Un Gregario Solo Al Comando!
E. T. Palwin
E. T. Palwin
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1. Una linea tratteggiata.
“Un cuore nuovo per ogni giorno e 1000 favole per questo sogno.
Eri il mio amore, il mio destino, la mia partenza ed ogni arrivo.
Eri l'avanzo ed il bisogno, tutti gli anfratti di mia coscienza.
Non ho più occhi… Nulla da scrivere… Poco da dare e meno da vivere…
Giorni di cuore, senza più fiaba, notte di stelle, senza l'amore di chi m'amava.
Tramonta il sole, fredda la terra, fugge una lacrima... Ma è solo il principio di un'altra guerra!”.
Il piccolo foglio accartocciato cade in strada. È il segnale della riserva accesa. Gli altri lo chiamano Toro Incatenato. È tutto sui pedali. Sbuffa e si dimena... Sembra un toro incatenato ad una improbabile bicicletta. Vorrebbe un soprannome più poetico, ma non conoscono le sue zavorre di carta. Per lui sono liberatorie. Lo lanciano al traguardo, leggero nell'animo!
«Bastardo!» Scagliata con l'insulto una bottiglietta lo sfiora.
Dal mezzo della folla l'ennesimo sputo di quelle settimane... Umiliazione liquida come se piovesse, che dalla guancia gli cola giù per il collo.
Incurante, avanza tra sudore, lacrime e stenti. È stremato e solitario! Ha la coscienza febbricitante, la pelle arsa dal sole e spaccata dal gelo. Un cartello indica i 3 km al traguardo. È la penultima tappa. Quel giro è stato discusso e controverso come pochi. Insulti e accuse dalla gente in strada, sui giornali, in TV e alla radio. Il mondo intero segue questa storia di miseria umana e sportiva. Web e social media se ne cibano con avidità. Illazioni e ricostruzioni fantasiose corrono più dei ciclisti (#rabbiaesdegno).
Sono le 4:03 pm e lì la gravità sembra triplicata. Quel tratto di montagna è isolato: i ripetitori sono difettosi.
«Scoppia!» grida un ragazzino.
Dall'altro lato la novità d'uno sputo alcolico. Forse è vino dolce rimescolato in bocca. Lo centra sul dorso della mano. Si asciuga tra petto e ascella. Vorrebbe nasconderlo alle telecamere. Sono ovunque, impossibile! Ne ha una anche sul casco.
«Bestia!» strilla una vecchia, agitando il bastone.
Sui bordi, due ali di folla s'infiammano. Il suo passaggio è una miccia accesa. Arriva e la gente esplode in insulti e atti concreti! Le transenne ballano una musica fatta d'animi inquieti. È un eco delirante, compulsivo, deformante, di follia collettiva!
Pochi metri e la salita finirà, poi discesa fino all'arrivo. Dalla calca esce un balordo. È di mezza età, panciuto, stempiato, con barba incolta e sudicia. Ha un coltello affilato! Un po' impacciato, corre verso il suo traguardo di follia!
«Stasera non torni ai figli» farfuglia confuso fuori e dentro sé.
Aiutato dalla bassa velocità, lo colpisce una volta soltanto! La lama affonda, devastante... Dal corridore parte un grido sordo di sconcerto e incredulità.
Si guardano... Lo squilibrato ha occhi blu notte, spiritati. Gode del suo gesto, mentre lui prosegue con la lama conficcata nella schiena. Rallenta, ma senza fermarsi. La discesa ne ha pietà... Sbanda senza cadere. Il dolore è così pieno e profondo! Volta la testa. Quel manico è come la banderilla di una corrida. Vede il pazzo: è a terra. Due del servizio d'ordine lo trattengono.
Intorno alla ferita zampillano accenni d'anima in tinta rossa. È un toro nell'arena e quella è la spada finale? È sfinito. Vive un brivido ignoto: è viola; ha sfumature blu elettrico intermittenti; in bocca ha il sapore della ruggine. Lo assale un violento conato di vomito, vuoto di sostanza. Gli manca il fiato... Sbarra gli occhi, ma passa ed è ancora lì a soffrire. Non s'arrende, non l'ha mai fatto! Cerca forze sufficienti per tracciare una linea tratteggiata con il sangue... Vuole oltrepassare il traguardo della sua stessa vita!
2. Sole, Terra, Vita.
Toro Incatenato, al secolo: Marcelo Valmontedo, uruguaiano di 39 anni, è il gregario per antonomasia. Negli ultimi 20 si è tirato dietro 9 diversi capitani, tutti vincitori di almeno un trofeo prestigioso durante la stagione. Di solito, trainato il team leader per buona parte del tracciato, percorre l'ultimo tratto a mo' di passeggiata. È rimasta celebre la volta in cui, vicino alla prima affermazione personale, ha ubbidito agli ordini di squadra e fatto marcia indietro. «Voltati subito, George ha bisogno di te!» hanno comandato. Giusto, poiché oggi George Van Der Master risulta trionfatore del Gran Giro di quell'edizione.
Mai una volta sul podio, tra belle donne e spumante, invisibile parafulmine d'aria, artefice delle fortune e delle glorie altrui, lui è il gregario perfetto dai tanti soprannomi: Vecchio Toro, Ciclista Operaio, solo a citare due, Marcelo Valmontedo da Montevideo, il Toro Uruguaiano!
C'è chi sostiene, basandosi sull'affermazione: «M'è passata la vita davanti!» che, nell'imminenza del trapasso, la mente umana riproponga gli episodi responsabili o solo riassuntivi del come, quando e perché l'idea di una morte sia nata in seno al mondo. In tal senso il suo viaggio non farà eccezione ed anzi, chiunque con un ruolo nella vicenda, si scoprirà a fare altrettanto.
«Max, Giani disse che me andavi cercando» esordisce con il suo caratteristico accento e parlar contaminato, mentre entra in quell'ufficio di tante riunioni. A seconda delle circostanze e degli stati d'animo parla spagnolo (lingua paterna), portoghese (lingua materna) e italiano (lingua del lavoro).
«Vieni, siedi Marcelo» lo accoglie il direttore Procopio che per posa, naso a punta e rossore sulle guance e attorno agli occhi, sembra un grosso fagiano. «Tutto bene? Famiglia, bambini?»
«Sodisfasendo Dios, Diletta fece 8 anni semana passata.» Nel nominarla la voce gli balla. La madre l'aspettava già quando si presero. «O piccolo Alejandro, inveze, con la bola de futbol!»
Il direttore scoppia in una risata roca, gettando il capo dietro di sé. Di solito è indice di sincerità in lui, ma non oggi che ha un macigno da scaricare sul cuore dell'amico Toro.
«Possível, 3 bicicletas nuevas como regalo solo este año!»
Max fa segno di calmarsi. Sa fin troppo bene che quando è nervoso lingua parlata e pensieri coincidono in lui.
«Dopo 3 biciclete nuevas, solo sto ano? Veja e fuja. Ehm, le vede, ma scappa a la pelota!»
Vecchia storia. Il figlio di 6 anni che adora il pallone. Scandalo nella famiglia Valmontedo fondata sul ciclismo! Strano che un uruguaiano possa averlo a cuore più del calcio, ma già chiarito: suo padre, grande passione per quello sport epico, quando lui neppure camminava, lo mise su una bici minuscola con rotelle, manubrio e sedile modificati, affinché non ne cadesse. In pratica un girello per le prime pedalate. Bizzarro, ma coerente. Durante gli allenamenti più duri, Marcelo è solito strillare: «Esta bicicleta me viu nascer e vai me veré morir!» In pratica, in quel misto di spagnolo e portoghese, che la bici lo ha visto nascere e lo vedrà morire.
«Elisabeth?» chiede Max che adesso, con i suoi occhietti da pennuto, lo osserva sospettoso. Difatti gira la voce che quella lo tradisca! «Che mi dici?»
«Ho lassiato Marilisa por ella e te lo sai!» afferma infastidito. Mai accaduto parlando di lei! «Elisabeth sta capriciosa, belisima, ma dificile como ena niña, ehm, bambina de capricio!»
Oggi ogni argomento un campo minato? Il direttore chiude gli occhi restando in silenzio. Sembra un computer al riavvio, fallito il programma perfetto! Pensa a quella graziosa ragazza, Marilisa appunto, coetanea di Marcelo, conosciuta anni prima. Talmente dolce, spontanea, altruista e poi tanto tanto innamorata del suo ciclista... Venuti via insieme dall'Uruguay per condividere i primi anni di una promettente carriera sportiva, ma senza sposarsi e avere dei figli. Errore! Ché il mondo è pieno di tentazioni, come in effetti Elisabeth ha dimostrato. Fosse stato per Max, seppure risultasse oggettivamente spettacolare, non avrebbe permesso un tale affronto alla buona sorte. Già, sì, c'è chi aspetta una vita intera, talvolta invano, sperando di incontrare la persona giusta, così preferire quella a Marilisa davvero un calcio alla fortuna! Ma il passato è passato, così, ricaricato il sistema operativo, replica con convinzione: «Ma che bambina capricciosa, ha 26 anni!»
«Ne teneva 18 quando vene Diletta.» Gli trema la voce, non può farci nulla... «Quase 14 de diferencia! Ricordi la cerimònia? Stavo louco, loco, ehm, pazzo, e sto ancora così!»
«Bello però.»
«Bicicleta, esposa, filhos. Estas são as três razões da minha vida!»
Questa affermazione non lo sorprende. Conosce il senso: “La bicicletta, la moglie, i figli. Sono queste le tre ragioni della mia vita!”. Un marchio di fabbrica, ripetuto come un mantra prima di ogni gara o allenamento.
Sospira, comprendendo che non gli darà alcuna anticipazione sulle intenzioni del fondatore e presidente della loro squadra. Sa quanto stia lavorando duramente per il prossimo Gran Giro e quanto quello sport sia ancora centrale nella sua esistenza. No, non si immagina affermare: «Lui ha deciso che non correrai più per noi!» Pensa alla giovane moglie, eletta Miss Uruguay l'anno in cui si erano incontrati e subito sposati, che da circa un anno e mezzo ha legalmente in mano tutto: case, conti, terreni. Come un padre Max Procopio ha tentato di farlo ragionare, sentendosi rispondere che senza Elisabeth Paceco Garziglia, tutto il resto non avrebbe avuto senso. Dunque? Una rivoluzione per l'ordine costitutivo della sua esistenza: bicicletta, moglie e figli? Il nuovo ordine è adesso: la moglie, la bici e i figli, oppure moglie, figli e infine bicicletta? No mai, ché bici e relative corse l'hanno portato a conoscere e sposare una donna tanto bella e ambita. Quei figli senza lei men che meno sarebbero venuti e allora no, nessuna rivoluzione. Solo l'evidenza che le case, i terreni, i titoli e tutto il denaro possibile non fanno parte, per così dire, del suo sistema solare interno: Sole, Terra, Vita... Già, il Sole come bicicletta, la Terra come moglie e infine la Vita come i loro splendidi bambini.
