Preparazione Alle Abilità Di Base Dello Psicologo Clinico-Sanitario
Juan Moisés De La Serna
In questo libro vengono trattati gli aspetti basilari che deve conoscere un professionista che desideri addentrarsi nell’ambito della salute mentale, in particolare della Psicologia Clinica. In questo libro vengono trattati gli aspetti basilari che deve conoscere un professionista che desideri addentrarsi nell’ambito della salute mentale, in particolare della Psicologia Clinica. Un libro introduttivo per l’esercizio professionale che mostra le basi sopra le quali si basano la diagnosi e l’intervento in uno dei campi più richiesti della psicologia. Senza dubbio un aiuto per coloro che sono agli inizi o che sono curiosi riguardo la forma di lavoro nella pratica clinica.
Juan Moisés de la Serna
Preparazione alle abilità di base dello psicologo clinico-sanitario
Preparazione alle abilità di base dello psicologo clinico-sanitario
Scopri come iniziare nell’ambito della salute mentale
Juan Moisés de la Serna
Traduzione di Francesco Basso
Editorial Tektime
2019
“Preparazione alle abilità di base dello psicologo clinico-sanitario”
Autore Juan Moisés de la Serna
Traduzione di Francesco Basso
Prima edizione: febbraio2019
© Juan Moisés de la Serna, 2019
© Edizioni Tektime, 2019
Tutti i diritti riservati
Distribuito da Tektime
https://www.traduzionelibri.it
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Prefazione
In questo libro vengono trattati gli aspetti basilari che deve conoscere un professionista che desideri addentrarsi nell’ambito della salute mentale, in particolare della Psicologia Clinica. Un libro introduttivo per l’esercizio professionale che mostra le basi sopra le quali si basano la dignosi e l’intervento in uno dei campi più richiesti della psicologia. Senza dubbio un aiuto per coloro che sono agli inizi o che sono curiosi riguardo la forma di lavoro nella pratica clinica.
Ai miei genitori
Capitolo 1. Basi della gestione dei manuali diagnostici D.S.M.-V y C.I.E.-10
Nonostante avessimo già iniziato a vedere nel dibattito precedente di cosa trattassero i manuali di diagnosi clinica maggiormente utilizzati, in questo paragrafo si discuterà della loro struttura e modalità di funzionamento, per cui ne analizzeremo ognuno singolarmente, con la consapevolezza che diventerà il manuale di riferimento obbligatorio per poter stabilire una diagnosi al riguardo.
Prima di iniziare, sottolineare i lati positivi dell’utilizzare un manuale standardizzato, sebbene ogni professionista potrebbe affidarsi al suo proprio “sistema” di classificazione, quando un paziente viene trasferito ad un altro professionista, o nel caso in cui si debba ricoverare a causa di un grave problema, è fondamentale affinché ci sia un consenso sulla sua cartella clinica.
I sintomi di cui può soffrire una persona possono essere cronici o acuti, con i primi che fanno riferimento ad una malattia più a lungo termine, di solito con una bassa o media intensità e che sono soliti richiedere anche un più piccolo intervento di tipo psicofarmacologico.
Al contrario, quando si parla di casi acuti, si parla di momenti specifici di forte sintomatologia in una sola volta e di solito molto intensa, come ad esempio nel caso di un crollo psicotico o del Delirium tremens.
Il primo denominato Disturbi psicotici acuti e transitori riguarda (F23), secondo il C.I.E.-10:
“Gruppo eterogeneo di disturbi caratterizzati da un inizio acuto di alcuni sintomi psicotici come delirio, allucinazioni e alterazioni della percezione, e da un grave sconvolgimento del comportamento ordinario. L’inizio acuto viene definito come uno sviluppo in crescendo di un quadro clinico chiaramente anormale nell’arco di due settimane o meno. Per questi disturbi non ci sono prove di una causa biologica. Spesso ci sono perplessità e sconcerto, ma il disorientamento per quanto riguarda tempo, luogo e persona non sono sufficientemente persistenti o gravi da giustificare una diagnosi di delirio dovuto a cause biologiche (F05.-). Di solito si verifica un recupero completo in pochi mesi, spesso in poche settimane o anche giorni. Se il disturbo persiste è necessario cambiare la diagnosi. Il disturbo può essere associato oppure no a stress acuto, che viene definito come la presenza di eventi stressanti abituali che avvengono una o due settimane prima dell’inizio del quadro.
