L'Eco Delle Anime
Laura Merlin
Mi chiamo Nael e vivo in un mondo post-apocalittico, in cui la vita procede tranquilla a stretto contatto con i demoni.
Sì, perché un patto regola la nostra convivenza e tutti, umani e non, siamo tenuti a rispettare ciò che gli articoli in esso contenuti ci ordinano.
Alcuni dicono che il mondo potrebbe tornare come prima, che il settimo articolo possa dire il vero.
Altri si rassegnano ad una vita sottoterra, privati della luce del sole.
E io in cosa credo?
Credo che ci sia qualcosa in me, qualcosa che mi rende speciale e pericolosa.
Ed è per questo che i demoni mi stanno dando la caccia, potrei essere una seria minaccia per il loro Oscuro Signore.
Il destino del mondo è nelle mani della portatrice dei sigilli, adesso.
Ma sarà in grado di sconfiggere il male?
Quale ancestrale segreto nasconde il mio passato?
Chi si nasconde dietro gli occhi che riempiono la mia mente?
Titolo Originale: L’eco delle anime
Copyright © 2017 Laura Merlin
Tutti i diritti riservati.
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© Immagine di copertina: Lice Musso
© Modella: Martina Riva
Questo libro è frutto della fantasia dell’autrice. Nomi, personaggi e luoghi sono, pertanto, usati in maniera fittizia. Ogni riferimento a fatti, luoghi e persone, viventi o defunte, sono da ritenere del tutto casuali.
LAURA MERLIN
L’ECO DELLE ANIME
“Occhi!
I tuoi occhi brillano
si fondono con i miei
e l’universo sembra fermarsi,
dissolversi nel nulla
- tranne noi”
Laura Merlin
PROLOGO
L’APOCALISSE OSCURA
(GIORNI NOSTRI)
In principio tutto era avvolto dalle tenebre. L’alba di una nuova Era stava per sorgere e il Maligno era pronto per la sua ascesa sulla terra.
Il vaso di Pandora fu aperto. I mali e tutti i demoni contenuti in esso furono liberati. Inaudite violenze stravolsero il mondo degli umani, sterminandoli a poco a poco. Nessuno avrebbe mai creduto che, dalle viscere della terra, potesse uscire il Male in persona.
Con il passare del tempo, le creature dell’inferno furono sazie di anime, e gli uomini rassegnati al loro destino. La fede verso colui che sta nell’alto dei cieli, l’Onnipotente, cominciò a vacillare. I mortali si sentivano abbandonati al proprio destino da un Dio verso il quale avevano riposto la loro fiducia per oltre duemila anni.
Gli avidi di potere si schierarono dalla parte del Maligno, disposti a morire pur di compiacere il Male. Speravano di guadagnare fama e potere, anche se non sarebbero mai arrivati ad ottenerli.
I più coraggiosi formarono un esercito pronto a sconfiggere le fiamme dell’Inferno e salvare ciò che era rimasto dell’umanità.
Fu un massacro.
Le perdite subite dall’esercito degli umani, infatti, vennero in parte compensate dall’eliminazione di molti dei demoni delle cerchie infernali più importanti.
Ma il Maligno non era disposto a perdere, così propose un patto: tutti gli uomini e i demoni che lo avessero voluto avrebbero potuto vivere in pace, confinati in una cittadella chiamata Kali Phi. In tal modo, l’Oscuro Signore avrebbe potuto regnare senza ostacoli.
Da quel momento in poi, il mondo non fu più lo stesso. Gli umani furono costretti a vivere sottoterra, rinchiusi in un ambiente completamente diverso da quello in cui vivevano prima. I demoni dell’inferno rimasti fedeli al Maligno, invece, salirono in superficie, nella Terra di Nessuno, e col tempo diventarono esseri senza volto, destinati a vagare nelle tenebre e a obbedire fedelmente al loro Signore.
Questi esseri vennero chiamati Nia-Za.
IL PATTO
Il patto fu stipulato dal Maligno.
Era composto da sette articoli e tutti, umani e demoni, erano tenuti a rispettarlo se volevano che la pace regnasse fra loro. I primi sei articoli definivano le regole da seguire.
Il settimo articolo avrebbe potuto annullare tutti gli articoli precedenti, rendendo di nuovo liberi gli uomini.
Ciò che gli umani non sapevano era che il Maligno aveva solamente dato loro un’inutile speranza in cui credere.
Ciò che il Maligno non sapeva era che l’Onnipotente non aveva abbandonato i suoi figli, e stava lavorando per poterli salvare.
I SETTE ARTICOLI
ARTICOLO 1
La pace fra esseri umani e demoni è considerata tale nel momento in cui nessuno, umano o demone, ha intenzione di maturare in segreto il progetto di una guerra futura.
ARTICOLO 2
Nessun essere, umano o demone, deve sovrastare la volontà delle persone che vivono dentro la cittadella Kali Phi. Chi tenta di dimostrarsi superiore manifestando i propri poteri o la propria forza verrà severamente punito.
ARTICOLO 3
Non devono esistere eserciti o gruppi sovversivi. Chi viene sorpreso a creare nuove formazioni militari e/o gruppi sovversivi contro il Maligno è punibile penalmente con la vita.
ARTICOLO 4
I demoni devono imparare a convivere con gli esseri umani e, col tempo, assumere sembianze a essi più vicine. In modo tale, non si creeranno più disuguaglianze all’interno della cittadella di Kali Phi e sarà possibile sventare subito possibili attacchi dai demoni provenienti dall’esterno.
ARTICOLO 5
Nessun demone deve fare uso dei propri poteri al cospetto di un essere umano, in quanto quest’ultimo non li potrebbe eguagliare.
ARTICOLO 6
Nessun abitante di Kali Phi dovrà trovarsi fuori dal proprio nucleo abitativo durante il coprifuoco. I trasgressori verranno puniti dai Nia-Za su ordine del Maligno.
ARTICOLO 7
Il patto verrà annullato nel momento in cui colui che custodisce dentro sé i sette sigilli angelici farà la sua comparsa e sarà in grado di sconfiggere il Maligno. Solo in questo caso si potrà ripristinare il tempo ai giorni precedenti l’Apocalisse Oscura.
CAPITOLO 1
BRUCIATA VIVA
(Khali Phi – 564 anni dopo l’Apocalisse Oscura)
L’odore di fumo sembrava reale. Entrò di prepotenza nelle narici di Nael che dormiva profondamente.
Sognava di essere in superficie, fuori dalla cittadella. La Terra di Nessuno, così chiamata perché nessun essere umano né specie vegetale o animale osava vivere là sopra.
Il terreno era arido, composto solamente da granelli di sabbia spessa e rossa e da rocce appuntite. Nael non aveva la minima idea se l’ambiente fuori da Kali Phi fosse realmente così. Lei, come tanti altri, non c’era mai stata. Nessuno lo poteva descrivere con certezza, ma in quel momento lei sapeva di trovarsi in superficie.
L’aria densa le otturava i polmoni e la ragazza faticava sempre più a respirare.
Faceva caldo.
Nael si accorse che dalla sua fronte scendevano microscopiche gocce di sudore, via via sempre più grosse e numerose. Sentiva il corpo umido e appiccicoso.
Ebbe la stranissima sensazione di prendere fuoco. D’istinto si guardò i piedi. Stavano bruciando.
Le fiamme aumentavano e salivano sempre più intensamente. Le consumarono i vestiti, riducendoli in cenere in un batter d’occhio.
In breve tempo si ritrovò nuda. La carne, però, non bruciava. Anzi, rimaneva sempre di un pallido candore, e il calore sprigionato dalle fiamme sembrava penetrare sotto la pelle.
Un forte dolore all’avambraccio destro fece urlare Nael con tutta la voce che aveva in corpo. Subito dopo cominciò a dolerle l’avambraccio sinistro. Poi entrambi i polpacci, la schiena, il basso ventre e il petto.
Non riusciva a capire cosa stava succedendo. Bruciava sul serio o era solamente un incubo troppo vivido?
Le fiamme, tutto d’un tratto, sembrarono diminuire fino a scomparire.
Tutto tornò tranquillo. Un lampo di luce la accecò e lei si riparò gli occhi coprendoli con una mano. Quando la luce si spense, Nael abbassò il braccio e vide uno specchio fluttuare davanti a lei. Era apparso come per magia, dal nulla. Il suo riflesso era immobile, come disegnato sulla superficie liscia del vetro. Spinta da una strana curiosità Nael guardò più da vicino e si accorse che strani simboli le erano apparsi sul corpo.
Figure rotonde con incomprensibili disegni all’interno e nomi sconosciuti all’esterno. Non capiva cosa significassero. Per quanto cercasse di focalizzarli, non riusciva a trovare una spiegazione logica a quelle incisioni.
Un bagliore improvviso le partì dalla fronte e il dolore la fece urlare più forte di prima. Si accasciò al suolo e si prese il viso tra le mani, sperando che quel gesto facesse smettere quell’incubo e quell’agonia. Era come se qualcuno le stesse incidendo qualcosa a forza con la lama di un coltello.
Appena tutto finì, la ragazza trovò il coraggio di alzare la testa e guardarsi allo specchio. Un altro simbolo. Rosso quasi come i suoi capelli, più marcato degli altri e decorato solamente con cinque simboli al suo interno.
Nessuna scritta.
Nael allungò una mano tremante verso il suo riflesso ma non fece in tempo a toccare lo specchio che un vortice di luce argentea la risucchiò indietro, catapultandola nel mondo reale a tutta velocità.