3. Tercio de muleta.
Per adeguare il ritmo nelle salite, questa mattina il Toro di Montevideo ha in programma la tabella numero 43 del diario di allenamento personale. Da principio eseguirà un riscaldamento di 15 minuti con rapporto corto a 90 giri al minuto (rpm). Poi 15 km di strada pianeggiante da percorrere con andatura costante, 80 rpm, frequenza cardiaca massima 75% e ancora 6 salite da 2 km a velocità costante medio alta, frequenza cardiaca massima 85% con scatto negli ultimi 200 metri, usando un rapporto lungo. A seguire altri 15 km di strada in piano, con andatura costante 85 rpm e 75% di frequenza cardiaca massima. Finirà con il defaticamento: 15 minuti di rapporto corto a 90 rpm. Dopo anni di preparazioni mirate a raggiungere la forma psicofisica ideale nell'esatta data stabilita, si sente in controllo di una macchina da corsa a trazione umana perfetta. In lui capacità fisica, mentale e tecnica coesistono in equilibrio. C'è metodo, applicazione, spirito di sacrificio e abnegazione negli allenamenti, nell'alimentazione, nel mantenimento di uno stile di vita sano e appropriato e molto altro ancora. Un dettaglio trascura di proposito: l'età anagrafica a discapito di quella biologica, due lustri indietro a sentir lui.
Entrato nell'anticamera degli spogliatoi, dietro a un muro in cartongesso, tra le altre, riconosce la voce calda e appassionata di Gianni Sardena, astro nascente del Team Astrale. Si tratta del suo secondo anno lì e già lo additano quale possibile rivelazione del prossimo Gran Giro d'Europa.
«Ricordate belli, date i cambi come stabilito e nel finale le mie scintille!»
«Ah, ah, ah, ah! Non prendere fuoco dietro quando accendi i razzi!» fanno eco gli altri, divertiti.
Marcelo ricorda di avere visto in bacheca il loro programma. Hanno una simulazione di fuga con strappo a tutta negli ultimi 2000 metri, dopo 80 km complessivi. Guzzi, South, Giansante e Papis, manca solo il capitano Evilthoon, ma per il resto si parla dei 5 migliori elementi sotto contratto.
«Si sa niente del Toro?» chiede Mirko Giansante. «Gli hanno già spezzato le corna?»
Udendoli resta immobile, puntato in direzione di quelle voci come una parabola verso un satellite delle telecomunicazioni.
«Forse», risponde mesto Leon Papis, anch'egli intento nella vestizione, «ora sono tutti dal presidente, nella sala grande.»
«Andava anche Thomas!» esclama Davide Guzzi, ricordando d'averci parlato nel parcheggio. «Lo fanno secco oggi, pesante!»
Senza bisogno di sentire altro, si lancia fuori! In breve irrompe nella sala riunioni, inutilmente inseguito da due segretarie.
«Qué es esta historia?»
È palese abbia luogo qualcosa d'importante. Attorno al tavolo lungo, cristallo e acciaio, l'anziano fondatore dell'omonimo Team Astrale, il vicepresidente Santo Maioli, i responsabili delle aree di Amministrazione, Logistica, Marketing e HR, il capitano della squadra e naturalmente il direttore tecnico sportivo.
«Entri e sieda, caro» gli fa eco il presidente, somigliante a uno Shih Tzu ben pettinato, ma parlante vista la voce flautata. «L'avremmo chiamata noi, ma è lo stesso, vero Giorgio?»
Scuro in volto, il vicepresidente annuisce.
«Gli anni passano e si discute del suo futuro, caro» riprende a dire, armonico, mentre fa ampi cenni affinché l'ultimo arrivato gli sieda a fianco. «Spiegavo che, curati a dovere, anche gli alberi meno giovani portano buoni frutti.»
Fatta eccezione per Lanfranco Astrale, Max Procopio e un vecchio magazziniere peruviano, gli altri sono entrati in società dopo di lui. Marcelo ammira quell'uomo garbato e moralmente impeccabile, ma al pensiero d'essere anch'egli prossimo a un fisiologico avvicendamento, sente ardersi nel petto il fuoco d'una guerra termonucleare. La sua angoscia è spiegata dai problemi degli ultimi tempi con la moglie. Per quanto si sia dimostrato più longevo della totalità dei colleghi suoi coetanei, Elisabeth rifiuta l'idea stessa del suo pensionamento sportivo. Semplicemente non è pronta. Amici e parenti devono provare ancora invidia per la sposa fortunata di un professionista del ciclismo mondiale. Vuol sentirsi in primo piano, coinvolta dal turbinio delle corse, dalle notizie riportate in TV o alla radio. Adora, poi, la diretta delle gare, quando il suo Toro, in testa al gruppo, si tira dietro il resto del bestiame. Non le importa del finale, quando gli altri hanno la meglio, poiché lui le ha spiegato cosa nascondono le quinte di quel teatro sportivo. Sì, conosce e accetta le regole del gioco. Tutte eccezion fatta per quella che sentenzierà la fine del suo divertimento!
«Dicevo che ci ha garantito un lavoro prezioso» prosegue il presidente. «Non ha mai vinto, ma ha portato avanti il gruppo, favorendo i successi dei nostri capitani.»
«Obrigado senhor.»
«Forse sottovaluta l'importanza di tanti anni di sacrifici, ma non tema: la vogliamo preservare. Lei è un simbolo e la qualità del suo lavoro non va dispersa.»
«Grazie señor presidente.»
«Dunque, perché rischiare l'immagine di splendido gregario nel prossimo Giro d'Europa? Se dovesse fallire il bellissimo Toro dell'Uruguay ne uscirebbe infangato, addirittura morto!»
Come eccepire? Marcelo china il capo.
«Stiamo valutando d'offrirle un ruolo nella dirigenza. Non è da tutti e dovrebbe saperlo che ne ha visti passare tanti, caro.»
Come contraddire quella logica schiacciante? In che modo considerare tutto ciò un insulto insopportabile, invece che un premio, un riconoscimento, una gran fortuna, quale in effetti è?
Valmontedo mostra il capo chino, proprio come avviene nel Tercio de Muleta di una corrida. Qui il toro, posto in condizioni d'inferiorità, viene costretto a tenere la testa abbassata, affinché il torero possa conficcargli la spada tra le scapole, fino a poterne raggiungere il cuore. Tuttavia la legge taurina prevede un tempo limitato entro il quale questi debba assestare il colpo conclusivo. Oltre, lo squillo di una tromba lo avvisa di essere in ritardo e di affrettarsi. Proseguendo, infatti, al risuonare dell'ultimo avviso avrà fallito il proprio compito e uscirà tra i fischi del pubblico.
Proprio adesso, nel silenzio che si è creato, risuona discreto un contatto telefonico in ingresso. È il suo! Si tratta di Elisabeth. Si scusa. Motiva l'urgenza di rispondere con un preoccupante stato febbrile del piccolo Alejandro. Rassicura tutti: farà presto ritorno. Appartato spiega quanto di buono stia capitando, nella segreta speranza che lei possa accogliere quelle novità. Così non è! Da principio fredda e scostante, poi addirittura isterica.
«Sono la moglie di un ciclista! Voglio questo!» strilla, come fosse davvero una bambina capricciosa. «O così o non c'è più niente! Lo capisci?»
A stento riesce a calmarla. La convince che non c'è problema, che non ha obblighi. Anzi, volendo potrà rinnovare per altri tre anni. Nulla di più falso, è chiaro, ma adesso due parole ripete in sé: «Gana tiempo.»
Guadagna tempo. Con lei l'ha fatto, ma in quella sala riunioni è in corso una corrida che conosce un unico finale ammissibile: la morte cruenta del toro! Però, ragiona, quando il matador non riesce a ucciderlo, ha fallito e da vivo, per quanto moribondo, viene portato via. Ok, per essere ucciso altrove, ma da vivo, ancora vivo! Forse trovando il modo di convincere Lanfranco Astrale che il prossimo Gran Giro sarà corso bene, addirittura meglio degli altri, promettendo che sarà l'ultimo e che il futuro lo vedrà dirigente… Di lì via, in un'altra squadra! Certo, come no, faranno a gara per aggiudicarsi un trentanovenne che non ha mai vinto. Un passo alla volta. Per Elisabeth, perché le serve ancora un po' del suo mondo perfetto, sì, devo essere perfetto un altro po'. Ne ha bisogno e io di lei, sì, io di lei!
«Gana tiempo» mormora rientrando in quella sala riunioni, d'improvviso grande come l'arena che aspetta il suo tributo di sangue taurino.
«Presidente?» improvvisa, preda del suo delirio. «Es siempre esportivo, corajoso e un grande apostadòr, ehm, scometitore?»
Quest'ultimo accenna un sorriso ammiccante che lo riempie di speranza.
«Em breve haverá uma simulação de» si blocca! Non è quello il momento giusto per essere nervosi in portoghese, come in spagnolo, come in generale. «Presto averá una simulazione de gara. Sardena con outros, ehm, con altri.»
Raggiante, Astrale chiede: «Cosa scommettiamo, caro?»
«Queremos apostar que eu termino primeiro? Si puedo, vou estar no Grand Tour de Europa!»
Tale e tanta è la tensione provata, spalle al muro, tra vita e morte del matrimonio, ma anche di più, che neppure s'accorge di come gli escono quelle parole.
Tuttavia non serve traduzione, poiché l'altro rilancia con piglio furbesco: «Va bene. Scommettiamo, ma il percorso lo decido io e al traguardo dovrai avere almeno due minuti di vantaggio. In caso contrario, caro, donerai la buona uscita da corridore per la tribunetta mancante nel nostro velodromo!»
Sì, il toro è vivo, ed Elisabeth è al suo fianco, ma per quanto ancora vi rimarranno?
4. La Stradaccia.
Per molti aspetti il Team Astrale è collocato in una posizione strategica. Appena fuori città, possiede uffici societari e cuore dell'impianto sportivo in quello che fu il casale di famiglia del suo presidente e fondatore. Ben 30 ettari a un'altitudine di 473 metri che ospitano anche laboratori, magazzini, palestre, ecc., ecc.. Di recente costruzione un velodromo di 250 metri. Nei dintorni solo un paio di tenute agricole affette da pigrizia. Nel complesso un luogo che garantisce tranquillità e aria pulita. Qui, le strade di servizio esterne sono spesso utilizzate per i loro allenamenti. In particolare, a 1000 metri c'è una strada extraurbana secondaria considerata “speciale”. Composta da un'unica carreggiata, con una sola corsia per senso di marcia, se imboccata a sinistra, sale in cima al Monte Ovarolo, mentre nella direzione opposta scende al mare. In tutto 25 km che inglobano il meglio di una tappa ciclistica. Dal punto più basso, ossia la piccola marina di Fiumarola, si va su per 6 km, tra tornanti in successione con pendenze fino al 12%; segue un tratto in piano di 5 km, buono per allunghi e simulazioni di arrivo in volata; saliscendi per 2 km ad altezza velodromo; e infine su, fino in cima, per altri 12 km d'infernale salita, tra curve e controcurve, pendenza media del 14% con punta massima del 25, dall'ultimo tratto pianeggiante un dislivello di 1216 metri, per complessivi 1689 metri dal livello del mare. A percorso invertito altrettante discese mozzafiato! A causa delle caratteristiche estreme nota come “la Stradaccia”, dal punto di vista ciclistico ha un'altra invidiabile dote: è sempre deserta, essendovi nelle vicinanze percorsi più agevoli e meglio serviti. Nondimeno, ancora qualche mese e lo scenario potrebbe mutare in maniera drastica. Seppur da confermare, infatti, si rincorrono voci insistenti che la vedono presente in una delle tappe italiane del prossimo Gran Giro d'Europa.