G1. Inizio acuto di deliri, allucinazioni, discorsi incomprensibili o incoerenti, o di qualsiasi combinazione tra questi. L’intervallo di tempo tra la manifestazione di un qualunque sintomo psicotico e la presentazione del disturbo, completamente evoluto, non deve superare le due settimane.
G2. Se si presentano stati transitori di perplessità, falso riconoscimento o deficit di attenzione o di concentrazione, tali stati non corrispondono ai criteri di un quadro confusionale di causa biologica, come viene specificato in F05.-, criterio A.
G3. Il disturbo non risponde a criteri di espidosi maniaci (F30.-), depressivi (F32.-), o di disturbi depressivi ricorrenti (F33.-).
G4. Non ci sono prove sufficienti di un consumo recente di sostanze psicoattive per soddisfare criteri di intossicazione (Flx.O), consumo pericoloso (Flx.l), sindrome di dipendenza (Flx.2) o di sindrome da astinenza. Il consumo continuo di alcool o droghe in quantità moderate e costanti, o con la frequenza alla quale il soggetto è abituato, non esclude necessariamente l’uso di F23. Ciò si deve stabilire in funzione del giudizio clinico e dei requisiti del progetto di investigazione in questione.
G5. Criterio di esclusione usato con maggiore frequenza. Assenza di un disturbo neurobiologico (F00-F09) o di un’alterazione metabolica grave che danneggia il sistema nervoso centrale (non è incluso il parto).
Deve essere utilizzato un quinto carattere per specificare se l’inizio acuto del disturbo è da associare ad uno stress acuto (che si produce due o meno settimane prima che si abbiano prove dei primi sintomi psicotici):
F23.xO Senza stress acuto associato.
F23.xl Con stress acuto associato.
Per motivi di ricerca è opportuno che il passaggio di un disturbo da uno stato non psicotico ad uno chiaramente psicotico sia specificato più come improvviso (inizio in 48 ore) o acuto (inizio in più di 48 ore, ma in meno di due settimane).
Per quanto riguarda il Delirium tremens, questo può manifestarsi a causa del consumo di sostanze come barbiturici o come parte del processo di astinenza quando si tratta di abbandonare la dipendenza dal consumo di alcool. Al riguardo, e secondo il C.I.E.-10:
FlO. Sindrome di astinenza dall’alcool
A. Devono verificarsi i criteri generale della sindrome da astinenza (Flx.3).
B. Tre dei seguenti segni devono essere presenti:
1. Tremore della lingua, delle palpebre o delle mani tese.
2. Sudorazione.
3. Nausea, conati o vomito.
4. Tachicardia o ipertensione.
5. Disordini psicomotori.
6. Cefalea.
7. Insonnia.
8. Malessere o debolezza.
9. Illusioni o allucinazioni provvisorie di tipo visivo, tattile o uditivo.
10. Convulsioni epilettiche.
Nota diagnostica
In presenza di delirio, la diagnosi sarà di sindrome di astinenza dall’alcool con delirio (delirium tremens) (FIOA).
Integrando questa con quella anteriore vi è una categoria specifica per i casi in cui appaia il delirio nel processo di astinenza:
F1x.4 Sindrome di astinenza con delirio
“Condizione in cui la sindrome da astinenza, definita con il quarto carattere comune .3, si complica a causa di un delirio, come viene definito in F05. Possono verificarsi anche convulsioni. Questa condizione deve essere classificata in F05.S quando si ritiene che anche fattori biologici stanno avendo un ruolo nella eziologia”.