Fece un salto sul letto ritrovandosi con il respiro corto e la fronte imperlata di sudore. La canotta che indossava le si era incollata alla schiena e le punte dei capelli erano fradice.
L’incubo era stato molto intenso e non credeva di poter dormire ancora. Era troppo spaventata! Si guardò braccia e gambe, si toccò la fronte e la pancia freneticamente, ma dei simboli non c’era traccia.
Guardò l’ora sull’orologio olografico sul comodino. Segnava le cinque e ventitré.
Prese il telefono e mandò un messaggio vocale a Kay, la sua migliore amica. Quello era l’unico modo che conosceva per tranquillizzarsi un po’ e aveva assolutamente bisogno di parlare.
Una stranissima sensazione le chiudeva lo stomaco. Non sapeva perché, ma era pronta a scommettere che quell’incubo le avrebbe segnato la vita.
CAPITOLO 2
DEVIL’S SOUL
‹‹Kayley Reese Sloan, la vuoi smettere di bere?››.
Nael si rivolgeva a Kay con il nome per intero solo quando voleva richiamarla all’ordine, e quello era decisamente uno di quei momenti.
Era il Path’s Day, il giorno in cui si ricordava la firma del patto di pace fra demoni e umani. Ogni anno veniva organizzato un pranzo collettivo al quale ogni abitante di ogni nucleo abitativo era obbligato a prendere parte. Secondo Nael, l’unica cosa positiva di quella ricorrenza erano le attività del dopo pranzo: gli adulti si dedicavano al teatro e i giovani fino ai trentacinque anni di età partecipavano a un concerto.
Nael considerava la cittadella Kali Phi una gabbia per topi da laboratorio. Tutto era dipinto di bianco: pareti, pavimenti, mobili. L’unica nota di colore era data dagli abiti e dagli accessori che gli esseri umani erano riusciti a portarsi dietro dai tempi dell’Apocalisse. Poi c’era anche quell’ossessione per l’ordine e per i numeri che continuava a non capire. Kali Phi era suddivisa in sette settori contenenti centoundici unità abitative, per un totale di settecentosettantasette nuclei abitativi.
Da brividi!
Kay e Nael avevano finito il pranzo da un bel po’ e presero posto davanti al palco per ascoltare il concerto dei D-Soul, diminutivo di Devil’s Soul.
Ogni anno le ragazze facevano a gara per prendersi i posti migliori e, sebbene a Nael non interessasse più di tanto godersi i membri del gruppo in prima fila, era felice che alla sua migliore amica brillassero gli occhi. Dopo anni era riuscita ad avvicinarsi così tanto al suo idolo.
Kay si rigirava fra le mani la seconda bottiglia di birra. Le scocciava essere richiamata e così sbuffò facendo svolazzare il ciuffo biondo che le ricadeva morbido davanti all’occhio destro.
‹‹E andiamo Na, ho bisogno di bere! Oggi è il grande giorno. Mi sono decisa››. Finì con una sorsata la birra e gettò la bottiglia vuota al di là delle transenne.
Nael incrociò le braccia e la guardò con sospetto. ‹‹Cosa vuoi dire con “oggi è il grande giorno”? Non dirmi che vuoi andare da Morgan! Come se avesse tempo da dedicare all’ennesima fan che gli sbava dietro››.
Morgan era il bassista dei D-Soul. Un ragazzo bellissimo, non si poteva certo dire il contrario. Bel fisico, non molto alto, capelli corti e castani, occhi scuri, viso da modello e sorriso da ragazzino. La perfezione fatta persona, non ci si poteva aspettare altro da un demone!
I demoni all’interno di Kali Phi erano ben integrati con gli umani. Si confondevano facilmente con loro, ma avevano una bellezza innaturale.
Kay aveva perso la testa per quel ragazzo e voleva andarlo a conoscere a tutti i costi. Nael, invece, era convinta che si stava solo rendendo ridicola.
I D-Soul erano l’unico gruppo musicale all’interno della cittadella e tutte le ragazze erano rapite da loro. Si poteva benissimo pensare che sei ragazzi famosi, belli e con tutte quelle fan a loro disposizione ne approfittassero per cambiare donna come si cambiano le mutande.
E poi erano demoni! Non erano certo in grado di provare emozioni, men che meno di amare. L’amore non era un sentimento con il quale avevano a che fare, quindi non poteva frenarli.
‹‹Ti prego Na››, disse Kay implorandola. ‹‹E poi potresti approfittarne, chi è che ha sempre avuto una simpatia per Male?››
‹‹Questo è un colpo basso››, rispose Nael facendo roteare gli occhi per la disperazione. ‹‹Va bene Kay, fai quello che vuoi. Ma ti prego di non tirarmi in mezzo. Sono ancora scossa dall’incubo di ieri››.
Non voleva pensarci, solo che il ricordo di quei strani segni e tutto quel fuoco le fecero venire i brividi. Si voltò verso il palco e vide che stavano iniziando ad entrare. Il concerto, per fortuna, sarebbe iniziato di lì a poco.
Kay appoggiò una mano sul braccio di Nael per confortarla. ‹‹Tesoro, goditi il concerto e non pensarci, ok? Vedrai che tra un po’ ti sarai dimenticata tutto››.
Nael sorrise all’amica, sperando che avesse ragione. Voleva davvero dimenticare tutto, ma sembrava una cosa impossibile.
Samich, Malexis e Nyasu attaccarono con un riff di chitarra seguito dalle urla fastidiose di un gruppetto di fan alla loro sinistra. La musica riempì l’intera sala concerti e tutti iniziarono a saltare e ad applaudire al gruppo.
In mezzo alla confusione che si era scatenata, una ragazzina alla destra di Nael le urtò la spalla per sporgersi verso le transenne e urlare ‹‹Male sei il migliore!››.
Male fece un passo avanti, guardò la ragazzina, le strizzò l’occhio e si passò la lingua sulle labbra.
Nael guardò disgustata la scena. Sebbene trovasse simpatici i modi di fare di Male e avesse sempre avuto un debole per lui, non le piaceva come si comportava con le sue fan che, tra l’altro, erano un gruppo di ragazzette che si davano troppe arie.
Tornò a concentrarsi sulla canzone. Ny aveva già iniziato a cantare da un bel po’ quando le parole del ritornello le risuonarono nella mente.
Look at me. I am a devil or your guardian angel?
I don’t know. Only you’re love can save me, my little star.
La batteria cominciò a martellarle dentro la testa, e si accorse che stava andando a ritmo con il suo cuore. Spostò lo sguardo e incrociò per un istante quello di Miktota, il batterista.
Le mancò il respiro e, per un attimo, la testa cominciò a vorticarle. La terra sotto i suoi piedi parve aprirsi e una luce sembrò coprire tutto.
La gente attorno sparì.
La musica sparì.
Gli altri membri del gruppo sparirono.
Rimasero solo lei e Mik, sospesi in una dimensione senza tempo. Gli occhi azzurri di lui si fusero con i suoi e fu come se stesse vivendo una scena già vissuta chissà quanti secoli fa. Ma come poteva succedere una cosa del genere?
Un colpetto di gomito sul fianco la fece ritornare con i piedi per terra e tutto tornò come prima.
‹‹Sbaglio, o Mik ti stava puntando?›› disse Kay maliziosa.
Nael arrossì ma le luci soffuse nella sala non lo fecero notare all’amica. Si sentiva come una ladra colta con le mani nel sacco. Non era la prima volta che partecipava a uno dei loro concerti, però era come se lo fosse. Come se qualcosa le avesse fatto aprire gli occhi.
‹‹Ti sbagli. Si sarà perso nei suoi pensieri o c’era qualcuno che conosceva dietro di me›. Nael si voltò verso la distesa di teste dietro di loro. ‹‹Ci sono un sacco di persone qui dentro, mi sembra››.
Pensò che entrambe le possibilità potevano essere vere, però aveva avuto la netta sensazione che stesse guardando proprio lei e Kay glielo aveva quasi confermato.
Non poteva essere. Non ne vedeva il motivo. Ma il suo sguardo, quegli occhi così celesti da brillare anche nel buio… le ricordavano qualcosa. Ne era sempre più convinta.
Kay stava per risponderle quando un giro di basso la fece voltare di scatto, barcollare in avanti e urlare ‹‹Morgan sposami!››.
Nael la prese per le spalle e la tirò indietro, vergognandosi da morire per la figura che aveva appena fatto la sua amica. Morgan rispose con un sorriso.
‹‹Sei pazza, Kay? Che figura ci fai dopo quando andrai a parlarci?››.
Kay alzò le spalle. ‹‹Almeno avrà idea di chi sono››.
‹‹Sei ubriaca marcia››.
‹‹Sei una fasta geste››.
Le due ragazze si guardarono negli occhi e scoppiarono a ridere fino ad avere le lacrime.
‹‹Una fasta geste, eh? Una guasta feste normale no?››.
Nael fu lieta di quel momento di spensieratezza. Era riuscita a dimenticarsi per un po’ ogni cosa: l’incubo, lo sguardo di Mik e il senso di irrequietezza che si stava propagando a macchia d’olio dentro di lei. Si abbracciarono e si misero a cantare a squarciagola.
La sala era gremita di gente urlante e il caldo ben presto si fece sentire. Ny, il cantante, si tolse la maglia accompagnato da un’ovazione da parte di tutte le donne presenti. Il fisico asciutto del cantante, la pelle olivastra e lo sguardo di ghiaccio lo rendevano a dir poco attraente.