«Ricapitolo, poi Max darà il via» sostiene Lanfranco Astrale, ammiccando al Toro, a conferma della loro scommessa.
Non ha perso certo tempo. Mobilitata la propria macchina organizzativa ha pianificato un percorso di 100 km.
Riuniti sulla linea di partenza del velodromo: Sardena, Guzzi, South, Giansante, Papis e naturalmente Valmontedo, aggiunge: «Si inizia con 84 giri di pista, poi, si va sulla Stradaccia. Lì si scende verso Fiumarola e in fondo alla marina si gira intorno all'obelisco della piazzetta da dove si risale verso l'Ovarolo. In cima al Belvedere Nardone, percorsa la rotonda, si torna giù. Di nuovo intorno all'obelisco del lungomare per poi risalire, ma questa volta, solo fino alla deviazione che riporta qui. Gli ultimi 5 giri nel velodromo e avremo il vincitore!»
Gianni Sardena annuisce più volte. Magro, belloccio, lunghe leve, moro con un ciuffo tinto di biondo, ha il vizio di mangiare le unghie prima del via.
«La pista, cari miei, misura 250 metri, così per gli ultimi 5 giri bastano giusto 2 minuti» tiene a rimarcare.
«Ottima idea» commenta Procopio. «Così si vedrà a occhio se c'è il distacco.»
«Bem, obrigado. Bene.»
Marcelo tiene per sé ogni ovvia considerazione. Sa che si è pensato a quel tratto di estrema salita per favorire il suo giovane rivale, devastante in quel contesto. Il finale, poi, è studiato per privarlo d'ogni residua speranza. È chiaro: lo si vuol vedere finire corsa e carriera secondo consuetudine… A mo' di passeggiata! In effetti dovesse scalare l'Ovarolo senza accusare distacco, per piombare nello sconforto più assoluto gli basterà non essere da solo nel velodromo. Ciò sarà l'evidenza di un surplus al di sotto dei 2 minuti oggetto di scommessa!
Ebbene adesso è lì, con addosso lo sguardo incalzante del giovane quintetto. Si sente più che mai vecchio e solo. Non si è mai preoccupato delle vittorie personali, cercando d'essere un punto saldo per la squadra. Già, un ciclista di valore anziché di successo. Ora è tutto cambiato, poiché il tavolo da gioco è stato capovolto! Sono in tanti e lui da solo. Faranno gruppo, come egli stesso ha insegnato. Così facendo, ogni possibile attacco fallirà sul nascere. Dunque serve qualcosa di mai visto. Il toro dovrà morire, pur in apparenza. In un attimo decide che non si vedrà alcuna locomotiva bovina a spingerli, indirizzarli e a sfiancarsi per il bene comune. Sì, perché se all'arrivo vorrà presentarsi in testa, prima di tutto dovrà dimostrare di averne una.
«Bicicleta, esposa, filhos...» Non termina quel mantra ed è già questa una novità assoluta. Il toro sta cadendo in catalessi.
Tuttavia ci vuole dell'altro. Serve una visione, una favola dal cielo, un segno tracciato nell'azzurro che dall'alba ha conosciuto solo splendido sereno. E allora, nuvole alla deriva, correndo dal mare, rispondono presente. Si accalcano e si spingono in un tuoneggiar la carica in lontananza! L'aria nei polmoni è elettrica. Presto piangeranno la sua azione. Lo avverte nell'anima: loro saggeranno il temporale, lui godrà del successivo arcobaleno.
Tutto è pronto. Mentre il presidente bisbiglia nell'orecchio del favorito, per contro Max si rivolge alla vittima designata: «Non aver paura di usare il tuo coraggio. Oggi nessun gregario…»
Lanfranco Astrale si fa da parte. Si può iniziare.
«Pronti, partenza e... Via!» comanda il direttore.
Presa velocità i ragazzi si guardano intorno, come avessero perso il nord della bussola. Dietro a tutti, lui è seminascosto, in attesa che dettino l'andatura. Veloce o lenta li tallonerà. Solo in caso di fuga individuale, come uno squalo assassino, emergerà dal fondo, inseguendone l'odore adrenalinico del sangue.
«Vamos laaah!» grida, forzando la reazione istintiva del rivale più atteso. «O que, paura de me Giani?»
«Aspetta, spegni i razzi!» urla inascoltato Giansante, al primo veemente tentativo d'allungo di questo. Il compagno, infatti, già al giro numero 4 è partito come un indemoniato. Di nuovo uno scatto furioso al giro 13. Poi riprova al numero 25, 49 e 64, e ancora un'ultima disperata volta al giro 71, ma senza successo. La loro giovane punta di diamante è stata ripresa ogni volta con apparente facilità. In quel circuito ovale, fatto girone dell'inferno, tentando di scrollarsi di dosso il Vecchio Ciclista, ha finito per doppiare gli altri. Neppure ci ha fatto caso, tanta la foga messa in tutti quegli scatti ripetuti, condotti a perdifiato e privi di logica. Ritrovatisi in fila indiana, e abbandonata l'intenzione di staccare un Valmontedo nuovo e irriconoscibile, per una dozzina di giri, Sardena si consegna all'inerzia del passo altrui, incamerando ossigeno prezioso. Nondimeno nella penultima curva parabolica dell'ultimo giro, appena prima del rettilineo, sorpresa! Riecco la carica del toro, che tornato dal suo stato di morte apparente, si fonde con lo squalo, così da ottenere un mix sovrannaturale di forza e spietato istinto predatorio. Scatta avanti 7 metri, poi, oltre il traguardo intermedio del giro 84, come stabilito nel pregara, imbocca l'uscita, dirigendosi fuori dal complesso sportivo, verso la Stradaccia. Di lì, svolta a destra, prendendo la direzione del mare, dove incombenti nuvoloni neri, troneggiano, tuoneggiando sempre più insistenti.
Come svegliatosi di soprassalto da un sogno nebuloso, pur confuso, il ragazzo gli è rimasto vicino. I compagni d'avventura hanno continuato a girare in pista, lasciandolo solo col nemico? Impiega qualche minuto prima di realizzare che in verità è stato lui a lasciarli indietro, correndo soltanto per sé.
«Ho fatto un casino» ammette amareggiato.
Riflettendo, capisce che rallentare per aspettarli, servirebbe solo a lasciare via libera all'avversario. No, sono professionisti: sapranno riportarsi sulla testa della corsa.
Frattanto, due splendide ePrixus bianche, con stampigliati su cofano e sportelli i loghi di vari sponsor e più in grande dello stesso Team Astrale, e con sul tetto rastrelliere portabici color arancio, caricate con una singola bicicletta di scorta per ciascun mezzo, procedono lungo il percorso stabilito, rispettivamente 30 metri avanti e dietro i fuggitivi. Nella prima in avanscoperta, che avanza con l'inconfondibile fruscio elettrico, il conducente e il direttore si accertano che non si presentino ostacoli o insidie per i corridori. A chiudere l'esiguo corteo, l'altra vettura con a bordo il presidente che borbotta: «Ha spinto dall'inizio per colpa della mia “carota”.»
Prossimi al mare, ma ancora in discesa, Max si sporge dal finestrino, precipitoso! In piena traiettoria c'è una buca larga e profonda. Con ampi e vistosi gesti, richiama l'attenzione del Toro che sopraggiungendo, di rimando, fa segno d'aver visto.
In quel tratto l'andatura è sostenuta, così nonostante l'aspetti, evita l'ostacolo per pochi centimetri. Gianni neppure s'accorge dello scampato pericolo. Imparata la lezione, più che guardarsi attorno, si preoccupa di avanzare come fosse un tutt'uno con l'uruguaiano.
Scattare, rallentare, andar di qui o di là, non fa differenza. Sta optando per una strategia diversa rispetto al velodromo: stare alla ruota, farsi portare e attendere gli ultimi chilometri per la beffa conclusiva, oppure no, che arrivargli a ridosso basterebbe per saperlo ugualmente sconfitto.
Sul lungomare di Fiumarola, girato intorno all'obelisco della piazzetta, vedono venirsi incontro gli inseguitori. Il loro gap è di circa 800 metri. Il campioncino prende male la notizia. Piuttosto che recuperare, Davide, Eric, Mirko e Leon hanno perso terreno.
Per circa mezz'ora, restando in scia, rimugina sul pasticcio combinato nel velodromo. Quando mancano 50 km al termine, feroce, si lancia in un nuovo attacco, ma questa volta in salita, la sua specialità! Qui, né il toro, né l'alter ego squalo, mostrano la reazione convincente vista da principio. Sull'Ovarolo il distacco è impietoso: 57 secondi!
Da quando ne ha memoria, Valmontedo è stato limitato dalla squadra al ruolo di comprimario. Paradossalmente, questo lo ha fatto sentire libero. Si è potuto spendere senza assilli, sollevato dall'ansia del traguardo verso cui presentarsi per un giudizio di insieme. Tuttavia, ora che è padrone di correre soltanto per sé, vede emergere dubbi e incertezze. Fin dove potrà spingersi e qual è il limite oltre cui crollerà?
«Elisabeth vai perder!» grida sull'ali del vento della montagna, giunto all'ultima spinta di pedale, la più dolorosa in cima a quella salita infernale. «Eu te perco, eu perco tudo!»
Preda dell'angoscia di mancare l'arrivo più importante, inizia a forzare con la violenza del vulcano, poiché la discesa, appena sopraggiunta, già lo invita a non disperare oltre. È il terrore di perderla, che alimenta la paura della vera solitudine, che si getta nell'amore per quei figli, che sfocia nella passione immensa per questo sport, che paventa la delusione della sconfitta in questa gara, che si fa rabbia per quanto accade ora, che genera nuovo terrore, cosicché tutto ricominci con nuova forza ciclica, eruttiva, ciclonica e distruttiva che è altro terrore fattosi paura; la paura, amore; l'amore, passione; la passione, delusione; la delusione, rabbia e ancora questa rabbia, altro terrore, che di nuovo muove lava incandescente nel suo cuore possente e temerario, fuggito per un giorno soltanto al destino d'eterno gregario.
Scagliato in basso dai muscoli in fiamme, è un dardo sapiente che schiva muretti in successione, graffiando l'asfalto a colpi di pedale.
«Piuttosto la morte!» stride l'uomo, sfidando gravità e istinto di sopravvivenza, quale archetto impazzito su di un violino a due ruote.
«Non mi starai davanti!» scrive a ogni curva con la gomma di ambo i tubolari bollenti, affamati di una vittoria fin lì sconosciuta.
Ripreso l'avversario, e perfino superato di slancio, ora sfida la tempesta di pioggia e fulmini che, dal mare, già morde terra.
Tuttavia, Gianni non ha smesso di combattere. L'agonismo gli ha insegnato che la vera sconfitta sta nel non reagire. Così lotta e soffre, ma infine riesce a riaccodarsi. Qui comprende di avere la gara in pugno. Volendo potrà attaccare nel finale, oppure no, ché entro due minuti di ritardo, avrà perso quella battaglia, ma vinto la guerra!
Il mare s'approssima. Inizia l'ultima discesa.