Delirium tremens (indotto dall’alcool)
Precisamente questo delirio, che non si manifesta in tutti gli alcolisti, sarà uno degli stimoli principali al momento di abbandonare questa dipendenza, sebbene in questo processo esistano molti fattori che facilitano il non recupero e la ricaduta nella dipendenza.
Come si sta evidenziando, uno dei principali problemi delle dipendenze sono le ricadute, vale a dire ritornare a consumare alcool, nel caso della dipendenza dal bere.
E infatti, nei programmi di disintossicazione degli Allolisti Anonimi si celebrano gli anni che una persona trascorre senza bere come qualcosa di eccezionale.
Il primo anno sobrio, il secondo…sapendo che, in qualsiasi momento, si può ricadere, sebbene si siano passati anni senza assumere alcool.
Studi precedenti affermano che alcuni fattori della personalità possono aiutare a continuare a non cadere nell’alcool per molto tempo, ma quali fattori della personalità servono per evitare la ricaduta?
In questo studio pubblicato di recente sulla rivista Psychology dall’Università di Montpellier e Saint Etienne sono state analizzate due caratteristiche della personalità, la stabilità emotiva e la capacità di saper mantenere relazioni stabili, sulla base della bibliografia esistente che afferma che erano precisamente questi due fattori della personalità quelli che sono stati accertati come i migliori indicatori dell’assenza di ricadute nell’alcolismo nel corso del tempo.
È stato somministrato a tutti un questionario approfondito della personalità al fine di verificare se esistessero differenze tra i due gruppi, sapendo che l’unica spiegazione di queste ultime sarebbe stata l’aver avuto o no di recente un’esperienza con l’alcool.
I dati mostrano variazioni significative tra i due gruppi per quanto riguarda nevroticismo, cordialità e consapevolezza.
Quelli che avevano appena smesso con l’alcool mostravano livelli significativamente più alti di nevroticismo, relazionati con una maggiore instabilità emotiva, con mancanza di controllo degli impulsi, con stress e pensieri irrazionali.
I membri del gruppo che non bevevano da più tempo mostravano una maggiore cordialità, ossia mostravano una maggiore tendenza all’altruismo e disponibilità ad aiutare gli altri, aspetto fondamentale per interagire in modo positivo con gli altri e per stabilire relazioni sociali durature.
Riguardo alla consapevolezza, presente in misura maggiore nelle persone che non assumono alcool da più tempo, questa è relazionata a livelli più alti di autostima, con un’attenzione all’immagine personale e agendo in modo disinteressato per gli altri, cosa che rende più semplice lo stabilirsi di relazioni durature.
Questi tre aspetti della personalità differenti tra chi ha appena smesso con l’alcool e chi non beve da due anni spiegherebbero le differenze tra le due misure, essendo il gruppo degli astemi di lunga durata quello che mostrava una maggiore stabilità emotiva e relazioni sociali stabili.
Sebbene, come indica lo studio, pochi fattori non vanno a determinare un cambio totale di personalità, se ci si riferisce agli elementi implicati nella facilitazione della stabilità emotiva e delle relazioni sociali durature, che sono stati mostrati in precedenza come buoni indicatori dell’astinenza a lungo termine, questi piccoli cambi in alcuni fattori della personalità fanno comunque sì che non si verifichino ricadute nel caso della dipendenza dall’alcool.
Ciò che lo studio non dice, è se questo fattore di protezione contro la ricaduta delle persone che sono state dipendenti dall’alcool serve per fare una distinzione tra la popolazione a rischio oppure no di essere dipendente, cioè se è possibile sapere rifacendoci a questi fattori della personalità se la persona può essere dipendente dall’alcool molto prima che inizi a bere. Ciò sarebbe importante al momento di stabilire piani di prevenzione quasi personalizzati per la popolazione più portata, a causa dei suoi tratti caratteriali, a cedere di fronte a questo tipo di dipendenza.
