’. Era uscita da un negozio con una borsa del valore di tre sterline e venti. La guardia di sicurezza l’aveva fermata e l’aveva portata dal direttore del negozio. Lei aveva consegnato la borsa e si era scusata. Il direttore l’aveva lasciata andare con un severo rimprovero. Un’ora dopo, la stessa ragazza aveva cercato di rubare la stessa borsa. Questa volta, il direttore l’aveva consegnata ad un poliziotto.
Questo è aperto e chiuso. Qual è il prossimo?
‘Ricettazione di proprietà rubate’.
Il prossimo?
‘Furto di bici’.
Poi, ‘borseggio’.
Dannazione, è tutto ciò che è rimasto della mia vita?
Si appoggiò all’indietro, stropicciandosi gli occhi, poi si passò le mani sul viso.
“Ispettore”, disse la sua compagna di ufficio, Alice Templeton. “Ha voglia di una tazza?”
“Sergente, ha detto la parola magica. Facciamo un salto in mensa”.
Occuparono un tavolino nell’affollata caffetteria, chiacchierando davanti al loro tè.
Alice aveva quarantasette anni, era vedova e atletica. Era una bionda naturale e recentemente si era tagliata i capelli e li aveva arricciati. A parte un lieve caso di zampe di gallina, avrebbe potuto passare per una maratoneta di trenta anni. Ma non lo era. Si allenava tutti i giorni, ma le piacevano anche le serate tranquille. Era una persona introversa, preferendo trascorrere del tempo con la sua collezione di duecentoventi piante carnivore piuttosto che occuparsi delle persone e dei loro continui drammi. Tuttavia, si era costretta a socializzare. Altrimenti, sapeva di essere condannata ad una vita da zitella.
“Vorrebbe, uhm ...” Alice sorseggiò il suo tè caldo. “... le piacerebbe unirsi al nostro gruppo di birdwatcher?”
“Lei è una birdwatcher?”
“Sì. Lo trovo molto rilassante”.
“Adoro vedere gli uccelli colorati che svolazzano intorno alla mia mangiatoia da giardino”, disse Kendrick. “Sa che i gatti selvatici sono un grosso problema?”
“Oh sì. Decimano gli uccellini e anche le uova”.
“Ma come controllarli?” chiese.
“Possono essere intrappolati, ma poi cosa? Ucciderli?”
“O trovare loro una casa. La gente compra gattini nei negozi di animali. Perché non prendere un gatto selvatico?”
“Buona idea”, disse Alice.
Lui posò la tazza da tè. “Quanti siete nel suo gruppo?”
Lei sorrise. “Se si unisce, saremo in due”.
Kendrick ricambiò il suo sorriso. “Quando è il suo prossimo incontro?”
“Stasera, alle sette, nel mio appartamento. Cibo da asporto e bevande per adulti”.
“Devo portare il mio canarino?”
“Sarei assolutamente contenta di incontrare il suo canarino, ma preferirei una pinta di mosche per i miei animali domestici”.
Alzò la tazza da tè e un sopracciglio.
* * * * *
Martedì mattina presto, quando l’auto della polizia si fermò alla stazione di Harlesden, un uomo si imbatté nell’Ispettore Kendrick Lawless.
“Scusa amico”. L’uomo si voltò prima che Kendrick lo guardasse.
Sulla strada, Kendrick si era fermato per due panini con pancetta di maiale dal suo venditore ambulante preferito. Mentre i suoi panini venivano preparati, cercò denaro nelle tasche. Nella tasca destra del cappotto, trovò un foglio piegato di carta che non era mai stato lì prima.
“Che diamine!!” Spiegò il foglio per vedere lo scarabocchio di un bambino, appena comprensibile.
“Tre e ottanta, tesoro”, disse la signora dietro il bancone.
“Uhm, sì, bene”. Le porse un cinque.
“Uno e venti a te”. Non si era mossa verso il registratore di cassa; lei stava aspettando.
“Il resto è per te, Jamey”.
“Grazie, tesoro. Saluti”.
Si diresse verso la stazione di polizia, cercando di distinguere il biglietto mentre camminava.
“Tre uomini uccisi da diverse pistole lunedì scorso”, sussurrò Kendrick. “Numero quattro, falso suicidio in barca. Tutti collegati da una trama fasulla. Controlla sotto al divano letto”.
