L'Allenatore Di Calcio
Marco Bruno
guida per allenatori di calcio di ogni categoria o livello
guida per allenatori di calcio di ogni categoria o livello. dai principi fondamentali per lo sviluppo del giovane calciatore alle nozioni di tattica, sistemi e modelli di gioco.
descrive le varie capacità condizionali e come vanno allenate in relazione all'età dell'atleta. il tutto con esempi di esercitazioni e consigli utili
Marco Bruno
L’allenatore di calcio
La sensazione di piacere nel indossare le scarpette, l’odore dell’erba appena tagliata a inizio stagione; I sacchetti di plastica ai piedi per non fare entrare l’acqua durante gli allenamenti sotto la pioggia battente. Gli amici che lo sono per una sola stagione, ma lo rimangono per sempre. Crescere con un sogno e non riuscire a realizzarlo completamente e poi accorgersi che il motivo era perchè la mia vocazione era quella di allenare. Piccoli e grandi. Con una inaspettata naturalezza. Probabilmente il talento che mi mancava da giocatore lo avevo come allenatore. O forse neanche qui posso dire di averne…la strada per arrivare ad ottenere ciò che desideri spesso è incredibilmente tortuosa e ti ci potresti anche perdere. Con le scarpette o con un fischietto, la passione è la stessa. E quando è la passione ad accompagnarti, non puoi mai perderti
Che cos’è il calcio
Il calcio è un gioco semplice e facilmente comprensibile nelle sue regole e nel suo svolgimento. Può essere praticato da chiunque perché non esige una particolare struttura fisica o determinate doti atletiche; consente all’atleta un’ampia libertà di movimenti e quindi la possibilità di esprimersi al meglio di se stesso.
Per questo, il gioco del calcio è definito attività libera che, partendo da una tecnica di base commune, permette a tutti di esprimere la propria personalità ed il proprio stile; tuttavia è un’attività incerta, legata alla legge del caso, di cui è impossibile prevederne lo svolgimento.
Filosoficamente il calcio è un’avventura sempre nuova e piena d’interesse che può diventare spettacolare; è un’attività del presente, perché il giocatore costruisce durante ogni partita il suo avvenire, il passato non conta.
Il calcio piace
Perché è un gioco semplice
Può essere praticato da tutti
È un’attività libera
È un’attività incerta.
È un’avventura
È un’attività del presente
Esistono fattori che ritengo fondamentali su cui lavorare per poter formare un calciatore in tutte le sue caratteristiche: tecniche, tattiche, fisiche, psichiche, sociali. Ovviamente bisogna chiarire sin da subito che allenare un giovane calciatore è completamente differente dall’allenare un calciatore adulto. Per questo motivo è preferibile parlare di formazione del giovane calciatore prima, e di allenamento del calciatore adulto poi.
In questi anni l’errore che ho visto commettere più frequentemente da allenatori di settori giovanili è stato (e contiunua ad essere) quello di allenare giovani e bambini come se si stessero allenando adulti.
I PRINCIPI DELL'ALLENAMENTO
Ogni allenatore quando si accinge ad assumere la responsabilità della guida di una squadra deve avere ben chiaro il significato della parola "allenamento". In modo estremamente generale, l’allenamento è un processo che produce un cambiamento fisico, motorio, cognitivo e affettivo.
L’allenamento sportivo dell’atleta è:
● preparazione fisica,
● preparazione tecnico-tattica,
● preparazione intellettuale, psichica e morale
Tutto questo viene realizzato attraverso esercizi fisici. Possiamo quindi definire l’allenamento come "l'insieme di tutti gli interventi diretti al miglioramento dei fattori modificabili che influenzano la prestazione per ottenere il migliore rendimento".
I fattori sui quali è possibile intervenire sono molteplici, possiamo parlare di:
– allenamento delle capacità fisiche;
– allenamento delle capacità tecniche;
– allenamento delle capacità tattiche;
– allenamento delle capacità psichiche.
Non è possibile intervenire su una sola di esse senza influenzare positivamente o negativamente le altre.
Se gli stimoli allenanti sono vari e indirizzati a tutte le capacità, l’organismo viene confuso e non sa quale risposta dare a tali sollecitazioni. Nell’allenamento, l’abbinamento di più capacità non provoca una somma di adattamenti ma al contrario provoca una sottrazione di adattamenti. Pertanto l’allenatore non deve allenare sempre tutto, perché altrimenti allenerebbe male, poco o niente. I fisiologi dell’esercizio fisico si sono sempre interessati agli adattamenti del nostro organismo alla esposizione cronica all’esercizio fisico (allenamento) ed in particolare:
al principio della soggettività, secondo il quale il programma di allenamento va stabilito tenendo conto di possibili variazioni da soggetto a soggetto. Persone diverse rispondono in modo diverso ad un o stesso programma di allenamento.
al principio della specificità, secondo il quale l’allenamento deve riflettere perfettamente il tipo di attività motoria svolta, al fine di ottimizzarne i benefici. Un sollevatore di pesi non può allenarsi con la corsa prolungata.
al principio della reversibilità, secondo il quale i benefici dell’allenamento si perdono quando l’allenamento viene interrotto o diminuito. Per lunghe interruzioni conviene suggerire sempre attività di mantenimento.
al principio del sovraccarico progressivo, secondo il quale bisogna stimolare l’organismo (muscoli, sistema cardiovascolare) con carichi progressivamente crescenti man mano che l’organismo si adatta.
al principio del “difficile/facile”, secondo cui periodi di allenamento intenso “difficile” (carico o incremento), devono essere seguiti da un periodo di allenamento “facile” (scarico o assimilazione) per consentire all’organismo di recuperare ed adattarsi prima di affrontare l’incremento successivo.
al principio della periodizzazione, inteso come programmazione di megacicli, macrocicli, mesocicli e microcicli, nell’ambito dei quali verranno variati intensità e volume di carico e tipi di allenamento per la ricerca continua di migliori condizioni di forma.
Molti atleti vengono sovrallenati, e quando la loro prestazione peggiora a causa dell’overtraining, li si allena di più, perché si ritiene che il maggior allenamento sia relazionato al miglioramento. (J.H Wilmore–D. L. Costill , 2005).
L'allenamento, invece sarà tanto più efficace e preciso quanto più completi e finalizzati saranno gli interventi sulle parti che lo compongono. Nel gioco del calcio purtroppo avvengono ancora casi in cui l’allenamento è limitato a "qualche giro di campo, partitella e tiri in porta". Non c’è niente che può sostituire la pratica, tutte le teorie restano astratte se non riescono ad illuminare i concetti formatisi nell’esperienza pratica. La complessità del gioco del calcio richiede interventi precisi, qualificati e studiati.
Il problema più difficile da affrontare è quello di stabilire la tipologia, la qualità e l'intensità del lavoro da proporre ai giocatori e verificare il loro grado d’adattamento ai carichi d’allenamento (ALLENABILITÀ).
L’allenabilità è un parametro dinamico che dipende da fattori personali interni ed esterni, può manifestarsi in modi diversi nei vari sistemi funzionali ed organici dello stesso soggetto. Nell’età infantile e nell’adolescenza, un ruolo fondamentale è svolto dalle così dette “fasi sensibili” (Martin, 1982), vale a dire quei periodi della crescita che sono particolarmente favorevoli allo sviluppo e alla formazione di abilità e capacità decisive per la prestazione motoria-sportiva. Applicando tutti i principi dell'allenamento, occorre predisporre un programma di lavoro che si adatti ai giocatori che lo devono eseguire e al tipo di gioco che l'allenatore intende impostare. L’allenatore deve sempre tenere presente la domanda “cosa devo fare e in quale momento”.
Cerchiamo quindi di chiarire quali sono:
– i principi dell'apprendimento (come apprende il calciatore);
– i principi dell'insegnamento (come deve insegnare l'allenatore).