Tornando al caso di questo paragrafo, vediamo ora la struttura del C.I.E.-10 in modo da prendere confidenza con questo manuale diagnostico:
La prima cosa che è necessario dire al riguardo è che fu pubblicato dall’Organizzazione Mondiale della Salute (O.M.S.) e che la sua ultima versione è del 1992.
È diviso in 22 capitoli che affrontano tutta la “problematica” della salute che può presentarsi in qualsiasi momento della vita, alcuni dei quali sono separati in base ai sistemi interessati (Gruppo XI. Malattie del sistema circolatorio; Gruppo X. Malattie del sistema respiratorio).
Riguardo alla Psicologia Clinica il paragrafo corrispondente è del codice V: disturbi mentali e del comportamento (F00-F99).
In questo paragrafo è divisa in funzione della problematica di cui si occupa:
–F00-F09. Disturbi neurobiologici, inclusi i disturbi sintomatici.
–F10-F19. Disturbi mentali e del comportamento dovuti al consumo di sostanze psicotrope.
–F20-F29. Schizofrenia, disturbi schizofrenici e deliranti.
–F30-F39. Disturbi dell’umore (emotivi).
–F40-F49. Disturbi nevrotici, disturbi relazionati allo stress e somatoformi.
–F50-F59. Sindromi del comportamento associate ad alterazioni fisiologiche e fattori fisici.
–F60-F69. Disturbi della personalità e del comportamento negli adulti.
–F70-F79. Ritardo mentale.
–F80-F89. Disturbi dello sviluppo psicologico.
–F90-F98. Disturbi emotivi e del comportamento che compaiono abitualmente nell’infanzia o nell’adolescenza.
–F99. Disturbi mentali non specificati.
A loro volta all’interno di questo gruppo vengono inclusi diversi disturbi, ad esempio, all’interno dei disturbi nevrotici, disturbi relazionati allo stress e disturbi somatoformi (F40-F49) è possibile distinguere:
–F40. Disturbi fobici dell’ansia.
–F41. Altri disturbi dell’ansia.
–F42. Disturbi ossessivo-compulsivi.
–F43. Reazione allo stress grave e disturbi di adattamento.
–F44. Disturbo di conversione dissociativo.
–F45. Disturbo somatoforme.
–F48. Altre nevrosi.
A loro volta, all’interno di ogni disturbo, si è soliti sottoclassificarne altri in funzione delle loro caratteristiche, ad esempio nel caso dei disturbi somatoformi (F45):
la manifestazione tipica di questo gruppo di disturbi è la continua presentazione di sintomi fisici, insieme ad una continua richiesta di ricerche mediche, malgrado i risultati negativi e la costante conferma da parte dei medici del fatto che questi sintomi non hanno un’origine biologica. In caso sia presente una qualsiasi infermità somatica, questa non spiega la naturalezza e l’estensione dei sintomi, o il malessere e la preoccupazione del paziente.
A loro volta i disturbi somatoformi (F45) possono suddividersi in:
–F45.0 Disturbo della somatizzazione.
–F45.1 Disturbo somatoforme indifferenziato.
–F45.2 Disturbo ipocondriaco.
–F45.3 Disfunzione vegetativa somatoforme.
–30 Cuore e sistema cardiovascolare.
–31 Tratto gastrointestinale alto.
–32 Tratto gastrointestinale basso.
–33 Sistema respiratorio.
–34 Sistema urogenitale.
–38 Altri organi e sistemi.
–F45A Disturbo del dolore persistente somatoforme.
–F45.8 Altri disturbi somatoformi.
–F45.9 Disturbo somatoforme non specificato.