Diede uno dei panini di maiale ad una Alice sorridente, poi andò alla sua scrivania dall’altra parte della stanza.
Lavorò durante la colazione quando lesse di nuovo il messaggio.
“Ehi, Kendrick”, disse uno dei suoi compagni d’ufficio. “Ne hai risolto uno di quelli grandi oggi?”
Parecchi uomini risero.
Kendrick sorrise e rispose alle risate.
“Ho sentito che c’è una possibile promozione ad Ispettore capo di quadrupedi pigri nel dipartimento dei cuccioli perduti”, disse un altro uomo.
Ciò incitò altri sbuffi di derisione.
“Non avete niente di meglio da fare”, disse il sergente Alice Templeton. “Che tormentare chi lavora di più di tutti in ufficio?”
“Che cosa l’ha esasperata?” uno di loro sussurrò al suo compagno.
Kendrick sorrise mentre accendeva il computer e controllava la lista degli omicidi di lunedì scorso. Il numero medio di omicidi per la grande Londra era di tre a settimana e qui ce n’erano stati tre in un giorno.
“Eddie Caster, Willis D. Whittaker e George Alexander Windsor”, lesse dallo schermo. “Tutti colpiti alla testa da un’arma di piccolo calibro a diversi indirizzi in giro per la città. Niente pistole, bossoli o impronte digitali trovati sulla scena del crimine”.
Cercò suicidi nel database del Dipartimento.
C’era stato un suicidio giovedì scorso. L’uomo era morto su una barca al molo di St. Katharine Marina, sul Tamigi. Apparentemente si era verificato lunedì sera tardi o martedì mattina presto. Nessuno aveva notato il corpo fino alle 11 di mattina. Una pistola bersaglio Ruger MK IV .22 fu trovata accanto al corpo. Si era sparato una volta nella tempia sinistra a distanza ravvicinata.
Un uomo che viveva su una barca vicina riferì di essere stato svegliato da due rumori, a dieci o quindici secondi di distanza, ma tornò a dormire, senza pensarci fino a quando non trovarono il corpo di Mr. Raymond Kliver. Il rapporto era stato presentato dall’Ispettore Robert Welch.
“Ehi, Bobby”, chiamò Kendrick dall’altra parte della stanza. “Quel suicidio sul Tamigi, il ragazzo aveva ustioni da polvere sulla mano sinistra?”
“Ancora nessun rapporto dal medico legale”, disse Bobby. “Arresterai il ragazzo per omicidio, Kendrick?”
“Sì probabilmente”. Era abituato alle battute. Ci aveva fatto il callo. “Passerà tutta la vita nel blocco”.
Quell’osservazione gli fece guadagnare una risatina da Alice Templeton.
Cliccò sul database dell’autopsia e scoprì che il lavoro sul corpo di Mr. Kliver era stato appena completato. Aprì il file e lesse il rapporto. Residuo di polvere bruciata era stata trovata sulla sua mano sinistra. Una ferita da proiettile nella parte sinistra della testa, calibro piccolo, distanza ravvicinata.
Erano stati sentiti due colpi.
Nel file di Mr. Kliver c’era l’immagine di una nota dattiloscritta: ‘Quei maledetti bastardi mi hanno rovinato. Sono finito’.
Scoprì anche che l’agente Welch non aveva perquisito la casa del defunto. Il Dipartimento aveva inviato due sergenti donne all’indirizzo per denunciare la morte ai propri cari, ma aveva scoperto che l’uomo viveva da solo e non aveva parenti stretti.
Kendrick aprì il sito web del Giudice di Pace e richiese un mandato di perquisizione per l’appartamento di Mr. Kliver. Barrò la casella ‘La possibilità di prove di un crimine potrebbe essere distrutta”.
La richiesta fu approvata automaticamente. Kendrick stampò il mandato di perquisizione, quindi chiamò il laboratorio della scientifica affinché due tecnici lo accompagnassero nell’appartamento. Afferrò il cappotto e si avviò verso la porta, poi si voltò.
Notò che Alice lo guardava prendere il biglietto scritto a mano e riporlo in tasca. “Pranzo alle dodici?” pronunciò lui.
Lei sorrise e annuì.