Lo scopo principale deve essere quello di indurre cambiamenti positivi nel comportamento e nelle abitudini di vita. Il comportamento umano si distingue in:
azioni innate, che non dobbiamo apprendere e che non richiedono alcuna precedente esperienza;
azioni scoperte, che scopriamo da soli mediante un processo personale di prova-erroreriprova;
azioni assimilate, che acquisiamo da altri individui con un inconscio processo di emulazione;
azioni apprese, che ci devono essere insegnate e richiedono uno sforzo volontario, basato su un’osservazione analitica precisa.
I principi dell'apprendimento
L’affermazione che “se un calciatore si allena, migliora e perfeziona le sue capacità” non è affatto vera, perché l'allenamento determina comportamenti ed adattamenti sia che esso venga condotto in modo adeguato che inadeguato. Non tutti gli adattamenti e i comportamenti sono utili per la realizzazione delle diverse attività sportive.
Un efficace allenamento ed un altrettanto efficace apprendimento nel gioco del calcio sono molto legati alla formazione d’atteggiamenti, d’abitudini e di movimenti corretti.
Primo, in ordine d’importanza, è l'atteggiamento verso l'apprendimento, sia da parte dell'allenatore che del giocatore. Questo atteggiamento dovrebbe essere caratterizzato da due qualità:
– mentalità aperta;
– mentalità avida di sapere.
Atteggiamenti mentali essenziali per ricevere e valutare nuove idee ed applicarle, per mettersi continuamente in discussione, più semplicemente per aggiornarsi continuamente.
Non tutte le idee sono buone quindi è un errore accettare subito una nuova idea basandosi sul solo criterio della novità, com’è un errore non darle credito senza valutarla.
Alcuni sport richiedono in modo predominante la cura degli aspetti tecnici, altri di quelli atletici: il gioco del calcio è uno sport dove è più importante la capacità di giudizio.
A questa conclusione si arriva con una semplice analisi:
– una partita di calcio dura 90';
– la palla è in gioco per circa 60';
– nei 60' si presume che ciascuna squadra abbia il possesso di palla per almeno 30';
– durante questi 30' la palla è spesso in volo e al di fuori della portata dei giocatori;
– ogni singolo giocatore in media non può avere il possesso di palla per più di 2'o 3'.
Dopo quest’analisi viene spontanea una domanda:
cosa fa il giocatore negli altri 57'– 58' in cui la palla è in gioco?
La risposta è:
applica le proprie capacità di giudizio, prende delle decisioni e fa delle scelte.
Osserviamo poi che il calcio è uno degli sport dagli aspetti più mutevoli, sia perché i giocatori e la palla possono muoversi attraverso tutto il campo, sia perché le regole da rispettare sono poche, capiamo che le situazioni cambiano rapidamente e richiedono da parte dei giocatori rapidità d’esecuzione e concentrazione. Tutto ciò ci riporta al problema fondamentale che non è come si allena, ma piuttosto come impara un calciatore.
Per stimolare i calciatori con successo l'allenatore deve prendere in considerazione i seguenti fattori:
1) l'interessamento: il giocatore poco interessato e motivato, dedica scarso impegno alle attività proposte.
2) l'entusiasmo: il giocatore che manca d’entusiasmo non è utile a se stesso e al gruppo.
3) la collaborazione: lavorare insieme al gruppo per il raggiungimento dello scopo comune.
4) l’esempio: vedere giocare dei campioni o meglio vedendo corrette azioni di gioco, mediante l'uso di filmati si possono apportare miglioramenti all'apprendimento, sia sugli atteggiamenti che sulle abitudini.
5) la frequenza agli allenamenti: la qualità dell'allenamento è più importante della frequenza. In presenza di qualità, più tempo sarà dedicato all'allenamento maggiori saranno i miglioramenti.
6) la consapevolezza dei miglioramenti: chi ottiene buoni miglioramenti si allena più volentieri. In un allenamento ben realizzato i calciatori si rendono conto dei progressi ottenuti.
7) l'agonismo: per sviluppare le proprie abilità è necessaria una continua ricerca di superamento delle proprie capacità e dei propri limiti. I calciatori miglioreranno se saranno loro posti compiti sempre più impegnativi a condizione che non siano troppo difficili.
8) la fiducia: gli allenatori dovrebbero insegnare ai calciatori ad avere fiducia, ma soprattutto incoraggiarli e coltivare speranze ed ambizioni realizzabili.
Dopo avere stabilito come il calciatore impara, bisogna stabilire cosa ha bisogno di imparare nell’allenamento calcistico.
Quattro sono le aree dell'allenamento calcistico:
– la tecnica e la tattica (capacità coordinative);
– la condizione fisica (capacità condizionali);
– la comprensione (cosa fare e cosa non fare);
– la condizione psico-sociale (comportamenti).
1) La tecnica e la tattica: sono gli strumenti del mestiere, quanto migliori saranno tanto più efficaci, utili e sorprendenti saranno i risultati raggiunti.
2) La condizione fisica: le abilità non sono realizzabili se non sono accompagnate da una buona condizione fisica. Questo sarà l'argomento predominante delle nostre lezioni.
3) La comprensione: consiste nel capire ciò che si può fare e ciò che è necessario fare e distingue il buon calciatore dagli altri a parità di condizione fisica e tecnico-tattica. Tentare qualche cosa che si sa di non poter fare, è tanto grave quanto fare qualche cosa bene nel momento sbagliato.
La comprensione richiede:
– Conoscenza dei principi del gioco e delle regole;
– Intuizione di quello che sta per succedere;
– Decisione di scelta su ciò che è meglio fare;
– Percezione di spazio e tempo;
– Azione, esecuzione pronta e immediata di ciò che si è scelto.
4) La condizione psico-sociale: saper stare all’interno di un gruppo (squadra), accettando le diversità (abilità, comportamenti, capacità fisiche, esperienze …..) collaborando per il raggiungimento dello scopo comune è una condizione indispensabile per completare le altre.
Prima di iniziare la trattazione degli elementi fondamentali per il raggiungimento di una buona condizione fisica è necessario rilevare brevemente come deve insegnare l'allenatore ed i principi su cui si basa un’efficace azione allenante.
I principi dell'insegnamento
I principi o regole dell’insegnamento sportivo servono a rendere ottimale la capacità metodica d’azione d’allenatori ed atleti. Tali principi si riferiscono a tutti gli aspetti e compiti dell’insegnamento, del quale determinano contenuti, metodi e organizzazione.
1) Conoscere la materia: bisogna conoscere il calcio dal punto di vista tecnico, tattico, i principi della preparazione fisica, non farsi influenzare da fattori esterni, ambientali, in genere emotivi ed impedire che ne siano influenzati i calciatori.
2) Conoscere come si apprende: senza conoscere i principi dell'apprendimento che abbiamo elencato prima non è possibile effettuare un proficuo allenamento.
3) Conoscere i fattori chiave dell'insegnamento: i fattori chiave dell'insegnamento sono:
a) lo scopo: riguarda obiettivi che di solito sono a medio e lungo termine, per esempio il miglioramento del gioco d’attacco della squadra oppure il miglioramento della forza. Dallo scopo emergono gli obiettivi a breve termine.
b) gli obiettivi: riguardano:
– il gioco con la palla (passaggi, controlli, triangolazioni, ecc.);
– il gioco senza palla ( movimento combinato, azioni di sostegno, incrociate, ecc.).
Non si può insegnare tutto in una volta, ma determinare un ordine di priorità e una sequenza logica d’allenamento.
c) l’ordine di priorità e la sequenza logica – non si possono insegnare efficacemente diversi aspetti del gioco in una volta;
– tra due fattori uno avrà sempre una precedenza logica sull'altro. Se non si rispetta una sequenza logica, diventa tutto più difficile. Lo stesso avviene se s’insiste ad insegnare cose giuste, ma al momento sbagliato. Molta attenzione deve essere posta alla progettazione e all’organizzazione.
d) la progettazione e l’organizzazione:
la progettazione comporta il miglior uso delle attrezzature e deve essere fatta in anticipo per dare luogo alla migliore organizzazione possibile.