Si girò un istante per lanciare la maglia a Gebinan, il tastierista, e Nael notò qualcosa sulla schiena del demone. Credeva di essersi sbagliata e strizzò gli occhi per vederci meglio.
Ny aveva tatuato un cerchio con dei simboli all’interno e delle parole all’esterno, molto simile a quelli che aveva visto nell’incubo della notte precedente. Era grande quanto tutta l’ampiezza della schiena e, guardando bene, riuscì a leggere la scritta: Murmur.
Di scatto prese per il braccio Kayley e le urlò nell’orecchio ‹‹Vedi il tatuaggio sulla schiena di Ny?››.
Era decisa a spiegarle che l’aveva già visto nel suo sogno e che non era affatto un buon segno. L’amica però la guardò perplessa.
Incrociò le braccia e alzando un sopraciglio le chiese ‹‹Quale tatuaggio, Na? Non ha nessun tatuaggio! Non è che hai alzato il gomito pure te? Di la verità››.
Il respiro le si bloccò in gola e un campanello d’allarme le risuonò in testa. Deglutì per mandare giù il senso di paura che le si era formato al centro esatto dello stomaco e, pian piano, si stava diffondendo in ogni singolo muscolo del corpo.
‹‹Scusa, le luci… sai, a volte fanno brutti scherzi››.
Il concerto era finito da mezz’ora e Kay stava sorseggiando l’ennesima birra.
Nael gliela tolse di mano, ne mandò giù un sorso e sbatté la bottiglia sul tavolo con foga.
‹‹Hai intenzione di andare o stiamo qui tutto il giorno? Ti ricordo che fra un’ora e mezza scatta il coprifuoco. Vorrei arrivarci a casa, io! Non voglio certo diventare cibo per i Nia-Za››.
La gamba di Kay faceva tremare il tavolo dov’erano sedute nell’angolo bar in fondo alla sala concerti e si stava mangiucchiando nervosamente una pellicina accanto all’unghia del pollice. Nael percepiva la sua tensione e decise di prendere in mano la situazione una volta per tutte.
‹‹Kay, andiamo!››.
Si alzò di scatto, la prese per mano e la trascinò di peso fin sotto il palco.
‹‹Non posso farcela Na››.
‹‹Smettila di frignare, volevi conoscerlo? Lo conoscerai! Altrimenti per un anno intero non farai altro che lamentarti di non avere avuto abbastanza fegato››.
Si fermarono a poca distanza dai D-Soul. Erano intenti a smontare gli strumenti e a chiacchierare fra loro.
Non si accorsero minimamente delle due ragazze.
‹‹Morgan?››, urlò Nael.
Il bassista si girò. Un brivido percorse la schiena di entrambe le ragazze. Quella band, vista da vicino, era proprio infernale. Un nome migliore non potevano trovarlo.
‹‹Ciao ragazze››. Si avvicinò, guardò Kay e le rivolse un sorriso smagliante. ‹‹Oh, tu sei la mia futura moglie se non sbaglio››.
Kay arrossì. ‹‹Sì, beh… ecco, io… io credo di aver bevuto un po’ troppo››.
‹‹Decisamente troppo››, tossì Nael.
‹‹Beh, qual è il tuo nome, futura sposa?››.
‹‹Kay… Kayley››, balbettò.
Nael trovò la scena a dir poco ridicola. E poi era ancora parecchio turbata dal tatuaggio che aveva visto sulla schiena di Ny. Era sicura di averlo visto ed era più che sicura di essere sobria. Non era un’allucinazione.
‹‹E io sono Nael››, si presentò.
‹‹Che razza di amico sei, Morgan? Conosci delle belle ragazze e non le presenti agli amici? Non va per niente bene sai››.
Male si era allontanato dal gruppetto di fan che lo aveva accerchiato e che ora guardava Kay e Nael in cagnesco.
Dietro di lui si avvicinò anche il resto del gruppo. Era la prima volta che li vedeva tutti a distanza ravvicinata.
Scesero dal palco. Sam le si posizionò davanti. Era il più magro dei sei. Capelli e occhi neri e barba leggera. Aveva l’aria di uno sicuro di sé. Alla sua destra si trovava Geb, occhi azzurri come il cielo, capelli biondo scuro, viso rotondo e morbido, quasi da bambino. Dava l’impressione di essere un tipo che parla poco ma osserva tutto.
Male le stava proprio accanto e la metteva in soggezione. Era un bel tipo, capelli rasati, occhi neri e profondi, un leggero pizzetto sotto le labbra. Segni particolari: fascino dato dalla sua simpatia.
Per ultimo arrivò Ny, che se ne stava con le mani in tasca fra Sam e Morgan. Era il classico leader di una band: schivo, sempre su un gradino più alto degli altri, ma socievole. Si degnò di scambiare qualche parola con loro, anche se teneva sempre una certa distanza.
Però mancava Mik.
Nael ebbe l’impulso di cercarlo con lo sguardo e lo vide sopra il palco. Li stava osservando da lontano con uno sguardo cupo. Dopo un po’, si infilò una felpa nera, tirò su il cappuccio e se ne andò. Gettò un ultimo sguardo feroce nella sua direzione e scomparve fuori dalla sala concerti.
‹‹Ecco, ci siamo tutti››. Morgan guardò i suoi compagni e li contò velocemente. Poi aggiunse ‹‹O quasi. Mik se l’è svignata››.
‹‹Non preoccupatevi››, disse Male, ‹‹l’importante è che ci sia io. Saprò coprire al meglio la sua assenza››.
L’ultima frase era rivolta a Nael. La stava guardando come un lupo affamato osserva un agnellino indifeso.
Rimasero a chiacchierare per un bel po’. Male non smetteva di fissare Nael. Lei fece finta di nulla, non sapeva se sentirsi lusingata o impaurita.
Quello che sapeva per certo era che voleva allontanarsi da loro e da quel senso di pericolo il prima possibile.
CAPITOLO 3
LA STELLA È TRA NOI
Geb girava irrequieto su e giù per la stanza. Di tanto in tanto scuoteva la testa e borbottava fra sé e sé.
Sam stava strimpellando qualche nota con la sua chitarra mentre Male e Ny sceglievano accuratamente la loro prossima vittima fra le sei malcapitate fan. Ogni anno era concesso loro di nutrirsi con l’anima di giovani fanciulle, in modo da rafforzare i loro poteri.
Non erano come tutti gli altri demoni che vivevano tra le mura di Kali Phi. Erano di stirpe nobile. Sei fra i settantadue portatori dei sigilli infernali. Era stato affidato loro l’incarico di verificare se e quando si fosse fatta viva la portatrice dei sette sigilli angelici, l’unica in grado di cancellare il patto e ripristinare il mondo di una volta.
In realtà il settimo articolo era stato messo lì per ingannare gli umani e dar loro la speranza che, un giorno, le cose sarebbero potute tornare come prima. Girava voce, però, che l’Onnipotente avesse trovato un modo per ritorcere contro il Maligno il settimo articolo, creando davvero un essere in grado di sconfiggerlo.
Teoricamente nessuno avrebbe potuto portare dentro di sé i sette sigilli angelici, il potere era troppo grande e nessun essere, umano e non, sarebbe stato in grado di farlo. La leggenda che si era diffusa attraverso qualche gruppo di Sovversivi all’interno di Kali Phi parlava di una Stella, un essere non ancora formato in grado di farsi carico di poteri immensi.
Geb non ci credeva, ma sembrava che qualcosa si stesse avverando. Aveva percepito delle pulsazioni in una delle due ragazze che avevano conosciuto a fine concerto. Una vibrazione strana che era andata a stimolargli quella parte nascosta dentro la mente in grado di mostrargli il futuro.
Quale delle due nascondeva un segreto?
La ragazza dai capelli rossi, Nael, non gli era sembrata particolarmente interessante. Dopo che si erano tutti riuniti attorno a loro aveva smesso di parlare. Si limitava a sorridere e a rispondere con un cenno del capo. Era silenziosa e schiva, sembrava avesse paura e volesse fuggire il prima possibile.
Se li temeva così tanto, come avrebbe potuto combattere contro il Maligno?
L’altra ragazza invece… Kayley. I suoi morbidi capelli biondi raccolti in una treccia fatta cadere di lato, gli occhi verdi e puri, la timidezza del suo sorriso. Sì, solo lei poteva essere la Stella separata dal cielo. La chiamavano “Portatrice dei sigilli”, né angelo né essere umano. Costretta a portare i sigilli degli arcangeli e bandita dal cielo e dalla terra perché disobbedì all’Onnipotente.
La sua missione era una sola: sconfiggere il Maligno e riportare il mondo com’era prima dell’Apocalisse Oscura.
Le sei ragazze presenti nella stanzetta erano state imprigionate in una sorta di trance. Erano sedute una accanto all’altra sull’ampio divano della sala prove nel nucleo di Ny.
‹‹Trovo invitante la terza, quella con gli occhi blu enormi e i capelli tinti di biondo. Però mi attira anche la mora con gli occhiali, la trovo tanto scolaretta indifesa. Tu che dici, Geb?››. Male ispezionava le ragazze come fossero scatolette di cibo al supermercato.