Preoccupato delle informazioni sulla nota, si affrettò verso il magazzino delle prove nel seminterrato. Lì firmò per una serie di chiavi trovate sul corpo del suicida.
Venti minuti dopo, attese sulla curva del 176 di Calderon Road. Ben presto il furgone della scientifica si fermò e i due tecnici, vestiti con camici da laboratorio bianchi, uscirono. Recuperarono i loro kit dal retro del veicolo.
“Che cosa dobbiamo cercare, Ispettore?”
“Non sono sicuro. Voglio solo dare un’occhiata”.
“Questo posto non è stato elencato nei nostri registri, quindi nessuno di noi è mai stato qui prima”.
“Esatto”.
Bussò per essere sicuro che non ci fosse nessuno, quindi usò la chiave recuperata nel magazzino delle prove per aprire la porta. I due uomini si infilarono i loro stivaletti protettivi e indossarono guanti di lattice.
Lui si infilò i suoi stivali e li seguì dentro. Vide il divano letto a strisce marroni e nere vicino al muro della stanza principale. Non poteva andarci direttamente per non sollevare alcun sospetto, ma era ansioso di dare un’occhiata là sotto.
I tecnici eseguirono la solita routine di spolverare per le impronte e raccogliere qualcosa di insolito.
Kendrick si guardò in giro, facendo attenzione a non disturbare la procedura. Proprio quando decise di controllare il divano letto, uno degli uomini si inginocchiò per guardare sotto.
“Hey. Che cos’è questo?”
“Vedi qualcosa, Mike?”
“C’è un rigonfiamento qui sotto, Willy”. Estrasse una torcia da una tasca sul petto. “Sembra qualcosa di pesante”.
“Spostiamolo per vedere di cosa si tratta”.
Kendrick si avvicinò alle loro spalle.
Mike spinse il divano all’indietro.
“C’è qualcosa che può interessare”.
Willy si sentì intorno al rigonfiamento. “Metallo pesante, ecco cos’è”.
Aprì l’intelaiatura del divano e cadde fuori un sacco della spazzatura nero.
Prendendo la borsa agli angoli, Mike la sollevò per rovesciarne il contenuto.
Kendrick fischiò. “Santa merda!”
“Tre pistole”, disse Mike.
“Che cosa ha fatto questo ragazzo?” Willy alzò lo sguardo su Kendrick.
“Si è suicidato”. Disse Kendrick. “Con una pistola .22”.
“Tutte e tre sembrano calibro .22”.
“Veramente?”
Mike annuì mentre le inseriva con cura nelle buste delle prove.
“Anche questi”, disse Kendrick, indicando una pila di certificati azionari che aveva trovato sul bancone della cucina. Quello in alto sembrava essere stato raggomitolato, poi raddrizzato.
“Fatto, Ispettore”.
“Non appena avrete finito in laboratorio, fatemi sapere. Voglio fare qualche ricerca su quei titoli azionari”. Un’antica macchina da scrivere Remington era appoggiata su una credenza.
“Prendiamo anche la macchina da scrivere. Avrò bisogno che voi ragazzi la abbiniate alla nota del suicida”.
“Certo”, disse Willy.
* * * * *
Scipione firmò come operaio temporaneo della compagnia di pulizie degli uffici di Hollister a Dartford, nel sud-est di Londra.
Indossando la sua nuova uniforme, attese che il personale addetto alle pulizie del suo nuovo datore di lavoro iniziasse ad entrare nell’entrata posteriore dell’edificio a trentacinque piani degli uffici di Glamsky-Willers. Erano le 21:00 quando lui si ritrovò dietro l’equipaggio di trentacinque uomini e donne che entravano per iniziare il lavoro notturno.
Mentre gli altri andavano ai piani assegnati per iniziare la pulizia, Scipione si infilò i guanti di lattice e afferrò un grande bidone della spazzatura. Ci fece scivolare dentro lo zaino, quindi lo spinse verso l’ascensore merci. Prese l’ascensore nel seminterrato, dove si trovava il laboratorio di ricerca Eco-Linkway.
Consapevole delle telecamere di sicurezza, vagò per i corridoi, raccogliendo spazzatura, fino a quando non trovò una porta con il segnale di avvertimento “BIO PERICOLO” rosso e giallo. La porta aveva una spessa finestra di vetro rinforzata con filo metallico. Era l’unica porta del laboratorio con il segnale di avvertimento: era quella che voleva. Tentò di aprire la porta, aspettandosi che fosse chiusa a chiave. Lo era.