«Sei venuto giù come un pazzo. Volevi ammazzarti?» chiede il ragazzo, ricurvo e affannato. «Sai perché uno si suicida?»
Nessuna risposta, ma neppure l'aspettava.
«Non è perché si vuol morire. Chi vorrebbe fermare la propria vita? No, è per fermare il dolore nella vita!»
Un tuono sembra legittimare quelle parole.
«Soffri il mio passo quando parto, vero?»
Il ritmo è leggermente calato. Basta la pendenza a garantire una velocità più che ragionevole. Presto l'ultima salita detterà la propria legge. Non sarà quella proibitiva dell'Ovarolo, ma è vero: quando la strada va su, lo soffre!
«Invece», continua Gianni, «io sono dove vorrei essere. Anzi, ricordami di ringraziarti dopo!»
Cosa vuole davvero? Ovvio, tenta di distrarlo! Forse spera nel rientro dei suoi. Lui lo ascolta senza perdere la concentrazione. Sa che presto una distrazione potrebbe essergli fatale.
«Gratie por cosa?» chiede curioso, ma anche per ricambiare l'astuzia insita in quelle futili chiacchiere.
«Perché correndo insieme soffro la metà e intanto lo spirito si tempra! Inoltre hai sempre cose nuove da insegnarmi, come nel velodromo, quando ho fatto la figura dello stupido. Sai? Prima di partire il presidente si è raccomandato. Scusa, ma dovrò vincere per forza. Così, scuola finita! Io mi diplomo e tu vai in pensione, oppure pensi di avere altre lezioni da darmi?» un colpo di tosse nasconde una risata. «Sono sicuro che tra vent'anni mi ricorderò di noi, qui, oggi, mentre diamo tutto, spalla a spalla. Non della vittoria facile che avrò tra poco...»
Marcelo non ha conti in sospeso con il ragazzo. Piuttosto ne apprezza le doti: intelligente, appassionato, voglioso di maturare e soprattutto capace di soffrire e lottare come pochi altri. Forse un po' ingenuo, immaturo nella gestione delle forze, avventato tatticamente e troppo sbruffone, quando sarebbe meglio restare concentrati. Ma, alla fine, non è questo il tratto autografo di chi si firma gioventù?
Approdato al Team Astrale, da principio si erano frequentati. Dopo gli allenamenti, Gianni era stato spesso ospite gradito in casa Valmontedo. Tuttavia, un giorno, senza dare spiegazioni, Elisabeth aveva preteso che lui non lo invitasse più, limitandosi all'essenziale anche sul lavoro. In pratica bandito dalla loro vita senza un perché. Che fosse stato per la gelosia di un rapporto fatto di eccessiva complicità maschile? Oppure per la passione ciclistica dilagata senza controllo, proprio in quel periodo? Quale che fosse il motivo, pur con dispiacere, e senza porsi domande, l'aveva accontentata. Lui accontentava sempre Elisabeth.
Sì, lui accontenta sempre tutti! Gianni chiede un'altra lezione? Ok! Sua moglie vuole che lui continui a essere un corridore a dispetto dell'età e quindi, implicitamente, vuole una vittoria con 2 minuti di vantaggio? Ok! Max vuole che si dimostri più di un semplice gregario? Ok! Il presidente desidera vincere una facile scommessa, o di poter disporre nel prossimo Gran Giro di un Vecchio Ciclista ancora credibile? Ok, ma adesso anche lui, che ha sempre dato e mai chiesto, pretende qualcosa! Sì, che il "toro nell'arena" trovi una via di fuga; che il suo matrimonio possa proseguire anche domani; e infine che all'animo spietato dello squalo sia data libertà di cacciare nel proprio spazioso mare d'innata crudeltà! Ok. Ok a tutti!
Dopo l'ennesimo tuono ravvicinato, arriva la pioggia, fitta e a tratti violenta.
Mentre l'asfalto bagnato corre sotto, da ambo i lati della bici, in basso, Marcelo verifica che le tacchette in metallo, applicate alle suole, lì per consentire l'aggancio delle scarpe da corsa ai pedali, risultino ben innestate. È tutto in ordine, così a meno di una torsione che le sgancerebbe, l'uomo e la bicicletta saranno uniti, come fossero un corpo solo.
Nessun dubbio. Adesso toro e squalo possono garantire forza bruta e spietatezza in quantità eccezionali. Dunque parte l'ultima carica, la più furiosa e senza scrupoli di sempre! Come previsto, quello gli si mette alla ruota, testa bassa, dando il massimo pur di non perdere contatto. Frattanto il direttore Procopio, sempre vigile in avanscoperta, nel punto della prima volta, fa segnalare l'imminente criticità! Nello specifico, a causa della forte pioggia, chiede all'autista di azionare le frecce e di attaccarsi al clacson!
Stavolta, però, con freddezza inaudita, mantiene immutata la traiettoria. Appena prima dell'ampia buca, ventre basso e scarpe tecniche ferme in parallelo, alla stessa altezza, spicca un balzo perentorio! Strappa verso l'alto sia manubrio che pedali. Ottiene il sorprendente risultato di sollevarsi di un paio di centimetri dal suolo. Una cosa da poco? No, ché con quest'inatteso sotterfugio riesce a sorvolare lo sprofondo, tutto a scapito dell'inseguitore, passivo! Questo, senza il tempo per reagire, cade, impuntandosi e spaccando di netto cerchione e forcella anteriori. Poi, d'inerzia, con la parte posteriore della bici, prosegue andando a disegnare un drammatico semicerchio per aria, chiuso dal rovinare al suolo di carne e materiali! Di lì, striscia alcuni metri, avvitandosi in un confuso garbuglio. Tutto si conclude sotto al guardrail di destra, da incastrato e vinto!
L'altra ePrixus, che lo raggiunge con prontezza, ne certifica la sconfitta.
Poco dopo, con fare trionfante, Marcelo risale, ormai lanciato verso un'affermazione scontata. Vede un capannello di persone inzuppate fradice, tra cui Astrale, Procopio, Giansante e gli altri tre suoi compagni. Sono tutti intorno ad un Sardena stracciato, indolenzito e barcollante. Considerata la violenza dell'incidente, il suo stato di salute è accettabile. L'orgoglio, piuttosto, ha subito gravi lesioni!
Le biciclette, compresa quella devastata di Gianni, sono state già posizionate sulle apposite rastrelliere. Il presidente fa segno di fermarsi. Dovrà fare altrettanto con la sua!
«Basta così, demonio d'un uruguaiano!» afferma stizzito. «Ha dimostrato di volere e soprattutto di valere un posto in squadra. Questa determinazione sarà garanzia di successo per il nostro capitano!»
Di nuovo ha mancato di tagliare per primo il traguardo. Oggi, però, è andata peggio del solito. Gli è stata negata la possibilità di raggiungerlo come di consueto: a mo' di passeggiata...
5. Buio siderale.
“Sei ciò che resta, fatto il nulla.
Sei follia. Sei dormiveglia.
Sei quel sei che mai saprai.
Sei quanto basta all'apice del chiarore, quando l'ombra muore e il sogno stanco si fa giorno.
Sei tramonto che risorge, spinta insonne, mondo dannato che sgorga e insorge.
Sei chi amo, lontano, lontano.
Sei mia, una vita distante!”.
Quel foglietto ingiallito è l'unica "zavorra" da cui, in tanti anni di corse, non si è liberato. Al pari di un ritrovato medicamentoso, nei momenti di sconforto lo legge. Come gli altri, anch'esso nella sua lingua, sulla facciata opposta riporta: “Sposami Elisabeth. Ti regalerò l'infinito, incartato di felicità e con un nastro arricciato di emozioni!”.
A quella proposta di matrimonio, 8 anni prima, lei ha risposto: «Sì!» Non per quelle parole, almeno non solo, ché Marcelo le ha riservato di più: comprensione, tempestività e conforto. In piena burrasca ha accolto la sua barchetta dandole un approdo sicuro. Già, ché poche settimane prima, ancora minorenne, il produttore del concorso di Miss Uruguay, due volte e mezzo gli anni suoi, l'aveva sedotta e messa incinta!
Carriera finita ancor prima d'iniziare? Alle porte il ripudio di familiari, amici e semplici conoscenti? Malasorte perniciosa? No, ché quell'evento ha scatenato un effetto domino di opportunità, all'insegna della buona sorte. Lo stesso improvvido produttore, infatti, per sottrarsi allo scandalo, in cambio del silenzio, le ha facilitato la strada verso il titolo di "Reginetta". Incontrata al Gran Galà dello Sport, proprio in qualità di Miss Nazionale, Marcelo, anch'esso all'apice della carriera, se ne è innamorato. Neppure l'ammissione imbarazzata, tanto quanto disperata, di quel figlio in arrivo, ha frenato l'inerzia di fortuna e sentimenti, accelerando piuttosto la data delle nozze. Di umile estrazione sociale, circa cinque anni dopo la nascita di Alejandro, ha perfino ottenuto la proprietà legale delle ricchezze del marito, oramai risucchiato in quella storia da romanzo.
Perché leggi il tuo bigliettino medicamentoso, curativo d'ogni crisi? Che passa Valmontedo?
Placatosi il demone dello squalo, un conato di sdegno e vomito emozionale ha attanagliato la sua essenza d'eccelso gregario. La vergogna di sé ben poco ha portato al sollievo del pentimento, poiché la bestia fa, ma poi sarà l'uomo che dovrà sopportare il peso di quanto fatto con bestiale immoralità! Quel ragazzo, Gianni Sardena, all'arrivo brevemente adottato come figlio maturo, fratello minore o soltanto acerbo amico, a causa sua, avrebbe potuto finire d'essere un vivente. Per la caduta, allenamento dopo allenamento, fastidiosi strascichi psicofisici hanno messo in dubbio la sua presenza al Gran Giro. Inoltre quell'episodio ha azzerato i rapporti tra loro. Ovviamente lui ha tentato di ricucire un minimo dialogo, ma invano. Così, via via, la marea d'un latte mal versato ha iniziato a salire alta e sempre più dilagante. Infezione dello spirito e febbre occulta, talvolta salita per un breve, ma intenso, sfogo in superficie, come quella tarda mattina di venerdì, quando gli è riuscito, in un solo quarto d'ora, di litigare con il vicino di casa per l'auto in breve sosta di fronte al garage, di mettere alla porta l'anziana governante per un malinteso e di sgridare pesantemente Alejandro e Diletta per una faccenda di litigi e spintoni tra di loro. Tutte situazioni inedite per Marcelo, che mai in passato è arrivato a tracimare così tanto le controverse emozioni del proprio vissuto quotidiano. Piccoli attimi di crudeltà e insania che lo hanno preso e sorpreso, come in crisi d'astinenza per quel male sperimentato al pari di una droga potente, iniettata nel profondo del midollo e in tal modo imposta al suo animo intatto di ciclista, fin lì asservito sempre e solo al bene comune.
Perché mai ha eletto un simile mostro d'intenti malevoli suo capitano? Chi ha deciso quella subdola strategia e per mirare a quale oscuro traguardo? Semplice, non può che essersi trattato di chi ha inteso legare a doppio filo la fine della sua carriera con quella di famiglia e matrimonio. Elisabeth!
Dopo la Stradaccia e le opprimenti conseguenze che ne sono seguite, si è scoperto combattuto verso di lei.