Geb si girò verso Male, il vero aspetto da demone faticava a starsene nascosto ed ebbe la meglio. Gli occhi gli si ingrossarono e presero un colorito bianco, smorto. Dalla bocca spuntarono due grosse zanne rivolte all’insù. La pelle cominciò a raggrinzirsi e a scurirsi assumendo una smorfia terrificante.
‹‹L’una o l’altra non ha importanza, basta che ti decidi. Non abbiamo tempo da perdere, ho una cosa importante da dirvi››.
‹‹È una scelta importante pure questa, sai! Posso cibarmi una volta l’anno e devo scegliere accuratamente l’anima con cui saziarmi››. Male parlò senza nemmeno voltarsi. Prese il mento della bionda fra le mani e lo guardò da entrambi i lati.
Geb perse la pazienza, si avvicinò verso la ragazza mora con gli occhiali. La prese per i capelli e le tirò la testa indietro. Avvicinò il viso al suo e spalancò la bocca. Ne aspirò l’anima con un misto di avidità e rabbia, riducendo il corpo della povera ragazza in condizioni simili a quelle di una mummia, avvizzito e pieno di muffa grigia. Si sentì sazio e potente. Un’arma ricaricata e pronta a portare caos e sofferenza dovunque passasse. L’anima della ragazza gli era entrata dentro come acqua gelida rinvigorendo ogni singolo muscolo del corpo.
Quella ragazzina, quella Stella, come la chiamavano quegli ingenui umani, non avrebbe avuto speranze contro di lui. Si sentiva invincibile e pronto a spargere il sangue di chiunque avesse osato mettersi contro il suo Signore.
Gettò a terra il corpo privo di vita che stringeva ancora fra le mani come fosse una bottiglia vuota e si girò verso Male puntandogli un dito minaccioso contro.
‹‹Ti ho tolto l’imbarazzo della scelta, ora sbrigatevi. Tutti quanti! Credo che avremmo un lavoretto… complicato da svolgere››.
‹‹Complicato… quanto?››. Ny aveva appena finito di succhiare l’anima di una trentenne vestita da ragazzina, con le gonne un po’ troppo corte che lasciavano scoperte le gambe sode.
‹‹La Stella! Credo sia tra noi››.
Mik, seduto sulle scale che portavano al piano superiore, alzò la testa di scatto. ‹‹Com’è possibile? Non può esistere, è soltanto una stupida leggenda e noi dovremmo saperlo meglio di chiunque altro››.
Male e Morgan, ancora chini sui corpi delle loro vittime, smisero per un attimo di aspirare l’anima e ascoltarono ciò che stava per dire Geb.
‹‹Una delle due ragazze che ci ha presentato Morgan stasera, Kayley. La bionda sembra avere tutte le caratteristiche, ho anche percepito delle vibrazioni strane. Dobbiamo assolutamente verificare››. Chiuse gli occhi muovendo la testa a destra e a sinistra. Le ossa scricchiolarono leggermente e tornò al suo aspetto umano.
Sospirò e riprese il discorso. ‹‹Penso anch’io che sia strano, ma meglio prevenire che curare. Dopotutto, siamo stati mandati qui per questo, per vigilare che nulla possa ostacolare i piani del nostro Signore››.
Male finì di succhiare l’anima, lasciò cadere il corpo sopra gli altri cadaveri ammuffiti e si avvicinò a Geb incrociando le braccia. ‹‹Come puoi essere sicuro che sia la bionda e non la rossa? Potresti anche sbagliarti››.
Geb si grattò il mento. ‹‹Hai perfettamente ragione. Tutto mi fa pensare che sia la bionda, ma forse è il caso di fare una verifica più approfondita anche nell’altra ragazza. Il Maligno è stato chiaro: eliminare ogni movimento sospetto››.
‹‹È per questo che sono qui io››, disse Male spalancando le braccia in un gesto plateale. ‹‹Poi devo ammettere che mi attira molto. Credo che me la lavorerò per bene prima di assaggiarle l’anima. Mmm, dev’essere così gustosa, così vitale e… Piena di potere in più per me››.
Sam gli tirò dietro una bottiglia d’acqua vuota prendendolo in testa. ‹‹Sei sempre il solito Male! Approfittarsi così delle povere ragazzine indifese!››
‹‹Se è per questo, credo ne approfitterò anch’io››, disse Morgan dando una pacca sulla spalla di Male. ‹‹Ho come l’impressione di interessare alla bionda. Come ha detto di chiamarsi? Ah, si! Kayley››.
Tutti si misero a ridere. Sentivano che per loro era un momento importante, una svolta decisiva. Eliminando la Stella, avrebbero potuto ritornare a regnare nei loro gironi, e magari il Maligno avrebbe deciso di rompere il patto, dato che non ci sarebbe stata più l’occasione che il settimo articolo si verificasse.
In quel caso, avrebbero potuto liberarsi una volta per tutte di quel ridicolo aspetto umano e saziarsi di tutte le anime umane rinchiuse nella cittadella.
Ny se ne stava appoggiato al muro a braccia conserte rimanendo fuori da quel momento di festa.
Osservava Mik.
Non si era ancora cibato, non aveva minimamente reagito alla notizia e sembrava assorto nei suoi pensieri. Chissà cosa gli passava per la testa, non era da lui starsene in disparte. Di solito era sempre il primo a cibarsi, altrimenti Male e Morgan gli rubavano le anime migliori.
‹‹Mik››, lo chiamò. ‹‹Tu cosa proponi di fare? Non hai ancora detto nulla, hai qualche piano da suggerire per caso?››.
Il batterista sussultò. Per un attimo sembrò non ricordarsi di cosa avessero parlato fino a quel momento.
‹‹Ehm… No, nessun piano. L’unica cosa che mi viene in mente è di avvisare il Maligno e metterlo in guardia da possibili attacchi››.
‹‹Buona idea Mik››, disse Geb.
Ny si avvicinò minaccioso a Mik, non era ancora del tutto convinto di lui. C’era qualcosa che non andava, lo percepiva e questo gli dava parecchio fastidio.
‹‹Lo sai che avremmo bisogno di essere tutti in forze per questo momento, vero?››.
Il demone annuì privo di espressione.
‹‹Allora perché non ti sei ancora cibato?››. Gli occhi di Ny si tinsero di nero e l’aria attorno a lui si fece più cupa.
‹‹Ho aspettato che finiste di giocare col cibo, ora è il mio turno››, rispose con aria scocciata.
Ny si spostò di fianco e con un braccio indicò la strada verso l’ultima ragazza ancora viva seduta al centro del divano.
Mik si alzò e avanzò verso di lei. I suoi capelli rossi le ricordavano quelli della ragazza che aveva osservato durante tutto il concerto. Le aveva stuzzicato un ricordo nascosto in qualche angolo della mente. Forse l’aveva già vista prima, era successo qualcosa legato a lei.
Ma cosa? Per quanto si sforzasse non riusciva a ricordare. Vedeva solo i suoi dolci occhi di un verde talmente chiaro da sembrare luminoso.
Per un attimo gli parve di avere ancora il suo viso davanti. Esitò un momento. Poi succhiò tutta l’anima in un colpo, come a voler scacciare quel ricordo.
Il volto della ragazza del concerto sparì.
Non sapeva nemmeno come si chiamava. Forse avrebbe preferito che la Stella fosse lei e non la bionda. Forse, eliminandola, avrebbe fatto sparire quella strana sensazione che provava dentro.
Sì, quella era la soluzione giusta. Stella o non Stella, l’avrebbe eliminata lui stesso e una luce sinistra negli occhi gli confermò che nessun altro l’avrebbe uccisa all’infuori di lui.
Ny evocò un messaggero del Maligno. Da quando erano arrivati in quella dimensione non avevano più avuto la possibilità di parlare con lui di persona. Dopo più di cinquecento anni non sapevano nemmeno che aspetto avesse.
Il messaggero era un Nia-Za, uno dei demoni che vivevano nelle Terre di Nessuno. Erano creature invisibili, incorporee, e indossavano lunghi mantelli neri e sfilacciati. Dovunque passassero portavano morte. Agli umani che, disobbedendo al patto, avevano la sfortuna di passare sotto le loro grinfie venivano inflitte le più atroci torture.
Si presentò di fronte a loro fluttuando nell’aria. ‹‹Ebbene, se mi avete chiamato vuol dire che ci sono notizie importanti per il Maligno››, disse con voce metallica che sembrò rimbombare dentro le pareti della piccola sala.
‹‹Sì, messaggero. La leggenda è vera, la Stella esiste ed è tra noi. Abbiamo percepito la sua presenza stasera››, disse Ny a nome di tutti.
Il Nia-Za alzò la testa. Uno sbuffo di fumo gli uscì da sotto il cappuccio. ‹‹Sapete come comportarvi in questo caso: trovatela ed eliminatela. Il Maligno non ama essere sconfitto››.
‹‹E noi saremmo ben lieti di soddisfare i desideri del Nostro Signore››.
‹‹Bene. Uccidetela, a tutti i costi. Non abbiate pietà né di lei, né di chi tenterà di aiutarla››.
Detto ciò, il messaggero scomparve in una nuvola di fumo nero lasciando dentro la stanza un forte odore di zolfo.
CAPITOLO 4
LA RAGAZZA SBAGLIATA
Kay e Nael sedevano nell’unico locale all’interno di Kali Phi. Era situato tra il Settore 2 e il Settore 3, non molto distante dal nucleo di Nael.
Diversamente dal resto delle abitazioni, il locale aveva le pareti dipinte di un tenue azzurro chiaro e i tavoli color acquamarina. Un po’ di colore in mezzo a tutto quel bianco era un toccasana per gli occhi.