L'organizzazione di un efficace seduta d’allenamento, prevede:
● la scelta della zona del campo da utilizzare per l'allenamento;
● il giusto numero di giocatori che partecipano;
● un allenamento realistico (i giocatori devono essere impiegati nelle loro posizioni reali e negli esercizi dovrebbero giocare in modo realistico; le porte devono essere sempre di grandezza regolare perché i due aspetti essenziali del calcio sono i tiri e la segnatura delle reti);
● un adeguato inizio dell'esercizio e qualità dei passaggi (molti allenamenti si trascinano stancamente perché viene data poca attenzione al modo di iniziare l'esercizio e i passaggi sono poco curati);
● semplicità e chiarezza (tutti i giocatori devono ben comprendere ciò che si vuole fare ed ottenere con quel tipo d’allenamento).
e) la capacità d’osservazione: l'osservazione di una seduta d’allenamento deve portare il tecnico a capire se:
– gli allenamenti si svolgono in modo conforme all'organizzazione;
– l'atteggiamento dei giocatori è stimolato ed interessato;
– l'azione del gioco collettivo raggiunge lo scopo;
– l'azione specifica dei singoli è proficua per il lavoro di gruppo.
Se tutto questo non viene raggiunto, bisogna porsi delle domande:
– fisicamente il giocatore è in grado di svolgere quel compito?
se la risposta è "no", non c'è ragione di continuare l'esercizio.
– l'esercizio spaventa il giocatore?
se la risposta è "si" conviene partire da esercizi più semplici ed incoraggiare maggiormente il giocatore.
– è un problema tecnico?
– di quale tecnica si tratta?
assicurarsi che il giocatore capisca dove sbaglia e spiegare come fare in modo corretto ed esercitarlo in tale senso.
– è un problema tattico?
1. mancanza di comprensione (isolare e spiegare le singole parti);
2. mancanza d’intuizione (il giocatore non vede l'azione che si svolge per tre motivi:
– azione troppo affollata;
– azione troppo veloce;
– gioca a testa bassa.
1. mancanza d’applicazione (il giocatore comprende ciò che si vuole da lui, ma sbaglia l'esecuzione perché cerca di realizzare cose troppo difficili).
f) La comunicazione: tutto quello che è stato detto sinora conta poco se l'allenatore non è capace di comunicare. Un allenatore può comunicare in due modi:
1. tramite la dimostrazione evidenziando le seguenti qualità:
– azioni di gioco corrette;
– azioni svolte in modo semplice;
– dimostrazione chiara, evidenziando il fattore principale;
– stabilire un obiettivo minimo;
1. tramite la parola: la comunicazione tramite la parola è molto importante, ma dipende dalla convinzione con cui parla l'allenatore. L'allenatore prima di parlare, deve pensare per un momento a ciò che deve dire per essere certo del significato delle parole, deve evitare parole o discorsi complicati e guardare gli ascoltatori mentre parla. Infine deve parlare sempre in chiave positiva perché è più efficace dire "fai questo" invece di dire "hai sbagliato a fare questo".
La comunicazione in cifre
Il 70% della nostra vita lo passiamo a comunicare verbalmente. Questo tempo è così ripartito:
per ascoltare 45%
per parlare 30%
per leggere 15%
per scrivere 10%
Di tutto questo riusciamo a ricordare:
di ciò che leggiamo il 10%
di ciò che ascoltiamo il 20%
di ciò che osserviamo il 30%
di ciò che ascoltiamo e osserviamo il 50%
di ciò che diciamo il 80%
di ciò che spieghiamo il 90%
In una conversazione riusciamo:
a sentire il 50% di ciò che si dice;
ad ascoltare il 50% di ciò che si sente (solo il 25%);
a comprendere il 50% di ciò che ascoltiamo (solo il 12,5%);
a credere il 50% di ciò che comprendiamo (solo il 6,25%);
a ricordare il 50% di ciò che crediamo (solo il 3,125%).
Quante volte abbiamo parlato a lungo con i nostri atleti?
Cosa è rimasto delle nostre parole?
il 3,125% !!!!!!!!!!
Tutto il resto viene dimenticato
Allenare significa comunicare. Alcuni parlano ma comunicano poco e stentano ad entrare in relazione, altri invece, parlano troppo e lasciano poco tempo all’ascolto.
Ogni insegnante deve tener sempre presente l’importanza della sequenza:
ASCOLTO = DIMENTICO
VEDO = RICORDO
ESEGUO = IMPARO
L'insegnamento durante il gioco
L'allenatore deve essere molto abile ed attento nelle partite d’allenamento. La partita d’allenamento rappresenta il culmine della seduta, lo sviluppo finale di una buona azione di gioco di squadra. Le tecniche e gli esercizi a piccoli gruppi sono come pezzi di un mosaico ed insegnare a metterli in pratica durante la partita è come cercare di completare il mosaico. Aspettarsi che quei pezzi vadano da soli al loro posto, è eccessivo ottimismo. Per ottenere soddisfacenti e utili risultati, conviene stabilire:
– cosa insegnare;
– dove insegnare;
– come insegnare.
1)Cosa insegnare:
bisogna dedicarsi principalmente ad obiettivi rivolti al miglioramento del gioco di squadra.
Difesa: ridurre tempo e spazio; contrastare e coprire; difesa in massa.
Attacco: creazione e sfruttamento di spazi; passaggi e movimenti; attacco in massa.
Questo indipendentemente da una strategia di gioco. Ogni giocatore deve apprendere a comportarsi efficacemente in ogni situazione
Abituare i giocatori ad effettuare il giusto calcolo:
– tra sicurezza e rischio;
– delle possibilità; saper scegliere ed eseguire ciò che riesce meglio in una particolare situazione. (scelta migliore)
2)Dove insegnare:
i giocatori devono esercitarsi a realizzare azioni di gioco in ogni parte del campo. I miglioramenti del gioco di squadra in attacco dovrebbero ottenersi a partire dalla tre quarti difensiva del campo, allo stesso modo il miglioramento del sistema difensivo dovrebbe ottenersi partendo dalla tre quarti d’attacco. Ritengo che sia opportuno effettuare esercitazioni situazionali nelle diverse zone del campo ossia nelle zone dove vogliamo che questi comportamenti vengano eseguiti realmente in partita.
3)Come insegnare: i metodi che stanno alla base dell'insegnamento, sono:
– controllo del gioco (es. se una squadra deve allenarsi a creare spazi sulla fascia centrale del campo allora l'allenamento deve limitarsi a quella zona);
– condizioni di gioco (es. se ci si deve concentrare sul passaggio veloce bisogna imporre il gioco di prima, ove possibile, e comunque un continuo movimento senza palla in anticipo sulla decisione del compagno per potergli dare la soluzione di passaggio ancora prima che riceva palla. Se si richiede uno scatto sull'appoggio bisogna imporre che il giocatore debba superare di corsa il compagno al quale ha passato la palla);
– bloccare il gioco. E' un metodo per dimostrare ai giocatori i vantaggi e gli svantaggi delle loro posizioni.
A questo proposito è necessario che:
a) sia fissato un segnale noto a tutti per bloccare il gioco (es. due colpi di fischietto, ma su questo punto sono convinto che il segnale debba essere necessariamente visivo in quanto in partita l’allenatore non può utilizzare il fischietto e quindi I giocatori devono riconoscere visivamente una situazione commune a tutti in modo che nel riconoscerla, tutti si comportino come stabilito in allenamento);
b) i giocatori si fermino per non alterare la situazione di gioco che si vuole correggere (conviene fermare il gioco per porre l’accento il tema trattato, ma non per trattare temi diversi).
– correggere e riprovare: dopo avere fermato il gioco è importante fare riprovare nel modo corretto quello che è stato fatto nel modo sbagliato.
– pensare ad alta voce: si tratta di un metodo mediante il quale l'allenatore pensa ad alta voce al posto del giocatore, anticipando le sue azioni. Questo metodo si usa spesso per rendere più efficace la ripetizione correttiva.