Da un lato persiste quell'abbagliante, irriducibile, ambivalente amor cortese, capace di stordire e confondere i sensi al solo posarsi dello sguardo sulla sua prorompente femminilità, nonché di rapirne lo spirito, quest'ultimo costretto, allungato, addirittura dilaniato tra assillante angoscia ed esaltazione esponenziale, tra piacere infinito e intima sofferenza. Dunque, molto più che mera apparenza, con quel suo aspetto slanciato, sinuoso, esotico e di vulcanica armoniosa passione; piuttosto commistione filosofica e metafisica tra bellezza e sostanza. Quel portamento fascinoso e musicale, quella dolcezza di misurata enfasi, quella gestualità colma di simbolismo. Così delicata, nobile, quasi necessaria per lo stesso naturale riequilibrio dell'universo...
Dal lato opposto, invece, l'evidenza che un tale immane astro celeste, ove mutato in diabolico buco nero, sia inevitabilmente responsabile di maree planetarie d'immensa portata e che, alla fin fine, soltanto due scenari si possano concretizzare, nella sua intrinseca condizione di satellite umano: attratto sempre di più, così da esserne del tutto inglobato e schiacciato, o scagliato nel buio siderale per effetto di un'ineluttabile fionda gravitazionale!
Allertata dalla governante, Elisabeth è rientrata in compagnia di quest'ultima. Le due donne sono dapprima salite al piano di sopra per vedere i bambini, poi riscese, si sono separate per dar corso alle loro differenti priorità.
Chiusi in soggiorno, hanno discusso in stretto dialetto natio, proprio come fanno quando il confronto è più acceso e intenso. Nella mente del ciclista la memoria di quel dialogo scorre con limpida chiarezza.
«Già tornata?»
«Ti rendi conto che i bambini stanno ancora male per quanto hanno pianto?» esplode. «E Diletta? Mi dici cosa t'è preso?»
«Non deve toccarla!»
«Stai dicendo che è stato Alejandro?» strilla incredula. «Lui? L'occhio gonfio della sorella?»
«Non si toccano le femmine!» ribadisce, girandosi verso il bagaglio, lì dall'alba. Entro un'ora si riunirà alla squadra per due settimane di ritiro, preludio all'inizio del Gran Giro.
«Devi essere impazzito. Matilde? Allora lei? Ha una certa età ed è una donna. Non si toccano le femmine? Ma mi ha chiamata disperata che l'avevi buttata fuori casa!» Rimarca quelle ultime parole come fossero incise a fuoco nella pietra del tempo. «I bambini le vogliono bene. La chiamano nonnina e questo lo sai! Si tratta così una persona cara, di fiducia e anche anziana?»
«Già» ride sarcastico. «Uno invecchia e cambiano le regole.»
«Quali regole?»
«Facciamo così», propone, voltandosi di scatto, ma evitando il suo sguardo ipnotico, «ne parliamo al telefono e comunque ci vedremo, come sempre, il giorno prima della tappa inaugurale.»
«Va' all'inferno Marcelo!»
«Dai, non ho tempo, mi aspettano» si difende debolmente.
«Via sparisci!» sentenzia infuriata.
Caricando le valigie nel portabagagli, avverte una sgradevole leggerezza cosmica... È solo e indifeso, come proiettato lontano da quella stella vitale che ne ha sostenuto l'esistenza emotiva fin lì. Sì, è sparato in direzione di un eterno, freddo, buio siderale!
6. L'inizio della fine.
Quel ventesimo Gran Giro d'Europa sta generando enorme euforia nel Team Astrale. La loro Stradaccia esordirà in una tappa, e neppure in una qualsiasi, ma l'ultima e decisiva, prima della passerella finale di Roma, sotto al Colosseo. Il programma prevede lunedì, 1 maggio, l'esordio italo-francese, con partenza da Torino, passando per il Colle della Lombardia e i suoi 2350 metri d'altezza e arrivo a Cannes, di 255 km. Sarà il battesimo di fuoco di una tre giorni in crescendo di distanze chilometriche. Suggeriscono ciò la seconda tappa, tutta francese, da Cannes a Montpellier di 288 km e la terza, francospagnola, da Portiragnes fin su La Rambla di Barcellona, di 292 km. Complessivamente dall'Italia alla Francia, per proseguire attraversando Portogallo, Spagna, Irlanda, Paesi Bassi, Belgio, Germania, Danimarca, poi la Svezia, la Finlandia, la Polonia, la Repubblica Slovacca, la Romania, la Bulgaria e la Grecia, con arrivo ad Atene. Di qui, sfruttando l'ultimo dei sette giorni di riposo previsti in scaletta, trasferimento in Italia per il gran finale, sabato 24 e domenica 25 giugno. In tutto 49 giorni di corse, con una media giornaliera di 213 km per complessivi 10.458 attraverso 16 nazioni d'Europa. Non una passeggiata per gli atleti e non di facile organizzazione per i 35 team iscritti, ché in passato una leggerezza nel prenotar alberghi, nel pianificare pasti e nel predisporre sedute defaticanti o, laddove richiesto, nel trasferire uomini e mezzi, ha portato a clamorosi ritiri o a gravi ripercussioni sul rendimento dei giorni successivi.
È il primo pomeriggio di domenica, 30 aprile 2051. Il Centro Congressi Union Parks di Torino ha curato nei minimi dettagli la conferenza stampa di presentazione. Il via alla tappa inaugurale è fissato per la mattina seguente alle 10:00 am. Le siepi esterne sono potate in forma di rigogliose biciclette verdi.
I 200 sedili rossi, disponibili nel salone "Red Grandi Eventi", stanno subendo l'assalto di altrettanti giornalisti sportivi, muniti d'apposito lasciapassare. Quelli sprovvisti, in forza alle testate più povere e bistrattate, si distribuiscono in piedi, sui bordi.
Nelle due ore di durata, sarà possibile conoscere i 35 team partecipanti e i 10 corridori ammessi per singola squadra, per un totale di 350 iscritti, almeno in teoria, tutti pretendenti al titolo.
Con buona pace del 90% dei comprimari presenti, un ampio approfondimento, con l'ovvia maggioranza delle domande, viene riservato ai soli capitani: gli unici ritenuti in grado di cogliere l'obiettivo finale.
Un piccolo imprevisto, tuttavia, porta sotto i riflettori proprio il Toro di Montevideo. Mentre il Team Astrale sfila sul palchetto, preceduto dal proprio condottiero, Thomas Evilthoon, Gianni fa inciampare "accidentalmente" chi gli sta davanti!
«Per la vecchiaia Valmontedo inizia a non vederci?» chiede tra l'ilarità generale l'inviato del Gazzettino Ciclistico di Rimini, Paolo Pasottini.
«Pare que èh» è la sua risposta sorridente ed evasiva.
«No, davvero», si affretta a ribadire quello, «con i suoi quasi 40 anni è il corridore più "longevo"! Dopo di lei c'è Tony Danis del Team Hilbert che ne ha 33, ma che non arriva in fondo da 2 anni.»
«Questão, ehm, la domanda?»
«Conta di finire?»
«Vou terminar. De fato vou ganhar!» risponde per sé stesso, spiritoso, certo di non essere compreso, almeno nell'immediato. «Se ele, não me fizer cair.»
«Dice che arriverà alla fine e che anzi lo vincerà lui!» traduce, invece, con una pronuncia invidiabile, l'inviato del settimanale uruguaiano Esportista Gigante, Felix Blanco Torres, relegato in un angolo, in piedi. «Inoltre, riferendosi al compagno di squadra, mi pare sia Sardina, ha aggiunto: se lui non lo farà cadere!»
Chiamato malamente in gioco, Gianni Sardena arrossisce con selvaggia celerità.
Pur sorridendo, Marcelo è tutt'altro che sereno. Sa bene che questo episodio peggiorerà ancor più i rapporti tra di loro. Inoltre un'altra questione lo tiene in ansia: lei non ha dato conferma del suo arrivo. A dirla tutta, per telefono Elisabeth è stata fredda ed evasiva, finendo per negarsi completamente negli ultimi giorni!
Più tardi, concluso quell'evento introduttivo, dal pulmino su cui fa rientro con la squadra, la vede. È ferma di fronte la vetrina di un negozio. I bambini non sono con lei, ma non è la prima volta che li affida alle cure di una ludoteca. Presto lo raggiungeranno, pensa, così inizia a immaginare i baci, gli abbracci e le lacrime di gioia che lo vedranno partire felice verso l'ennesima "guerra a colpi di pedale".
Un'ora più tardi la reception gli notifica una visita presso la Saletta Avorio. Prima di salire in camera proprio lui ha disposto fosse così. Infatti, per l'amalgama del gruppo, ma anche per una reciproca sorveglianza, gli atleti sono sistemati in stanze doppie e Marcelo la divide con il capitano Evilthoon. Sempre meglio di un tragico abbinamento con Sardena! S'affretta a scendere, ché in lui la paura del silenzio degli ultimi giorni ha avuto fin troppi argomenti e invece un'unica cosa desidera percepire: la ritrovata serenità in famiglia. A pochi passi dalla meta, sente potente il proprio battito! Un sospiro lungo e profondo, poi la condivisione di quel momento si farà pianto e riso, emozione e divertimento, in una parola: armonia. Sì, ne ha una disperata necessità. Non sgriderà più quegli angioletti. Mai e poi mai si priverà ancora dell'ossigeno vitale derivante dall'approvazione della moglie. Sì, dopo queste due folli settimane d'apnea desidera solo di tornare a respirare!
Catapultatosi dentro, impallidisce. In fondo alla stanza, sotto la luce azzurrina dell'unico finestrone presente, c'è una sagoma maschile. Non di meno ritrova colore quando in esso riconosce Manuel Rodriguez, brillante avvocato dello studio legale Alves & Barbosa, ma anche amico d'infanzia e perfino di più! È un caldo raggio di sole in una giornata che volge al brutto, ma questo lo scoprirà in seguito.
Una storia non banale spiega il loro potente legame: sono coetanei, cresciuti come fraterni amici nella stessa palazzina di Carrasco Norte, in prossimità dell'aeroporto di Montevideo.
Marcelo: figlio di un barbiere manesco e farfallone e di una casalinga triste e dimessa. Manuel: nato da una madre single, emancipata sostenitrice dell'inseminazione artificiale con relativa donazione anonima. Ciò, almeno, fu quanto, per 15 anni, diede a intendere a chiunque la conoscesse. Infatti, una notte che mai sarà dimenticata, Jose Luis Valmontedo, rientrato ubriaco sfatto, attraverso una confessione gratuita e ben circostanziata si rivelò ai due, trasformando i "fraterni" in "fratelli". Di più: in "fratellastri"! Che personaggio quel tosacani di loro padre, capace di farsi l'amante sul pianerottolo; di nasconderla sotto al naso della moglie per anni; di incoraggiare gli ignari fratellini, vicini di casa, a stringere un'amicizia sincera; di prendersi cura, velatamente, appena oltre la porta dirimpetto, del figlio illegittimo; per giunta di persuadere Silvia Rodriguez che quella soluzione fosse normale nel 2011.