Spinse il suo carrello fino alla fine della sala e lo parcheggiò per bloccare la visuale delle telecamere.
In ginocchio dietro il carrello, usò un cacciavite a stella per rimuovere la griglia sulla presa dell’aria condizionata. Prese due bombe fumogene da quattro libbre dallo zaino, accese le micce e le gettò nel condotto dell’aria. Dopo aver sostituito la griglia, continuò a fare i suoi giri di raccolta dei rifiuti.
Attese cinque minuti per essere sicuro che il fumo nero acre stesse circolando in tutto l’edificio, poi improvvisamente si voltò, guardandosi intorno. Guardò la telecamera di sicurezza più vicina, agitando freneticamente le braccia.
“Fuoco!” urlò. “Fuoco!”
Lasciando il suo carrello vicino alla sala BIO PERICOLO, corse verso il montacarichi. Dopo aver tirato la leva dell’allarme antincendio, prese l’ascensore fino al piano principale.
Le guardie di sicurezza stavano facendo uscire tutte le persone delle pulizie fuori dalla porta principale. Lui rimase indietro, aspettando che arrivassero i pompieri.
Afferrò il primo pompiere che entrò nella porta.
“Aiutami. Fai presto. Il mio compagno è intrappolato. Porta la tua ascia. Devi tirarlo fuori”.
“Portami da lui”.
La hall si stava riempiendo di fumo nero.
Scesero con l’ascensore, poi Scipione corse davanti al pompiere dove aveva lasciato il suo carrello.
“Lì dentro! L’ho sentito urlare da lì. Puoi rompere la porta? Dobbiamo salvarlo. Ho provato a sfondare la porta, ma non ho abbastanza forza”.
“Stai indietro!” gridò il pompiere. Agitò l’ascia, ma ebbe scarso effetto sul vetro rinforzato. Oscillando di nuovo, tagliò un piccolo squarcio nel vetro.
“Fai in fretta!” Gridò Scipione. “Devi salvarlo”.
L’oscillazione successiva dell’ascia frantumò il vetro. Il pompiere allungò la mano e aprì la porta, facendo scattare l’allarme di sicurezza.
Scipione corse davanti al pompiere. “Larry!” urlò. “Dove sei?!”
Nessuna risposta.
“Vai di là”, disse Scipione. “Io vado da questa parte”.
“Certo”.
Scipione attraversò il laboratorio, ma non cercava Larry.
Alla fine arrivò a una teca di vetro contenente ciò che voleva.
Prese due fiale etichettate ‘Antrace’ dalla teca, sostituendole con le sue fiale di vetro contenenti una polvere nera inerte. Dopo aver preso una custodia di plastica piena di gommapiuma dalla tasca della giacca, sistemò con cura l’antrace nella custodia, quindi inserì la custodia in una busta con zip. Infilò i batteri mortali nella tasca del cappotto e chiuse la teca di vetro.
Corse verso la fine della stanza, gridò al pompiere: “L’hai trovato?”
“No, niente laggiù”.
“La stanza successiva. Devo averlo sentito nella stanza accanto. Andiamo”.
Quella stanza non era chiusa a chiave. Il pompiere spalancò la porta. “Larry!” urlò.
“Mio Dio”, gridò Scipione. “Che cosa gli sarà successo?”
“Vacci piano, amico. Lo troveremo”.
“Controlli l’ultima stanza. Vado a vedere se forse è uscito da un’altra parte”.
“Perfetto. Stai attento”.
Scipione prese il suo zaino dal cestino e corse attraverso il fumo verso l’ascensore.
Di sopra, corse da un altro pompiere.
“Uno dei tuoi compagni è nel seminterrato, in cerca del mio collega. Puoi andare a cercarlo e dirgli che ho trovato Larry quassù? Larry è sfuggito al pericolo. Lui è fuori. Sono troppo spaventato per tornare nel seminterrato”.
“Va bene. Vado a cercarlo. Esci prima che il fuoco raggiunga questo piano”.
“Si signore. Vado fuori”.
* * * * *
L’Ispettore Kendrick Lawless si sedette alla sua scrivania, la mattina dopo, con le tre pistole e i certificati azionari.