L’ALLENAMENTO E LA CRESCITA
Mediante l’allenamento si persegue il miglioramento delle capacità motorie. Alcune capacità possono essere allenate e migliorate altre possono essere educate e trasformate. Abbiamo già detto che non è possibile intervenire su una sola di esse senza influenzare positivamente o negativamente le altre. Nei giochi sportivi è significativa l'influenza delle varie capacità sull'efficacia del gesto sportivo, questo fatto ha prodotto la nozione di "regime di manifestazione". Il regime di manifestazione rappresenta il modo di manifestarsi di una capacità motoria (es. la resistenza in regime di velocità; la velocità in regime di forza), rappresenta anche il modo di manifestarsi nella mescolanza dei fattori dell'allenamento (es. la preparazione fisica nel regime tecnico, la preparazione tecnica nel regime tattico).
Le componenti della preparazione fisico-motoria sono:
– la preparazione fisica generale e multilaterale, che realizzata in modo particolare e globale, è particolarmente rivolta alle grandi funzioni dell'organismo, è molto adatta ai giovani;
– la preparazione fisica specifica, che s’indirizza sulle funzioni e sulla motricità proprie d’ogni gioco sportivo corrispondenti alle sollecitazioni delle prestazioni di gara, da conseguire dopo il ciclo preparatorio giovanile.
La figura mostra che le prestazioni del calciatore o meglio la sua efficienza in una gara dipendono da molteplici abilità, capacità e qualità, che s’influenzano a vicenda.
Componenti delle capacità di prestazione del calciatore(Weineck-Erlangen, 1994)
La figura mostra che le prestazioni del calciatore o meglio la sua efficienza in una gara dipendono da molteplici abilità, capacità e qualità, che si influenzano a vicenda.
Nella struttura del rendimento rappresentata nella figura precedente, le capacità condizionali sono fondamentali, perché forniscono la base per una prestazione tecnica, tattica e psichica stabile durante la gara (Stiehler-Kinzag-Döbler, 1988).
Per affrontare seriamente i problemi dell’allenamento bisogna impostare tre operazioni: La prima consiste nel definire le qualità fisiche dominanti nel gioco del calcio:
– la resistenza in regime di forza;
– la velocità (accelerazione);
– la destrezza (capacità di apprendere ed eseguire velocemente movimenti complessi).
Con la seconda, definire le caratteristiche dello sforzo specifico richiesto nel gioco del calcio. Lo sforzo fisico è caratterizzato in generale dai seguenti parametri:
● intensità;
● durata;
● complessità;
● processi metabolici per la produzione d’energia.
Dal punto di vista dell'intensità lo sforzo può essere:
Intensità Frequenza cardiaca Battiti/minute Frequenza respiratoria Atti/minuto
Massimo Superiore a 210 Superiore a 40 – 50
Massimale Tra 200 – 210 Tra 35 – 40
Submassimale Tra 180 – 200 Tra 30 – 40
Grande Tra 120 – 180 Tra 25 – 35
Moderato Inferiore a 120 Inferiore a 25
L’intensità dell’esercizio fisico deve essere relazionato all’età anagrafica del soggetto; per soggetti adulti una indicazione da seguire è quella di considerare la frequenza pulsatoria massima da raggiungere rispettando:
le formule di Cooper:
FC max = 220 – età per le donne
FC max = 205-(età/2) per gli uomini
oppure la formula di Karvonen: FC max = 220 – frequenza a riposo
o meglio ancora, la formula di Tanaka: FC max = 208 – (0,7 x età)
bisogna ricordare che:
– tra il 50-60% della FC max, si realizza un lavoro moderato;
– tra il 60-70% della FC max, si realizza un lavoro grande, detto anche (cardiotraining);
– tra il 70-80% della FC max, si realizza un lavoro submassimale aerobico vicino alla soglia;
– tra l’80-90% della FC max, si realizza un lavoro massimale anaerobico;
– oltre il 90% si realizza un lavoro massimo (poco consigliato).
Dal punto di vista della durata lo sforzo può essere:
● breve o lungo;
● continuo o variabile;
● con o senza interruzione.
Dal punto di vista della complessità lo sforzo può essere:
● semplice (es. la maratona);
● complesso (es. il calcio).
Dal punto di vista dei processi metabolici di produzione d’energia lo sforzo può essere:
● aerobico;
● anaerobico;
● misto.
Per il calcio, lo sforzo specifico è considerato:
Per intensità:
–submassimale (freq.card. 180/200 – freq.resp. 30/40)
Per durata:
–variabile con numerose interruzioni
Per complessità:
–complesso poiché ricorre a qualità fisiche diverse (velocità, forza, ecc.) ad azioni tecniche, tattiche, con situazioni di scontro fisico.
Per processi metabolici:
– misto, con notevole impegno anaerobico alattacido
La terza operazione è quella di stabilire la crescita e la diminuzione degli sforzi durante l'allenamento
in pratica stabilire il piano d’allenamento e il programma di preparazione fisica.
L’obiettivo centrale d’ogni allenamento calcistico deve essere il miglioramento delle capacità d’agire del calciatore(Bisanz-Gerisch, 1990). Quest’affermazione serve a ridimensionare l’importanza dei fattori di condizione per evitare una loro sopravalutazione e sottovalutazione eccessiva nell’allenamento. In un mirato allenamento calcistico si cercherà di favorire un esercizio della velocità d’azione che si orienti alla pratica del gioco tenendo sempre conto di tutti i fattori di prestazione a livello psicofisico, tecnico-tattico e sociale. Le seguenti citazioni dimostrano che una teoria specifica dell’allenamento calcistico si deve basare sulle esigenze della gara e che l’allenamento della condizione deve assimilarsi alla pratica del gioco o possibilmente integrarsi ad essa.
“Il migliore maestro per l’allenamento è la gara” (Cramer, 1987).
“Dalla gara capiamo che cosa dobbiamo allenare” (Krauspe-Rauhut-Teschner, 1990).
“Se la gara è il miglior allenamento è anche vero che un buon allenamento deve per forza avere il carattere di una gara” (Northpoth, 1988).
“Il segreto del calcio sta sempre nell’allenamento alla gara” (Beenhakker, 1990).
“L’obiettivo centrale di ogni allenamento calcistico deve essere il miglioramento della capacità di agire del giocatore” (Bisanz-Gerisch, 1990).
Da queste citazioni risulta che l’allenamento calcistico della condizione deve assimilarsi alla pratica del gioco o possibilmente integrarsi ad essa. L’allenamento non è perciò fine a se stesso ma segue l’obiettivo di “migliorare la capacità di giocare e di ottimizzare la capacità d’agire”.
Se da una parte si vuole ridimensionare l’importanza dei fattori della condizione fisica, dall’altra sarà opportuno favorire nell’allenamento calcistico un esercizio della velocità d’azione che si orienti alla pratica del gioco tenendo sempre presente tutti i fattori di prestazione a livello tecnico-tattico e psico-sociale. Questo significa che è necessario attribuire più importanza a un allenamento vicino alla pratica del gioco con metodi e mezzi sempre più specializzati. (Lottermann, 1990).
L'ALLENATORE DEVE
1) Conoscere bene gli atleti e lavorare per migliorare costantemente il loro apprendimento e la loro formazione.
2) Analizzare con gli atleti e i dirigenti, le ragioni del successo e le cause dei risultati scadenti.
3) Contribuire alla formazione del gruppo, senso di responsabilità e rispetto.
4) Indurre gli atleti a seguire un allenamento regolare.
5) Preoccuparsi dello stato di salute degli atleti.
6) Inculcare negli atleti il senso dell'attaccamento ai colori sociali e il rispetto della proprietà sociale.
7) Incoraggiare gli atleti a partecipare con impegno ad ogni allenamento.
8) Curare il proprio aggiornamento professionale.
9) Tenere una documentazione giornaliera relativa all'allenamento.
10) Preparare l'allenamento in modo da suscitare l'interesse dei calciatori per gli esercizi fisici, tecnici e tattici.
L'ALLENAMENTO DEI GIOVANI CALCIATORI
E' opportuno soffermarsi prima sui più gravi errori che sono commessi a proposito degli obiettivi dell'allenamento giovanile.