Altro che normale. Fu l'origine del caos! Donna Pereira diede i primi segni di sé, nella propria vita, cambiando la serratura; l'amante, per ospitarlo stabilmente, pretese la regolarizzazione sua e del figlio; Marcelo, prossimo a realizzare il sogno paterno, minacciò di lasciare il ciclismo se non fosse tornato a casa; e lo stesso José Luis, sì rientrò, ma senza compromessi, sfondando la porta e massacrando, a colpi di forbici da barbiere, colei che, con la prima ribellione della sua intera esistenza, aveva tradito le aspettative di tutti per un futuro migliore!
Perduta l'amata madre, e con quel padre assassino seppellito in galera, per un po' tutto continuò a precipitare, poi, per fortuna, "mamita Silvia", come aveva imparato a chiamarla, trovò il modo di edificare sulle macerie del passato. Sostenuto umanamente e dal punto di vista economico, il ciclista trovò la sua strada in Europa, ottenendo un primo importante ingaggio. Egli stesso, poté così ricambiare il favore, pagando al fratellastro gli onerosi studi di giurisprudenza. Per sé comprò dalla UUW (Universidade Uruguaia Web) un piano di studi in letteratura internazionale che grazie ad auricolari e audio libri lo vide impegnato perfino nelle ore d'allenamento in bicicletta, fino al conseguimento della tanto desiderata laurea in lettere. Quindi un lieto fine, se non per tutti, almeno per loro due, che con social media e telefono limitarono le distanze tra Europa e Sud America.
Visibilmente emozionato il Toro gli va incontro. È incerto e quasi incredulo. Lo trova smagrito. Occhi scuri, accesi di una luce di perenne curiosità. Sorrisetto saccente. Barba rasata alla perfezione. Abito di alta sartoria blu e beige. Valigetta 24h al seguito. Poi il solito taglio di capelli, per il quale vanta da sempre tre diversi parrucchieri, uno per la nuca, uno per le basette e uno per il resto.
«Fratello» sussurra Marcelo.
«Ehi, fratello mio!»
Parlano la stessa lingua, ovvio, ma anche in senso assoluto, quali spiriti affini.
S'abbracciano con stima e passione, restando immobili, come intenti in un plastico clinch di lotta greco-romana.
«Che sorpresa, non eri mai venuto per l'inizio di una corsa.»
Manuel sorride, accertandosi frattanto che da fuori nessuno li veda.
«Come sta mamita?»
«Bene, piacendo a Dio» risponde e chiude. «Registra le tue corse e spera sempre di vederti vincere.»
«Allora povera mamita!» ride, guardando con preoccupazione la porta. In breve moglie e figli saranno lì. Busseranno. Dovrà presentarli e dare delle spiegazioni, infatti Elisabeth ne ignora persino l'esistenza. Figurarsi… Mai messe in piazza le proprie spiacevoli verità: un fratello illegittimo; un padre assassino e in carcere; una mamita adottiva e per terminare la mamma vittima della negazione del suo principio: "non si toccano le femmine".
«Colpa della speranza, ma la vita non è fatta di miracoli.»
«Cioè?» chiede, notandogli sul volto un accenno d'ansia.
«Mi dispiace.»
«Di cosa?»
«È venuta da noi.»
«Chi?»
«È tornata dai suoi» risponde, non potendo trattenere oltre la triste verità che lo ha portato a viaggiare per quasi 20 ore da un continente all'altro. «Si è presentata con il padre che è cliente da anni.»
«Giuro», balbetta spaesato, «non capisco.»
L'avvocato, forte d'una decennale esperienza, comprende che è giunto il momento di mettergli in mano qualcosa di tangibile, affinché possa toccare, capire, superare. Inoltre, così facendo, porterà avanti il proprio incarico. Prende la 24h in pelle scura, la apre e ne estrae dei documenti ben impaginati, quindi pronuncia il nome che, ne è certo, come fosse la formula magica di una favola nera, lo risveglierà: «Tua moglie, Elisabeth!»
«Elisabeth?» ripete spalancando gli occhi, finalmente desto.
«Signor Marcelo Valmontedo il qui presente avvocato Manuel Rodriguez dello studio legale Alves & Barbosa di Montevideo», inizia a dire, non prima d'aver azionato il registratore olografico obbligatorio dal 2035, «è qui a notificarle la richiesta ufficiale di divorzio da parte di Elisabeth Paceco Garziglia.»
«Mio Dio no!»
«Sì fratello, l'ho visto succedere decine di volte. È l'inizio della fine!»
7. Marilisa.
“Sei tutto quello che non c'è, che manca, che mai verrà: sei con me!
I tuoi occhi luccicano la mia dannazione; condanna immobile, statica, ferma, fermata, di perenne mancata azione.
Il tuo sguardo danzante, allegro, frizzante è il ballo della notte; una corsa a perdifiato su d'un prato di nero orgoglio ammantato; quel gioco di rasoi che presto taglierà l'ultimo dei nastri di vita, l'ultimo dei fili di speranza, l'ultimo degli ultimi gridi disperati, mai giunti fino a te.
Tu sei il mio tesoro, deliquio inatteso, soggiacimento illusorio, svegliarino di sostanza.
Tu sei con me proprio quando comprendo di non arrivare fino a te!
Il tuo vivere l'oggi è il mio distacco dallo ieri e dal domani. Le tue mani. Sogni seri. Frammenti di pensieri privi di consigli e di appoggi veri. Il mio amore sprecato. L'amore per chi ho amato. Tu per me e io senza te...”.
Marcelo ha scritto di getto, senza comprendere fino in fondo cosa il subconscio gli abbia sottilmente suggerito. Correre in bici lo esprime in minima parte. Ha bisogno di questi sfoghi quanto dell'aria. La sua anima appassirebbe in sella, senza il nutrimento delle decine di audio libri ascoltati ogni mese. Scrivere, poi, è per il suo spirito l'equivalente del sudore derivante dalle fatiche degli allenamenti quotidiani. Sia quel che sia, il nuovo foglietto tornerà utile come prossima zavorra. Al pari di una mongolfiera scaricata dal peso sabbioso, al momento opportuno, anch'egli, liberando il proprio estro nebbioso, potrà volare leggero verso il traguardo. Piuttosto vuole sempre questa vita? Desidera ancora lottare in bicicletta? A conti fatti spingere avanti quei pedali lo fa sentire comunicato al mondo. Nondimeno nell'intimo sa di averli traditi, mancando di trovare la vittoria. Quel maledetto uxoricida del padre non meritava tanto! Adesso, tuttavia, il bisogno di sopravvivenza del suo amor cortese grida al cuore di sì, di immaginare realizzabile finanche la fantasia più assurda. Il passato non conta più, il presente fugge via a ogni istante, così solo la prospettiva di un futuro ancora praticabile accanto a lei, significa qualcosa in più del nulla che ci attende, inesorabile. Elisabeth è in città, nelle vicinanze, sotto quello stesso cielo in fiamme, probabilmente perfino viva del suo stesso desiderio di riconciliazione e di ritrovata armonia in famiglia, ché seppur il tramonto adesso detta la propria legge naturale, il domani già prepara un nuovo trionfo dell'alba. E allora, per quanto quelle odiose carte parlino della fine del loro matrimonio, è altresì innegabile che sia tornata e non in un luogo qualsiasi, ma dove, la mattina seguente, lui, proprio lui, suo marito, il suo Toro Innamorato, prenderà il via, quale corridore ancora e sempre in corsa per lei! Sì, dovrà andare così. Servirà lottare, credere e sforzarsi, ma un lieto fine dovrà arrivare!
Purtroppo ha potuto confrontarsi con Manuel per un tempo troppo esiguo. Max Procopio, infatti, subito dopo la notifica di divorzio, è piombato nella Saletta Avorio per fare "tana" ai due fratelli. Lo ha fatto portando le ultime notizie sul Gran Giro, ma anche per scortarlo al ristorante, dove la squadra è riunita per cena. Qui Marcelo ha appreso, con giustificata svogliatezza, che al Team Astrale sono stati assegnati i numeri di gara: dal 31, destinato al capitano Evilthoon, passando per il 33 di Sardena, fino al suo numero 40, che quindi lo accompagnerà per 56 giorni fin sotto al Colosseo.
Dopo cena è scattato il coprifuoco. Serve riposare. L'indomani mattina si farà sul serio. Ciononostante, due ore prima, con abile discrezione, mentre si salutavano, lui e Manuel si sono accordati per un incontro furtivo.
Detto e fatto! Alle 10:37 pm, quando Evilthoon già gode di un buon sonno, approfittando del buio, Marcelo esce dalla finestra del bagno, scendendo per quattro piani dalla scala antincendio dell'albergo. In un vicolo laterale, l'altro lo aspetta in taxi. Mentre il tassista, istruito e ben pagato, esce, andando a poggiarsi sul cofano anteriore, lui sale e gli siede accanto. Il tassametro corre svelto, non quanto faccia ora il bisogno di risposte del ciclista.
«Perché proprio tu?»
«Una coincidenza. L'avvocato Nocio non le ispirava fiducia» risponde con quel suo sorrisetto saccente. «Per me ne cercava uno che fosse anche bello. Victor è un rospo!»
«Stai dicendo che mia moglie...»
«È bellissima, ma cagna!» lo stoppa, brusco e sfacciato. «In questi giorni l'ho potuta inquadrare e non mi sbaglio.»
«Qui parliamo di Elisabeth!»
«Sveglia. La cagna ha deciso di finirla con te.»
«Non devi offenderla!»
«Calmati e ragiona. Non immagina di noi. Hai sempre detto che non volevi farle sapere di me, per evitare di parlare di papà. Quando si è presentata allo studio, l'ho riconosciuta subito. Non l'avevo mai vista di persona, ma quell'anno hai sposato Miss Uruguay e giornali e TV li guardo anch'io. Comunque sia sono riuscito a soffiare il caso a Victor» si gratta la fronte. «Lei si è confidata con il suo avvocato, non sapendo di parlare con tuo fratello. Provo ad aiutarti oppure credi che faccio così con tutti? Rischio più di quanto tu non possa guadagnarci.»
Marcelo respira a fondo, cercando di riflettere.
«Ha affondato le unghie nella tua vita, in tutto ciò che avevi.»
«Ho voluto io, perché mi fido.»
«Fiducia mal riposta!» si affretta a rimproverarlo. «Quello che non sai, ma che devi sapere, è che se non firmi subito le carte del divorzio, farà uscire sul tuo conto rivelazioni scomode.»
«Cosa potrà mai esserci di tanto scomodo?» sbotta, stanco della situazione. «Ho sempre lavorato duro per il bene suo e dei bambini!»
«Ecco qui, lupus in fabula! Ti attaccherà su di loro: si parla di maltrattamenti su minori. Farà a pezzi la tua credibilità.»
«È un bluff, ma non ci casco!»
Messa mano alla valigetta, Manuel ne estrae l'oloregistratore. Da una tasca interna prende una specie di coriandolo d'argento. Lo inserisce, quindi avvia la riproduzione. Quei bambini in 3D, grandi come pulcini, riferiscono cose che Marcelo ascolta per la prima volta, tra sudore freddo e imbarazzo.
«Ti distruggerà.»
«Non esiste! Se tu credi che...»
«Scherzi», lo blocca, «anche se ha una perizia inattaccabile, non devi difenderti da me. Conta quello che è riuscita a montarti contro, non quello che puoi o non puoi aver fatto. Firma e potrai vederli ancora, dietro suo permesso, s'intende.»