Nael sorseggiava pigramente un cocktail a base di frutta e ascoltava distrattamente Kay, ancora eccitata dall’incontro della sera precedente. La sua mente era affollata di pensieri. L’incubo di qualche sera fa, il tatuaggio sulla schiena di Ny, i brividi di paura che aveva provato stando accanto ai D-Soul.
E Mik.
Mik e i suoi occhi azzurri come il cielo, i capelli corti, ricci e castani. Si chiedeva perché fosse fuggito alla fine del concerto. Era confusa. Lo temeva e al tempo stesso si sentiva attratta da lui come sotto una sorta di incantesimo. Lo odiava e lo amava. Aveva paura e lo cercava.
Come poteva provare tutto questo dopo averlo visto per sole due ore?
‹‹Sono sicura che non avrò più occasioni simili. Mi ha parlato una volta, la prossima non avrà più tempo per me››, piagnucolò Kay riportandola con la testa al presente.
‹‹Ascolta, se è destino lo rivedrai, sennò non importa. Devi accontentarti di quello che è successo, e credo sia stato già tanto››. Nael posò il bicchiere sul tavolo. ‹‹Ricordati che sono demoni e sono anche famosi. Non credo abbiano tempo per gli appuntamenti e le passeggiate romantiche, non sapranno neanche cosa significhi il termine amore››.
‹‹Sai, Nael? Credo che tu abbia un dono: quello di radere al suolo le speranze degli altri. Se tu vedi le cose in modo negativo, non pretendere che sia lo stesso per me››. Kay incrociò le braccia e la guardò male. ‹‹Lo so che sono demoni, ma stanno a contatto con noi umani da così tanto tempo… qualcosa devono pur avere imparato››.
Afferrò il bicchierino di vodka e lo mandò giù tutto d’un fiato. Quando ebbe finito lo sbatté sul tavolo sottolineando il fatto che l’aveva presa male.
Nael la conosceva troppo bene. La sua migliore amica metteva il broncio due secondi e poi facevano subito pace.
‹‹Eddai Kay, stavo scherzando! Dovrò pur sfogare su qualcuno le mie frustrazioni da zitella››, e le fece gli occhi dolci.
Le due ragazze si guardarono serie per qualche secondo. Poi scoppiarono a ridere.
‹‹Sei fortunata Na, ti voglio troppo bene per prendermela con te. E ammettilo, senza di me ti annoieresti a morte››.
Non le lasciò nemmeno il tempo di rispondere. Vide un cameriere passare e urlò ‹‹Scusa, ancora una vodka gra…››. Si fermò all’istante.
Un ampio sorriso le si dipinse in volto e le sue guance andarono in fiamme.
‹‹Na, mi crederesti se ti dicessi che Morgan e Male sono qui?›› Disse guardando un punto indefinito dietro di lei.
‹‹Sì, potrebbe essere. È un luogo pubblico in fin dei conti››, rispose Nael con sarcasmo.
‹‹E mi crederesti anche se ti dicessi che stanno venendo verso di noi?››.
Un brivido le salì lungo la schiena. Si voltò di scatto e li vide a pochi passi dal loro tavolo. Stavano davvero procedendo verso di loro. Da quando in qua si interessavano alle loro fan? Qualcosa non quadrava.
Male la guardò negli occhi e la salutò con un gesto della mano. Il suo sguardo non prometteva niente di buono. Sembrava quasi la stesse mangiando con gli occhi.
‹‹Guarda un po’ chi si vede qui! Le nostre amichette››, disse Male dando una pacca sulla spalla alle due ragazze.
Morgan sorrise e chiese gentilmente ‹‹Possiamo sederci con voi o disturbiamo?››
Sarebbe stato difficile dire di no a una persona educata come lui. I suoi modi contrastavano in maniera alquanto evidente con il fatto che era un demone, e con l’idea che si era fatta di loro. Forse era proprio vero che avevano imparato qualcosa dagli esseri umani.
‹‹Ma certo, accomodatevi››, rispose subito Kay spostando la sedia per fare posto.
‹‹Che fortunata coincidenza trovarti qui››, sussurrò Morgan all’orecchio di Kay. ‹‹Sai, a dire il vero lo speravo. Volevo proprio invitarti a fare due passi con me una sera, tanto vale approfittarne adesso››.
Il cuore della ragazza cominciò a martellare all’impazzata. Sembrava quasi volesse esplodere da un momento all’altro. Fece un cenno con la testa, si sentiva la bocca impastata e non riuscì a pronunciare con chiarezza la parola sì.
Morgan le sorrise guardandola intensamente negli occhi e la prese per mano. Poi si voltò a guardare Nael.
‹‹Ti rubo l’amica per un po’. Ti dispiace?››.
Nael guardò Kay, che sembrava implorare con gli occhi di non rovinarle quel bellissimo sogno che stava diventando realtà.
Nael avrebbe tanto voluto dire che sì, le dispiaceva un sacco perché la sentiva più al sicuro in quel bar in mezzo alla gente che sola con uno come lui. Sicuramente Morgan avrebbe approfittato di lei, ma non voleva passare per una che si diverte a mettere i bastoni fra le ruote.
Kay era così felice, le si leggeva negli occhi.
‹‹C-certo, vai pure››, balbettò Nael, cercando di sorridere il più sinceramente possibile.
‹‹Ti lascio in compagnia di Male allora, è innocuo… o almeno lo spero per te››, rispose Morgan strizzandole l’occhio.
Guardò i due allontanarsi con uno strano senso di apprensione e intanto pregava che Malexis fosse davvero innocuo.
Morgan sapeva che sarebbe stato un gioco da ragazzi, ma non immaginava che fosse così facile convincere la rossa a lasciare andare l’amica con uno sconosciuto. C’era qualcosa di strano in lei, qualcosa di misterioso che la classificava come possibile minaccia.
Non si preoccupò di approfondire quel pensiero: una volta eliminata la Stella, sarebbero morti tutti.
Pure la rossa.
Forse lui piaceva davvero alla bionda che teneva per mano. Un punto di vantaggio a favore del demone. Il suo fascino si era rivelato utile. Magari avrebbe potuto approfittarne prima di ucciderla.
La guardò. Kayley era un’umana davvero attraente. La sua bocca sembrava così soffice, così desiderosa di provare piaceri che con qualcuno della sua specie non avrebbe mai provato.
Sì, avrebbe approfittato di lei se si fosse presentata l’occasione.
Si fermarono di fronte al nucleo di Ny.
‹‹Kay, vorrei suonare qualcosa per te stasera››, disse accarezzandole i morbidi capelli. ‹‹Però se non vuoi non importa, andiamo da un’altra parte. Capisco che potresti pensare abbia strane intenzioni invitandoti a casa mia, ma non è così. Lo giuro››.
Fece una piccola pausa. Guardò gli occhi limpidi e puri di Kayley e lasciò che la ragazza assorbisse lentamente ciò che le aveva appena detto.
Era un attore nato.
Avvicinò il suo viso a quello di Kay. Si fermò poco distante dalla bocca e le sussurrò ‹‹Tu mi piaci davvero, dal primo istante in cui ti ho vista››.
La baciò con un’intensità tale da farle girare la testa. Poteva percepire quello che provava e, se avesse voluto, succhiando più intensamente si sarebbe nutrito della sua anima. Al solo pensiero sentì sulle labbra quel leggero pizzicore che provava ogni volta pochi istanti prima di nutrirsi.
Stava quasi per cedere all’assaggio di quell’anima dal gusto così fresco, così pieno di vita… Ma aveva una missione da portare a termine.
Si staccò dalla sua bocca prima di perdere del tutto il controllo. Le sorrise e aprì la porta. La fece accomodare con un gesto del braccio, da vero gentiluomo.
‹‹Prima le signore››.
‹‹Grazie››, replicò Kay con un fil di voce.
Non appena fu all’interno dell’abitazione, Morgan chiuse a chiave la porta e accese la luce.
Kay realizzò di essere in trappola. Solo in quel momento la consapevolezza che avrebbe dovuto ascoltare Nael la colpì in pieno.
Erano demoni e la loro natura era sempre stata quella di ingannare i deboli umani.
‹‹Ciao, Kayley››. Ny la accolse seduto comodamente in una sedia posta al centro della stanza.
Impaurita, Kay si voltò di scatto in direzione della porta finendo direttamente tra le braccia di Morgan.
Urlò con tutto il fiato che aveva in corpo.
‹‹Non urlare, renderesti solo le cose più difficili››, disse Morgan, e la fece sedere di peso sulla sedia.
Sam apparve all’improvviso con un paio di corde in mano. ‹‹Geb aveva previsto che saresti stata una ragazza difficile, così ho pensato di portare degli aiutini››.
Le prese le mani e le legò dietro lo schienale della sedia. Poi immobilizzò anche i piedi.
‹‹Fatto. Ora è tutta tua, Geb››. Sam alzò il pollice in segno di via libera.
Gebinan posò i suoi occhi azzurri su quelli altrettanto chiari della bionda seduta davanti a lui. La scrutò intensamente fino a trovarle l’anima e a portarla all’esterno.
La ipnotizzò facendola cadere in trance. In un solo attimo, fu in grado di vedere gli istanti più importanti della vita di Kayley. Li eliminò tutti, uno ad uno, rendendo la sua mente vuota e libera da ogni altro pensiero. Spalancò gli occhi e cominciò a fissare il vuoto davanti a lei.