Il primo errore sta nel rapportare il giovane ad un’immagine ridotta dell'adulto senza considerare che egli ha una personalità ancora in formazione, modi di pensare ancora in evoluzione e soprattutto un fisico e capacità completamente differenti. Non è possibile trasferire nella sfera giovanile l'allenamento degli adulti, magari facendo solo attenzione a ridurre la quantità e l'intensità.
L'incremento delle capacità fisiche non può essere proposto allo stesso modo per i giovani e per gli adulti, anzi ci deve essere un’ulteriore differenziazione anche nello stesso ambito giovanile, secondo le fasce d’età.
Condurre per esempio un ciclo d’allenamenti per ragazzi di 12-13 anni (giovanissimi) avendo come obiettivo il massimo rendimento per raggiungere immediati successi, significa stravolgere lo spirito dell'allenamento stesso; infatti, il ragazzo deve essere condotto gradatamente ed a piccoli passi e negli anni verso il rendimento desiderato.
Una preparazione troppo veloce e precoce, che in genere è sempre collegata al raggiungimento di traguardi ambiziosi per gli adulti, darà notevoli risultati a breve scadenza, ma provoca sicuramente danni che quasi sempre sono irreversibili.
Quando i giovani e gli adolescenti in particolare sono sottoposti ad un eccessivo carico fisico e psicologico diminuisce la loro motivazione per quello che stanno facendo, diminuisce il loro desiderio sino a giungere ad un vero e proprio rifiuto di fronte ai primi insuccessi. Così si può capire come più volte i giovani calciatori dopo l’allenamento con la propria squadra, si ritrovino (in oratorio, in cortile o in spazi aperti) per giocare finalmente a calcio.
Un graduato e mirato allenamento conducono ad un grado più alto di preparazione fisica e atletica in età adulta e la mantiene stabile più a lungo nel tempo.
Alla conclusione del ciclo giovanile il giocatore dovrà:
avere raggiunto una giusta maturazione fisica;
avere acquisito un completo bagaglio tecnico;
avere acquisito un corretto senso tattico;
avere sviluppato le cosiddette "qualità di volontà" indispensabili per ottenere risultati duraturi e cioe’:
● disponibilità al lavoro di gruppo;
● spirito di collaborazione;
● disponibilità ad apprendere e lavorare;
● consapevolezza dei miglioramenti mediante l'impegno;
● desiderio di emergere.
Queste qualità agiscono positivamente non solo nell'ambito sportivo, ma sono di grande aiuto per affrontare la vita e le difficoltà d’ogni giorno.
Accanto a questi obiettivi primari, dobbiamo considerare altri aspetti che rivestono grande importanza per la formazione dei giovani:
– il mantenimento e la cura della salute e dell'igiene personale;
– l'organizzazione e l'occupazione del tempo libero;
– il gioco del calcio ed il relativo allenamento devono rimanere in secondo ordine rispetto alla scuola o al lavoro;
– l'allenamento non deve comportare rischi per la salute e la futura crescita del giovane;
– la gioia e la serenità devono sempre essere poste in primo piano: evitare quindi allenamenti faticosi, monotoni e ripetitivi (questo non significa che non si possono riproporre esercitazioni gia’ svolte);
– i giovani devono poter sempre ricavare dall'allenamento esperienze costruttive e socializzanti;
– insieme al gioco del calcio i giovani devono poter coltivare altri interessi soprattutto a livello culturale.
L'allenatore del settore giovanile deve sapere riconoscere un potenziale giocatore di calcio valutando le sue capacità e competenze riferite a:
TECNICA:
– globale attitudine al movimento;
– sensibilità al contatto di palla ed abilità nel suo controllo;
– buona attitudine a difendere la palla in particolari situazioni di gioco.
TATTICA:
– senso dell'orientamento;
– prontezza nella capacità di giudizio sul programmare in anticipo mosse di gioco in attacco e in difesa.
QUALITA' CARATTERIALI:
– capacità di imporsi;
– risolutezza di propositi;
– costanza di volontà;
– buon comportamento sociale;
– modestia nel sapersi mettere anche al servizio degli altri.
CARATTERISTICHE FISICHE:
– costituzione fisica che lascia intravedere un adeguato e regolare sviluppo;
– potenziali doti atletiche.
Allenare i giovani significa soprattutto riuscire ad attuare correttamente tutte le fasi della strategia generale dell'educazione:
– conoscenza dell'allievo in riferimento al suo sviluppo motorio;
– conoscenza dei problemi educativi nelle varie fasce d’età;
– valutazione continua delle variazioni indotte nella personalità e nella maturazione del giovane, dall'influenza ambientale e dall'azione educativa fisico-motoria.
L'allenatore deve attenersi, soprattutto per i giovani sino ai 14/15 anni, quanto più possibile al principio della polivalenza.
La polivalenza costituisce la via maestra per fare intraprendere agli allievi un serio, corretto e valido avviamento alla pratica sportiva; richiede:
– interventi di tipo analitico (sviluppo della percezione uditiva, visiva, coordinazione sensomotoria, dei movimenti fini);
– interventi di tipo globale (sequenze multivariate, percorsi misti, giochi polivalenti, giochi a squadre);
– interventi tempestivi (la cosa giusta al momento giusto).
Effetti di alcune discipline sportive sui giovani
(G. Frohner, 2002)
Questo porterebbe a pensare che l’insieme di queste attività possa garantire un completo sviluppo dell’individuo.
Ciò non è vero se non organizzando le attività in modo che siano integrate fra loro senza che una sia predominante sull’altra. Motive per il quale si consiglia sempre, relativamente alla formazione di un calciatore, di attuare attività polivalenti soprattutto in età prepuberale e puberale indipendentemente dallo sport che l’individuo sta praticando. Risulta importante quindi che le proposte di allenamento siano comprensive di tutti I fattori (senza dimenticarsi quale sia l’attività principale)
RESPONSABILITA’ DELL'ALLENATORE
Molti allenatori, poiché offrono gratuitamente il loro tempo, pensano di non ritenersi responsabili della crescita e della salute dei ragazzi che allenano, ma solamente del risultato sportivo della loro azione. L'allenatore di squadre giovanili è invece considerato, responsabile del danno psicologico che può arrecare ai giovani e soprattutto dei danni fisici causati dalla negligenza o dalla non conoscenza: i dirigenti (corresponsabili) dovrebbero ricordare di informare sempre l'allenatore delle sue responsabilità prima che inizi il suo lavoro.
Sarebbe importante per lo meno sapere che esisteno delle fasi della crescita in cui si sviluppano differenti caratteistiche e capacità coordinative, dette FASI SENSIBILI
Le fasi sensibili
Fasi di maggior sensibilità delle diverse capacità motorie e qualità psicofisiche nelle età dai sei ai quindici anni.
● Tra 5 e 9/10 anni sono conseguiti gli schemi motori di base; è aumentata la precisione nei movimenti
● Tra 6 e 8 anni migliora rapidamente l’equilibrio
● Tra 7 e 10 anni migliora la rapidità di movimento
● Tra 8 e 10 anni matura l’attitudine a prevedere la velocità e la direzione di oggetti in movimento
● Tra 9 e 10 anni si raggiunge la massima frequenza del passo
● Tra 9 e 11 anni si ottengono progressi nella coordinazione senso-motoria (occhio-mano, occhio-piede e dinamica generale)
● Tra 11 e12 anni viene completato lo sviluppo della lateralizzazione
● Tra 12 e 18 anni raddoppia la forza muscolare; per le ragazze dopo i 13 sostanzialmente non aumenta
● Fino a 14 anni evitare esercizi di mobilità passivi, in pratica quelli eseguiti con l’aiuto degli altri
● Dopo i 10 anni iniziare l’educazione all’allungamento muscolare e alla mobilità
Fasi della preparazione sportiva
Prima di elencare le varie fasi della preparazione sportiva è necessario ricordare che le età cronologiche indicate sono puramente schematiche, nella preparazione giovanile è molto più serio e corretto considerare le età biologiche dei vari soggetti.