«Il permesso? Per vedere mio figlio Alejandro?»
«Sei sicuro che lo sia?» lo stuzzica, strizzando l'occhio, ma Marcelo spalanca la bocca, allungando l'ovale del viso fino ad apparirgli un mostro. Così si affretta a ritrattare, non ritenendolo pronto all'eventualità. «Scusa, battuta infelice. Scherzavo dai! La verità è che non hai scelta. Ti tiene per le palle! Se non farai così, perderai quel poco che ti resta, punto e basta!»
«È assurdo.»
«Ti sembra, perché si è mossa bene. Quella ti ha spolpato vivo e ora ti sta buttando via! Vedrai che avrà già per le mani un altro bel polletto come te.»
«Però tu sei qui a Torino» ragiona a voce alta, con occhi fatti piccoli e sospettosi. «Anche lei, ché l'ho vista vicino all'albergo e poi, guarda caso, arrivi tu.»
«Qui? Lei? E per fare cosa?» chiede stupito.
«Dimmelo tu. Prima hai detto che ha cambiato quel Victor per te, che sei più bello!»
Manuel non può trattenersi dal ridere.
«Dimmelo!» insiste, temendo siano amanti.
Marcelo si sente minacciato, ma non per una mera questione di sex appeal, poiché nel confronto tra di loro, fascino e risposte emotive nelle donne sono sempre state a suo favore. Castano, capelli mossi, portati lunghi e disordinati per carattere, zigomi e labbra sensuali, taglio d'occhi mediorientale con sguardo perso nel passato, tipo "pirata intrigante e romantico", fisico asciutto, vissuto e tenace con addominali scolpiti nel lavoro proficuo di una vita. No, deve trattarsi di risentimento per un vecchio torto, mai affrontato e chiarito. Non vorrebbe svuotare l'armadio più vecchio e sporco della sua coscienza, tra l'altro per estrarne lo scheletro più scomodo che vi sia mai stato cacciato dentro, ma stando così le cose, sente di doverlo a entrambi. Non potendo rimandare oltre, s'affretta, chiedendo: «È per Marilisa?»
Udito quel nome l'altro rabbuia, smettendo i modi concilianti.
«Mi dispiace. Ti ha lasciato senza una spiegazione. Le volevo bene, ma lo stesso le chiesi di non seguirmi in Europa.» Marcelo è invaso dalla tristezza. «Le proposi di restare amici, ma rispose che poteva scegliere un amico, non chi amare! Fratello, Marilisa si era innamorata, non aveva potuto scegliere e io nemmeno.»
«Zitto, non devi pronunciare il suo nome!» latra. «Era tutta la mia vita e sì, l'amavo al punto di essere felice per lei, per voi!»
«Mi spiace, disse che non sarebbe servito a nulla. Che anche voltandole le spalle, ti avrebbe lasciato. Che mi amava e non poteva cambiarlo. Che tanto valeva essere felici noi.»
«Sai cosa? Elisabeth è bellissima, ma non ha un filo d'anima paragonata a Marilisa!» stride Manuel, sofferente di un male che gli buca la carne talmente in profondità da dissanguarla dello spirito. «Sappi che se tua moglie mi avesse cercato, te l'avrei rimandata a calci e non perché sono meglio di te, ma perché, e mi dispiace ripeterlo, lei è una cagna, sì, una cagna in calore!»
«Mi dispiace» ribadisce, incapace di guardarlo negli occhi. «È vero, l'ho lasciata per Elisabeth. Ho sprecato il tuo sacrificio, ma ho anche pregato per un miracolo. Che in un modo o nell'altro tu e lei...»
«Zitto, stai zitto!» Manuel grida talmente forte da far saltare in piedi il tassista, lì fuori dov'è stato seduto fino ad ora. «L'hai più vista o cercata? No, certo! Hai deciso che non andava più bene, che era meglio quella cagna, più giovane e bella e allora l'hai scaricata e fine della storia!»
«Io veramente...»
«È entrata in depressione! Ma tu che ne sai di queste cose? In questi anni l'hai mai chiamata, anche solo per un saluto? La mia povera Marilisa, perché era mia!» grida, piangendo.
Marcelo non ricorda di averlo visto o sentito fare "così brutto" in tutta la vita.
«Sì, doveva essere mia! Capisci? Mia e basta!»
«Ok, vista la situazione con Elisabeth, non lo so, forse potrei chiamarla. Dici che starebbe meglio?» prova a consolarlo, goffo e invadente. «Però continua a sperare. I miracoli succedono!»
Rimangono in silenzio.
Manuel: testa china, rassegnato, singhiozzante, come diretto al patibolo.
Marcelo: impietrito, mentre spera non abbia da rinfacciargli altro.
«Nessun miracolo!» prorompe, invece, come una cannonata vigliacca sul popolo inerme. «Si è consumata poco a poco. È durata anni, soffrendo molto, anche troppo per come era dolce e delicata. Non te lo dissi. Quel giorno Alejandro festeggiava gli anni. Poi evitai. Io stesso rifiutavo di accettare la verità. Fratello, sono 8 mesi che si è gettata sotto a un treno!»
«No, mio dio no!» urla sconvolto, saltando fuori dalla vettura e iniziando una fuga priva di logica.
Toro Embolado imbocca una traversa dopo l'altra, ispirato dal caso. Sbatte contro un muro piombato dal nulla. Schiacciato dalla responsabilità, tenta di superarlo istintivamente, lottando e trascinandosi verso l'angolo. S'affaccia quanto basta per cercare di capire dove sia finita la scala antincendio del suo albergo. Ha bisogno di ritrovare la finestra al quarto piano, la stanza, il letto!
«Ti amo da morire» sussurra un uomo, avvolto da quel buio entro cui il ciclista ora tenta di scrutare. «Non resisto. Quando lo farà?»
«Un poco de pazienza» risponde la sagoma sinuosa di quella donna dalla voce, per lui, così intima e familiare. «Firmerà en breve!»
«Va bene, certo, Elisabeth.»
Sì, è proprio lei! Ne ha riconosciuto subito la cadenza, in un italiano perfetto rispetto al suo. Usando lo stesso stratagemma, Gianni l'ha incontrata di nascosto. Sono amanti e ora anche l'ultimo a dover sapere, sa…
Iniziano a baciarsi, stretti in un'unica appassionata ombra.
Per tutta risposta, lui vorrebbe dichiarare la propria presenza. Lo farebbe strappandosi gli occhi, come le sicure di altrettante bombe a mano, che a quel punto andrebbero a esplodere in un urlo cieco, di devastante, inaudita violenza! Ma non può. Non vuole accostarsi alla natura omicida di suo padre. È paralizzato dal conflitto interiore, dal dolore, dallo sconcerto. Più d'ogni altra cosa dalla responsabilità opprimente di aver provocato la morte di Marilisa, preferendole "una cagna in calore". Sì, già, queste le sacrosante parole di Manuel, confermatosi sincero e affidabile.
Del tutto frastornato, così come ne era uscito, alla fine trova la maniera per rientrare in camera. Manca di una scarpa e ha una manica strappata fino al gomito. Sporco, sudato, avvolto da una ridda di pensieri e con un enorme rimorso caricato sulle spalle, a stento trova riparo sotto le coperte, nel letto. Lì, per quanto buio e tenebroso, ricava un rifugio di fortuna dove affrontare quella notte di tormenti e di fantasmi che lo attendono impazienti!
8. Sogno, numero e cabala.
«Toro Innamorato, adoro vederti correre. Lo farai per me?»
«Elisabeth sei qui? Dio mio grazie! Non sai che incubo.»
«Sono arrabbiata, però.»
«Lo so, ho sbagliato! Perdonami, non succederà più, lo giuro amore!»
«Mi fa rabbia che non hai mai vinto per me!»
«Farò tutto quello che vuoi!»
«Per tuo padre? Perciò non vincevi?»
«Che ne sai di lui?»
Non conosce la sua verità. Per lei è orfano dall'età di 16 anni. Ha raccontato di averli persi in un incidente stradale. Qualcosa non torna. Apre gli occhi. La sua prima bicicletta è appesa in aria, nel buio. Sembra quasi un lampadario. Le ruote corrono nel vuoto e la piccola dinamo manda corrente a intermittenza verso i fanali. Quella luce fioca, illumina a tratti le pareti e quant'altro presente. La stanza gli è familiare. Fatica un po', poi capisce. È quella dei suoi genitori! Ma è uno spettacolo agghiacciante per lui, che ora, in uno specchio laterale, è ragazzino. Un mattatoio all'ora di punta? C'è sangue dappertutto. Sua madre devastata, è riversa sul pavimento! Ha quelle forbici piantate nella schiena. Sono le preferite del papà, parrucchiere. Nella bottega della sua famiglia, quando le agita sapientemente, producono un suono che è una musica disegnata sulle righe del pentagramma di quel pavimento, disposta in ciuffi di capelli che cadono per terra in forma di note ammucchiate casualmente, eppure lo stesso con armonica sapienza. In lontananza la sirena della polizia copre quei ricordi sonori. Si avvicina…
Singhiozzi e pianto di un uomo in ginocchio.
«Papà, tu?»
«Non essere stupido Marcelino, se fossi stato davvero io, non ci sarebbe questo schifo.»
«Che significa?»
«Il diavolo mi ha usato come un vestito. Io non l'avrei detto di Manuel!»
«Papà cosa dici?»
Si gira. Sbarre! Volta lo sguardo. Altre sbarre, soltanto quelle ovunque! Si cerca le mani. Si tocca il viso. È di nuovo adulto.
«Dove siamo papà?»
«Dove sei tu.»
Lo cerca, ma non c'è fisicamente. È solo una voce nella sua testa. Marcelo è rinchiuso in una cella sospesa nel vuoto, fatta di rugginose grate metalliche.
«Non sei mai stato libero.»
«Perché sono qui?»
«Paghiamo per la stessa colpa, figliolo.»
«Amo la lettura e la scrittura, eppure mi hai messo sulla tua biciclettina! Mi hai fatto correre verso i tuoi traguardi! Mi hai tolto mamma! Mi hai costretto a odiati! Come posso essere uguale a te?»
«Perché adesso sai cosa significa sentirsi responsabili della morte di chi ami.»
«Marilisa? Parli di lei?»
Sorge potente la luce del sole! Da svariate direzioni abbaglia tutto fino a dissolvere ogni cosa in un bianco estremo. S'avvicina una mano che gli carezza il viso. Riconosce subito quel tocco gentile. È Marilisa. Quanto gli è mancata. Solo ora questa verità gli abbraccia l'anima. Vorrebbe parlarle, ma a vergogna di sé.
«Anche se mi hai fatto male ti perdono… A una condizione, però!»
Lui inizia a piangere. Non riesce a fermarsi. Si sente sporco e sbagliato!
«Devi venire a riprendermi. Credevo avrei smesso di soffrire sotto al treno, invece ora è peggio di prima!»
Lui la tira a sé e la bacia, ma quelle non sono le sue labbra e si scosta!
«Ti perdono anch'io Marcelo, ma devi vincere per me.»
Marilisa è svanita. Al suo posto c'è Elisabeth. Sono in camera da letto, di fronte la madre, sempre riversa sul pavimento. Però al posto delle forbici le spunta dalla schiena un frammento di forcella. La bicicletta, infatti, non è più appesa in alto. È caduta, frantumandosi! Le schegge sono dappertutto.