‹‹È pronta››, disse agli altri.
Ny le si parò davanti, incrociò le braccia e chiese con voce autoritaria ‹‹Hai fatto sogni strani?››
‹‹Io… non so, non ricordo››. Parlò con voce piatta, priva di vita.
‹‹Sarò più preciso, hai sognato di essere bruciata viva?››.
‹‹Io no››.
‹‹Hai visto strani simboli sul tuo corpo?››.
‹‹Io no››.
Ny cominciò a perdere la pazienza. Si precipitò verso di lei e la prese per le spalle scuotendola con violenza.
‹‹Hai visto strani tatuaggi sul mio corpo ieri sera?››.
‹‹Io no››, rispose lei per la terza volta.
Ny mollò la presa dalle spalle di Kay e si mise le mani tra i capelli imprecando. Le cose si stavano facendo complicate. Se fosse stata davvero la Stella, avrebbe dovuto rispondere affermativamente. Un sogno avrebbe dovuto preannunciarle l’uscita dei simboli sul suo corpo, incisi a fuoco nella pelle e, essendo un essere dotato di grandi poteri, avrebbe dovuto avere la facoltà di vedere il marchio reale sulla schiena dei sei demoni.
Allora perché diavolo aveva risposto di no a tutto?
Avevano forse sbagliato qualcosa?
Geb si alzò dal divano e si avvicinò a Ny. ‹‹Hai notato come ti ha risposto?››.
Ny guardò l’altro demone negli occhi. ‹‹Che vuoi dire?››.
‹‹Ti ha sempre risposto dicendo Io no. Questo vuol dire che lei non ha visto i sigilli. Ma qualcun altro probabilmente sì››.
‹‹La rossa››, sussurrò Mik. ‹‹Stai dicendo che la rossa è la Stella? Che ci siamo sbagliati e abbiamo preso la ragazza sbagliata?››.
‹‹Sì, proprio questo, Mik››. Geb faticava a contenere i fremiti di rabbia che gli scuotevano il corpo. ‹‹Ny, falle le stesse domande facendo riferimento a Nael››.
Sul volto di Ny spuntò un sorriso terrificante. Poggiò le mani sui braccioli della sedia e si avvicinò minaccioso al viso della ragazza.
‹‹Nael ha sognato di essere bruciata viva?››.
‹‹Sì››.
‹‹Nael ha visto strani segni sul suo corpo in quel sogno?››.
‹‹Sì››.
‹‹Nael ha visto strani tatuaggi sulla mia schiena ieri sera?››.
‹‹Sì››.
Ora avevano la conferma. La Stella era veramente fra loro, ma non era la bionda seduta al centro della stanza.
Avevano commesso un errore. Ny non capiva come fosse stato possibile, Geb non sbagliava mai. In ogni caso, non importava. Erano stati previdenti e in quel preciso istante la ragazza dai capelli rossi era con Malexis.
Non aveva scampo.
Ny si girò verso Morgan. ‹‹È tutta tua››, disse indicando Kay con il pollice. ‹‹Uccidila!››.
‹‹Con molto piacere››.
Morgan si avvicinò a Kay, le accarezzò i capelli come aveva fatto pochi istanti prima. Fremeva dalla voglia di cibarsi di quella giovane e succulenta anima. Prima il suo appetito non era stato stuzzicato a vuoto. La fortuna sembrava essere dalla sua parte quel giorno.
‹‹Come mi dispiace farti questo. Ma sai, sono un demone. Il bacio di poco fa… mmm, mi ha fatto desiderare la tua anima più di qualsiasi altra cosa››.
Appoggiò le labbra a quelle inerti di Kay, le diede un piccolo bacio e poi le succhiò l’anima con avidità. Era arrivato al punto di desiderarla così intensamente che gli sembrò divina, quasi perfetta. Più l’anima entrava dentro di lui, più il suo corpo si gonfiava di potere.
Era questo il bello di essere demoni speciali, avevano ricevuto dal loro Signore il lusso di scegliere con che cibo nutrirsi e Morgan, in quel momento, era certo di aver scelto l’anima più pregiata.
Continuò a succhiare e a succhiare. Le vene gli pulsavano a più non posso. Si sentiva sazio, però non voleva sprecare nemmeno un goccio di quel nettare prezioso. Così continuò finché di quella dolce fanciulla ingenua non restò che un mucchietto di carne raggrinzita.
CAPITOLO 5
LA PORTATRICE DEI SIGILLI
Il ghiaccio nel bicchiere di Nael si stava sciogliendo, un po’ come la pazienza nell’ascoltare Male che parlava a ruota libera. Non le dispiaceva stare in compagnia del chitarrista dei D-Soul, solo che voleva andarsene a casa e chiamare Kay. Era seriamente preoccupata per la sua amica. Non si era fidata molto a lasciarla con Morgan e voleva a tutti i costi ricevere sue notizie al più presto.
Come se le avessero letto nel pensiero, il telefono squillò. Un messaggio di Kay: settore 2 unità 64 nucleo 175.
Un indirizzo.
Di sicuro faceva riferimento al nucleo abitativo di Morgan. Che diavolo le aveva fatto? Era in pericolo, se lo sentiva. Non sapeva che altra spiegazione darsi per quel messaggio. Mise in tasca il telefono in fretta e furia e si alzò di scatto, quasi facendo cadere all’indietro la sedia. Si era completamente dimenticata di Male, voleva soltanto andare in cerca della sua migliore amica e assicurarsi che non le fosse stato tolto nemmeno un capello.
‹‹Tutto bene? È successo qualcosa?››. Male la vide sbiancare all’improvviso.
‹‹Scusami, i-io… c’è stata un’emergenza. Devo scappare a casa, mi dispiace. Grazie per la compagnia, comunque››. Nael si girò per andare verso l’uscita del locale.
Male scattò in piedi come un serpente velenoso che attacca la sua preda e l’afferrò per un braccio. Si avvicinò alle labbra della ragazza e sussurrò ‹‹Non te ne vorrai andare senza nemmeno avermi dato un bacio. Credo proprio di essermelo meritato, sai››.
Lei lo guardò senza capire cosa stesse succedendo. Lo sentì mormorare parole incomprensibili, senza senso. Sembravano pronunciate al contrario.
Poi, dovette sbattere le palpebre più volte. Accanto a lei non c’era più Male, ma un altro ragazzo. Qualcuno che non si sarebbe mai aspettata di vedere e che le provocò una strana reazione. Le guance le andarono in fiamme e il cuore cominciò a martellare sempre più forte nel petto.
‹‹Lo sapevo che ti sarei piaciuto di più così, ora sono sicuro che mi bacerai più volentieri››. Fece una pausa, le accarezzò il volto e lei, rapita dal suo sguardo, lasciò sprofondare la guancia sulla sua mano calda. ‹‹Però è un peccato che non ci siano specchi a disposizione. Vorrei proprio vedere chi è il fortunato che ha rapito il tuo cuore››.
Una parte nascosta dentro il cervello di Nael si stava chiedendo se davvero fosse innamorata di quel ragazzo.
Come poteva esserlo se non si erano mai conosciuti?
Ci si poteva innamorare di un estraneo?
Se doveva dar retta alle farfalle nello stomaco, alle vertigini e all’impulso di lasciarsi cullare fra le sue braccia… Allora sì! Ci si poteva benissimo innamorare di uno sconosciuto.
Male poggiò le labbra carnose sopra quelle morbide e sottili della ragazza dai capelli rossi. All’inizio fu un bacio leggero, poi si fece sempre più intenso, più profondo, fino a sentire le loro anime fondersi in una danza sensuale.
E pericolosa.
Come in un flash, Nael vide il vero aspetto di Male. Un essere dagli occhi arancioni come le fiamme dell’inferno, due ali a punta nere screziate di viola, lunghi artigli e il corpo metà umano metà animalesco, di una razza senz’altro diabolica.
Fu catapultata nella realtà come se le avessero gettato un secchio pieno di ghiaccio sopra la testa. Si staccò di colpo e allontanò Male con un gesto brusco.
Il demone non si aspettava di essere respinto così e barcollò all’indietro. Nessuno si era accorto di quello che era appena successo tra i due, gli altri avventori del locale continuavano a sorseggiare i loro cocktail e a ridere di chissà quali battute come se niente fosse. Nael, invece, era ancora più confusa e tutta quella tranquillità intorno le dava un senso di claustrofobia.
‹‹Che succede?››, provò a chiedere Male con tono canzonatorio.
‹‹S-stai lontano da me! Non mi toccare mai più››, gli urlò contro lei.
Indietreggiò senza perderlo di vista, e non appena raggiunse l’uscita si mise a correre verso l’indirizzo che Kay le aveva mandato.
Per sua fortuna, il Settore 2 era proprio lì vicino. Nel giro di quindici minuti trovò il nucleo 29 all’unità 175. I grandi numeri neri posti su ogni edificio si notavano facilmente, in contrasto con i lisci muri bianco candido.
Provò a suonare il campanello.
Nessuno rispose.
Guardò l’orologio, mancava mezz’ora scarsa al coprifuoco e il suo nucleo abitativo al Settore 3 distava venti minuti buoni da dove si trovava ora. Non sarebbe mai arrivata in tempo e questo era un grosso problema, ma non avrebbe mai lasciato sola la sua migliore amica nel momento del bisogno.