Queste indicazioni sono importanti per poter stabilire quali siano le proposte di allenamento e per poter programmare le attività
Principio del carico finalizzato
(Schonborn, 1984)
La strada da percorrere nell’allenamento giovanile è quella dell’incremento graduale del carico. Gli stimoli allenanti devono essere applicati progressivamente ed in modo adeguato allo sviluppo.
La successione metodologica consigliabile è quella di aumentare:
– prima la frequenza dell’allenamento (intesa come numero si sedute);
– poi il volume (inteso come quantità di lavoro);
– infine l’intensità (intesa come velocità di esecuzione e carico).
(Ehlenz, Grosser, Zimmermann, 1983)
Secondo Martin (1982) le fasi sensibili trovano i loro momenti di maggior miglioramento nelle età indicate dagli schemi seguenti.
Non è possibile un allenamento delle capacità coordinative e condizionali che abbia la stessa efficacia in qualsiasi età: nessuna capacità può essere infatti allenata nella stessa misura in qualsiasi età (Israel 1976).
Con l’entrata nell’età puberale si registrano diminuzioni nelle prestazioni o stagnazioni in campo coordinativo (Sharma, 1993).
Nei ragazzi con sviluppo ritardato, si riscontrano prestazioni coordinative migliori rispetto a coloro che hanno uno sviluppo anticipato o normale.
I periodi dello sviluppo nei quali l’allenabilità e molto favorevole per una determinata capacità motoria o classe di compiti sportivi (ad esempio sviluppo della mobilità articolare, perfezionamento della tecnica sportiva), sono da considerare fasi sensibili per quella classe di compiti. Bisogna prestare molta attenzione al fatto che esiste una uguale sensibilità tra metodi di allenamento adeguati e inadeguati. Se non si utilizzano gli anni dell’infanzia più favorevoli per la formazione della coordinazione e della tecnica sportiva, o si permette che in essi si formino comportamenti atletici errati, le conseguenze negative saranno sicuramente più vistose e quindi più durature che in altri periodi.
Andiamo ad analizzare quali sono le capacità da sviluppare nel giovane atleta
Capacità neutre
Resistenza aerobica
È possibile svilupparla già dall’età prescolare per essere continuata nelle successive tappe evolutive, sino a giungere al periodo di “spinta” puberale che in base alle attuali conoscenze sembra essere quello più favorevole.
Capacità precoci
● Coordinative
● Rapidità di reazione e frequenza motoria
● Mobilità articolare
● Apprendimento motorio (con compiti di apprendimento che non richiedano presupposti elevati di forza massima o di forza relativa),
Capacità intermedie
Verso la fine del periodo scolare elementare e per tutta la prima fase puberale vanno considerate con attenzione crescente:
● Mobilità articolare
● Forza rapida
● Resistenza alla forza (a carico naturale)
● Rapidità di movimento, di locomozione ed accelerazione,
Capacità tardive
● Forza massima
● Resistenza anaerobica
● Forza rapida contro opposizioni
● Resistenza alla forza contro opposizioni.
Crescita, sviluppo e maturazione sono termini che servono a descrivere le modificazioni che avvengono nell’organismo fino al raggiungimento dell’età adulta:
➓ La crescita
si riferisce ad un incremento delle dimensioni complessive dell’organismo o di una qualsiasi parte del corpo.
➓ Lo sviluppo
si riferisce alla differenziazione delle cellule seguendo linee di specializzazione funzionale e alle competenze raggiunte nell’affrontare le situazioni (abilità, capacità, personalità).
➓ La maturazione
si riferisce al processo di raggiungimento della condizione biologica dell’età adulta e dalla funzionalità completa, avviene in un tempo lungo, si riferisce:
– all’età cronologica;
– all’età scheletrica;
– allo stato di maturazione sessuale. La maturità fisiologica nelle ragazze si realizza 2-3 anni prima rispetto a quella dei ragazzi.
Sinteticamente gli indicatori utili per determinare l’accrescimento del giovane sono:
La crescita Dimensioni corporee
Lo sviluppo Competenze acquisite
La maturazione Condizioni biologiche
Gli specialisti nel settore della crescita e dello sviluppo hanno dedicato molto tempo allo studio delle modificazioni della statura e del peso che accompagnano la crescita. La crescita in altezza è molto rapida nei primi due anni di vita,
A 2 anni il bambino raggiunge il 50% della sua statura che avrà da adulto. Il tasso di crescita è poi molto più lento nell’infanzia, ma appena prima della pubertà la statura aumenta in modo evidente,
il picco del tasso di crescita si verifica:
– a circa 11, 4 anni per le ragazze;
– a circa 13,4 anni per i ragazzi;
il raggiungimento dell’altezza definitiva si verifica:
– a circa 16-17 anni per le ragazze;
– a circa 18-20 anni per i ragazzi
Il picco dell’aumento del peso corporeo si verifica:
– a circa 12, 5 anni per le ragazze;
– a circa 14,5 anni per i ragazzi.
Ossa, articolazioni, cartilagini e legamenti formano il supporto della struttura del corpo; le ossa forniscono punti d’inserzione dei muscoli, proteggono i tessuti delicati e rappresentano depositi di calcio e fosforo. Tra i 14 e i 22 anni le membrane e le cartilagini vengono trasformate in osso. In un tempo altrettanto lungo, tra i 13 ed i 20 anni, avviene l’ossificazione completa delle diverse ossa. L’età prepuberale è la più indicata per rafforzare le ossa in risposta allo stimolo dell’attività fisica.
La massa muscolare aumenta regolarmente dalla nascita e fino a tutta l’adolescenza seguendo l’aumento del peso. Le ragazze raggiungono il massimo dello sviluppo muscolare tra i 16 e 20 anni, i ragazzi tra i 18 e i 25.
Ma di tutti questi argomenti parleremo in modo più specifico quando tratteremo le varie capacità motorie.
Riporto a titolo informativo due grafici sulla frequenza dei traumi al dorso e alle ginocchia nell’età giovanile causate da allenamenti non adeguati. Età compresa tra I 10 e I 18 anni
EFFETTI FISIOLOGICI DELL'ALLENAMENTO
La condizione fisica
L'organismo umano può aumentare le sue capacità funzionali in misura notevole mediante il processo fisiologico dell'allenamento.
Quando il nostro corpo è sottoposto ad un esercizio fisico di una certa intensità, immediatamente si verificano delle reazioni:
– aumento dei battiti cardiaci;
– aumento del ritmo respiratorio;
– aumento della profondità degli atti respiratori;
– aumento di secrezione di sudore.
Queste reazioni si manifestano indipendentemente dalla condizione fisica del soggetto anche se quest'ultima può determinarne il comportamento e l'entità. Si tratta di mutamenti temporanei perché non appena cessa l'esercizio fisico anche questi mutamenti regrediscono ed in poco tempo l'organismo ritorna al suo stato normale. L'intervallo di tempo per il ritorno alla normalità è di solito più breve quanto più elevata è la condizione dell'individuo.
Il termine "condizione fisica" sta ad indicare quello stato particolare per cui l'atleta si trova nella migliore disposizione, dal punto di vista fisico, per compiere una determinata prestazione.
Una delle manifestazioni tipiche della condizione fisica è l'allontanamento della "soglia della fatica".
Che cos'è la fatica? Che cos'è la soglia della fatica?
Per fatica intendiamo la diminuzione del potere funzionale di un organo, o dell'intero organismo, dovuta ad un eccesso di lavoro.
La soglia della fatica rappresenta il limite di demarcazione tra la completa efficienza e l'inizio del calo del potere funzionale.
L'allenamento attraverso molteplici attività si propone di ottenere un miglioramento delle prestazioni e di allontanare il momento dell'insorgere della fatica.
Nella pratica, l'allenamento si manifesta come una ripetizione sistematica e razionale di determinati movimenti e comportamenti con l'obiettivo di ottenere un miglioramento di prestazione.
I mutamenti strutturali e funzionali che si verificano nel nostro corpo a causa dell'allenamento, hanno una stretta relazione con il tipo di prestazione motoria che li ha provocati: ad ogni forma di movimento corrisponde un tipo d’adattamento.