Il laboratorio della scientifica aveva riferito che le tre pistole erano abbinate alle tre calibro .22 recuperate dalle teste dei tre uomini assassinati. Avevano anche trovato un’impronta digitale parziale sulla canna di una delle pistole. Corrispondeva al pollice sinistro di Mr. Kliver.
Kendrick chiamò il magazzino delle prove e chiese se i certificati azionari fossero stati recuperati dalle case dei tre defunti; così era e chiese che fossero mandati nel suo ufficio.
“Alice”, disse. “Vorresti dare un’occhiata a questo?”
“Che succede, Ken?” Si avvicinò per stare accanto a lui.
“Questi certificati azionari provengono dall’appartamento di Mr. Kliver e questi altri tre set provengono dalle case degli uomini assassinati”.
“Kliver? Il suicidio?”
“Esatto”.
“Quanti certificati?” lei chiese.
“Ogni uomo ne aveva trecento e ogni certificato vale per cento azioni, per un totale di centoventimila”.
“Microsoft Corporation”, sussurrò mentre faceva click sul suo telefono. Aveva cercato i prezzi di chiusura della Borsa di New York, quindi aveva fatto un rapido calcolo. “Ai prezzi di oggi, sono oltre diciannove milioni di dollari. Mr. Kliver sarebbe stato un multimilionario, almeno sulla carta. Allora perché era così arrabbiato da sentirsi costretto ad ucciderli e uccidersi?”
“Hmm ... me lo chiedo anche io”. Kendrick trovò il numero di telefono dell’agente di cambio della Microsoft Corporation online, quindi chiamò. Dopo essersi identificato come un ufficiale di polizia, fu collegato a una donna con una voce molto piacevole.
“Sono Louise Martin. Come posso aiutarla, Ispettore Lawless?”
“Abbiamo recuperato alcuni certificati azionari Microsoft e vorrei scoprire se sono documenti validi”.
“Può darmi il primo numero seriale, per favore?”
“MS sette otto tre quattro cinque”.
“Un momento. Cercherò quel numero”.
“Va bene, si prenda il tempo necessario”.
“Hmm ... mi dia un altro numero”.
“MS sette otto tre quattro sei”.
“Ok. Quanti di questi certificati ha?”
“Milleduecento”.
“Mi dia un numero a metà della pila”.
“MS sette otto sette sei tre”, disse Kendrick.
“Questi sono tutti numeri non validi, Ispettore”.
“Veramente?”
“Sì, temo che siano contraffatti”.
“Allora ok. La ringrazio il suo aiuto, Miss Martin”.
“Prego”.
Kendrick urlò. “Sono tutti falsi”.
“Allora, Mr. Kliver”, disse Alice, “probabilmente ha scoperto che gli hanno venduto certificati azionari fasulli, sprecando tutti i suoi risparmi di una vita intera in questo affare. Sì, sarebbe stato abbastanza anche per me per farmi incazzare”.
* * * * *
“L’Ispettore Kendrick Lawless, di stanza alla stazione di polizia di Harlesden in Craven Park, ieri ha risolto tre casi di omicidio”, lesse Scipione sul giornale del mattino. “Attraverso un sapiente lavoro di polizia, e con l’aiuto del sergente Alice Templeton, ha scoperto che i tre omicidi erano collegati ad un falso schema di certificati azionari. Apparentemente, il killer ha scoperto di essere stato frodato da Eddie Caster, Willis D. Whittaker e George Alexander Windsor. Ha sparato ai tre uomini, nello stile di una esecuzione, poi Mr. Raymond Kliver si è tolto la vita”.
L’unico nome importante in tutto ciò era quello di George Alexander Windsor, duca di Gloucester, alias il numero Ventisette. Posso segnarlo fuori dalla lista.
Конец ознакомительного фрагмента.
Текст предоставлен ООО «ЛитРес».
Прочитайте эту книгу целиком, купив полную легальную версию (https://www.litres.ru/pages/biblio_book/?art=57160261) на ЛитРес.
Безопасно оплатить книгу можно банковской картой Visa, MasterCard, Maestro, со счета мобильного телефона, с платежного терминала, в салоне МТС или Связной, через PayPal, WebMoney, Яндекс.Деньги, QIWI Кошелек, бонусными картами или другим удобным Вам способом.