Infine, per ognuno di questi sottoparagrafi vengono specificati i criteri di inclusione e di esclusione, come la sintomatologia prevedibile e la sua durata ed evoluzione, per poter stabilire in modo chiaro la relativa diagnosi. Ad esempio riguardo al disturbo della somatizzazione (F45.0):
“I tratti principali sono sintomi fisici multipli, ricorrenti e spesso mutevoli di almeno due anni di durata. La maggior parte dei pazienti hanno una lunga e complessa storia di contatti con servizi sanitari di cure primarie e specializzate, durante i quali sono state condotte diverse prove negative e operazioni espolrative infruttuose. I sintomi possono fare riferimento a qualsiasi parte o sistema del corpo. Il corso del disturbo è cronico e fluttuante, e spesso è associato ad alterazioni nella vita sociale, familiare e interpersonale. I quadri con sintomi di breve durata (meno di due anni) o poco appariscenti devono essere classificati all’interno del disturbo somatoforme indifferenziato (F45.1).
Disturbo psicosomatico multiplo
Esclude: infermità simulata (simulatori consapevoli) (276.5).
A. Deve avere precedenti di almeno due anni di segnalazioni di sintomi multipli e variabili, che non possono essere spiegati da nessun disturbo fisico rilevabile. (Qualsiasi disturbo fisico che si scopra coincidente non spiegherebbe la gravità, l’estensione, la varietà e la persistenza delle rimostranze fisiche o della disabilità sociale). Se sono presenti alcuni sintomi chiaramente dovuti ad una iperattività vegetativa, questi non costituiscono la caratteristica principale del disturbo, nel senso che non sono particolarmente persistenti e fastidiosi.
B. La preoccupazione per i sintomi provoca un malessere persistente e conduce il paziente alla ricerca di ripetute consulenze (tre o più) e controlli, tanto nei servizi di cura primaria come in quelli specializzati. In assenza di servizi medici, per motivi di accessibilità o economici, il paziente si cura da solo continuamente o effettua diverse consulenze presso guaritori locali o personale paramedico.
C. Vi è un rifiuto continuo ad accettare la riassicurazione da parte dei medici sul fatto che non esiste una causa biologica che spieghi i sintomi somatici (l’accettazione di tali precisazioni nel corso di un breve periodo, ad esempio poche settimane durante o immediatamente dopo i controlli, non esclude questa diagnosi).
D. Bisogna avere un totale di sei o più dei sintomi della seguente lista, che si verificano in almeno due gruppi differenti:
Sintomi gastrointestinali:
1. Dolore addominale;
2. Nausea;
3. Sensazioni di pienezza addominale o di meteorismo;
4. Amaro in bocca o lingua saburrale;
5. Avvisaglie di vomito o rigurgitazione di alimenti;
6. Avvisaglie di movimenti intestinali rapidi o diarrea mucosa o liquida.
Sintomi cardiovascolari:
7. Respiro affannoso senza aver compiuto sforzi;
8. Dolore toracico.
Sintomi urogenitali:
9. Disuria o segni di minzione frequente;
10. Sensazioe sgradevole ai genitali o intorno ad essi.
11. Segni di secrezioni vaginali eccessive o inusuali.
Sintomi cutanei e di dolore:
12. Segni di macchie o di decolorazione della pelle;
13. Dolore ad arti, estremità o articolazioni;
14. Sensazione sgradevole di formicolio o di arti addormentati.
E. Il criterio di esclusione utilizzato con più frequenza. I sintomi non si verificano solo nel corso di un qualche disturbo schizofrenico o collegato (F20-F29), di un disturbo dell’umore (emotivo) (F30-F39), o di un attacco di panico (F41.0).
Riguardo al D.S.M., l’ultima versione, la V, è stata pubblicata nel 2013, ed è stato redatto dall’Associazione Statunitense di Psichiatria. A differenza del C.I.E.-10 che tratta di altre patologie, il D.S.M. tratta esclusivamente la problematica relativa alla salute mentale.
Viene qui impiegata una classificazione simile, con l’indicazione del tipo di disturbo, la sua definizione, i sintomi, la prevalenza(il numero di casi per ogni mille), le conseguenze, la diagnosi differenziale, la comorbilità (presenza di altri disturbi nello stesso tempo), criteri di diagnosi.
Un’informazione più dettagliata e completa di quella offerta dal C.I.E.-10, che alcuni Paesi hanno aggiornato creando la loro “propria” versione.