In pratica avviene che nelle fasi immediatamente successive allo sforzo fisico, le strutture organiche e muscolari sollecitate a produrlo e a sopportarlo, non si limitano a superare la situazione di fatica con un ritorno alle condizioni di normalità, ma hanno una reazione ricostruttiva che le porta a superare la situazione precedente la stimolazione.
Questi momenti di supercompensazione hanno una limitata durata e progressivamente si ritorna alla situazione di normalità.
Si rende necessario provocare altre situazioni di supercompensazione prima che siano completamente esaurite le precedenti, provocare cioè una “sommatoria dell’azione allenante” (Matwejew, 1972).
Il ripetersi di queste situazioni stressanti provocherà il graduale adeguamento delle capacità atletiche, mettendo l'organismo in grado di superare carichi di lavoro con minori accumuli di fatica, oppure di esprimere prestazioni sempre più elevate. La supercompensazione non deve essere intesa da un punto di vista fisiologico ma solamente come miglioramento dell’accumulo di glicogeno.
Più grandi sono i depositi di glucosio (riserve di glicogeno) nel muscolo del calciatore, più tardi egli accuserà stanchezza e più a lungo manterrà la capacità di compiere un lavoro ad altissima intensità
(Cogan Coyle, 1989).
L'elemento basilare della prestazione calcistica per quanto riguarda l'impiego ed il consumo d’energie, è l'azione di corsa.
Gli specialisti si sono preoccupati di rilevare "quanto" corre il calciatore dilettante durante una partita; in linea generale si è verificato che tale corsa ammonta a circa 8.000 metri. Ciò non rappresenterebbe nemmeno una prestazione atletica di medio livello, se riferita esclusivamente al tempo totale di gara (90').
Un'analisi accurata del carico di lavoro, mostra che nell'ambito di questa distanza sono effettuati:
– scatti;
– arresti e frenate;
– cambiamenti di direzione;
– controlli del pallone;
– contrasti con avversari.
In altre parole, la partita di calcio è un succedersi di prestazioni diverse per tipo d’intensità secondo lo sviluppo del gioco e si verificano entro un determinato periodo di tempo. Ogni accostamento della prestazione calcistica con quelle d’altre discipline (es. atletica leggera) è veramente arbitrario ed errato. Il giocatore di calcio dal punto di vista atletico è da considerarsi solo un calciatore e basta. Gli 8.000 metri della corsa del calciatore sono così ripartiti:
– cammino 20% circa (~1.600 metri);
– corsa lenta 35% circa (~2.800 metri);
– allunghi 25% circa (~2.000 metri);
– sprint 15% circa (~1.200 metri);
– corsa all'indietro 5% circa (~ 400 metri).
I centrocampisti di solito percorrono distanze superiori rispetto a difensori ed attaccanti. Le quantità di corsa e il tipo d’andatura varia molto da ruolo a ruolo e nello stesso ruolo in relazione alle caratteristiche fisico-atletiche e soprattutto caratteriali del calciatore.
Le distanze percorse alla massima velocità variano da 3/4 metri sino a 25/30 metri, quelle più frequenti risultano essere di 10/15 metri e sono ripetute 50/60 volte.
Ritengo interessante presentare anche i risultati di uno studio sulle frequenze cardiache manifestate dai calciatori durante una gara. I valori registrati dimostrano che il calciatore non è soggetto a tensioni molto elevate.
Per ogni tempo di una partita si sono rilevate le seguenti frequenze pulsatorie:
Tali cifre inducono ad alcune considerazioni di carattere generale:
1. esistono differenze significative tra le prestazioni medie dei vari giocatori;
2. ad eccezione del centrale difensivo tutti gli altri giocatori sono sottoposti ad una vasta gamma di stimoli;
3. nei difensori e centrocampisti è prevalente il periodo d’intensità media mentre per gli attaccanti abbiamo il periodo più lungo d’intensità minima, ma anche il più lungo d’intensità massima.
Cerchiamo ora di analizzare come il movimento e l'allenamento possano produrre cambiamenti nel nostro corpo. Per comodità descriverò separatamente gli effetti del movimento prodotti sui muscoli, sulle articolazioni, sulle ossa, sugli organi interni, sulla mente ed anche sui rapporti con gli altri, ma è necessario tenere presente che spesso tali effetti si manifestano contemporaneamente.
EFFETTI SUI MUSCOLI
I muscoli sono gli organi attivi del movimento, sono infatti costituiti da fibre che in presenza d’impulsi (comandi nervosi) si contraggono. Il movimento produce sul muscolo le seguenti trasformazioni:
1. aumento del volume: il muscolo, se fatto lavorare intensamente per sollevare pesi o per vincere una resistenza, diventa più grosso e contemporaneamente aumenta la sua forza.
2. aumento della lunghezza: il muscolo mantiene o aumenta la sua lunghezza per mezzo del lavoro continuo a cui è sottoposto, l'allungamento muscolare permette di sfruttare a pieno l'ampiezza articolare.
3. aumento dei capillari: il muscolo, impegnato in un lavoro di blanda intensità, ma di lunga durata, aumenta la sua capilarizzazione ossia il numero di canaletti che fanno arrivare l'ossigeno (portato dal sangue) alle fibre muscolari. Ne consegue una migliorata capacità di rifornire il muscolo d’ossigeno: condizione che permette al muscolo di resistere più a lungo alla fatica.
4. aumento delle sostanze energetiche: il movimento permette l'aumento delle sostanze energetiche (glicogeno) necessario per la contrazione muscolare.
5. miglioramento della trasmissione degli stimoli nervosi: l'allenamento rende più veloce e precisa la trasmissione degli stimoli nervosi dal cervello ai muscoli, migliorando così la velocità e la coordinazione dei movimenti.
EFFETTI SULLE ARTICOLAZIONI
Le articolazioni costituiscono il sistema di "snodo" del nostro corpo. Permettono il movimento dei vari segmenti corporei. L'articolazione è costituita dall'unione di due ossa le cui estremità sono chiamate capi articolari. Il movimento produce sulle articolazioni le seguenti trasformazioni:
1. mantenimento della mobilità fisiologica: l'articolazione per mantenere la sua mobilità normale deve essere utilizzata al massimo delle sue possibilità di movimento.
2. aumento e recupero della mobilità: perché sia possibile recuperare la mobilità persa ed aumentare quella posseduta, è necessario utilizzare forme particolari d’allenamento e movimento.
3. irrobustimento delle capsule articolari: la capsula articolare, formata da legamenti e muscoli, ha il compito di tenere saldamente legati i capi articolari e di impedire che le articolazioni vadano fuori posto ed avvengano distorsioni o lussazioni.
EFFETTI SULLE OSSA
Le ossa costituiscono l'impalcatura del nostro corpo, assolvono il compito di protezione (il cranio protegge il cervello, la colonna vertebrale protegge il midollo) e contribuiscono, come organi passivi al movimento, allo spostamento del corpo e dei suoi arti. Il movimento produce sulle ossa le seguenti trasformazioni:
1. migliore nutrizione: l'aumentata circolazione sanguigna, provocata dall'esercizio fisico, nutre meglio il tessuto osseo rifornendolo di calcio.
2. sviluppo in lunghezza: il movimento favorisce la produzione di nuove cellule ossee, il che determina la crescita in lunghezza dell'osso stesso.
3. sviluppo in larghezza e spessore: le trazioni sulle ossa, esercitate dai muscoli durante il movimento, favoriscono lo sviluppo delle stesse in spessore e larghezza. Ne consegue un aumento della resistenza.
EFFETTI SULLA RESPIRAZIONE
Il compito dell'apparato respiratorio consiste nel rifornire d’ossigeno l'organismo e nell'eliminare l'anidride carbonica. Il movimento produce sulla respirazione i seguenti vantaggi:
1. riduzione del tempo di recupero: il soggetto allenato impiega minore tempo per tornare alla respirazione normale dopo lo sforzo.