Sapeva che dopo il coprifuoco non si poteva uscire di casa per nessun motivo. A volte succedeva che i Nia-Za scendessero per controllare che tutto fosse in ordine all’interno della cittadella. Di tanto in tanto qualcuno veniva scoperto fuori casa, nella maggior parte dei casi si trattava di ubriachi. Si vociferava in giro che venissero torturati fino allo sfinimento e che le urla facessero venire la pelle d’oca a chi avesse avuto la sfortuna di avere il nucleo abitativo proprio accanto al luogo dell’esecuzione.
Prese un respiro profondo per scacciare il panico procurato da quei pensieri disgustosi e tremendi. Decise di fare un ultimo tentativo.
Questa volta, però, bussò. La porta si aprì con un leggero click. Era stata chiusa male.
Nael entrò e bisbigliò ‹‹È permesso?››.
Ancora nessuna risposta.
La debole luce nella stanza non permetteva di distinguere bene ciò che c’era dentro. Nael intravide una sagoma al centro della stanza, una specie di sacco vuoto ripiegato su sé stesso. Strizzò gli occhi per vedere meglio.
Il cuore cominciò a battere all’impazzata, il respiro si fece più corto, le mani iniziarono a sudare.
Non era un sacco vuoto, era qualcosa di più inquietante. Qualcosa che non avrebbe mai e poi mai voluto vedere. I piedi si mossero in avanti, spinti da una misteriosa forza invisibile. Si avvicinò alla cosa al centro della stanza. Non appena fu abbastanza vicina da non avere dubbi su cosa fosse, si portò una mano alla bocca e soffocò un grido di terrore.
Barcollò all’indietro per lo spavento. La cosa, in realtà, era un cadavere di donna. Una specie di mummia avvizzita. I capelli radi e grigio cenere facevano intravvedere un cuoio capelluto ricoperto da macchie marrone - verdognole. La pelle raggrinzita sembrava il risultato di un’ustione di primo grado. Il viso era stato immortalato per sempre in un’orrenda smorfia di dolore, con gli occhi che sembravano voler schizzare fuori dalle orbite da un momento all’altro. La carne della bocca, come staccata a morsi, lasciava scoperto un buon pezzo di mandibola e una parte dell’arcata dentale. Il puzzo di marcio e putrefazione si stava pian piano diffondendo nell’aria.
Nael, troppo presa dallo stato del corpo di quella povera donna, si accorse solo in quel momento dei vestiti che indossava: un paio di jeans a sigaretta slavati e una t-shirt giallo fluo con sopra scritto Nessuno è perfetto! Io sono nessuno.
Quella stupida maglietta l’aveva regalata lei a Kay. L’aveva trovata in un mercatino dei tempi pre-apocalisse e aveva deciso che sarebbe stata perfetta per una pazza scatenata come Kayley.
‹‹In che casino ti sei cacciata?›› disse con un filo di voce, cadendo in ginocchio di fronte al cadavere. ‹‹Perché mi sono fidata a lasciarti andare con quell’essere infernale?››.
‹‹Essere infernale, eh? Devo dire che hai azzeccato il termine adatto… Stella privata del Cielo››. Una voce cupa risuonò nella stanza.
‹‹Chi sei? Che vuoi da me?››. Il sangue di Nael scorreva a più non posso nelle vene.
‹‹Tu sei la portatrice dei sigilli!››. Una risata agghiacciante le provocò un brivido lungo la schiena. ‹‹Cosa vogliamo da te? Semplice, vogliamo vederti morta… come la tua amica››.
Gli assassini di Kay volevano uccidere anche lei.
Per quale motivo? E cosa voleva dire definendola in quel modo? Lei non era la portatrice di un bel niente. Doveva per forza essere un bruttissimo incubo. Nessun essere umano poteva ridurre una persona in quelle condizioni, solo un demone poteva farlo.
Chi osava essere tanto sfrontato da infrangere il secondo articolo del patto fatto col Maligno mettendo in pericolo la sua stessa vita?
Il mondo cominciò a vorticarle attorno, l’aria sembrò smettere di girare nei polmoni e tutto si fermò. Nella testa le riecheggiò lontana la risata di Kay.
Spuntò un ricordo. Il loro primo incontro a scuola, quando Nael le aveva sorriso e le aveva offerto un fazzoletto per asciugarsi le lacrime. Poi seguirono altri ricordi a una velocità innaturale. Momenti felici, gioiosi, in cui niente e nessuno sembrava poterle dividere.
Tranne la morte.
A quel pensiero tutta la disperazione del mondo sembrò riversarsi dentro il suo corpo e le immagini si bloccarono su un attimo preciso: il giorno dopo il Path’s Day. La voce di Kay risuonò chiara, come se stesse pronunciando quelle parole in quello stesso istante.
“Poi ammettilo, senza di me ti annoieresti a morte”.
Si ricordò di non aver avuto tempo per replicare. Le lacrime le salirono agli occhi e scoppiò a piangere, colta dall’improvvisa certezza che ora non avrebbe più potuto risponderle.
‹‹Starò tremendamente male senza di te››, la voce di Nael era rotta dai singhiozzi. ‹‹Riposa in pace, Kayley Reese Sloan››.
Si prese il viso tra le mani, e in quello stesso istante un fortissimo dolore inatteso all’avambraccio destro la fece urlare. Il grido era carico di potere e sembrò vibrare in quella sorta di dimensione in cui era stata catturata. Un’abbagliante luce rossa stava incidendo qualcosa sul braccio della ragazza. Le mordeva la carne, la strappava e si nutriva del suo stesso sangue iniettandole dentro una nuova linfa vitale. Nael si sentiva bruciare, proprio come nell’incubo che aveva fatto.
Ebbe il timore che fosse tutta opera del Maligno, ma una certezza che partiva dal cuore la rassicurava che non era opera sua. Si trattava di una forza celestiale, pura e trasparente, mossa solo dall’amore di un essere che si faceva chiamare l’Onnipotente.
Quando tutto finì, la stanza ripiombò nella debole luce della lampada da tavolo accanto al televisore. Il corpo di Kay non c’era più. Al suo posto, era rimasto un mucchietto di cenere. Nael allungò una mano tremante verso i resti carbonizzati dell’amica. Li accarezzò con dita tremanti e una lacrima le scivolò dal viso.
La pelle del braccio destro pizzicava e le faceva male. Si guardò e vide uno strano simbolo rotondo, con dei disegni all’interno e delle scritte all’esterno. Era lo stesso del sogno.
A differenza del simbolo che aveva visto tatuato sulla schiena di Ny la sera del concerto, quello era più rassicurante. Il rosso scarlatto dei simboli trasmetteva forza e coraggio. Cercò di leggere cosa c’era scritto e restò sorpresa quando capì che quelli erano quattro nomi, e non una frase.
Il panico prese il sopravvento. Non poteva andarsene in giro con una cosa del genere tatuata, anzi, incisa sulla pelle.
Cosa avrebbe detto la gente?
Cosa avrebbero detto i suoi?
Doveva trovare il modo di nasconderla. Scattò in piedi e si guardò attorno. Sul divano trovò una felpa nera con stampato sul retro il logo dei D-Soul. Ormai era chiaro che c’entravano in quella storia ed era più che sicura fosse stato Morgan a uccidere la sua migliore amica.
Giurò a sé stessa che, se ci fosse stata l’occasione, avrebbe vendicato Kay.
Indossò la felpa in fretta e furia, anche se le disgustava l’idea di avere addosso qualcosa appartenente a quel gruppo di demoni assassini e assetati di sangue.
Guardò l’orologio, il coprifuoco ormai era già scattato da un po’ e non voleva finire torturata né dai Nia-Za, né dall’assassino di Kay. Era decisa a scappare nel primo rifugio possibile e corse verso la porta senza guardarsi indietro.
La porta si chiuse di colpo con un tonfo secco impedendole la fuga.
‹‹Dove credi di andare, bellezza?››.
Geb le bloccò le braccia con le mani e la trascinò verso il centro della stanza. Nael urlò e chiese aiuto. Cercò di divincolarsi. La stretta era troppo forte, non ce l’avrebbe mai fatta.
‹‹Urla pure quanto vuoi, non ti sentirà nessuno››, disse Male, che apparve dal nulla di fronte a lei con un pezzo di scotch in mano, pronto a tapparle la bocca.
Una forza misteriosa si impossessò del corpo di Nael. Partiva proprio dal punto esatto in cui era comparso il simbolo e le diede la forza per spingerla a combattere e non arrendersi. D’istinto la ragazza fece leva poggiando la schiena addosso a Geb e diede un calcio con entrambi i piedi sullo stomaco di Male facendolo volare fuori dal nucleo, riducendo in mille pezzi la porta di legno bianco.
Geb cadde di schiena portandosi dietro il corpo di Nael. Quando toccò il pavimento perse la presa e lei rotolò su un fianco, si alzò e scappò fuori dal varco che era riuscita a crearsi. Non ebbe il tempo necessario per stupirsi di tutta quella forza improvvisa. La sua mente, ora, era programmata su un solo comando: salvarsi la pelle.
Dopo il coprifuoco le luci della cittadella erano soffuse e tutto sembrava essersi tinto di grigio. A Nael vennero i brividi, c’era qualcosa di strano che non riusciva a capire. Qualcosa di diverso aveva preso il posto delle famigliari vie ordinate di Kali Phi.