Continuando con l’esempio precedente riguardo al disturbo dei sintomi somatici 300.82 (F45.1):
A. Uno o più sintomi somatici che provocano malessere o danno luogo a problemi significativi nella vita quotidiana.
B. Pensieri, sentimenti e comportamenti eccessivi relazionati a sintomi somatici associati alla prepccupazione per la salute, come viene messo in evidenza da una o più delle seguenti caratteristiche:
1. Pensieri sproporzionati e persistenti sulla gravità dei propri sintomi.
2. Grado persistentemente elevato di ansia riguardo alla propria salute o sintomi.
3. Tempo ed energia eccessivi dedicati a questi sintomi e alla preoccupazione per la salute.
C. Sebbene qualche sintomo somatico può non essere presente di continuo, lo stato sintomatico è persistente (di solito per più di sei mesi).
Uno dei vantaggi del D.S.M.-V è che riporta un paragrafo di corrispondenze dove viene specificato quale determinato disturbo corrisponde a quello del C.I.E.-10. Si parla così dei disturbi di sintomi somatici e dei disturbi relazionati (309):
300.82 (F45.1) Disturbo dei sintomi somatici (311)
300.7 (F45.21) Disturbo di ansia da infermità (315)
300.11 Disturbo di conversione (disturbo dei sintomi neurologici funzionali) (318) Specificare il tipo di sintomo:
(F44.4) Con debolezza o paralisi
(F44.4) Con movimento anomalo
(F44.4) Con disturbi di deglutizione
(F44.4) Con disturbi del linguaggio
(F44.5) Con attacchi o convulsioni
(F44.6) Con anestesia o perdita dei sensi
(F44.6) Con sintomi sensoriali speciali
(F44.7) Con sintomi misti
316 (F54) Fattori psicologici che influiscono su altri disturbi medici (322)
300.19 (F68.10) Disturbo artificiale (include il disturbo artificiale applicato a sé stessi e il disturbo artificiale applicato agli altri) (324)
300.89 (F45.8) Altro disturbo dei sintomi somatici e disturbi relazionati specifici (327)
300.82 (F45.9) Disturbo dei sintomi somatici e disturbi relazionati non specificati (327).
Capitolo 2. Il paziente in consultazione, gestione del colloquio clinico
Sebbene il termine di intervista clinica non si limita esclusivamente all’ambito della psicologia, noi lo intenderemo in questo modo. Detto questo, si può definire l’intervista clinica come il luogo di incontro tra lo psicologo clinico e il paziente, in cui possono inoltre intervenire altri professionisti come oseervatori o i parenti del paziente.
Bisogna tenere in considerazione che, quando si tratta di un minore, deve essere presente in tutti i casi un familiare o un tutore dello stesso, dal momento che questi è colui che sarà responsabile dello svolgimento del trattamento.
Riguardo agli accompagnatori del paziente, di solito questi variano in funzione del rapporto di parentela, ma anche dell’età del paziente, che può presentarsi con il suo partner, con i genitori, o anche con qualche amico.
Bisogna tenere in considerazione che nell’intervista clinica si cerca di compiere determinati obiettivi a seconda della tappa in cui questa si trovi:
– Nella prima intervista, avviene l’esplorazione della persona, prestando particolare attenzione alle domande di quest’ultima, ma anche ai sintomi che manifesta. Di solito in questa prima intervista si può stabilire la diagnosi se il caso è “chiaro”, mentre in caso contrario si possono richiedere nuove “interviste” finché non si riesce a stabilire la diagnosi corrispondente.
– Una volta stabilita la diagnosi, si stabilisce l’obiettivodella terapia, che può essere quello di ridurre la sintomatologia, apprendere tecniche di compensazione o la cura, quando questa sia possibile. Allo stesso modo si stabilirà una forma di lavoro (familiare, di gruppo o individuale) e una frequenza della terapia (una volta a settimana, due volte a settimana…).
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