2. minor aumento della frequenza respiratoria: il soggetto allenato, a parità di lavoro, ha una frequenza respiratoria basale più bassa rispetto al sedentario (12-16 atti al minuto).
3. aumento della capacità vitale: la capacità vitale è la quantità d'aria, misurata in litri con lo spirometro, che si riesce ad emettere con un’espirazione forzata, dopo avere fatto un’inspirazione massima.
4. aumento del tempo d’apnea: l'apnea, o sospensione volontaria del respiro, aumenta in durata nel soggetto allenato.
5. potenziamento della meccanica respiratoria: i muscoli respiratori, ed in particolar modo il diaframma, con l'esercizio aumentano la loro potenza e l'efficienza delle loro contrazioni.
EFFETTI SUL CUORE E SULLA CIRCOLAZIONE
L'apparato circolatorio è costituito dal cuore (pompa), dalla grande circolazione (arterie e vene che portano il sangue ai vari tessuti, agli organi del corpo e lo riportano al cuore), dalla piccola circolazione (che porta il sangue ai polmoni per ossigenarli e lo riporta al cuore). L'attività fisica produce evidenti effetti sul sistema cardio-circolatorio, tra questi i più espressivi, sono:
1. cambia la forma del cuore: il cuore di un atleta diventa quasi sferico.
2. il cuore diventa più grosso: aumentano di volume le cavità interne (atrii e ventricoli) e le pareti muscolari s’ispessiscono.
3. aumenta la gittata sistolica: la quantità di sangue espulsa ad ogni contrazione (sistola) del cuore è maggiore perché sono aumentati i volumi interni e la forza muscolare.
4. aumenta la portata cardiaca: la quantità di sangue messa in circolo in un minuto.
5. aumenta la frequenza cardiaca: durante il lavoro aumenta il numero delle pulsazioni al minuto. Ricordandoci che a parità di lavoro il soggetto allenato avrà un numero di pulsazioni minori grazie alla capacità del suo cuore di pompare una maggiore quantità di sangue.
6. riduzione delle pulsazioni a riposo: questo è uno degli effetti più facilmente controllabili, ma si ottiene solo grazie ad un costante e prolungato allenamento.
7. riduzione dei tempi di recupero dopo lo sforzo: il soggetto allenato ritorna più velocemente al ritmo cardiaco di riposo rispetto al soggetto sedentario.
8. aumento dei capillari del cuore: il cuore è meglio irrorato e meglio nutrito.
9. aumento dei capillari nei muscoli: l'apertura di nuovi canaletti d’irrorazione sanguigna è importante per migliorare la nutrizione dei muscoli e per eliminare più velocemente le scorie prodotte dalla contrazione muscolare.
10. dirottamento del sangue: quando si è impegnati in un lavoro fisico intenso il sangue viene convogliato verso i muscoli impegnati e viene sottratto ad altri settori. Sono principalmente l'intestino, lo stomaco, il fegato e la milza a cedere sangue per il lavoro muscolare. Per questo motivo chi è poco allenata, accusa dolori al fianco destro o sinistro.
11. facilitazione del ritorno del sangue al cuore: durante il movimento, i muscoli, con la loro contrazione, "massaggiano" e "spremono" le vene che, grazie alle valvole a nido di rondine, convogliano il sangue verso il cuore.
EFFETTI SULLA FUNZIONE DIGESTIVA
L'esercizio fisico accelera tutti gli atti della digestione, da quelli meccanici a quelli chimici e secretivi. L'esercizio rinforza e rende più veloci i movimenti dello stomaco e dell'intestino.
EFFETTI SUL SISTEMA NERVOSO
Il Sistema Nervoso Centrale (S.N.C.) è costituito da:
– cervello;
– cervelletto (equilibrio);
– midollo allungato;
– midollo spinale.
Il Sistema Nervoso Periferico (S.N.P.) è costituito da:
– 12 paia di nervi cranici;
– 31 paia di nervi spinali;
– sistema simpatico (regola i battiti cardiaci, gli atti respiratori, la pressione sanguigna);
– sistema parasimpatico (regola l'apparato digerente ed equilibra le reazioni provocate dal sistema simpatico).
Il movimento è l'atto più visibile prodotto dal sistema nervoso: è la risposta motoria ad un’eccitazione nervosa.
Affinché il movimento si realizzi sono necessarie tre fasi:
1) informazione;
2) elaborazione;
3) conoscenza.
Ricevuta l'informazione (tirare un calcio al pallone) viene realizzato uno schema ideomotorio utilizzando la memoria di movimenti simili già eseguiti in precedenza. Preparato lo schema, il cervello produce gli stimoli nervosi adeguati a far contrarre i giusti muscoli con la giusta forza e nella giusta successione. Nel movimento volontario, soprattutto se mai eseguito in precedenza, i tempi relativi alle tre fasi saranno lunghi. Quando il movimento è già stato ripetuto più volte, diventa automatico perché lo schema motorio è già conosciuto e pronto; l'esecuzione del gesto diventa più veloce e precisa; il controllo del movimento è stato automatizzato. Pertanto l'esercizio motorio allena ed educa gli organi sensoriali, migliora e rende più acuta la sensibilità visiva, uditiva, tattile, propriocettiva (capacità di analizzare la posizione del nostro corpo ad occhi chiusi) e d’equilibrio.
EFFETTI PSICHICI E SOCIALI
L'attività motoria sviluppa:
a) la capacità conoscitiva;
b) la capacità immaginativa;
c) la capacità pratica.
L'attività motoria migliora:
a) l'attenzione;
b) la memoria.
Quando ci si appresta a compiere un esercizio sportivo, ci si comporta come quando ci si appresta a capire un concetto, a cogliere una verità, a risolvere un problema di matematica. Prima di mettono a fuoco i dati, cioè si valuta quello di cui si dispone e gli obiettivi da raggiungere; poi si analizzano le difficoltà da superare; poi si riflette e si passa all'azione; ed infine, si controllano i risultati e se ne verifica l'esattezza. Facile risulta da capire anche come lo sport solleciti i nostri stati emotivi e le nostre passioni (gioia, entusiasmo, soddisfazione, orgoglio, etc.). L'attività sportiva aiuta chi ha problemi di timidezza e d’insicurezza poiché abitua al coraggio e dà fiducia in se stessi.
LE FONTI PER LA PRODUZIONE DI ENERGIA
Le fibre muscolari
È noto che la qualità della contrazione di un muscolo dipende, essenzialmente dalla percentuale del tipo di fibre che lo compongono. La dotazione o la distribuzione percentuale delle diverse fibre muscolari è geneticamente determinata
(Weineck 2001).
Si distinguono due tipi principali di fibre muscolari:
Le fibre rosse di tipo I, sottili e lente denominate ST (slow twitch = fibre a contrazione lenta). Tali fibre intervengono nel lavoro muscolare di bassa intensità (alta capacità ossidativa, bassa capacità glicolitica). La loro capilarizzazione è di 4,8 capillari, in media, per fibra.
Le fibre bianche di tipo II, chiare, spesse e rapide denominate FT (fart twitch = fibre a contrazione rapida). Tali fibre entrano in azione nelle sollecitazioni muscolari intense e di forza rapida. La loro capilarizzazione è di 2,9 capillari, in media, per fibra.
Tre sono le sottocategorie delle fibre FT, e precisamente:
1. Le fibre di Tipo IIa (capacità ossidativa-glicolitica);
2. Le fibre di Tipo IIb (elevata capacità glicolitica);
3. Le fibre di Tipo IIc (alta capacità ossidativa e buona capacità glicolitica, dette anche fibre intermedie).
Secondo alcune ricerche, gli atleti campioni godono di un privilegio genetico. La ricerca ha scoperto un gene del Dna chiamato “alfa-actinina-3” che comanda nel muscolo la produzione dell’actinina, un costituente chiave delle fibre a contrazione veloce. Il gene alfa-actina-3 esiste in due forme alternative principali, dette “alleli”, avute in regalo da ognuno dei genitori, che possono essere uguali o differenti, si può presentare con una doppia coppia
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