Correva a più non posso, girando casualmente di qua e di là, nel reticolato stradale. Ad un certo punto, un grido spettrale la fece inciampare. Si rialzò e si guardò alle spalle. La sua fine era giunta, non sarebbe potuta scappare da nessuna parte. Tre Nia-Za fluttuavano a pochi metri da lei, i mantelli neri fumanti e il corpo invisibile. L’odore di zolfo le penetrò nelle narici. Rimase a bocca aperta a guardare quelle specie di spettri dell’inferno.
Era la prima volta che li vedeva e, forse, sarebbe stata anche l’ultima.
CAPITOLO 6
VIE DI FUGA
Il corpo di Nael sembrava pesare tonnellate. I piedi le erano rimasti incollati al terreno, non osava muovere un muscolo. Era terrorizzata e si stava già immaginando quali atrocità le sarebbero state inflitte.
I Nia-Za fluttuavano a mezz’aria. Il capo davanti, gli altri due un passo più indietro. Nael guardò dentro il cappuccio vuoto del leader e, nonostante il demone non avesse occhi, ebbe la stranissima impressione che la stesse osservando a sua volta. L’oscurità sembrava penetrarle dentro il corpo attraverso quello sguardo invisibile.
Il Nia-Za alzò un braccio verso di lei ed emise un grido da farle venire la pelle d’oca. I due demoni che stavano dietro le si fiondarono addosso.
La fine era ormai vicina.
Il corpo di Nael si mosse, spinto dall’istinto di sopravvivenza, e scattò indietro alla ricerca di un riparo. Sapeva che sarebbe stato tutto inutile, ma la volontà di salvarsi ebbe la meglio. Percorse qualche metro. Si accorse, però, che il suo tentativo di fuga sarebbe fallito ancora prima di iniziare.
Sentì delle voci gridare qualcosa. Qualcun altro la stava cercando e non potevano che essere i D-Soul.
Sapevano tutti che erano demoni, ma Nael non credeva fossero così spietati e sovversivi. Non era una novità che a Kali Phi, nascosti in mezzo agli umani, vivessero demoni pentiti. Ma il genere di demoni a cui sembravano appartenere loro non rispettavano certamente gli articoli per la pacifica convivenza presenti nel Patto. Se fosse stata in grado di uscire viva da quella nottata, Nael avrebbe cercato informazioni sullo strano tatuaggio che aveva visto sulla schiena di Ny e sulla loro vera natura.
Con la coda dell’occhio vide una vietta sulla sinistra, stretta e buia. Non ne aveva mai viste di simili dentro la cittadella. Era come se di notte tutto cambiasse forma, se la parte peggiore di Kali Phi venisse a galla. Ecco cosa c’era di diverso.
Perché non ne aveva mai parlato nessuno?
Si era appena accorta che ciò che la circondava al mattino e il terrore che si manifestava di notte erano due facce della stessa medaglia.
‹‹Dobbiamo trovarla››, gridò uno dei D-Soul.
Si appiattì contro il muro, non le importava sapere chi avesse parlato. Sentì altre voci e trattenne il fiato.
‹‹Ny, anche i Nia-Za sono sulle sue tracce, non credo abbia possibilità di farla franca››.
‹‹Non importa, Sam››, ringhiò Ny, ‹‹voglio essere sicuro che sia morta. Se i Nia-Za l’avessero catturata le sue grida si sarebbero sentite già da un po’, non credi?››.
‹‹Non è detto, e se l’avessero portata dal Maligno?››.
‹‹Potrebbe anche essere, ma ne dubito. Geb, che dicono le tue sensazioni?››.
Geb si portò l’indice e il medio accanto alla tempia sinistra. Rimase qualche secondo in silenzio. ‹‹È viva ed è qui, i Nia-Za la stanno ancora cercando››.
Ny guardò Sam incrociando le braccia e alzando un sopraciglio. Odiava quando contestavano i suoi ordini. ‹‹Allora? Che mi dici adesso?››.
‹‹Propongo di dividerci e setacciare ogni angolo della cittadella››, rispose Sam inchiodandolo con lo sguardo.
Ci fu una pausa carica di tensione fra i due.
‹‹Bene, separiamoci››, ordinò Ny.
Nael chiuse gli occhi e appoggiò la testa al muro. Respirò a fondo due, tre volte e pensò alla prossima mossa. Qualsiasi cosa avesse voluto fare, sarebbe stato un suicidio.
Avendo lasciato i Nia-Za indietro decise di scappare in fondo alla via. Prese un ultimo respiro e si mise a correre senza mai voltarsi. Giunta a metà, le grida dei demoni guardiani del Maligno la fecero sussultare.
L’adrenalina che le scorreva nelle vene la spinse a correre più forte. Era quasi arrivata alla fine della strada, quando una sagoma le bloccò l’unica via di fuga.
Rimase ferma.
La sua mente valutò in fretta due possibilità: morire sotto le atroci torture dei Nia-Za o per mano di uno dei D-Soul?
Decisamente meglio la seconda.
Aspettò che la sagoma avanzasse verso di lei. Quando furono abbastanza vicini, riconobbe chi l’aveva trovata: Mik.
Il demone procedeva con sguardo feroce. I suoi occhi sembravano scintillare al buio e un sorriso sprezzante spuntò sul suo volto. A quanto pare si reputava soddisfatto di averla catturata lui prima di tutti.
La paura e la consapevolezza che la sua ora era giunta paralizzarono Nael. Rimase immobile, come una statua di pietra, a osservare il suo boia. Glielo leggeva negli occhi che avrebbe voluto staccarle la testa a mani nude, e lo avrebbe fatto sicuramente di lì a poco. Stava solo mettendo la preda sotto pressione.
Le grida dei Nia-Za fecero saltare i piani del demone. Mik si guardò attorno con occhi di fuoco, poi tutto accadde ad una velocità sovraumana.
Nael gettò uno sguardo alle sue spalle e vide i demoni guardiani scaraventarsi contro di lei.
Sentì Mik gridare ‹‹No!››. Quando si voltò per guardarlo in faccia, lo vide scattare in avanti e spiccare il volo.
Nael si accovacciò a terra, pronta all’impatto con Mik e i Nia-Za. Pregava un qualche Dio di morire velocemente e senza soffrire molto.
All’improvviso, si sentì trascinare via dalla strada. Non era più in grado di ragionare, di dare una spiegazione logica a ciò che stava succedendo. Aveva perso i sensi per la paura e si lasciò trasportare ovunque la stessero portando. In quello stato di semincoscienza riuscì solo a percepire l’odore di umidità e muffa e a sentire l’acqua fredda scorrere sotto i suoi piedi.
La stavano portando all’inferno?
O nelle Terre di Nessuno, in superficie?
Cosa aveva fatto per meritarsi tutta questa attenzione?
Era nei guai fino al collo.
Quando tutto si fermò, si lasciò cadere a terra e un turbinio di pallini neri e grigi le avvolse la mente, facendola cadere in un sonno profondo popolato da demoni e mostri.
Più tardi, quando finalmente riuscì a riprendere conoscenza, aprì gli occhi e si guardò attorno. Era in una specie di tunnel, assomigliava a una caverna in realtà. Ma forse si sbagliava. Le caverne erano situate sottoterra, cosa poteva esserci ancora più in basso della cittadella?
L’inferno ormai si era trasferito ai piani alti.
‹‹Ben svegliata, fuggitiva››.
Qualcuno la fece alzare di scatto e la testa prese a pulsare per il dolore facendole perdere l’equilibrio.
Un ragazzo dai capelli scuri e dalla pelle ambrata corse accanto a lei e la sorresse per un braccio.
‹‹Ehi, non sforzarti. Come ti senti?››.
Nael lo guardò terrorizzata e ritrasse il braccio di scatto. ‹‹Chi sei? Dove sono? Vuoi uccidermi anche tu?››.
Il ragazzo si alzò in piedi e dalla tasca della felpa qualcosa si mosse. Nael indietreggiò per lo spavento e finì spalle al muro.
‹‹Non preoccuparti, è solo il mio amico Pirata››, e tirò fuori dalla tasca un topolino con il manto grigio tendente all’azzurro. Lo avvicinò al viso, naso contro naso, e gli diede un bacetto sul muso. Poi ritornò a fissare Nael.
‹‹D’altronde, posso capirti. Dopo quello che hai passato ieri notte… non è facile. Ah, io sono Crocus, Crocus Bates, e questa è la mia casa, anche se forse tu non hai mai sentito parlare della presenza di sistemi fognari sotto Kali Phi››.
Nael si passò le mani tra i corti capelli a caschetto. ‹‹Che diavolo sta succedendo?››, mormorò fra sé e sé. Guardò il ragazzo spaventata. ‹‹Quanto sono stata priva di sensi?››.
‹‹Più o meno diciotto ore››.
‹‹Diciotto ore?! Diavolo! Non ricordo nulla di quello che è successo ieri sera. Ho delle immagini vaghe, ma sembra più un incubo che la realtà vera e propria. Sto impazzendo››. E si prese la testa fra le mani pensando a quanto in pensiero dovevano essere i suoi genitori non vedendola rientrare dalla sera prima.
‹‹No, non sei pazza. Ci penso io a rinfrescarti la memoria, non preoccuparti››. Crocus e il suo topo si sedettero accanto a lei. ‹‹Allora, i Nia-Za si sono scaraventati addosso a te, pronti a infliggerti chissà quali atroci torture. Spero non volessero strapparti gli organi a mani nude o, peggio, usare gli ultrasuoni. Quelli sì che sono tosti, ti fanno impazzire, dicono che sia come…››.
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