«Devi vincere, ma c'è dell'altro.»
«Cosa?»
«Scusati» risponde, indicando quel corpo.
«Mamma» la chiama, avvicinandosi e toccandone un braccio. «Non dovevo raccontarti di papà e di Manuel, perdonami.»
Si alza, lentamente, ma sì, si alza! Si volta. Delusione! Non è la madre. È Gianni Sardena! Ha i graffi e le strisce di sangue del giorno della Stradaccia.
«Scusa ragazzo.»
È pentito, ma lo stesso la guarda, cercandone l'approvazione.
Lei ride forte, sempre di più! È una cosa fastidiosa, stridente, quasi ripugnante.
«Credevi bastasse? Non sei nessuno e non hai più niente.»
«Alejandro, ho lui! Sarò sempre suo padre.»
«Marcelo, Marcelino, questo devi raccontarlo al giardiniere. Ti ascolterà. Lui è sempre disponibile!» lo rimprovera, sorridendo con libidine. «Volevi un figlio, ricordi? Diletta era di quell'altro e questo ti pesava troppo. Però con Marilisa non avete fatto nulla per evitarli e allora ti sei chiesto perché non vi è mai riuscito?»
Si gira… Ora lui ed Elisabeth sono nel laboratorio di analisi. Percorrendo il lungo corridoio color conchiglia, il dottor Damond gli sta andando incontro con i risultati. Si è occupata lei di tutto. È scaltra, senza scrupoli e ottiene sempre quel che vuole. No, è stato manipolato!
Si guarda intorno. Il posto è stravolto dalla presenza di binari e da quella di una biglietteria ferroviaria. La voce del fratellastro annuncia con stravaganza dagli altoparlanti: «L'ultimo treno per raggiungere Marilisa è in partenza dal binario 40. I passeggeri sono pregati di affrettarsi all'imbarco muniti di bicicletta da corsa. Grazie!»
Turbato, osserva il dottore, vicinissimo. Ha in testa un berretto da capostazione. Cerca Elisabeth che adesso ha smarrito la sua bellezza. È una strega! Il suo incantesimo ammaliante è svanito.
«Mio bel toro», dice lei con voce maliarda, «saranno stati tutti gli anni sulla bici, sarà che questo è il tuo destino, ma possibilità di avere figli no, caro. Adesso addio, caro!»
«Caro, caro. Caro!»
Marcelo spalanca gli occhi, questa volta sul serio. È sudato. Il letto di Thomas è vuoto. Sono già tutti a colazione. Il presidente in persona è salito per trascinarlo via di peso, se necessario!
«Finalmente, caro» sussurra sarcastico. «Il nostro numero 40 si è svegliato? Ma sia chiaro, dev'essere pronto alla battaglia.»
Ancora frastornato, si scusa per il contrattempo e lo rassicura che sarà giù in breve. Rimasto solo inizia a prepararsi, ma quel numero lo inquieta, così dalla valigia grande tira fuori un libretto dal titolo “Numerologia onirica”. Contestualizzati i particolari del sogno ne determina il significato: morte in strada!
Alza gli occhi al cielo ripensando agli avvenimenti delle ultime settimane. In particolare alle ultime 24 ore. Sotto sotto è sempre stato consapevole della verità intorno a sé, distogliendo semmai lo sguardo. Ora che non ha più niente, che non ha più nessuno, ed è soltanto pieno di rimorsi e di rimpianti, non può fingere. Gli resta di sperare un'unica cosa nella vita, ma per assurdo è la speranza di morire! Userà questa volontà distruttiva, che già gli avviluppa il cuore e l'anima, per raggiungerla. Anche se il solo pensiero è pazzesco, sente che Marilisa realmente lo aspetta. È deciso: s'ucciderà com'è nato e cresciuto, in sella alla bicicletta, durante la corsa, in strada. Sì 40, morte in strada! Hanno parlato fin troppo chiaro sogno, numero e cabala.
9. Morte in strada!
8:03 am.
Albergo Great Bull, Torino.
Sala Ristorante "La Smeralda".
«Ragazzi è previsto tempo pessimo» afferma Max, facendo spallucce a chi lo fissa perplesso. «Si era parlato d'anticipare la partenza, ma sponsor e diretta TV...»
«Figuriamoci. Hanno voluto farti un favore Marcelo!» affonda il colpo Gianni, alzando la voce, affinché possano sentirlo anche i dirigenti, seduti in fondo. «Altrimenti ti saresti svegliato con noi in Francia!»
Ridono tutti, ma non se ne cura. Accenna un sorriso artefatto e manda giù il primo nutrimento di giornata. Non vuole attirare l'attenzione. Nottetempo si è trasformato in un kamikaze che porta dentro al cuore un germoglio di morte, in forma di fiore di ciliegio selvatico del Giappone, proprio della tokubetsu kōgeki tai, unità di attacco speciale che, durante la seconda guerra mondiale, ha fatto conoscere al mondo lo spirito eroico dei piloti suicida nipponici.
9:57 am.
Diretta TV, Regia Sportiva Europea.
Programma: GiroInGiro.
Conduttore in studio, Gennaro Rossato: «Signore e signori rieccoci. Manca poco al via. Dal centro meteo c'è un importante aggiornamento: il grosso del fronte fortemente instabile, dopo essere transitato sull'Austria, dove si sono registrati gravi danni, e aver lambito la Svizzera, sembra possa abbattersi sui corridori fin dai primi chilometri. Se così fosse, visto che la perturbazione è destinata ad attraversare Piemonte e Liguria, in direzione della Costa Azzurra, potrebbe accompagnarli fino al traguardo in terra francese. Sigla, poi i commenti al via imminente.»
Sigla del Gran Giro d'Europa. Durata: 30 secondi.
«Siamo tornati! Sono tutti sulla linea di partenza ed ecco che inizia la tappa inaugurale. Un fiume di biciclette in questa prima fase, per fortuna asciutta, aspettando che il gruppo si allunghi. Possiamo distinguere, già in testa, gli uomini della Wè Wènt Wèll con la loro divisa giallo evidenziatore; affiancati dai rossi della spagnola Ojos Lindos, capitanati dall'intramontabile Mario Grezzana con i suoi 30 anni; i biancocelesti del Team Astrale, con l'amatissimo e due volte campione Thomas Evilthoon; i greci in giallorosso della Geia Sas, che quest'anno puntano al titolo con il super favorito Tommy Croisette; e via via tutti gli altri. Prevedendo un inizio tranquillo, almeno fino a Cuneo, nelle due ore successive parleremo dei 350 concorrenti, 10 per team. Vi ricordo che il percorso odierno prevede l'insidioso Colle della Lombardia, e allora già oggi potremo conoscere lo stato di forma e le reali ambizioni dei vari capitani. Data la presenza di questa prima importante salita, la velocità media prevista al traguardo è di 37 kmh, ovviamente meteo permettendo. Ebbene carissimi telespettatori, come ripetiamo da un ventennio a questa parte: il battesimo di fuoco del Gran Giro d'Europa è iniziato! Linea alla regia per una breve pausa pubblicitaria. Grazie.»
10:49 am.
Ad altezza Racconigi (Cuneo).
37 km dal via, gruppo allungato.
Radiofrequenza Team Astrale.
Comunicazione: "da" e "verso" i 10 componenti della squadra.
«Ottimo ragazzi, siamo in testa mentre il gruppo continua ad allungarsi. Occhi aperti, la pioggia è imminente. Gianni dai pure il cambio a Marcelo, in pratica sta tirando dalla partenza. A turno gli altri faranno lo stesso con te. Thomas tu no. Fatti portare e come stabilito farai la tua parte nel finale. Andrea, Eric e Mirko dalle vostre telecamere vedo che non state tenendo la ruota di Davide. Restate più vicini per ottimizzare la scia.»
«Max forse l'ARV del mio casco ha un guasto. Qui la velocità continua a salire! Segna 51 kmh con la media a 45,3. Adesso la massima è 51,6!»
«Leon dammi un attimo, controllo su ADSS.»
«Mentre verifichi ti dico che gli altri dati sono in ordine. Vedo i parametri vitali, la mappa percorso e l'altimetrica, la pressione dei tubolari, lo stato freni, rapporti di cambio, insomma tutto. O il sensore del tachimetro è rotto o siamo vicini al traguardo e tra poco facciamo la volata per vedere chi vince!»
Dall'ammiraglia: 90 secondi di silenzio. Frattanto, arrancando dietro a Toro Kamikaze, anche gli altri notano lo stesso dato sul loro ARV (Visore Realtà Aumentata). Nella ePrixus del Team Astrale, proprio come per le altre vetture di supporto, in coda all'esile serpentone di biciclette che si estende per circa 500 metri, sul sedile posteriore, il direttore interroga febbrilmente lo schermo touch di ADSS (Sistema di Acquisizione, Diagnosi e Strategia).
«Leon il tuo ARV non ha problemi. Idem per il sensore della velocità» lo avvisa Procopio a controlli ultimati. «La telemetria dei tuoi compagni registra gli stessi valori.»
«Ma allora perché stiamo correndo così?» si chiedono tutti, più o meno simultaneamente, eccezion fatta per il capitano e il vecchio gregario.
«Co sto ritmo no reggere fino a fine!» esclama Evilthoon.
«Marcelo, ADSS descrive un aumento progressivo della tua andatura. Tra l'altro il vento è girato a favore. La perturbazione che si avvicina spinge l'aria alle vostre spalle.»
Nessuna risposta.
«Non tagli più l'aria di chi ti segue. Puoi rallentare?»
Niente, non risponde.
«Stanchi inutilmente gli altri, devi ridurre l'andatura! Mi senti?»
Il silenzio radio persiste.
«Gianni affiancalo. Avrà la radio spenta.»
Quest'ultimo esegue l'ordine. L'osserva, poi riporta: «Max, sul casco la spia della trasmittente è accesa.»
«Ma non risponde. Avrà un guasto agli auricolari o a qualcosa d'altro. Avvisalo del problema. Digli di accodarsi. Intanto preparo un casco funzionante, così lo sostituiamo al volo.»
Secondo copione lo affianca e grida: «Marcelo, Max chiede di aspettare!»
Per tutta risposta quello si produce in una accelerazione a dir poco devastante!
«Ragazzo che succede?»
«Non capisco, gli ho gridato che chiedevi di aspettare!»
«Accidenti!» sbotta dall'ammiraglia.
«Ma mi avevi detto che...»
«No Gianni, non tu... Piove forte! Siete 800 metri avanti e non vi ha presi ancora.»
«Ah, ok, ok. Dicevo che ho gridato: "Max chiede di aspettare", e quello invece è andato!»
«Che ne posso sapere, avrà capito "di scattare". Non importa, vai a riprenderlo, ma spiegati meglio questa volta.»
«Ok.»
«Però con prudenza, Gianni. Questo vale per tutti: massima attenzione, perché qui adesso grandina!»
10:58 am.
Diretta TV, Regia Sportiva Europea.
Programma: GiroInGiro.
Cameraman moto 3: «Scusa, scusa, studio, interrompo per segnalare che siamo poco oltre Cavallermaggiore dove c'è stato uno scatto fulminante del numero 40, in divisa biancoceleste! Il 33 della stessa squadra lo insegue!»
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